Quando come fulmine a ciel sereno cadde dal cielo la notizia della decisione della Regione di costruire un nuovo ospedale a Piacenza e tutti stupiti siamo caduti dal pero
Riassumiamo: nel 2015 quasi come un fulmine a ciel sereno piove sula città la notizia dalla Regione della decisione di costruire un nuovo ospedale a Piacenza. Tutti i piacentini, compresi quelli che contano, che hanno potere decisionale sulle cose di casa nostra, cadono letteralmente dal pero. All’inizio alla cosa segui il silenzio dei più con la sola opposizione dei (pochi) rappresentanti locali del M5S ben presto smentiti addirittura dal livello romano per bocca addirittura dell’allora in auge Di Maio. Sempre più restando a bocca aperta si prese atto che lentamente tutta la politica locale condivideva e ringraziava. Erano del resto tanti soldini, perché rinunciarci? Certo, peccato però che i problemi della sanità piacentina erano ben altri, soprattutto legati ad una organizzazione di servizi sul territorio praticamente ospedalecentrica con ad esempio pochi ambulatori decentrati, scarso personale, servizi di prevenzione sottodimensionati e con gli stessi ospedali periferici in lento ma inesorabile declino. Nessun problema: “faremo un bel piano di sviluppo dei servizi territoriali, domiciliari, alternativi o sostitutivi del ricovero ospedaliero“. Grande idea! Così i piacentini giù a votare per confermare i politici al governo regionale. Certo, sosteneva qualche bastian contrario (compreso il sottoscritto) aggirandosi solitario di bar in bar, comunque passate le elezioni del nuovo ospedale non si parlerà più. Profeta del malaugurio: infatti addirittura sempre dall’alto arrivò (qualche anno dopo) la notizia che governo e regione mettevano a disposizione i 220 milioni necessari. Intanto il tempo passava e i piacentini (almeno i più) si dicevano contenti, appagati dalla generosità dei buoni governanti, quelli romani, quelli regionali e anche quelli comunali e soprattutto quelli dell’azienda sanitaria. “Finalmente avremo il parcheggio!” (perché il problema per molti ancora oggi non sarebbe tanto sanitario quanto del parcheggio), “Finalmente l’ospedale abbandonerà il centro e la caotica via Taverna” (perché per quelli della provincia, da San Polo a Ziano, il problema sarebbe la viabilità della caotica via Taverna) e via così, altri mille finalmente. E i servizi sul territorio, e gli ospedali della provincia e il personale da assumere? Silenzio. Dall’alto. Dai vertici di chi ha il potere di decidere delle cose nostre, del nostro presente, del nostro futuro. Intanto il tempo è passato, i costi sono lievitati, oggi arrivano a 330 milioni e, secondo qualche iettatore, alla fine – tra 10 anni – arriveranno a 500 milioni, forse 550! “Però ci saranno grandi eleganti vetrate e all’ingresso una reception degna del migliore degli alberghi con tanto di elegante signorina addetta alla più gentile e cortese accoglienza col dovuto smagliante sorriso hollywoodiano“. Sì, va bene, ma il parcheggio? “Da mille posti auto“. Tutto bene, allora. Certo. E macchinari scientifici che in Italia e forse in Europa sono sconosciuti e medici da tutto il mondo e infermieri, tutto nel nuovo grande magnifico avveniristico fantasmagorico ospedale piacentino. E i soldi, quelli ulteriori per tutto quanto s’aggiunge? “Ma non cavilliamo, spezialino, sembri un farmacista, ragioni come un droghiere“. Poi, improvvisamente i nodi iniziano a venire al pettine. I 330 milioni non ci sono e comunque il governo ne garantisce 130 cioè 90 in meno con un bel buco di 160 milioni (calcolato su un investimento di 290 milioni col resto forse a carico del bilancio comunale). Brutta sorpresa ma intanto si avvicinano nuove elezioni regionali e quindi, “no problem“: I 160 milioni li metterà a disposizione l’impresa che avrà l’appalto per la costruzione del nuovo ospedale. Pare ci sia già una lunga coda di imprenditori aspiranti al titolo di generosi benefattori: a loro saranno sicuramente aperte le porte del cielo. Nel frattempo qualche giorno fa sono stato nella Casa della salute a Podenzano (una delle se non sbaglio 9 attive nei 47 Comuni della provincia oltre a quella del capoluogo) per un ecocolordoppler, prenotato pochi giorni prima. Sono arrivato accompagnato da mia moglie. Nella sala d’attesa eravamo in 5. Erano le 17.40. Due pazienti sono entrati in un ambulatorio, una