La nuova bufera piombata in capo all’Ausl piacentina: non sembra il caso di affermare condanne anticipate e definitive prima ancora che si arrivi effettivamente a processo

Come sarà la nuova Casa della Comunità / Ospedale di Comunità in via Gadolini a conclusione dei lavori già in fase avanzata

La notizia della nuova tempesta piombata sul capo dell’Ausl piacentina naturalmente ha scosso la città già provata da altri recenti “temporali” nel settore sanitario pubblico: conclusa un’indagine da parte della Guardia di Finanza nei confronti di 15 dirigenti e tecnici dipendenti dell’Asl e di 5 manager di società private. “Appalti pilotati“, si legge, con conseguenti gravissime accuse che vanno dal peculato alla turbativa d’asta fino alla falsità ideologica in atti pubblici e all’esercizio abusivo di una professione. Accuse che appunto coinvolgono 20 persone tra dirigenti pubblici (ivi compresa Paola Bardasi, Direttore Generale dell’Asl) e manager privati.

La gestione di appalti pubblici per un valore di 7 milioni e la gestione di fondi Pnrr per ulteriori 17 milioni i fatti sui quali si è concentrata l’attenzione della Guardia di Finanza arrivando alla definizione, da parte degli inquirenti, di “un quadro di irregolarità sistematiche nella gestione delle procedure d’acquisto di beni e servizi sanitari“. Nello specifico “i vertici dell’azienda sanitaria avrebbero sistematicamente eluso le regole degli appalti pubblici, ricorrendo in modo reiterato ad affidamenti diretti, proroghe ingiustificate e acquisti in economia. Il tutto attraverso stratagemmi giuridico-amministrativi volti ad aggirare la necessaria evidenza pubblica, favorendo aziende compiacenti con cui vi sarebbero stati anche incontri diretti e non ufficiali“.

Sono state inoltre rilevate “gravi anomalie” anche nella gestione di quattro progetti Pnrr per un valore complessivo di 17 milioni di euro: “pur di non perdere i finanziamenti alcuni dirigenti dell’Ausl avrebbero attestato falsamente la conformità di progetti definitivi a quelli preliminari, certificando il rispetto di criteri tecnici ed economici nonostante le evidenti criticità. In questo modo si sarebbe provveduto alla validazione artificiosa dei progetti per rientrare nei termini richiesti dai bandi di finanziamento europei“.

La notizia, caduta sulla città come fulmine a ciel sereno, ha suscitato reazioni dallo sgomento, all’incredulità, dall’indignazione all’immediata reiterazione della richiesta di commissariamente dell’Asl (richiesta già avanzata in occasione di uns precedente recente inchiesta coinvolgente l’azione sessista di un primario ospedaliero) fino ad arrivare al fango gettato a palate attraverso decine e decine di commenti via facebook ed altri social (i famosi, me lo si consenta, “leoni da tastiera“).

Personalmente, ferma restando lo stupore ed un certo sgomento come prima reazione anche da parte mia, sarei però cauto e prudente nel tacciare giudizi e condanne preventive defitive. Resterei infatti prudenzialmente in attesa di quanto valuterà e giudicherà la magistratura competente nell’eventuale sede processuale (sempreché alla sede processuale si arrivi effettivamente e che invece – come spesso avviene – tutto non venga archiviato per “insussistenza dei reati” ipotizzati in sede appunto di indagini preliminari e di valutazioni da parte della Procura).

Una cautela nel giudizio innanzitutto perché penso di conoscere alcuni dei potenziali indagati e accusati in quanto miei ex colleghi fino al momento del mio pensionamento (cinque anni fa), ex colleghi dei quali ben conoscevo le funzioni svolte e che non posso pensare abbiano scientemente potuto volontariamente agire in violazione di norme e di procedure con la gravità che viene contestata e presupposta dai commenti ascoltati o letti in queste prime ore.

Così in particolare per quanto riguarda i progetti Pnrr osservo che i relativi fondi sono serviti per realizzare la struttura sanitaria detta “Casa della Comunità” a San Nicolò, l’analoga struttura a Fiorenzuola e infine sono in stato di avanzamento i lavori per la realizzazione della Casa della Comunità/Ospedale di Comunità (OsCo) in via Gadolini dove da anni erano in stato di abbandono e degrado le strutture della ex Clinica Belvedere.

Quello che voglio dunque evidenziare è il fatto che questi sono risultati:

  • volti a garantire prioritariamente ai cittadini la disponibilità di strutture sanitarie fondamentali
  • volti ad evitare la eventuale perdita per mancato tempestivo utilizzo dei fondi Pnrr
  • volti quindi ad un agire nel perseguimento di un interesse pubblico primario ovvero la tutela sanitaria dei cittadini attraverso la tempestiva disponibilità di fondamentali strutture destinate alla cura e alla prevenzione sanitaria.

Certo tutto questo non può giustificare completamente l’azione eventualmente contestata ma, nel momento della valutazione penale della stessa, anche questi elementi saranno tenuti in considerazione dalla magistratura giudicante definendo quindi il corretto punto di equilibrio tra gli eventuali diversi interessi presenti nel caso di specie.

Punto di equilibrio che purtroppo pare mancare completamente in quanti in queste ore mediante parole e scritti (via social in particolare) già stanno mettendo alla gogna dirigenti e soprattutto “persone” infangandole per aver svolto un lavoro che appunto potrebbe rivelarsi nell’interesse pubblico coincidente con l’interesse del cittadino anche se questo può aver determinato qualche “forzatura” (nei limiti comunque della legittimità) rispetto a procedure e tempistiche normative nell’ambito della complessa materia degli appalti pubblici.

Meglio dunque restare serenamente in attesa degli sviluppi e di un quadro meglio definito delle vicende contestate e di quanto possa essere appunto effettivamente ricondotto e imputato a ciascuno dei 20 protagonisti indagati.

I servizi garantiti nella Casa di Comunità di Fiorenzuola

Appalti nella Sanità pubblica a Piacenza: 20 dirigenti tra vertici Ausl, dipendenti e manager di società private verso il processo. La Guardia di Finanza: “Anomalie e irregolarità per 7 milioni”

Riporto l’articolo pubblicato dal Corriere di Bologna oggi stesso, 11 giugno 2025. Resto decisamente esterefatto ma soprattutto, lo confesso, con un sospiro di sollievo per aver maturato, cinque anni fa, 2 maggio 2020, il passaggio alla pensione.

Nell’ultima stagione della mia attività presso l’Ausl piacentina ero stato nominato Rpct cioè “Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza”, funzione che si aggiungeva ai miei compiti “tradizionali” come Direttore Direzione Amministrativa Rete Ospedaliera, Responsabile del Servizio Ispettivo, Presidente del Comitato Unico per le pari opportunità. Per quanto alla posizione di Rpct, si era in una fase di avvio delle attività della funzione, bisognava “inventare” e avviare tutte le procedure appunto di controllo e prevenzione.

In che condizione mi sarei venuto trovare oggi, di fronte a quanto rilevato dai militi della Guardia di Finanza? Meglio non pensarci, augurando comunque ai colleghi coinvolti di poter giustificare il proprio agire, dimostrando di aver comunque operato nel nome del perseguimento dell’interesse pubblico e degli utenti.

E comunque eviterei giudizi frettolosi: le valutazioni in sede di indagine preliminare possono poi essere assolutamente diverse nelle fasi successive senza nemmeno arrivare al processo vero e proprio per verificata insussistenza dei reati ipotizzati da parte del magistrato (ricordo in proposito l’indagine del 2012 che mi aveva visto coinvolto per il contratto con la cooperativa Inacqua finalizzato alla disponibilità di locali per studi medici destinabili all’attività libero-professionale degli stessi, indagine che il magistrato concluse nel 2014 con l’archiviazione senza arrivare a processo riconoscendo l’agire nel Pubblico interesse).

L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL CORRIERE DI BOLOGNA

Appalti nella sanità a Piacenza, 20 dirigenti verso il processo. La Finanza: «Anomalie e irregolarità per 7 milioni»

di Stefano Pancini

Nuova bufera per l’Ausl. L’inchiesta coinvolge dirigenti, funzionari pubblici e manager di aziende fornitrici. Per l’accusa, l’azienda ha fatto ricorso a procedure non idonee per evitare gare pubbliche. I reati ipotizzati: peculato, turbativa d’asta e abuso d’ufficio

Una nuova tempesta giudiziaria si sta abbattendo sull’Azienda Usl di Piacenza. La Guardia di Finanza ha notificato 20 avvisi di fine indagine nell’ambito di un’inchiesta che ha portato alla luce un articolato sistema di irregolarità nella gestione di appalti pubblici per un valore di oltre 7 milioni di euro. Coinvolti dirigenti, funzionari pubblici e manager di importanti aziende fornitrici operanti nel settore sanitario.

Secondo quanto accertato dagli investigatori, l’Ausl di Piacenza avrebbe fatto ricorso in modo sistematico a procedure non idonee – come affidamenti diretti, proroghe e acquisti in economia – per aggirare la necessità di gare pubbliche, eludendo così i vincoli normativi sulla trasparenza e la concorrenza. L’indagine – delegata dalla Procura della Repubblica di Piacenza al Nucleo di Polizia Economico e Finanziaria della Guardia di Finanza – è stata condotta anche utilizzando intercettazioni telefoniche, piazzando cimici, attraverso pedinamenti, analisi dei tabulati telefonici, perquisizioni e consultazione della banca dati Regis, il sistema ufficiale di monitoraggio dei progetti finanziati dal Pnrr.

