25 maggio 2024, alla libreria Fahrenheit, rap-presentazione di poesia e musica per sostenere BASTA INVIO DI ARMI, BASTA GENOCIDIO. E oggi, nell’urna, sosteniamo l’Europa per favorire un accordo diplomatico, L’EUROPA PER LA PACE

25 giugno 2024, cortile interno Libreria Fahrenheit, poesia e musica per ribadire BASTA INVIO ARMI, BASTA GENOCIDIO

Il mio libro, il numero nove, può essere definito un libro ‘multifunzionale‘. Rappresenta intanto il racconto della mia ‘storia poetica‘, un lungo percorso iniziato negli anni ’70 e che prosegue tuttora attraverso le rap-presentazioni che appunto raccontano ora di una ora dell’altra parte del lungo racconto racchiuso in 70 poesie chiamate a celebrare i miei primi e (forse) ultimi 70 anni. Multifunzionale, dicevo, perché attraverso quelli che definisco ‘racconti in versi‘ permette di girare di contrada in contrada ogni volta aprendo una pagina diversa, un vissuto tra i tanti problemi di questa nostra complessa società. Del resto non lo dimentichiamo: era domenica 14 febbraio 1954 quando in quel di Fiorenzuola d’Arda la levatrice per la prima volta mi affidava alle braccia di mia madre che, mi avrebbe poi raccontato, sorrideva a quel suo bambino come mai aveva sorriso prima. Nello stesso tempo nel lontano villaggio vietnamita di Dien Bien Phu i Viet Min stavano preparando l’ultima battaglia contro i colonialisti arrivati dalla Ville Lumière: 10 mila le vite spezzate in due mesi di scontri all’ultimo sangue. Alcuni istanti di esitazione e lanciai un lungo, modulato, urlo di orrore e di protesta. C’en est que le debut, quell’urlo non era altro che il debutto, l’inizio, l’arrivo in un mondo rovinato da noi stessi, dove ‘ogni atomica è una boccia e i birilli son l’umanità, il capriccio di un capoccia e il mondo in aria salterà‘. Da allora nulla è cambiato, la pace e la libertà dei popoli hanno continuato e continuano ad essere martirizzate in Cecenia, Palestina, Iraq, Armenia, Eritrea, Afghanistan, Georgia, Ucraina, Siria, Libia, Tibet. Ed erano Europee, erano nostre le bombe che bombardavano Sarajevo.

Ricordate? L’Europa è nata nel nome della pace: mai più guerra, mai più soldati mandati a morire, mai più bombe che colpiscono ospedali, palazzi, profughi in fuga, che bruciano tende dove muoiono anziani, donne, bambini a decine! Bene, oggi sono nostre le armi inviate in Ucraina, sono nostre le armi vendute a Israele usate per una vendetta che si chiama genocidio. Sabato 25 maggio, nel cortile interno della libreria Fahrenheit di via Legnano, la quinta rap-presentazione del mio “70 anni di sogni, illusioni, speranze, poesia” ha preso spunto dalle liriche che raccontano appunto dei 70 anni vissuti nella Piacenza popolaresca, di quando la periferia della città, oltre il Vallo, oltre le mura di cinta medievali della città , erano tanti campi, isolati palazzi senza ascensore, gru e cantieri che rappresentavano il progresso, la ricostruzione, gli anni del boom economico. Poesie che ha letto Dalila, accompagnate come sempre dalle ballate suonate con l’organetto diatonico da Francesco Bonomini. Così 6 delle 70 poesie e, a conclusione, inevitabilmente, la settimana, “Sono tanti, in questo mondo, sono tanti a far la guerra“. Noi no, noi vivendo la nostra quotidianità, rispettando l’altra gente, amici nostri, amici noi di tutti, noi non facciamo guerre. Un inno all’amore, un inno contro tutte le guerre, contro la NATO, contro il governo di Israele, contro Hamas, contro Russia, Cina, Stati Uniti, Canada, contro la Francia di Macron, contro la Von Der Leyen. Contro l’INVIO DI ARMI ALL’UCRAINA, CONTRO LA VENDITA DI ARMI AD ISRAELE, CONTRO IL GENOCIDIO DI ANZIANI, DONNE, BAMBINI A GAZA. Così, dopo la rap-presentazione alla Fahrenheit, all’insegna della stessa idea di PACE, dobbiamo ricordare che la nostra Europa deve essere promotrice di accordo per via diplomatica, non di guerra, di distruzione, di morte. Dicono che le mie liriche siano ‘poesia sociale’. Non credo si possa poetare prescindendo dai problemi del mondo nel quale viviamo. Così la rap-presentazione del 25 maggio (come del resto quelle precedenti) era proiettata a questi giorni di giugno, di elezione del nuovo Parlamento Europeo che vogliamo per cui ricordiamo che sono quattro i partiti che coerentemente seguono un reale percorso di pace, di impegno per favorire un accordo diplomatico di pace: Alleanza Verdi e Sinistra, Movimento 5 Stelle, Pace Terra e Dignità, Libera. Sosteniamoli oggi col voto, per un futuro di speranza, per un’Europa in coerenza con il suo progetto originario.

