A Langhirano, prosciutto crudo e salame di Felino, ospite del “mio” Direttore Generale Asl Piersergio Serventi, autore del libro “Sanità vendesi – Perché è successo, perché nessuno è innocente”, e i ricordi scorrono come il Taro in piena

Un pomeriggio tra le verdi colline a Langhirano. Con due amici, Giovanni e Augusto, ospiti di PierSergio Serventi, il “Direttore generale dell’aziendalizzazione dell’Ausl di Piacenza”. Un pomeriggio tra gustosissimo prosciutto crudo, culatello, un salame di Felino tagliato a fette della giusta misura, perfetti chisolini (o torta fritta che si dica) preparati al momento dalla signora e mille ricordi tipo uno che tira l’altro esattamente come le fette di salame accompagnate da parmigiano reggiano quello a 24 mesi. Erano gli anni tra il 1994 e il ’99.
Ecco, ci mancava quel ’99. Giusto un secolo prima il General Cadorna chiamava “i ragazzi” del ’99 nonostante “facessero ancora la pipì nel letto” e così tutti, giovani e inesperti, a morire là al fronte a Caporetto nel nome di un potere (quello della corona e dell’incapace General Cadorna) indifferente alle sorti della meglio gioventù del nostro popolo. Beh, non so fino a che punto il paragone possa reggere ma quando nel successivo ’99 (1999 per la precisione) l’assessore alla sanità dell’Emilia Romagna chiamò in Direzione a Piacenza per informare del siluramento del “mio” Direttore Generale personalmente pensai che la storia spesso si ripete e per chi non si allinea al potere del momento (di qualunque colore sia), per chi osa discutere determinate scelte che calano dall’alto, non c’è speranza: il percorso (di vita e soprattutto in primo luogo professionale) diventa in salita.
Comunque, sì, per me Piersergio era e rimane il “mio” Direttore anche se soprattutto inizialmente e indirettamente “me ne ha fatte di tutti i colori“. Perché io, all’epoca ancora ViceDirettore amministrativo, me ne vivevo tranquillo in quel dell’ospedale di Castel San Giovanni nell’allora Usl n. 1 appunto nel 1994 inglobata nella nuova Azienda Unitaria piacentina. Dovevano essere nominati i vertici dirigenziali di quel segmento organizzativo che appunto era la Val Tidone ed io lavoravo al fianco e a supporto del Direttore Sanitario Mario Camoni inviso ai nuovi dirigenti scelti da Serventi, tal Teggia in primis. Il quale riteneva che io rappresentassi un importante puntello della posizione del Camoni. Mi chiamò in città l’allora Direttore Amministrativo maximus, tal Forlani, e la questione era ‘semplicemente‘ il vender cara la pelle.
Ero poco più d’una semplice pedina e, in quel gioco agli scacchi, Teggia era almeno a dir poco una possente Torre Nera ancorché tinta di bianco (sostenuto da Comunione e Liberazione, da un giovane quantomeno opus Dei, tal Delfanti, dalla D.C. e dall’ex Sindaco democristiano di Gragnano Angelo Bergamaschi). Insomma, il mio destino pareva segnato: una vecchia e polverosa seggiolina mi asoettava al Distretto piacentino sul Corso Vittorio Emanuele, strappato alla mia vocazione ospedaliera della quale ormai da quattro anni a Castello ero protagonista. Ovviamente vice del vice del vice e giù sempre più giù come il più reprobo dei reprobi. Perché, come mi disse il Forlani “quando si è d’ostacolo ai piani dei potenti (nell’occasione il Teggia e il cardinale nero, il Bergamaschi) per noi amministrativi non c’è nulla da fare“. No, dissi, così non va, non è questo il modo di far gestione, presunto mega direttore amministrativo ipergalattico, tu non sei il padrone dei miei destini.
Purtroppo se il Teggia (astro nascente democristiano) era potente, il Forlani (democristiano a sua volta) lo era ancora di più e, siccome democristiano non mangia democristiano, io avevo luogo ad abbaiare. Quindi, coda tra le gambe e impegno nella ricerca di limitare il più possibile il danno personale e professionale. Intanto barattai la mia testa per un corso di formazione a Roma e comunque fu un dicembre durissimo quanto a tensione tantoché ne pagai lo scotto finendo in un letto dell’ospedale per imbarazzanti problemi sanitari appunto nella non più “mia” Castello. Comunque, un paio di settimane ed ecco il rientro a casa e qui, mi tese una mano Roberto Spinola, biologo, Direttore del Distretto della Montagna comprendente Val Trebbia e Val Nure, competenza legata ai servizi del territorio e all’ospedale di Bobbio.