I reati ipotizzati: dal peculato alla turbativa d’asta

I reati ipotizzati vanno dal peculato, alla turbativa d’asta, dall’abuso d’ufficio, all’esercizio abusivo della professione e falsità ideologica in atti pubblici. Le contestazioni riguardano, tra l’altro, la gestione di fondi del Pnrr per un totale di 17 milioni di euro, destinati alla costruzione e all’ammodernamento di strutture sanitarie territoriali. Secondo l’accusa, pur di non perdere i finanziamenti europei, alcuni responsabili dell’Azienda Usl piacentina avrebbero falsificato verbali e attestazioni di conformità, certificando la validità di progetti non pienamente coerenti né completi. Inoltre, sono stati documentati numerosi incontri diretti tra dirigenti pubblici implicati e rappresentanti delle aziende fornitrici, finalizzati a “guidare” l’aggiudicazione degli appalti verso soggetti già individuati.

L’ennesimo scossone per l’Ausl di Piacenza

L’inchiesta delle Fiamme Gialle rappresenta l’ennesimo scossone per l’Ausl di Piacenza, già colpita da scandali che, nell’ultimo anno, hanno portato all’arresto di quattro medici per reati che spaziano dalla somministrazione illecita di oppiacei, ad abusi sessuali e, anche, per truffe ai danni dello Stato.
La Guardia di Finanza sottolinea come questa operazione confermi l’impegno profuso nel contrasto ai reati contro la pubblica amministrazione e nella tutela della correttezza nell’utilizzo dei fondi pubblici e di quelli legati al Pnrr. L’obiettivo è preservare la qualità dei servizi e assicurare una concorrenza leale tra le imprese, a beneficio della collettività.

L’Ausl: «Piena collaborazione con la magistratura»

L’Azienda Usl di Piacenza, dal canto, prende atto «della conclusione delle indagini preliminari che riguardano anche propri dipendenti». L’Azienda ribadisce «la propria fiducia nell’operato della Magistratura e conferma la piena collaborazione con gli organi competenti, come sempre fatto». Sulla vicenda è intervenuta anche la Regione. «Ribadiamo il pieno rispetto dell’operato della magistratura e confermiamo la doverosa piena collaborazione con gli organi competenti. A maggior ragione, la cura delle persone deve avere come prerequisiti fondamentali trasparenza, legalità e qualità dell’assistenza, né può essere la salute, bene pubblico, oggetto di frode e interesse», ha detto l’assessore regionale alle Politiche per la Salute, Massimo Fabi. «Nell’ovvio rispetto del principio di presunzione di innocenza e delle tutele previste dall’ordinamento – conclude l’assessore-, la Regione agirà duramente e con fermezza qualora venissero accertate responsabilità penali o comportamenti non corretti a esito degli accertamenti giudiziari».

La reazione del Comune

La sindaca di Piacenza, Katia Tarasconi, si dice «certa che il prosieguo delle attività giudiziarie e gli eventuali processi in tutti i gradi di giudizio consentiranno di far piena luce sull’intera vicenda in ogni suo aspetto. E se verranno riconosciute responsabilità, confido che vengano presi provvedimenti adeguati, e così sarà senza dubbio». La sindaca poi ribadisce «fiducia e stima nei confronti dei vertici Ausl, del personale, sanitario e non, e dei professionisti che ogni giorno e ogni notte lavorano con onestà e fanno del loro meglio per prendersi cura di tutti noi. A loro, che rappresentano la stragrande maggioranza di chi opera nella sanità piacentina, va tutta la mia vicinanza in un periodo particolarmente complicato».

“I Cau rischiano di diventare poco più che contenitori vuoti e incapaci di rispondere alle esigenze”, parole di Aldo Baldini (Fnp Cisl) e Pasquale Nigro (Uil pensionati)

Cau (Centro Assistenziale Unitario) di Piacenza

La riforma dei servizi territoriali, voluta con il Decreto Ministeriale 77/2022 e concretizzata nell’istituzione dei Centri Assistenziali Unitari (Cau), doveva rappresentare uno snodo fondamentale per garantire cure primarie integrate e coordinate. Tuttavia le promesse sembrano disattese, almeno in parte. Nonostante la Direzione Generale della Ausl possa formalmente dimostrare di rispettare le norme, emerge chiaramente che, nella sostanza, lo spirito del Decreto ministeriale 77 viene ignorato, compromettendo l’efficienza e la qualità della medicina territoriale». Lo sostengono Aldo Baldini e Pasquale Negro di Fnp Cisl e Uil Pensionati.

«I cittadini, in particolare pensionate e pensionati, esprimono insoddisfazione e ce lo riferiscono. I Cau – dicono – pur rispettando apparentemente la cornice normativa, dotandosi ad esempio di sedi adeguate, mancano spesso delle figure sanitarie necessarie a garantirne il funzionamento effettivo. Alcuni centri risultano privi di personale specializzato, come infermieri dedicati alla continuità assistenziale o operatori socio-sanitari formati per gestire patologie complesse. In alcuni casi, persino la figura del coordinatore del Cau viene affidata a professionisti già oberati da impegni clinici, senza tempo né risorse per supervisionare le attività. La composizione stessa del personale medico presenta fragilità, sollevando interrogativi sulla continuità e qualità dell’assistenza».

«Questa carenza di personale adeguatamente qualificato e dedicato, ha inevitabili ripercussioni sull’efficienza della medicina territoriale. Senza un team multidisciplinare capace di collaborare in modo sinergico, i Cau rischiano di diventare poco più che “contenitori vuoti”, incapaci di rispondere alle esigenze dei cittadini. I pazienti si ritrovano ad affrontare lunghe attese e visite frammentate. La situazione penalizza in modo particolare le fasce più vulnerabili della popolazione, come gli anziani, i malati cronici e i pazienti con bisogni socio-sanitari complessi. L’assenza di figure specifiche, quali assistenti sociali o psicologi, rende difficile gestire casi che richiedono un approccio globale».

«Un’altra criticità preoccupante è l’assenza di un vero triage infermieristico. I pazienti vengono gestiti secondo l’ordine di arrivo anziché in base alla priorità clinica, una modalità che espone a rischio sia i pazienti sia i professionisti sanitari. Il sistema di triage telefonico del numero unico 116-117, che dovrebbe fornire un filtro preventivo, non è ancora pienamente operativo. La valutazione dei pazienti è affidata sporadicamente a infermieri senza un protocollo sistematico».

«Le criticità non sono casuali: i centri – dicono – rimangono sotto-organizzati e non pienamente efficienti, vanificando gli obiettivi della riforma. Persino l’uso di strumenti digitali appare inadeguato. Per garantire il successo dei Cau e un’assistenza efficace, è necessario un cambiamento d’approccio.  Senza questi interventi urgenti, rischiano di rimanere un progetto incompiuto. Non è possibile – sottolineano le categorie dei pensionati – che i nostri associati ci riportino di essere continuamente sollecitati a recare con sé documentazione cartacea anche se i dati si trovano in un pc della stessa sede. È tempo che l’Ausl dimostri con i fatti di avere a cuore il benessere dei propri assistiti, traducendo finalmente in azioni concrete gli obiettivi del decreto ministeriale».

Fonte: IlPiacenza.it

l’equipe al lavoro al Cau nel primo giorno di attività a dicembre 2023

“Ospedale, non è da piacentini indebitarsi per una generazione: ma che cos’è il partenariato pubblico privato?”. Un intervento di Stefano Pareti, già Sindaco di Piacenza

La contrarietà del Comitato Salviamospedale alla costruzione del nuovo presidio sanitario e, soprattutto, la sua battaglia per salvare e migliorare l’attuale, è ben nota. Con questa riflessione, però, Stefano Pareti vuole attirare l’attenzione dei cittadini sull’operazione di partenariato per il finanziamento dell’opera. Nell’immagine scatto del Polichirurgico da Cantone del Cristo 

Qualunque cosa si intenda per PPP (Partenariato Pubblico Privato) – ovvero il project financing – sarà bene che i piacentini per primi, lo conoscano bene, visto che dovrà in parte finanziare il nuovo ospedale. Un progetto che continuo a considerare comunque sbagliato, anche prescindendo dalla fonte di finanziamento. Ma di questo ho scritto più volte su Libertà e riconfermo senz’altro, quanto finora da me sostenuto. Intendo spostare l’attenzione dei lettori sul PPP perché il suo utilizzo costituisce un’aggravante. Ed è bene esserne consapevoli. Senza infierire da parte mia, perché come dice il proverbio, uomo avvisato….

Vorrei allora per scrupolo essere certo che si sappia a cosa si va incontro con il PPP, anche alla luce delle esperienze che altre Ausl hanno sperimentato, ricorrendovi. Vicende che il comitato Salviamospedale ha vanamente già segnalato senza alcuna presa d’atto.