“Un libro contro le guerre, contro le democrazie della vendetta”, sabato 20 aprile alla libreria Romagnosi è stata una serata contro il pensiero unico, contro la pace fatta di morti e distruzioni come raccontata e voluta dai fabbricanti d’armi

20 aprile 2024, libreria Romagnosi, poesia nel nome della pace: Nunzio e Claudio

Un libro, il mio libro, non è solo carta stampata, non è solo insieme di elucubrazioni personali, il mio libro è un fiore lanciato contro il pensiero unico, contro i giornaloni, contro i faziosi telegiornali partigiani propinati dalla televisione, contro il governo che ci ubriaca la mente con le verità a senso unico precostituite. Soprattutto quando tutto questo è finalizzato a sostenere l’arricchimento dei fabbricanti d’armi. Il tutto mascherato da una presunta volontà di pace, di affermazione di principi che sono solo specchietti per le allodole. Ogni Stato ha diritto alla propria integrità! Urlano indignati. Ma nessuno pensa che i cittadini hanno diritto di non riconoscersi nell’istituzione formale che afferma di agire su loro mandato nel loro interesse? Dunque l’invasione di un territorio con i carrarmati non è una soluzione ma nemmeno la semplice risposta armi alla mano può esserlo. Diritto alla difesa? Ma se prima si affermasse il diritto all’autodeterminazione del popolo? Che ne pensano gli abitanti? Questo nel Donbass e nel Lugansk: se invece di pensare a portare basi Nato si fosse semplicemente verificata la volontà popolare (attraverso un referendum sotto vigilanza Onu) non avremmo forse evitato morte e distruzioni? Già, ma questo significava per il governo ucraino al potere rinunciare alle ricchezze dei territori interessati dunque, nel nome dell’interesse economico motore reale del contendere, che guerra sia con il beneplacito dei costruttori d’armi ‘occidentali’. E tra questi, chi troviamo? La nostra bella Italia. Dunque, vogliamo dirlo? Siamo coinvolti. Responsabile, ciascuno di noi, nelle migliaia di morti in Ucraina. Questo, fuori dal coro, dice il mio libro. Poesia, certo anche stucchevoli versi di individuali sentimenti, ma anche o soprattutto poesia oltre il coro, poesia per dire che i soldati inviati al fronte pensano alla ragazza a casa, pensano a passare il tempo bevendo grappa dalla grolla, pensano che è l’ora di tornare a casa per mietere il grano, pensano di non c’entrare nulla con le mire dei potenti chiusi nei loro bunker, lontani dai campi di battaglia dove hanno ordinato di andare. Sono migliaia gli ucraini fuggiti all’estero o che comunque cercano di evitare l’arruolamento. Come sono migliaia i russi che cercano di andare oltre confine. “Ogni guerra è inutile, insensata e oscura“, parole di Papa Francesco e su quella base sabato 20 alla libreria Romagnosi abbiamo organizzato una serata a parlare di pace, a dire “basta armi“, “basta genocidio“, ad affermare che democrazia non significa vendetta. Un’azione terroristica non può comportare da parte di una democrazia presunta risposta analogamente terroristica, massacro indiscriminato di civili, di anziani, donne, bambini a migliaia. Nella striscia di Gaza non è in atto un’azione di difesa, è in atto un massacro indiscriminato con metodi che rendono i comandanti di tutto questo colpevoli di crimini contro l’umanità. Insomma, sono immensamente grato a chi è venuto, ha ascoltato, spero colga l’occasione di una giornata di poesia per riflettere, per affermare che pace significa favorire la trattativa, significa azione diplomatica, che questa è l’unica strada che democraticamente dovrebbe percorrere l’Europa e che questo, tra un mese circa, potremo affermare col nostro voto, un voto prima di tutto contrario ai signori delle armi, ai fabbricanti, alle lobbies che ne garantiscono gli affari. Dunque, no, il mio libro non cerca acquirenti. Offre e ha offerto la possibilità di una serata di “sogni, illusioni, speranze, poesia, nel nome della giustizia, dell’equità, della pace“. Con un abbraccio a Dalila, Francesco Bonomini, Nunzio Delpanno, Graziano Gessi, Daniele Camia, Francesco Saverio Bascio per il loro contributo, a Claudia Gobbi per l’ospitalità in libreria e a tutti gli intervenuti che hanno applaudito la lettura di poesie che affermavano “NO ALLA GUERRA, BASTA ARMI, BASTA GENOCIDIO”.

20 aprile 2024, libreria Romagnosi, poesia nel nome della pace
20 aprile 2024, libreria Romagnosi, poesia nel nome della pace: Francesco
20 aprile 2024, libreria Romagnosi, poesia nel nome della pace: Dalila
20 aprile 2024, libreria Romagnosi, poesia nel nome della pace: Francesco Saverio
20 aprile 2024, libreria Romagnosi, poesia nel nome della pace: Daniele
20 aprile 2024, libreria Romagnosi, poesia nel nome della pace: Graziano

“L’unica guerra giusta é quella che non si fa”: alla libreria Romagnosi domani alle 17 reading poetico con Claudio Arzani, Francesco Bonomini, Dalila Ciavattini e i poeti piacentini Nunzio Delpanno, Graziano Gessi, Daniele Camia, Francesco Bascio. “Basta Armi, Basta Genocidio”, dalla parte delle parole di Papa Francesco. Senza se e senza ma.