Dove ho garantito impegno fino al 1997 partecipando dalla montagna alla fase di crescita dell’Azienda, una fase che il Direttore Generale appunto Serventi stava basando sull’innovazione e sulla partecipazione. Con prudenza ma lentamente cambiavano i protagonisti della dirigenza almeno nei limiti consentiti dalla burocrazia ingessante delle strutture pubbliche. Limiti eppure per esempio venne “promosso” (con gran soddisfazione di molti) a nuovo prestigioso (?) incarico di studio l’ormai ex direttore del personale di sempre, Marchetta (ovviamente democristiano) e infine giunse a conclusione la carriera dello stesso Forlani (e i soliti molti, increduli, dichiararono festa nazionale).
Insomma, piccoli passi prudenti, ma il Serventi, ex Psiup e successivamente in quota PCI, stava lentamente innovando i vertici aziendali d’una Piacenza da sempre ingessata, dominata dal potere del bianco fiore. Spazio ai giovani in tutti i settori, quello amministrativo e ancor più quello sanitario con l’arrivo di dimissioni di regola formalmente volontarie dei precedenti ‘storici’ primari.
Per quanto mi riguarda, la collaborazione con Roberto Spinola in quel di Bobbio durò fino al ’97 contribuendo alla crescita dell’ospedale della montagna anche con alcune coraggiose innovazioni (per esempio i contratti per ottenere servizi infermieristici attraverso convenzioni esterne stanti le lentezze farraginose dei concorsi pubblici gestiti dall’ufficio personale) poi venne il momento di cambiare aria e così chiesi allo stesso Direttore Generale. Si parlò di diverse ipotesi ma gli aspiranti erano agguerriti per cui alla fine sembrò liberarsi una scrivania in Direzione Sanitaria in una posizione amministrativa che doveva essere “a tre”. Anche in questo caso però fu netta l’opposizione di Graziano Dainese (curiosamente democristiano proveniente dall’Amministrazione della Provincia), in quel momento responsabile unico della posizione che non aveva alcuna intenzione di dividere il cappello del comando. Beh, comunque quel tempo trascorso in Direzione Sanitaria si sarebbe poi rivelato fondamentale: lì ho conosciuto una collega impiegata, Lidia, che sarebbe diventata negli anni a seguire la mia “dama azzurra“, la mia collaboratrice diretta, custode a tutela della mia tranquillità e sicurezza di tutte le numerose “pratiche scottanti” gestite nel tempo, fondamentale difesa dai denti da squalo soprattutto dei molti colleghi che avrebbero volentieri veder cadere la mia testa.
Comunque, nell’attesa, ecco il passaggio alle dirette dipendenze della Direzione generale ma senza ufficio. Vagante in base alla scrivania libera. Inventando letteralmente un ruolo. Che forse non voleva o non interessava nessuno. Erano i giorni dell’invenzione a livello nazionale del Servizio Ispettivo per contrastare il doppio lavoro senza regole e il lavoro in nero, fenomeno abbastanza diffuso anche a Piacenza. Non solo: arrivò anche la riforma Bindi che portava alla regolamentazione e alla gestione dell’attività libero professionale dei medici. Per tacere della necessità di contrastare il malvezzo del fumo in ambiente sanitario (ad esempio nelle camere operatorie o nei bagni dei reparti), di regolamentare la presenza notturna di badanti (spesso senza nessuna adeguata preparazione specifica) nei reparti talvolta gestite da vere e proprie organizzazioni clandestine esterne con la disponibilità e l’aiuto di qualche compiacente collaboratore interno con tanto di generoso aiutino. Per tacere ancora del controllo sulle attività delle imprese esterne di assistenza ai familiari per la gestione dei pazienti ospedalieri deceduti, altro settore potenzialmente “remunerativo“.