Il ricorso al PPP attraverso le varie metodologie attuative, può essere evocato in tutti quei casi in cui il settore pubblico intenda realizzare un progetto che coinvolga un’opera pubblica o di pubblica utilità, la cui progettazione, realizzazione, gestione e finanziamento – in tutto o in parte -siano affidati al settore privato. E’ dunque essenziale per effettuare un’operazione di PPP che l’opera sia, almeno potenzialmente, redditizia. Il legislatore ha insistito sulla redditività per il privato, perché sia ben chiaro che nessuno fa della carità all’ente pubblico, e che il privato deve poter avere un ritorno finanziario: nessuna beneficenza, dunque: l’opera deve essere potenzialmente redditizia per il privato.

Il trasferimento del rischio di realizzazione e gestione dell’opera dal pubblico al privato, non rappresenta sempre un elemento di valutazione positivo, perché una cattiva gestione dell’opera, un rallentamento o l’impossibilità della sua realizzazione, sono alla fine comunque sostenuti dalla collettività.

Concedendo al privato la realizzazione dell’opera, l’amministrazione pubblica trova un interlocutore in grado di progettare, costruire e gestire l’opera, in cambio di un canone periodico che copre e remunera sia gli investimenti costruttivi, sia le attività di gestione. Si ricorre in altre parole a una sorta di leasing immobiliare: il privato mette i propri fondi per la costruzione e la gestione e poiché non è un benefattore troverà adeguata compensazione e redditività nei canoni pagati annualmente dalla Ausl per svariati anni, attraverso il proprio Bilancio che risulterà decurtato dai canoni stessi.

Per il nuovo ospedale troveremo il concorso di un privato – individuato tra i 9 che hanno già manifestato un loro interesse – che concorrerà con 160 milioni di euro, la cui restituzione comporterà un ulteriore salasso per le risorse pubbliche, perché nei casi in cui questa strumentazione è stata adottata, ha provocato voragini nei bilanci delle Ausl, che la Regione sarà chiamata a ripianare anche imponendoci una riorganizzazione della nostra spesa corrente. A scapito di chi?

Siamo sicuri di volerci immergere in un simile procedimento?

Non sarebbe più da piacentini finanziare una ristrutturazione del nostro Ospedale Civile?

Indebitarsi per una generazione non è propriamente un’opzione da piacentini. Specie quando se ne può fare a meno. Tempo fa la Regione Emilia Romagna lanciò uno slogan azzeccato: LUNGA VITA ALLA SANITÀ PUBBLICA: non tradiamo questo appello gratificando un privato rispetto a un pubblico bisogno. Il PPP ci metterebbe sulla strada della privatizzazione della sanità.

Post scriptum: Guardate e leggete quanto Alessandro Bersani ha composto per i lettori di Libertà domenica 18.5.25 a pagina 37. Riguarda la parte storica del nostro Ospedale Civile, intitolato a Guglielmo da Saliceto. Una foto e un commento che creano un abbinamento perfetto.

Foto ANSA/TINO ROMANO

Interrogazione del dottor Pietro Vignali, consigliere per Forza Italia, presentata all’Assemblea Legislativa per il progettato nuovo ospedale piacentino con alcune posizioni comuni a quelle del Comitato SalviamOspedale

Piacenza. il progetto di un ospedale da fantascienza che costa centinaia di milioni che la Regione, lo Stato, l’Ausl, il Comune non hanno

Bologna, 8 maggio 2025

Al Presidente dell’Assemblea Legislativa Maurizio Fabbri

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

Premesso che

  • è in corso la procedura attivata dall’AUSL di Piacenza per la ricerca di un promotore per l’attivazione di un partenariato pubblico privato, ai sensi degli articoli 193 e 198 del D.lgs. 36/2023, avente ad oggetto la progettazione e la realizzazione del “Nuovo Ospedale di Piacenza”;
  • l’attivazione partenariato pubblico privato consentirà la verifica del Progetto di Fattibilità Tecnico Economica dell’intervento APG 1 “Realizzazione nuovo Ospedale di Piacenza” e di dare corso alle procedure per gli espropri per l’area prescelta;
  • per tali operazioni la Giunta regionale ha stabilito di mettere a disposizione dell’AUSL di Piacenza 6.790.385,60 euro;
  • l’area indicata dal Comune di Piacenza per la realizzazione del nuovo ospedale è denominata area 5, è situata in località Madonnina nella zona di via Bubba all’interno della tangenziale sud della città di Piacenza ed ha sostituito la precedente area individuata sempre dal Comune di Piacenza, denominata area 6 e situata nell’area extraurbana posta lungo strada Farnesiana, al di fuori dell’anello delle tangenziali.

Evidenziato che l’area 5:

  •  è su un terreno già classificato edificabile, in parte già occupato da alcuni edifici, i cui costi di acquisto / esproprio sarebbero molto più elevati di quelli relativi all’area 6 che risulta libera da costruzioni e a destinazione agricola;

è un’area di 210.000 mq, chiusa perché confinata all’interno della tangenziale e di fabbricati esistenti per cui su di essa il nuovo nosocomio non potrebbe espandersi con eventuali altri padiglioni ma potrebbe avere l’unico sviluppo possibile in altezza; diversamente l’area 6 ha una superficie più ampia di 272.000 mq ed è prospiciente uno spazio libero da costruzioni che consentirebbe futuri sviluppi;

necessiterebbe di operare importanti modifiche viabilistiche e trasportistiche per agevolare l’accesso e l’uscita dal nuovo nosocomio.

Osservato che

  • il costo complessivo per la costruzione del nuovo ospedale è stimato in 296 milioni di euro di cui 136 di fondi pubblici ex Legge 67/1988 e 160 di fondi privati da reperire attraverso il partenariato pubblico privato;
  • inizialmente e prima che il partenariato pubblico privato fosse scelto come procedura preferenziale per la realizzazione dell’infrastruttura, il finanziamento pubblico previsto era di 227 milioni di euro;
  • il partenariato pubblico privato per la costruzione di infrastrutture sanitarie presenta le criticità di attribuire al privato la principale  responsabilità sulle decisioni per la realizzazione dell’opera, limitando la rilevanza delle scelte del pubblico sulle stesse, nonché di gestire i servizi di hard facility oltre che tutti i servizi commerciali interni del futuro ospedale per un lungo periodo di tempo, probabilmente 30 anni; entrambe queste criticità potrebbero comportare un notevole aumento del costo dell’opera a carico finale del pubblico così come è avvenuto per ospedali di questa Regione, quello di Cona a Ferrara e di altre Regioni
  • l’attuale Ospedale Guglielmo da Saliceto ubicato in via Taverna è stato completato nel 1994, ha quindi una vita relativamente breve, inferiore a quella della gran parte degli ospedali pubblici dell’Emilia-Romagna ed è costato tra edificazione e ristrutturazioni successive, comprese quelle più recenti del nuovo pronto soccorso e dell’oncologia, oltre 100 milioni di euro;
  • durante il periodo di costruzione del nuovo ospedale sarebbe comunque necessario eseguire lavori di manutenzione straordinaria su quello vecchio anche di notevole costo e comunque necessari per assicurarne la funzionalità e garantirne la sicurezza;

il trasferimento dell’Ospedale in una nuova struttura ubicata in area diversa pone il problema del difficile riutilizzo o comunque vendita delle aree in cui è ubicato il vecchio ospedale che ha alcuni edifici vincolati e un’area di complessa strutturazione commercialmente poco appetibile oltre che difficilmente riutilizzabile per una destinazione diversa da quella sanitaria.

esiste comunque una proposta di significativa ristrutturazione del vecchio ospedale che consentirebbe un notevole risparmio rispetto al costo della realizzazione di uno nuovo e prevede l’efficace superamento delle attuali criticità dell’attuale infrastruttura quali la carenza di parcheggi, il miglioramento della sua accessibilità, la possibilità di attuare le migliorie necessarie sugli edifici non vincolati.   

Interroga la Giunta regionale per sapere

Se ritiene che nella scelta di percorrere l’iter per la costruzione di un nuovo ospedale nell’area 5 con la procedura del partenariato pubblico privato siano state adeguatamente valutate tutte le alternative.

Se ritiene che possano ancora essere sottoposte a valutazioni approfondite sia la scelta effettuata che le sue alternative.

Come valuta le sopra accennate osservazioni critiche rispetto alla scelta del nuovo ospedale nell’area 5.

Pietro Vignali

Comunque la si metta, la salute ce la garantiscono le cure di medici e infermieri, non il cemento

“Una riflessione sul nuovo ospedale”, intervento di Maurizio Raschellà

Là dove c’è l’erba ci sarà ….

Una riflessione sul nuovo ospedale, progetto dispendioso, non solo per l’acquisto del terreno , ma per alti costi per le opere stradali e urbanizzazione senza contare un inutile consumo di suolo.

Mi domando, alla luce dell’acquisizione dell’ex ospedale militare, non sarebbe intelligente utilizzarlo, per esempio, alle viste ambulatoriali ora nell’ospedale storico e di quelle a barriera Milano, che è una posizione infelice per mancanza di parcheggi?

Anche il centro prelievi potrebbe trovarvi spazio senza problemi di parcheggio, liberando l’ospedale attuale per le nuove esigenze future.

I costi generali sarebbero così molto inferiori, evitando di mettersi in mano ai privati.

Si potrebbe poi trasferire e concentrare gli uffici di via Anguissola a barriera Milano e utilizzare la struttura come scuola di medicina, sarebbe così a due passi dell ospedale storico per il praticantato.