donna è entrata in quello preposto per le ecografie. Alle 18.00 come da prenotazione, uscita la signora, sono entrato a mia volta. Nel frattempo da un altro locale dove si trovano altri ambulatori sono usciti due uomini e una ragazza in gravidanza. Tutti sorridenti, tutti a salutare passando. Clima di assoluta serenità, l’impressione è che sia “pienamente raggiunto l’obiettivo di rispondere all’esigenza dei cittadini di avere i servizi di cure primarie vicino al proprio luogo di residenza” (che nel mio caso significa a 10 km dalla mia abitazione ma non sottilizziamo, non sarà la spesa della benzina consumata a rovinare il mio bilancio familiare). Sempre qualche giorno prima sono stato nel Polichirurgico piacentino, nella palazzina con diversi ambulatori. In sala d’attesa eravamo in 10, nessuno sorrideva, tutti aspettavano più o meno pazientemente d’essere chiamati, guardando nervosamente l’orologio, lamentando con l’accompagnatore che “l’ora della prenotazione é ormai passata da tempo” e l’accompagnatore allargava le braccia sconsolatamente invitando alla pazienza. Giorni prima alle 17 circa avevo accompagnato mia moglie in radiologia sempre al Polichirurgico sempre per un’ecografia. L’ho aspettata sedendomi in sala d’attesa mentre lei entrava nel corridoio del reparto. Dopo poco l’addetta alla reception del servizio ricevendo un paziente ha commentato “purtroppo hanno avuto problemi, hanno una buona mezz’ora di ritardo sul programmato“. Diavolo, lo stesso dell’occasione precedente, mesi prima. Per fortuna m’ero portato un libro da leggere tuttavia quel giorno non avevo comprato i quotidiani ritenendo d’avere il tempo di farlo all’uscita dall’ospedale una volta eseguito l’esame. Niente da fare, ore 19 l’edicola nei pressi di casa già chiusa. Del resto a ben guardare, colpa nostra: avessimo prenotato alla radiologia di Bobbio (45 km) avremmo avuto l’esame probabilmente prima dell’ora della prenotazione come avvenuto in altre occasioni ma non sempre si può giocare alla pallina da flipper che rimbalza di qua e di là. Ho pensato che invece di un faraonico nuovo ospedale si potrebbe intervenire ristrutturando e ampliando il nostro attuale Polichirurgico realizzato e inaugurato nel non certo lontano 1994 e che il piano della Regione vorrebbe addirittura abbattere. Ho pensato che il palazzo nel quale abito risale addirittura al 1964 eppure non è decrepito e neppure diroccato o pericolante. Ho ricordato che un gruppo di tecnici piacentini (per conto di quel Comitato SalviamOspedale da un paio d’anni unica voce di dissenso) ha elaborato un progetto che prevede appunto l’intervento di ristrutturazione e ampliamento dell’attuale ospedale, progetto che comprende realizzazione di parcheggi, progetto che inoltre prevederebbe (avessimo ancora a disposizione i 220 milioni inizialmente previsti dal governo e dalla Regione) addirittura la realizzazione di altre Case della Salute e sicuramente di altri interventi di sviluppo delle strutture e dei servizi necessari sul territorio dove addirittura invece ultimamente vengono ridotte le attività dei Pronto Soccorso. Ma questa è fantasia, visto che comunque 90 milioni sono spariti e i generosi imprenditori sempre in coda in via Taverna sicuramente non sarebbero interessati al finanziamento delle suddette strutture territoriali (pare inidonee per aprire le predette porte del cielo). Ma non solo. Tre giorni fa sono stato in ospedale per una delle consuete visite di controllo post Covid alle quali sono tenuto dopo i giorni dell’infezione nell’ormai lontano 2020 (ai quali, fortunatamente per me, sono sopravvissuto). A questo proposito un altro pensiero m’è frullato nella mente: che avrei potuto fare, senza la sanità pubblica, in questi 5 anni? Ricoveri, visite a non finire (inizialmente anche tre alla settimana), esami l’uno dietro l’altro nelle più diverse discipline specialistiche, farmaci, medicamenti, medicazioni. Senza l’assistenza della sanità pubblica, come mi sarei potuto permettere tutto questo? Beh detto questo, alla visita di tre giorni fa ho sottolineato che sta scadendomi l’esenzione dall’obbligo della cintura di sicurezza in auto resa necessaria per motivo di patologia sanitaria specifica. Beh il medico ha rilevato che non è più opportuna. Me ne sono rallegrato altrimenti in questi giorni avrei dovuto prenotare una visita dal medico della