Con la collaborazione innanzitutto appunto di Lidia, poi di Graziana Orlandi da Fiorenzuola e di Carla Fornasari da Castello si costruì innanzitutto la regolamentazione dei primi due settori (regolamentazione tuttora in essere salvo modifiche risibili, a quanto mi risulta) e successivamente, con la fondamentale collaborazione di due colleghe sanitarie, Emanuela Damiani (capo sala) e Lorena Bandini (operatrice sanitaria) messe a disposizione dal Direttore Sanitario ospedaliero Capra, nell’applicazione organizzativa degli stessi regolamenti. In pratica “mettere le mani e gli occhi nelle tasche dei medici” e soprattutto dei baroni della medicina: da brivido!
Nel frattempo finalmente ‘conquistavo’ un ufficio nel corridoio dell’ex Convento Olivetano dove stava la sala per le attività di rappresentanza dell’Azienda (la monumentale Sala Colonne) e dove peraltro era in programma il trasferimento di tutta la Direzione Generale, Serventi incluso.
Ma la mannaia dell’assessore regionale, come si diceva, in quel 1999 calò sulla poltrona del Direttore Generale e, in breve, tutto cambiò.
Per quanto mi riguarda però, quei due settori rimasero tra le mie competenze di direzione che lentamente mi avrebbero portato alla più generale e specifica nomina quale Direttore della Unità Operativa Complessa D.A.R.O., Direzione Amministrativa di Rete Ospedaliera, agli interventi rispetto alle altre situazioni che richiedevano controlli e regolamentazione come quelli già descritti oltrechè, per aggiungerne uno, l’intervento gestito con il Direttore Sanitario Pedrazzini relativamente al riordino delle cartelle cliniche, documento essenziale per ricostruire gli interventi sanitari eseguiti sui pazienti, riordino indispensabile dopo il clamoroso caso dell’essere pervenute alla Procura tre copie della stessa cartella ciascuna con diverso numero di pagine o comunque altri casi con mancanze o inadeguatezze nella compilazione.
Per arrivare infine, con i nuovi Direttori Generali e pur passando per quanto mi riguarda dall’afferenza alla Direzione Generale a quella del Dipartimento Amministrativo relativamente alla Direzione amministrativa della Rete Ospedaliera, al mantenimento del rapporto con la Direzione con riferimento all’attività ispettiva e alle intervenute nomine quale Presidente del Comitato di Garanzia per le pari opportunità e del Comitato trasparenza e anticorruzione rendendo fatto praticamente ordinario il rapporto con organi di controllo esterni (Guardia di Finanza, Carabinieri dei N.A.S., Polizia locale, magistratura, oltreché ovviamente Regione e lo stesso Ministero, Dipartimento della Funzione Pubblica per l’esattezza).
Quanto al Direttore Piersergio Serventi, molti anni dopo il suo ritorno nella sua natia provincia parmense, ho avuto l’opportunità di invitarlo, nel 2022, alla presentazione, presente altresi Cosimo Franco primario pneumologo, appunto in Sala Colonne del mio libro “Fate nere, Fate infermiere – Covid, Post Covid, long Covid, si lotta, si sogna, si vive“, resoconto del mio calvario negli 88 giorni di ricovero dal 23 marzo al 17 giugno 2020 e delle successive vicende del long Covid, presentazione che è stata contemporaneamente opportunità per il tardivo saluto a posteriori alle colleghe e ai colleghi in occasione del pensionamento formalmente avvenuto durante il ricovero il 2 maggio 2020.
Ed ora? Ora l’amico Piersergio, giovedì 5 giugno 2025, alla tavola di fronte al parmigiano e alle ultime fette di salume, stappando una bottiglia di buon immancabile vino emiliano, ha informato di aver pubblicato un nuovo libro suo.
“Sanità Vendesi – Perché è successo, perché nessuno è innocente”.
Una riflessione sui malesseri della sanità e sul fallimento della vocazione universalistica dell’intervento sulla salute voluto dalla riforma del 1978, fallimento determinato anche dagli errori della aziendalizzazione.
Una tesi in odor di eresia? Vedremo cosa ne penserà il nuovo assessore regionale alla sanità.
Per il momento non mi è rimasto altro che, al momento dei saluti, ringraziare Serventi, il “mio” Direttore Generale, per avermi chiesto di presentare con lui il libro a Piacenza.
Non so se così sarà o se verranno individuati altri (l’iniziativa sarà organizzata di concerto con gli amici Augusto e Giovanni) ma l’averlo da parte sua pensato e proposto … beh, una bella soddisfazione. Grazie.