Perché buttare a mare tutti i soldi spesi per il continuo adeguamento per il buon funzionamento delo storico ospedale, molto più comodo da raggiungere rispetto all’area 6?

Ristrutturando l’esistente ci sono ancora spazi da razionalizzare, anche per quanto riguarda i parcheggi.

Insomma perché fare un’opera faraonica se non ci sono le coperture, mentre con la riorganizzazione dell’assistente i costi sarebbero di gran lunga inferiori?

Tra l’altro in tutti i siti che hanno adottato la formula del partenariato è stata una esperienza fallimentare, vogliamo farla anche qui?

Non possiamo prendere esempio dal Gaslini di Genova dove hanno deciso la ristrutturazione dell’esistente?

Oggi come oggi l’attuale ospedale è molto più comodo da raggiungere rispetto alla area 6,, dove o ci arrivi in auto per forza o se in autobus ne devi prendere più di uno aumentando il disagio e la perdita di tempo.

“Anziani, periferie, spopolamento e territorio in epoca post Covid”. L’intervento di Renato Zurla

Tema cruciale ed unico per certi versi che va trattato con urgenza ma anche con tanta attenzione ed intelligenza verso l’obiettivo che ci dobbiamo dare tutti noi, istituzioni pubbliche e private, volontariato e cittadini , obiettivo di un rilancio delle nostre comunità dalle più periferiche ai centri più popolati, partendo dai loro bisogni di servizi socioassitenziali ma anche economico generale.

La nostra provincia ha le caratteristiche più idonee per tracciare un rilancio necessario e non più rinviabile del progetto di risanamento socio economico in quanto fatta di più valli parallele che convergono verso il centro urbano della città capoluogo con una popolazione distribuita prevalentemente verso i centri maggiori ed il costante ma inesorabile abbandono della parte media e più alta della montagna piacentina.

Partiamo da Piacenza

Siamo chiamati quindi a provarci con determinazione e capacità progettuale affinché possa anche servire a tutto il territorio nazionale in quanto è di fatto problema generale e non solo piacentino.

Chi vi scrive è persona dedicata da decenni a prestare la propria opera professionale verso il bisogno e la cura delle malattie in generale, dalle più gravi alle meno drammatiche ma sempre momento di sofferenza e di necessità di aiuto che senza un intervento mirato e davvero adulto nei contenuti, porta in primis alla rassegnazione, alla deflessione del tono dell’umore e della affettività interpersonale per poi arrivare alla constatazione che si è soli ad affrontare le difficoltà e quindi perdenti.

Cosa fare dunque molto concretamente per fermare un declino così oramai avanzato che certamente il Corona virus ha amplificato a dismisura, portando la popolazione in genere, tutta, alla paura del vivere, meglio del sopravvivere.

Come medico specialista e come Volontario ho sempre cercato di predicare prevenzione e cura della propria persona partendo dalla piena e consapevole conoscenza del nostro corpo e soprattutto della nostra mente.

Dopo di che valorizzare l’importanza e la insostituibile funzione degli stili di vita nel quotidiano di ciascuno di noi, nessuno escluso.

Stili di vita che sono e rappresentano un approccio ed un percorso di vita sana ed equilibrata con tutto ciò che ci circonda, la natura, l’ambiente, il territorio, il panorama, il sole, l’aria che si respira, l’acqua che si beve, l’acqua dei fiumi che scorrono nelle valli, insomma tutto ciò appunto che ci circonda e che in positivo dobbiamo imparare a riconoscere e valorizzare. Interessa tutto ciò ai più giovani, agli adulti e soprattutto a coloro che avanzando con la età, sono testimoni fondamentali e preziosi per esempio di buon vivere e non solo vanno aiutati e sostenuti ma portati ad esempio verso le nuove generazioni.

Più che mai in una società così avanzata come quella in cui camminiamo ogni giorno, è errore madornale non valorizzare le testimonianze di tali cittadini e purtroppo da troppo tempo, troppi anni non si è deciso in tale senso.

Assistere, aiutare, curare , significa appunto fare attività socio assistenziale dove ci sta davvero tutto, a patto che si condivida l’obiettivo di dare sicurezza e contenuti alle nostre azioni di supporto, dove ci sta ogni atto quotidiano, dal più semplice ed apparentrmente solo più banale al più complesso.

Ascoltare musica ad esempio, leggere libri, dialogare in piccoli gruppi, confrontarsi e dibattere anche di Corona virus o altro specifico tema della salute.

In tal modo riusciremmo a portare stabilità e fiducia a noi stessi, ai meno fortunati, ai più lontani, ai più soli, ai più emarginati.

Servizi sul territorio

Poi ci mancherebbe altro, sapere curare una malattia e curarla laddove si vive, al proprio domicilio e solo nei casi più gravi ricorrere alle cure ospedaliere e di centri clinici specialistici.

Sì il territorio è il luogo del futuro del nostro star bene!

La sanità pubblica in primis impegnata e sostenuta con bilanci adeguati in piena collaborazione con la assistenza privata e magari convenzionata con il pubblico, verificata la sua qualità clinica!

Assistenza domiciliare integrata che previene, assiste e cura al nostro domicilio, con personale medico infermieristico, socioassintenziale, riabilitativo a tutto campo, questo dovrà essere il futuro!

Non c’è da inventare niente perché è già tutto documentato e scientificamente provato, c’è già in atto un percorso di tale genere nel nostro territorio, dobbiamo solo decidere però di dargli forza e contenuti attraverso un netto e non più procrastinabile aumento del personale qualificato e di una organizzazione territoriale pronta ad avvertire ed intervenire ogni giorno prontamente a cambiamenti od urgenze del caso!

Il futuro della sanità non sono nuovi ospedali 

Il futuro della sanità italiana non è costruire nuovi ospedali!

Certamente a Piacenza va decisa la vera ed unica scelta verso il potenziamento dei servizi sul territorio!

Coloro i quali, a partire dai medici, la Politica e le Amministrazioni pubbliche, hanno forti responsabilità di azione e di comunicazione, sappiano scegliere la necessaria prudenza, pena una ricerca spesso dal mondo della informazione scritta e parlata, delle tragedie e negatività, si deve fare corretta informazione, si deve scrivere delle tante guarigioni, si deve dire che si è morti e si muore per quadri clinici complessi e gravi spesso già in atto su cui ha agito eccome il Corona virus in quadri clinici con scarse ed assenti a volte difese immunitarie!

Fonte: Libertà edizione del 17.02.2025

Indicazioni per l’accesso al CAU (Centro di assistenza e urgenza) nel Polichirurgico di Piacenza

“VALUTAZIONE E FINANZIAMENTO DEL NUOVO OSPEDALE: DOVE SONO?” L’intervento di Gabriella Chiesa e Luigi Filippini

Un momento della manifestazione del Comitato SalviamOspedale

Il Comitato Salviamospedale ha organizzato una manifestazione in occasione dell’audizione del Direttore generale dell’Ausl al Consiglio Comunale di Piacenza.

Prima di salire le scale, la Sindaca ha mostrato eleganza ed empatia rispondendo alla domanda sulla necessità di un Nuovo Ospedale, rimandando ad un documento dei primari dell’ospedale: “Lo dicono i primari”. Con questa logica, i dipendenti della pubblica amministrazione possono allora chiedere di costruire nuovi uffici, nuove scuole… I marinai nuove navi. E così via.

Ben necessario invece un documento completo di valutazione del progetto Nuovo Ospedale e delle possibili alternative, cosa che purtroppo non esiste in nessuna delle Istituzioni preposte: non in Regione Emilia, non in Ausl, non in Comune.

Ma allora da dove origina l’idea di un Nuovo Ospedale?

L’assessore alle politiche per la salute della Regione Emilia-Romagna ne parlò nel 2015, anche se il progetto era già in discussione dal 2013. Il finanziamento sarebbe stato a carico della Regione e il Direttore generale (nominato dalla Regione) della Ausl di Piacenza pro tempore si espresse subito a favore. Perché la Regione Emilia-Romagna ha lanciato il progetto?

Utilizzo di possibili fondi Statali. L’articolo 20 della Legge finanziaria 67/88 ha autorizzato un programma pluriennale di interventi per ristrutturazione edilizia, ammodernamento tecnologico per l’edilizia sanitaria pubblica e di realizzazione di residenze per anziani e soggetti non autosufficienti, per un importo complessivo variabile nel corso degli anni. La ripartizione avviene per sottoscrizione di accordi di programma con le regioni.

Utilizzo dei fondi

Come dice la legge, l’uso dei fondi può ben essere per ammodernamento e ampliamento dell’esistente. Perché invece la Regione Emilia si è nei fatti ostinata sull’ipotesi Nuovo Ospedale di Piacenza ? La plausibile risposta è che la scelta risulti dal perseguimento di possibili effetti positivi sull’economia, una sorta di moltiplicatore Keynesiano delle costruzioni, prima ancora che il garantire buona sanità. La Regione non si è posta la domanda: si può ristrutturare l’ospedale esistente ? E fare un progetto finanziato di ammodernamento. L’ulteriore domanda: L’organizzazione della sanità territoriale esistente è ottimale? Ed infine: E’ un Nuovo Ospedale, la via per lo sviluppo economico della Provincia di Piacenza?