medicina legale. Che ha l’ambulatorio alla Casa della salute di piazzale Milano in città. Dove è stato trasferito (già da tempo) anche tutto il servizio della diabetologia allontanandolo dall’ospedale di via Taverna. Sempre in conseguenza del Covid e dei tanti suoi effetti “secondari” attualmente ho ancora mobilità limitata: uso una stampella e scarpe speciali, per spostarmi devo usufruire del trasporto da parte di altri (mia moglie o mio figlio in primis). Quindi prenotare la visita e andare alla Casa della salute di piazzale Milano sarebbe stato un problema: dove parcheggiare? Già, perché i decisori che governano le cose pubbliche della città hanno ben pensato di realizzare un parcheggio interrato nella vicina piazza Cittadella dove fermavano i mezzi pubblici al servizio in particolare degli studenti, spostandone il punto di sosta nel parcheggio di fatto finora a disposizione del centinaio di dipendenti dell’ASL e degli stessi pazienti in visita appunto nella Casa della salute di piazzale Milano. Che quindi se hanno necessità di parcheggiare che faranno? S’attaccano al tram? Ora, in verità il problema per quanto mi riguarda sarebbe limitato ma per quanto ai diabetici molti necessitano di trasporto da parte del parente di turno, hanno capacità di deambulazione non solo limitata ma nulla. Sono in carrozzina e comunque necessitano di assistenza da parte dell’accompagnatore che di conseguenza deve posteggiare l’auto. Che fanno dunque? I governanti decisori di piazzale Mercanti assicurano che il problema verrà studiato. Ma intanto? Intanto il parcheggio non esiste più e i cittadini s’arrangino. Non si poteva studiare il problema parcheggio prima di dare il via ai lavori in piazza Cittadella (peraltro già fermi per la protesta di migliaia di cittadini)? Ma questo a prima vista può sembrare poco c’azzecchi con la questione nuovo ospedale. Beh, considerato che il problema parcheggi in piazzale Milano si trascina sin dall’inizio anni fa (eravamo agli inizi del nuovo millennio) della decisione di realizzare sul posto una struttura sanitaria e che ora il problema è ingigantito oltre misura ma appunto non è nuovo, andava studiato sin dall’inizio ma con decisori che danno prove del genere, come non dubitare, come non guardare con sospetto alla presunta coda di imprenditori pronti a investire 160 milioni a fondo perduto? Beh, fuor di celia è chiaro che non sarebbe a fondo perduto, che ogni imprenditore bada alla copertura dell’investimento con tanto di ampio margine di utile, di guadagno. E questo chi lo paga? Ovvio: sior Pantalone, i cittadini, la comunità. Tutta la comunità provinciale che per mancanza di fondi inevitabilmente vedrà ridotti i servizi viciniori e per ogni necessità sanitaria o anche solo per portare saluto o conforto al parente ricoverato dovrà scendere in città dove tra dieci anni troverà un ospedale in periferia con 1000 posti auto, una reception con grandi vetrate e la famosa signorinella sorridente che in verità nel frattempo sarà invecchiatella. E in via Taverna? Chissà nel frattempo un nuovo supermercato e le strutture del vecchio “Civile”, il “Guglielmo da Saliceto” abbandonate e sempre più fatiscenti. Sento già, da chi ha avuto la forza e la pazienza di leggere questo lungo e disarticolato post: “ma un ospedale nuovo senza che nessun onere ricada sulle casse degli enti pubblici locali è una gran cosa“. Probabilmente questa è la convinzione di fondo di tutti i Sindaci della provincia (escluso il Sindaco di Rottofreno, unica voce di dissenso), quelli convinti della bontà del progetto regionale e quelli semplicemente silenti. Può essere abbaiano ragione ma si potrebbe sapere perché non si fa come di regola si deve una comparazione tra le due ipotesi in campo? Perché nessuno prende in considerazione il citato progetto elaborato dai tecnici del Comitato SalviamOspedale spiegando perché e percome non risulta adeguato o comunque per quale ragione risulta preferibile la scelta della costruzione di una nuova struttura da adottare senza se e senza ma assecondando e allineandosi al pensiero unico della politica locale, regionale, nazionale e forse chissà – Putin permettendo che si sa mai – interplanetaria. Bene, in assenza di adeguata motivata risposta, detto ai candidati alle prossime elezioni regionali (e in attesa della successiva tornata elettorale localistica): NOT IN MY NAME.