La nuova bufera piombata in capo all’Ausl piacentina: non sembra il caso di affermare condanne anticipate e definitive prima ancora che si arrivi effettivamente a processo

La notizia della nuova tempesta piombata sul capo dell’Ausl piacentina naturalmente ha scosso la città già provata da altri recenti “temporali” nel settore sanitario pubblico: conclusa un’indagine da parte della Guardia di Finanza nei confronti di 15 dirigenti e tecnici dipendenti dell’Asl e di 5 manager di società private. “Appalti pilotati“, si legge, con conseguenti gravissime accuse che vanno dal peculato alla turbativa d’asta fino alla falsità ideologica in atti pubblici e all’esercizio abusivo di una professione. Accuse che appunto coinvolgono 20 persone tra dirigenti pubblici (ivi compresa Paola Bardasi, Direttore Generale dell’Asl) e manager privati.
La gestione di appalti pubblici per un valore di 7 milioni e la gestione di fondi Pnrr per ulteriori 17 milioni i fatti sui quali si è concentrata l’attenzione della Guardia di Finanza arrivando alla definizione, da parte degli inquirenti, di “un quadro di irregolarità sistematiche nella gestione delle procedure d’acquisto di beni e servizi sanitari“. Nello specifico “i vertici dell’azienda sanitaria avrebbero sistematicamente eluso le regole degli appalti pubblici, ricorrendo in modo reiterato ad affidamenti diretti, proroghe ingiustificate e acquisti in economia. Il tutto attraverso stratagemmi giuridico-amministrativi volti ad aggirare la necessaria evidenza pubblica, favorendo aziende compiacenti con cui vi sarebbero stati anche incontri diretti e non ufficiali“.
Sono state inoltre rilevate “gravi anomalie” anche nella gestione di quattro progetti Pnrr per un valore complessivo di 17 milioni di euro: “pur di non perdere i finanziamenti alcuni dirigenti dell’Ausl avrebbero attestato falsamente la conformità di progetti definitivi a quelli preliminari, certificando il rispetto di criteri tecnici ed economici nonostante le evidenti criticità. In questo modo si sarebbe provveduto alla validazione artificiosa dei progetti per rientrare nei termini richiesti dai bandi di finanziamento europei“.
La notizia, caduta sulla città come fulmine a ciel sereno, ha suscitato reazioni dallo sgomento, all’incredulità, dall’indignazione all’immediata reiterazione della richiesta di commissariamente dell’Asl (richiesta già avanzata in occasione di uns precedente recente inchiesta coinvolgente l’azione sessista di un primario ospedaliero) fino ad arrivare al fango gettato a palate attraverso decine e decine di commenti via facebook ed altri social (i famosi, me lo si consenta, “leoni da tastiera“).
Personalmente, ferma restando lo stupore ed un certo sgomento come prima reazione anche da parte mia, sarei però cauto e prudente nel tacciare giudizi e condanne preventive defitive. Resterei infatti prudenzialmente in attesa di quanto valuterà e giudicherà la magistratura competente nell’eventuale sede processuale (sempreché alla sede processuale si arrivi effettivamente e che invece – come spesso avviene – tutto non venga archiviato per “insussistenza dei reati” ipotizzati in sede appunto di indagini preliminari e di valutazioni da parte della Procura).
Una cautela nel giudizio innanzitutto perché penso di conoscere alcuni dei potenziali indagati e accusati in quanto miei ex colleghi fino al momento del mio pensionamento (cinque anni fa), ex colleghi dei quali ben conoscevo le funzioni svolte e che non posso pensare abbiano scientemente potuto volontariamente agire in violazione di norme e di procedure con la gravità che viene contestata e presupposta dai commenti ascoltati o letti in queste prime ore.
Così in particolare per quanto riguarda i progetti Pnrr osservo che i relativi fondi sono serviti per realizzare la struttura sanitaria detta “Casa della Comunità” a San Nicolò, l’analoga struttura a Fiorenzuola e infine sono in stato di avanzamento i lavori per la realizzazione della Casa della Comunità/Ospedale di Comunità (OsCo) in via Gadolini dove da anni erano in stato di abbandono e degrado le strutture della ex Clinica Belvedere.
Quello che voglio dunque evidenziare è il fatto che questi sono risultati:
- volti a garantire prioritariamente ai cittadini la disponibilità di strutture sanitarie fondamentali
- volti ad evitare la eventuale perdita per mancato tempestivo utilizzo dei fondi Pnrr
- volti quindi ad un agire nel perseguimento di un interesse pubblico primario ovvero la tutela sanitaria dei cittadini attraverso la tempestiva disponibilità di fondamentali strutture destinate alla cura e alla prevenzione sanitaria.
Certo tutto questo non può giustificare completamente l’azione eventualmente contestata ma, nel momento della valutazione penale della stessa, anche questi elementi saranno tenuti in considerazione dalla magistratura giudicante definendo quindi il corretto punto di equilibrio tra gli eventuali diversi interessi presenti nel caso di specie.
Punto di equilibrio che purtroppo pare mancare completamente in quanti in queste ore mediante parole e scritti (via social in particolare) già stanno mettendo alla gogna dirigenti e soprattutto “persone” infangandole per aver svolto un lavoro che appunto potrebbe rivelarsi nell’interesse pubblico coincidente con l’interesse del cittadino anche se questo può aver determinato qualche “forzatura” (nei limiti comunque della legittimità) rispetto a procedure e tempistiche normative nell’ambito della complessa materia degli appalti pubblici.
Meglio dunque restare serenamente in attesa degli sviluppi e di un quadro meglio definito delle vicende contestate e di quanto possa essere appunto effettivamente ricondotto e imputato a ciascuno dei 20 protagonisti indagati.