Di fatto, prima è stato deciso di costruire un Nuovo Ospedale ed ex-post i primari e Ausl hanno giustificato un Nuovo Ospedale. A questa folla si sono aggiunti partiti politici, organizzazioni economiche. Il Nuovo Ospedale era finanziato dalla Regione: perché dire di no? È opportuno ricordare due cose: le risorse disponibili sono limitate, necessariamente le priorità devono essere definite. La valutazione del progetto deve anche comprendere le esternalità che può generare non solo nel presente ma anche in termini di apprendimento e adozione tecnologica, stante la rilevanza che ciò ha al di là del contingente.

Alla fine la giustificazione più recente per il Nuovo Ospedale si concentra sugli aspetti strutturali:

• Maggiore privacy per i pazienti, con stanze da massimo due posti letto,

• Migliore controllo delle infezioni e adeguate misure di sterilizzazione,

• Nuovi standard per le sale operatorie,

• Spazi più moderni per laboratori, ambulatori e diagnostica,

  • Problemi di viabilità e accessibilità dell’attuale ospedale.

Non si può far fronte a queste esigenze attraverso una ristrutturazione come fanno molti ospedali utilizzando i fondi per l’edilizia sanitaria pubblica più sopra citati? La costruzione dell’ospedale di Piacenza è iniziata 40 anni fa e terminata solo 10 anni fa. Di questo passo dobbiamo prepararci ad un ulteriore Nuovo Ospedale.

Una valutazione del progetto, ad esempio, una analisi costi benefici è stata mai fatta e pubblicata? Al fine di decidere in questo caso se costruire un Nuovo Ospedale oppure riconfigurare l’ospedale esistente.

Nel pensiero dei proponenti inoltre l’ospedale è una sostituzione. Non si tiene quindi conto di prevedere in parte le patologie degli abitanti e quindi le necessità future.

Il finanziamento

Anche come finanziare la costruzione del Nuovo Ospedale ha punti oscuri.

La Regione Emilia-Romagna è andata riducendo il contributo, mentre i costi previsti andavano crescendo. Finanzierà solo una parte del costo, quindi mancano i fondi. Si abbandona l’idea, si considera la possibile alternativa di ammodernamento e ampliamento dell’esistente? No, si rimane sul progetto Nuovo Ospedale. Si potrebbero allora reperire i fondi mancanti con l’accensione di un prestito/mutuo, magari verso Cassa Depositi Prestiti (comunque un’istituzione pubblica). Soluzione troppo chiara ed esplicita, scartata. Si ricorre invece al partenariato pubblicoprivato. Insomma ad una sorta di leasing immobiliare: il privato mette i propri fondi per la costruzione e poiché non è un elemosiniere troverà compensazione e adeguata redditività nei canoni pagati annualmente e per svariati anni dall’Ausl, il cui bilancio quindi sarà decurtato dai canoni stessi. Quel che rimane sarà per i servizi sanitari, i veri servizi di cui il cittadino ha bisogno.

Per dare un’idea del problema, possiamo considerare analoghe soluzioni in altre città. Ferrara, partenariato pubblico-privato per “Nuovo Ospedale”, il canone pagato dalla Ausl al privato è aumentato più del 50% in 3 anni. Similmente nel Veneto, è intervenuto il Presidente della Regione per cercare di sanare la disputa pubblicoprivato per canoni che raggiungevano cifre stratosferiche. Cosa poi risolta dal Tribunale dopo parecchi anni.

Abbiamo una speranza? Forse, al momento nulla è stato concretizzato, anche con riferimento a contratti con privati.

Conclusione

L’obiettivo della Regione Emilia è “di consentire che il 95% delle cure dei cittadini avvenga all’interno di strutture presenti nel territorio provinciale di residenza”, senza menzionare se siano pubbliche o private.

Un utile ed interessante indicatore della percezione degli abitanti in Piacenza e in provincia riguardo alla qualità della prestazioni sanitarie locali è il numero di persone che si rivolgono per cure fuori provincia e fuori Regione Emilia-Romagna. Una variabile proxy sono gli alti valori della mobilità infraregionale della provincia di Piacenza cui si devono aggiungere quelli (dati, non resi disponibili) della mobilità interregionale (certo, la Lombardia è molto vicina…).

Possiamo tornare ai fondamentali della Sanità: adeguata disponibilità di specialisti, medici e infermieri?

Fonte: Libertà edizione del 17.04.2025

Il progetto di un nuovo ospedale che sarà in buon parte finanziato da privati indebitando per anni l’Ausl pubblica

“Sanità: manca il confronto con i cittadini”. Sandro Busca su Libertà ricorda che solo se funziona la Medicina Territoriale l’intero sistema sanitario funziona

Casa della salute a Carpaneto

Nonostante i numerosi contributi espressi dai cittadini in merito alle priorità del sistema sanitario piacentino, ho preso atto con rammarico che né i Sindaci né la Direzione Generale Ausl abbiano sentito la necessità di confrontarsi o aprire un dialogo sulle questioni poste. Questo comportamento denota, a mio parere, una grave mancanza di disponibilità all’ascolto e una scarsa considerazione per chi ha semplicemente espresso le proprie convinzioni e proposte. E’ difficile rassegnarsi alla visione politica della Sindaca di Piacenza, che da sempre accoglie con riluttanza le idee e le proposte diverse dalle sue e che, peraltro, non ha mai esplicitato con chiarezza come vorrebbe che fosse strutturato l’intero sistema sanitario provinciale, con particolare riferimento alla Medicina Territoriale, che è il vero “centro” da cui partire. Ribadisco con forza che un sistema sanitario, per essere efficace, di qualità, ben strutturato ed organizzato, deve essere in grado di erogare servizi appropriati in tutte le aree territoriali. Sembra invece che si stia andando nella direzione opposta rispetto agli obiettivi previsti dal progetto “Futuro in salute”, deliberato dalla Ctss circa dieci anni fa. In assenza di forti e prioritari investimenti nelle Case di Comunità dove concentrare gli interventi preventivi (prima della costruzione di un Nuovo Ospedale) non si raggiungeranno mai gli auspicati livelli quali-quantitativi delle risposte ai bisogni reali dei cittadini. Questa mia tesi e di tanti altri, è confortata dall’Osservatorio Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica i quali affermano con forza che in base alla nuova riorganizzazione del sistema sanitario, l’Assistenza Territoriale non è più chiamata a svolgere un ruolo ancillare, ossia subalterno, rispetto all’Ospedale, ma deve diventare il ‘perno’ attorno a cui far ruotare gli altri livelli di cura.Più medici di famiglia, più specialisti, più infermieri, più tecnologie una buona e flessibile organizzazione delle attività, con una forte sinergia tra medicina territoriale e medici ospedalieri, assicurerebbero certamente un miglior funzionamento del modello e, con esso, i percorsi di cura nel luogo in cui vivono i cittadini. In questa logica, mi è difficile comprendere come i sindaci di montagna non abbiano mai “preteso” che la Ctss assumesse a priorità assoluta un Piano di Investimenti destinato ai loro territori. Tranne l’Ospedale di Comunità di Bobbio, tutti gli altri presidi ospedalieri si trovano sull’asse della Via Emilia, mentre il resto del territorio si sviluppa in direzione sud per circa 70 km verso la zona appenninica. Comuni con una vasta estensione territoriale, come Ferriere, Bettola e Farini, hanno il“diritto”, al pari dei comuni prossimi alla via Emilia, di avere il più vicino possibile la risposta alle loro necessità. La salute è un diritto che va garantito non un costo da contenere. Questi stessi comuni, con una distribuzione della popolazione in agglomerati e case sparse che distano anche 25 km dal capoluogo comunale, hanno bisogno di servizi accessibili.

Ritardi ingiustificati

Ritengo ingiustificati i ritardi nella realizzazione della Nuova Casa della Salute dell’Unione Alta Val Nure, con sede a Bettola, peraltro “inaugurata” nel luglio 2016. Già nel piano degli investimenti del 2017, la CTSS aveva indicato le Case della Salute di Bettola e di Rottofreno (S. Nicolò) come “priorità assolute” di intervento per il loro indispensabile ampliamento, in quanto gli spazi non erano più idonei a sostenere un significativo sviluppo delle attività. A febbraio 2017, l’AUSL, in accordo con l’Amministrazione Comunale di Bettola, aveva predisposto il progetto preliminare e definito l’intervento sull’ex Scuola Elementare di S. Bernardino per un importo di 1,270 milioni di euro. Gli impegni presi prevedevano un aumento delle prestazioni specialistiche per intercettare le patologie più diffuse nella popolazione, inserendo la Fisiatria con annessa fisioterapia, un minimo di Radiologia RX, piccoli interventi chirurgici anche dermatologici, fasciature e suture, in modo da limitare il ricorso al Pronto Soccorso e ai reparti ospedalieri e ridurre i disagi per le persone. Ma nel 2017, con l’insediamento di una nuova maggioranza nel comune di Bettola, tutto si è fermato fino ad ottobre 2020 quando la Regione aggiorna il valore dell’intervento, ma il progetto esecutivo vede luce oltre 3 anni dopo – dicembre 2023 – e i costi salgono ancora fino a 2,187 Ml euro. Solo nel marzo 2025, decorsi inspiegabilmente altri 14 mesi viene pubblicato l’avvio della procedura di gara. Presumibilmente, se tutto filerà liscio, i lavori non saranno conclusi prima della fine del 2026, dopo oltre 9 anni di attesa. E per fortuna che quella di Bettola era una priorità assoluta (presenza dell’unico ambulatorio oncologico in Italia in una struttura non ospedaliera). Ma nel frattempo, e cioè dal 2020, nella esistente struttura di Bettola si è assistito alla progressiva chiusuradi diversi ambulatori specialistici, riattivati solo in parte nel 2024. Gli holter pressori acquistati nel 2017 sono finiti negli armadi e mai più utilizzati, sono stati anche ridotti i giorni dei prelievi da due a uno a settimana, diminuiti i giorni di presenza del CUP e concentrata in un solo giorno al mese la figura del cardiologo. Mentre la pratica Bettola dormiva nei cassetti per scarso interesse da parte dei vari Presidenti dell’Unione che si sono succeduti, ed in particolare del Sindaco di Bettola che ricopriva la carica di Vice Presidente della Ctss, sono stati redatti e finanziati i progetti, realizzate le opere a Rottofreno e Borgonovo, avviati o in fase di affidamento i lavori per le case di Comunità di Carpaneto, Lugagnano e Bobbio. È evidente, a questo riguardo, che alcuni sindaci siano più proattivi di altri nel risolvere i problemi.

Il ruolo della Ctss

È fondamentale che si prenda coscienza delle gravi carenze strutturali del sistema sanitario provinciale. Mi aspetto più attenzione da parte della sindaca di Piacenza al sistema sanità (se funziona la medicina territoriale ne beneficiano gli ospedali) e un deciso impegno da parte della Ctss nel prossimo piano di investimenti, proprio nei confronti delle aree territoriali più deboli.

Anche stavolta gli interlocutori chiamati in causa non diranno nulla?

Fonte: Libertà edizione del 14.04.2025

Casa della salute di Bettola: solo alcuni ambulatori riattivati

Un ospedale nuovo ma col vecchio si rischia di imitare Fidenza: le perplessità di un lettore a Libertà

L’ospedale Vaio di Fidenza

Egregio direttore, nel mese di febbraio le avevo inviato una lettera nella quale mi sentivo in dovere di ringraziare i medici, infermieri e tutto il personale che mi aveva preso in carico fino ad allora. Siccome poi da Piacenza Reparto di cardiologia ero stato trasferito all’Ospedale Maggiore di Parma – Reparto di cardiologia e cardiochirurgia per un intervento al cuore, e in seguito ero stato inviato al reparto di Recupero cardiologico di Castel San Giovanni, mi sono accorto di non aver ringraziato indistintamente tutti i medici, infermieri, personale in servizio nei reparti di cardiologia dei tre ospedali richiamati. Cosa che, attraverso il suo giornale, vorrei fare ora.

Ho potuto apprezzare la buona sanità emiliano- romagnola ai suoi massimi livelli e, da emiliano quale mi sento, sono molto confortato nell’aver sperimentato di persona le grandi professionalità presenti.

Rimango però nettamente contrario al trasferimento dell’Ospedale civile Guglielmo da Saliceto in altra zona di Piacenza. Mi conforta e mi preoccupa (come altri) aver saputo di ritorno da Parma da due simpatici fidentini che mi hanno accompagnato a casa, che il vecchio ospedale civile di Fidenza, prima in centro città e le cui funzioni erano state trasferite in un nuovo ospedale sulla tangenziale, è stato completamente abbandonato e ora è in condizioni vergognose tutta l’area che l’ospitava in centro alla città.

Vergognosa situazione” così mi hanno detto i due fidentini di recente. È quello che si vuole anche per l’area ora occupata dallo storico Ospedale piacentino? Per di più benedetto/protetto dalla Basilica di Santa Maria di Campagna.

Forse si è ancora in tempo a far cambiare idea a qualcuno in alto. Oppure, per una cosa così grossa e importante per una città prepararsi per le barricate ad inizio cantiere.

Grazie e cordiali saluti. Giuseppe Gandini, Castel San Giovanni

♦◊♦ ♦◊♦ ♦◊♦ ♦◊♦

LA REDAZIONE RISPONDE

Caro Giuseppe, innanzitutto sono felice del positivo decorso della sua malattia. E registro con soddisfazione che tutto questo sia maturato tra Piacenza, Parma e Castel San Giovanni, a portata di mano, insomma. Non è un aspetto secondario. Non ho mai dimenticato quando circa trent’anni fa, in vacanza in Puglia, mi trovai nella condizione di far ricoverare mio figlio. Tra parenti in attesa si socializza, per cui mi raccontarono tante storie di gente costretta ad andare al nord per curarsi. I più “fortunati” erano comunque obbligati a farsi tanti km anche per arrivare a quell’ospedale, ritenuto il migliore della zona. Spero che nel frattempo la situazione sia migliorata, ma visti i tempi ne dubito… Vengo alla seconda parte della sua lettera e le dico come la penso. Nuovo ospedale: premesso che non deve essere solo il pretesto economico per una colata di cemento e che deve essere riempito di contenuti, leggi bravi medici e infermieri, penso che si debba fare. Il vecchio ospedale, e parlo soprattutto della parte “vecchia vecchia”, non è più al passo con i tempi. È una convinzione che nasce da una valutazione diretta, confermata dal parere di chi quella struttura la conosce meglio, ovvero medici. Al tempo stesso però noto con preoccupazione che il dibattito in corso su un processo peraltro già avviato discute ancora di area, si preoccupa del partner privato, mette, come nel suo caso signor Giuseppe, in discussione l’opportunità di fare il nuovo ospedale. Tutto legittimo, per carità. Ma chi vuole l’ospedale nuovo è obbligato a dirci fin da subito che cosa ne sarà della struttura vecchia. Finora ne ho solo sentito parlare vagamente. Deve esserci un piano chiaro, un obiettivo con tanto di fattibilità economica. Altrimenti il rischio di una Fidenza-bis, oppure, per restare in casa nostra, di un altro ex ospedale militare che sta andando a pezzi dopo che ci era stato sfogliato davanti un libro dei sogni, sarà più che concreto.

Stefano Carini

Fonte: Libertà rubrica “Libertà di parola” del 13.04.2025

“NUOVO OSPEDALE: l’apporto privato mi preoccupa”. Parola di Marisa Caboni nella lettera inviata al Direttore di Libertà

Così han ridotto piazza Cittadella ed ora vogliono passare ad abbattere il Polichirurgico

Egregio direttore, Leggendo l’articolo apparso su libertà il 22 marzo scorso a pagina 12 intitolato “project- finacing…” per il nostro futuro nuovo ospedale, sono rimasta fortemente colpita da questo progetto in quanto la Regione potrà contribuire per solo 136 milioni di €, il resto lo potrebbero sostenere aziende private (ne concorrono ben nove).

L’articolo di cui sopra riporta drammatici esempi di Ospedali che hanno contratti di project-financing: CONA di Ferrara, Prato, Pistoia, Lucca e Massa. Pesaro ha revocato tale modalità. Questi contratti hanno causato aumenti di costi imprevedibili e insostenibile per i Comuni.

Ringrazio chi ha informato la cittadinanza delle presunte difficoltà economiche.

Marisa Caboni

Fonte: quotidiano Libertà edizione del 26 marzo 2025

Il progetto del nuovo ospedale a Piacenza: tanti spazi (vuoti), vetrate illuminanti e debiti per milioni in interessi da pagare ai privati e indoviniamo: chi pagherà?

“NUOVO OSPEDALE: Va fermato ad ogni costo!”. Federico Scarpa con fermezza

Lo striscione esposto in piazzale Torino (di fianco all’edicola) che fa riferimento alla necessità di migliorare e riorganizzare l’ospedale di via Taverna senza ricorrere a finanziamenti privati utilizzando i fondi pubblici a disposizione (130 milioni di €)

(NdR) Si riporta la nota inviata al quotidiano locale da Federico Scarpa, conosciuto esponente della politica piacentina, fermo restando che le valutazioni politiche dallo stesso espresse sono e restano personali non coinvolgendo il Comitato SalviamOspedale il cui obiettivo resta quello di ottenere il Nuovo Ospedale ampliando e razionalizzando l’attuale struttura di via Taverna.

La nota inviata da Scarpa al quotidiano Libertà

Caro Direttore, in merito all’audizione della DG Ausl Bardasi in consiglio comunale, spero che i consiglieri comunali si siano resi conto che non era con la pletora di Dirigenti dell’Ausl che si doveva discutere, ma con chi, Regione Emilia Romagna, aveva a suo tempo imposto alla comunità piacentina (senza alcuna richiesta dal territorio) la costruzione del nuovo ospedale ( sede idonea Pertite, ancora oggi). La pratica per la costruzione del nuovo ospedale deve essere fermata ad ogni costo! Plauso al comitato, ma vorrei ricordare che per vincere le giuste battaglie ci vogliono i fatti. Primo votare contro chi lo vuole. Vuol dire che avere ideologia uguale alla Regione o al PD non serve e pertanto è indispensabile pensare al voto del 2027 per le Comunali di Piacenza per licenziare la sindaca Tarasconi.

Certo che le prospettive dall’altra parte non sono da meno. Una minoranza che dichiara di voler collaborare con la maggioranza sul tema appaltone energetico sul nuovo ospedale ci fa sorgere quantomeno sospetti di inciucio politico. Dove vogliono andare a parare? Cara Bardasi, nessuno vuol mettere in discussione il lavoro dei dipendenti, ma il Suo sì in quanto espressione di una maggioranza in Emilia Romagna che non ci rappresenta. Alla Sindaca vorrei consigliare di non chiamare detrattori cittadini che le hanno consentito di vincere le elezioni e che Lei tratta con disprezzo.

Federico Scarpa, Portavoce comitato cittadino Psi

Fonte: quotidiano Libertà edizione del 26 marzo 2025

27 marzo 2025. il presidio promosso dal Comitato SalviamOspedale di fronte alla sede della Provincia dove si riunivano i Sindaci per l’elezione della Conferenza Socio Sanitaria

“Sempre meno risorse alla sanità: è il caso di costruire un ospedale?” L’alternativa proposta da Legambiente Piacenza

(NdR) Il documento di Legambiente che si propone é stato pubblicato da Libertà edizione del 25 marzo 2025 con l’immagine d’accompagno proposta dallo stesso quotidiano locale, immagine di rimando all’intervento già pubblicato in Arzyncampo (leggi qui)

La costruzione di un nuovo ospedale è davvero la soluzione giusta per affrontare i reali problemi della sanità piacentina? Legambiente da sempre sostiene e si batte contro l’eccessivo consumo di suolo e con forza ha deplorato soprattutto le recenti autorizzazioni di nuovi insediamenti logistici in provincia. Allo stesso modo, laddove un sacrificio di suolo fosse inevitabile, non è mai stata pregiudizialmente contraria laddove servisse per un’opera pubblica, a maggior ragione per migliorare la sanità pubblica, piuttosto che per un capannone della logistica, a prioritario vantaggio di una società immobiliare, magari straniera.

Premesso questo, va tuttavia precisato che nelle osservazioni redatte e recapitate al Comune di Piacenza nell’agosto del 2020, in occasione della variante urbanistica per consentire l’ubicazione del nuovo ospedale nella cosiddetta area 6 (coltivata dalla cooperativa “gli Spinoni”), Legambiente ha espresso con nettezza la propria contrarietà all’insediamento nell’area 6, per numerosi e documentati motivi, sia di carattere ambientale che economico che di rischi di carattere idrogeologico. Rischi che, a nostro giudizio, sono stati eccessivamente minimizzati nelle relazioni tecniche che hanno accompagnato la valutazione ambientale, soprattutto alla luce degli evidenti cambiamenti climatici in corso. Quindi, rispetto al male peggiore (area 6), abbiamo sempre sostenuto che l’area 5 (podere “Cascine”), alla Farnesiana – comunque collocato internamente alla tangenziale – avrebbe costituito il “male minore”, nonostante la perdita di terreno agricolo e la trasformazione urbanistica conseguente. La superficie territoriale complessiva del nuovo insediamento ospe-daliero corrisponde a 256.834 mq, fra l’area da edificare (circa 117.000 mq di sup. lorda) e quella da destinare a parcheggio (circa 49.000 mq previsti, di cui in parte su suolo permeabile e piantumato, per quasi 1.500 posti auto) e alla viabilità interna. La piantumazione di 1.500 alberi, in gran parte inserite nell’area parcheggio, non costituirebbe comunque una vera e propria area verde, che ha ben altre caratteristiche e la cui dotazione è invece prescritta nei nuovi ospedali realizzati in tutta Europa, per i benefici effetti che è stato dimostrato produrre sulla salute dei pazienti.

Detto questo occorre sottolineare che nella premessa delle osservazioni del 2020, abbiamo chiaramente precisato che sarebbe stato necessario, anzi doveroso, redigere un preliminare e approfondito studio di fattibilità (non come quelli superficiali più volte citati nella documentazione dell’Ausl) che escludesse o confermasse, numeri alla mano, la possibilità di un ampliamento e di una riqualificazione della struttura ospedaliera attuale di via Taverna, che è peraltro stata inaugurata solo 30 anni fa, nel 1994. Le motivazioni di un nuovo ospedale fanno infatti riferimento alle esigenze espresse dal personale sanitario (medici ed infermieri), rispetto al dichiarato superamento della struttura a padiglioni, alle difficoltà dovute alla scarsità dei parcheggi e all’assenza di un eliporto (in estrema sintesi). Pur nell’ottica di non sottovalutare le prioritarie esigenze dei sanitari, abbiamo quindi sempre sostenuto che lo studio di fattibilità della riqualificazione del presidio di via Taverna (la cosiddetta opzione zero, da considerare necessariamente nella valutazione fra costi e benefici), avrebbe dovuto essere effettuato da progettisti specializzati nel campo sanitario e con il preciso scopo di soddisfare adeguatamente gli obiettivi di una buona sanità pubblica, oltre che di sostenibilità. Una richiesta seria e rigorosa, proprio mirata ad evitare pareri superficiali e non qualificati.

Giovedì 27 marzo 2025, palazzo della Provincia in via Garibaldi: il presidio del Comitato SalviamOspedale in occasione dell’elezione della Presidente della Conferenza Socio-Sanitaria

Purtroppo occorre rilevare che, a distanza di quasi 10 anni dalla improvvisa proposta di costruzione del nuovo ospedale da parte dell’ex assessore regionale Venturi, di tale studio di fattibilità, non c’è purtroppo ancora alcuna traccia, nonostante le numerose sollecitazioni da parte della società civile e in particolare dal comitato “Salviamospedale. Lacuna inaccettabile, anche tenuto conto che la prospettata demolizione dell’attuale Polichirurgico rappresenterebbe ingenti costi economici e ambientali (di cui non si tiene mai conto) e che lo svuotamento di servizi nel quartiere prefigurerebbe un’ulteriore mazzata alla vivibilità del centro storico.

Ecco perché lo studio di fattibilità torna invece di stretta attualità, per diversi e gravi motivi. Prima di tutto perché un investimento di tale dimensione rischia di essere azzardato e non rispondente alle reali necessità del sistema sanitario piacentino. I costi previsti sono infatti lievitati da 156 ml circa nel 2019 a 296/305 ml attuali (escluso il costo dell’acquisto dell’area e del BRT, la linea di trasporto di superficie progettato per collegare la stazione FS con l’Ospedale). E non bisogna essere profeti per prevedere che tale importo crescerà ancora, prima della conclusione dei lavori, come spesso accade nella realizzazione delle opere pubbliche, soprattutto se così delicate.

Senza considerare che nella più recente proposta (dichiarazione della Direttrice Ausl Paola Bardasi, Libertà venerdì 17 gennaio 2025), si prevede la ristrutturazione degli edifici dell’attuale ospedale per trasformarli in una vera e propria “Cittadella della Salute”, comprendente gli ambulatori della seconda Casa di Comunità, ambulatori, uffici amministrativi, sede della scuola per infermieri e della sede decentrata della Facoltà di Medicina. Benissimo, ma la domanda è: con quali risorse? Se secondo la Fondazione GIMBE la percentuale della spesa sanitaria sul Pil scenderà dal 6,4% nel 2024 al 6,2% nel 2026? Inoltre, con il Programma Pluriennale di investimenti nell’edilizia sanitaria la Regione ER ha deciso nel febbraio 2024 di finanziare solo parzialmente il nuovo ospedale di Piacenza affidando al partenariato privato il compito di avviare un project financing di 160 milioni di euro (più delle metà delle spesa complessiva), con tutti i rischi che ciò comporta, sia in termini di appesantimento degli oneri futuri a carico della comunità piacentina, sia in termini di condizionamento delle politiche sanitarie da parte del soggetto finanziatore (vedi i casi eclatanti degli ospedali di Ferrara e di Mestre, ecc.), che spesso cede il credito a fondi internazionali di investimento.

A queste condizioni, viene seriamente da chiedersi se il progetto di ospedale nuovo sia davvero conveniente per soddisfare le esigenze della sanità piacentina. O se non sia più opportuno destinare le limitate risorse disponibili in un rafforzamento della medicina territoriale e preventiva, basato su una riqualificazione dei presidi sanitari esistenti o pianificati ma ancora ben lontani dall’essere realizzati (vedi case di comunità). Senza ignorare la ricerca di strumenti – di carattere organizzativo ed economico – per risolvere il problema della carenza dei medici di medicina generale (oggi quasi in fase di estinzione, soprattutto nei territori di collina e di montagna), che rappresentano il primo e indispensabile baluardo a sostegno di una popolazione in fase di invecchiamento.

In conclusione Legambiente: 1) ha sempre espresso la necessità di un serio studio di fattibilità della riqualificazione dell’ospedale attuale; 2) tenuto conto del progressivo calo di risorse pubbliche destinate alla sanità e alla necessità di ricorrere al finanziamento privato per costruire l’ospedale nuovo, esprime seri dubbi su questa scelta, ritenuta azzardata rispetto alle alternative fornite dal potenziamento della medicina preventiva e territoriale.

Legambiente Piacenza (circolo Emilio Politi)

Lo striscione esposto in piazzale Torino. Uno striscione analogo esposto nel parcheggio in via XXI Aprile è rimasto poche ore: chissà chi disturbava

“Inutile discuterne ancora: l’ospedale nuovo si farà”, dichiara la Sindaca. Augusto Ridella del Comitato SalviamOspedale ribatte

Il presidio del Comitato SalviamOspedale in occasione dell’audizione del Direttore AUSL in Consiglio Comunale

NOI VOGLIAMO UN OSPEDALE NUOVO ED EFFICIENTE SUBITO E IN VIA TAVERNA

La Sindaca, in occasione dell’audizione del Direttore Generale dell’Ausl, sulla sanità e sulla costruzione di un nuovo edificio ospedaliero ha dichiarato che “di confronti pubblici per discutere sul tema del nuovo ospedale” ne sono stati fatti fin troppi e dunque “archiviamo la pratica di chi non vuole un nuovo ospedale”.

Sul punto facciamo rilevare che l’unico dibattito per informare è stato fatto grazie alla raccolta di migliaia di firme e dopo aver più volte sollecitato la sindaca a rispettare lo Statuto Comunale.

Vogliamo tranquillizzare la Sindaca che il nostro obiettivo non è mai stato quello di avere visibilità in pubblici dibattiti ma di far emergere le problematiche che comporta, per la nostra città l’edificazione di un complesso ospedaliero.

Invitiamo la stessa ad evitare di ripetere che il nostro Comitato non vuole un nuovo ospedale, al contrario noi abbiamo sempre sostenuto che vogliamo un ” Ospedale Nuovo” ma utilizzando ed ampliando i fabbricati ora esistenti in via Taverna, con il finanziamento statale rimasto (€130 milioni) senza dover ricorrere alla soluzione, sciagurata, del partenariato Pubblico/Privato.

Errare umanum est, perseverare antem, diabolicum.     

In altre parole le parole della Sindaca NON sono le nostre parole.

Abbiamo elencato dettagliatamente, mai smentiti, che ci sono tutti gli spazi per raddoppiare l’attuale Polichirurgico e le condizioni per rigenerare qualche edificio esistente obsoleto.

Abbiamo elencato i danni irreversibili che comporta un nuovo edificio, fuori città, con un costo stratosferico. Si pensi solo che l’abbattimento del vecchio ospedale (del valore di €150 milioni), perché sia ben chiaro che non potrà essere recuperato, porterà:

-alla desertificazione di una parte rilevante della città (via Taverna, via Campagna e zone limitrofe);

-al consumo di un’area agricola pari a 45 campi di calcio;

-all’impossibità di recuperare l’ospedale Militare come sede della Facoltà di Medicina in inglese in quanto gli studenti avrebbero difficoltà enormi a recarsi nei reparti del nuovo ospedale fuori città;

-al fatto che passeranno circa 10 anni prima di avere lo spazio (così disse la Sindaca) per ospitare un robot chirurgico e per avere parcheggi (che vergogna la coda che si forma in via Campagna tutte le mattine per entrare nel piccolo parcheggio all’interno del vecchio ospedale quando sarebbe sufficiente riservare il parcheggio di via XXI aprile, peraltro collegato direttamente all’attuale nosocomio e l’area ex 118 a coloro che vanno in ospedale).

-è comunque altresì vergognoso non dire ai cittadini che con il partenariato Pubblico /Privato l’ospedale non sarà pubblico ma del privato che ci mette un po’ di soldi. Ed ancora peggio, che dove è stato utilizzato tale strumento i risultati sono stati a dir poco disastrosi come è stato richiamato nella relazione che abbiamo inviato a tutti i consiglieri Comunali ma, cosa incomprensibile, nessuno dei Consiglieri ha alzato un dito per chiedere chiarimenti.

Ripetiamo, non siamo interessati a dibattiti ma, sia ben chiaro, che, contrariamente a quello che pensa e dichiara la Sindaca, la pratica della costruzione di un nuovo fabbricato da adibire a impresa ospedaliera per noi non è archiviata. Così come per migliaia di cittadini (ad oggi sono oltre 7.000) che hanno firmato una petizione contro l’operazione finanziaria p.p.p. e sono a favore invece della nostra proposta.

Attendiamo a piè fermo di conoscere la proposta finanziaria del partner privato (si tratta di un’operazione finanziaria a tutti gli effetti con tutti i rischi ad essa connessi) per fare emergere dettagliatamente le problematiche che abbiamo più volte richiamato.

Ma soprattutto continueremo ad informare la cittadinanza e a rivolgere le nostre istanze in tutte le sedi ed attendiamo inoltre di capire per quale motivo la Regione ha deciso di investire le poche risorse a disposizione per costruire un ospedale che c’è già.

Il presidio del Comitato SalviamOspedale in occasione dell’audizione del Direttore AUSL in Consiglio Comunale

E domani, 27 marzo ore 14.15, NOI CITTADINI PIACENTINI ci ritroviamo di fronte alla Provincia in via Garibaldi per dire NO alla sanità privata, per un “Nuovo Ospedale efficiente subito ma in via Taverna”

Giovedì 27 marzo alle 14.30 è convocata la Conferenza socio sanitaria nella sede della Provincia di via Garibaldi per eleggere il Presidente e gli altri organi istituzionali e NOI ci saremo per non far fare l’ospedale nuovo coi soldi dei privati perché la sanità deve restare pubblica, diritto di tutti.

NOI ci saremo perché vogliamo il “Nuovo Ospedale efficiente subito in via Taverna” ampliato, razionalizzato e con tanto di parcheggi.

Perché “A Piacenza servono medici e infermieri subito non un ospedale nuovo semiprivato tra dieci anni.

Insomma diciamolo chiaro al Sindaco Katia Tarasconi che evita il confronto, Ospedale nuovo ma in via Taverna, sanità pubblica non privata

Quindi TUTTI IN VIA GARIBALDI giovedì alle 14.15 con il Comitato SalviamOspedale e, se sei impegnato o impegnata, nessun problema, puoi sempre firmare (sempreché tu non l’abbia già fatto) e far firmare le nostre petizioni che, non per dire, insieme sono state condivise da 7.290 piacentini: le trovi, l’una qui, l’altra qui.

«No ai debiti con i privati, no alla sanità privatizzata. Sì all’ospedale di via Taverna». Quelli del Comitato SalviamOspedale ieri di fronte al Comune

Ieri, 24 marzo, mentre il Direttore Generale dell’Ausl Paola Arbasi interveniva alla seduta del Consiglio Comunale per relazionare sulla situazione della sanità pubblica piacentina, semplicemente non potevamo mancare.

Forti peraltro delle 7.220 firme di piacentini che già hanno sottoscritto le nostre petizioni in change.org alle quali si aggiungono le oltre 240 adesioni in forma cartacea raccolte al banchetto in piazzale Cittadella, ci siamo presentati, accolti da tre vigili agenti Digos, di fronte all’ingresso del Municipio mentre alla spicciolata arrivavano assessori e consiglieri, qualcuno addirittura fermandosi per un semplice cordiale saluto o per un veloce confronto tra le diverse posizioni (e, tra questi, addirittura il Sindaco, notoriamente tra gli alfieri della costruzione di un nuovo avveniristico contenitore ospedaliero finanziato prevalentemente con fondi privati – che sarebbero poi da rimborsare interessi inclusi -!).

No ai debiti coi privati, no alla sanità privatizzata, si all’ospedale in via Taverna” la scritta sullo striscione che abbiamo posizionato all’ombra del palazzo comunale. In buona compagnia con tanti cartelli, da “Nuovo Ospedale efficiente subito in via Taverna” a “Non vogliamo l’ospedale privato“, da “Ospedale = + Medici + Infermieri” a “Ospedale nuovo ma in via Taverna, sanità pubblica non privata” e ancora “A Piacenza servono medici e infermieri subito non un ospedale nuovo semiprivato tra dieci anni“.

«Evidenziamo che il progetto per la costruzione di un nuovo ospedale porterà alla sua privatizzazione. Abbiamo trasmesso a tutti i consiglieri comunali una relazione, in cui vengono indicate le criticità del partenariato pubblico/privato e le conseguenze deleterie per la nostra sanità», ha detto il portavoce Augusto Ridella.

Insomma un NO chiaro, senza se e senza ma, anche perché “la Regione e l’Ausl si troverebbero vincolate a pagare per 30 anni un canone annuo di decine di milioni di euro. Al termine del periodo, si ritroverebbero con una struttura ormai obsoleta, mentre per tutto il tempo della concessione la gestione di manutenzione e servizi resterebbe in mano al privato”.

Per tacere delle preoccupazioni per il destino dell’attuale ospedale di via Taverna, che, nonostante sia considerato efficiente (così in Consiglio ha affermato Bardasi) e di recente costruzione, verrebbe abbandonato e presumibilmente demolito. “Si pagherà un affitto esorbitante al privato finanziatore (per 160 milioni) della nuova struttura privata, quando potremmo utilizzare i fondi pubblici disponibili per ampliare e potenziare l’esistente sin da subito”.

Insomma, quale alternativa? Nessun dubbio, “Utilizzare i 130 milioni di euro di finanziamento pubblico ancora disponibili per raddoppiare il polichirurgico, ammodernare gli altri reparti e creare nuove aree di parcheggio. Una soluzione che garantirebbe un miglioramento immediato della sanità piacentina senza vincoli a lungo termine con soggetti privati”.