“La pace si fa col cuore e la mano tesa”, parole di Papa Francesco

Il Nirvana del post rap-presentazione del 15 marzo a Sant’Antonio con “70 anni di sogni, illusioni, speranze, poesia”, #sempredallapartedellapace

16 ottobre 2024: Lorena Tassara, assente il giorno precedente nella rap-presentazione alla libreria Postumia di Sant’Antonio, via Whatsapp mi manda questa fotografia e scrive: “Ciao Claudio, comprato stamattina alla Libreria Romagnosi!“. Un esempio da seguire!

Venerdì scorso, il 15 marzo, alla libreria Postumia di Sant’Antonio io e Francesco abbiamo dato vita alla rap-presentazione numero non so quante, prima o poi dovrò contarle, ricostruire un lungo sentiero percorso di contrada in contrada, di borgo in borgo, ma penso già siano più di 100 a partire dall’ormai lontano 2004. 9 libri e ogni volta le mie poesie, le sue ballate all’organetto diatonico e via in libertà, di comuni sensi. Appunto io e Francesco. Naturalmente tutto è studiato prima, preparo la scaletta, gliela mando un paio di giorni prima, lui ringrazia, magari dà un’occhio poi tanto va a orecchio, come gli viene. Ascolta le parole dei racconti in versi, prende l’organetto, inizia una Ballata d’altri tempi. Venerdì però l’ho colto di sorpresa, leggendo fuori programma “Bar Santa Rita in fondo allo Stradone“, lui ha ascoltato e zac, ha suonato forse la più trascinate delle ballate. E vai, gira l’elica, romba il motore… pardon, diciamo andiamo a mille, in perfetta sintonia poesia e musica, musica e poesia. Comune visione dei valori della vita. Contro tutte le guerre, contro l’invio di armi, contro il genocidio del popolo Palestinese. Normalmente del gruppo fa parte anche Dalila, moglie e compagna di vita o compagna e moglie nella vita, designata lettora al modo medievale perché lei sa recitare i versi trovando il giusto ritmo ma in questa nostra città che, grazie alle centinaia e talvolta migliaia di camion che ogni giorno vanno e vengono dai capannoni della logistica, presenta il più alto livello di inquinamento da polveri sottili tra tutte le città della (un tempo) verde Emilia, Dalila son due mesi che tra alti e bassi fa i conti con tossi e raffreddori. Superata la pandemia da Ser Satanasso il Covid, ma quanti feroci batteri s’aggirano ghignanti nell’aria che respiriamo? Ultimamente poi la tosse di Dalila s’è fatta feroce e ormai è passata una settimana da quando due colpi di quella tosse hanno provocato la rottura di una costola e il medico è stato categorico: con quella tosse e quella costola non si esce e non si legge poesia. Così venerdì io e Francesco ci siamo arrangiati e alla fine l’ennesima rap-presentazione è giunta al termine, tanti saluti e tutti a casa e qui viene il bello. Per giorni resto avvolto nel sottile velo di nebbia del Nirvana, la realtà che mi circonda inesorabilmente resta leggermente offuscata, in secondo piano. Passano le immagini della serata, i volti degli intervenuti. Sono stati 15. Franca Bonara, già medico psichiatra, che insiste per proporre una cena a casa sua con amici, “ottima scusa, dice, per un accurato riordino generale dell’appartamento“: l’immenso potere dell’ospitalità. Giusy Pecis Cavagna, scesa dai monti dell’Appennino, dalla paradisiaca Groppovisdomo in Val Vezzeno dove ha realizzato, con Paola Cerri, un libro destinato a far storia raccogliendo racconti e testimonianze di emigrati che nel ‘900 hanno lasciato le nostre terre per cercar fortuna e lavoro all’estero magari inizialmente accolti malamente (italiens maccaronì) ma che alla fine hanno saputo farsi rispettare lavorando sodo, lavorando bene. Naturalmente Giusy porta anche i saluti della Paola, di servizio (volontario) alla biblioteca di Gropparello per garantirne l’apertura e la disponibilità a quanti ne avessero necessità. Perché sia chiaro, se c’è chi legge chiunque scriva sopravvive, altrimenti tanto vale andar per viole. Daniele Camia, si è fatto crescere un barbone da premio Nobel, forse in corrispondenza del tempo d’attesa già trascorso per una risposta dalle case editrici nazionali per il suo nuovo libro e allora nasce il sospetto che quella barba arrivi alle ginocchia e nonostante la speranza sia l’ultima a morire e chi la dura la vince il sospetto è che dovranno inesorabili arrivare le forbici per evitare d’inciamparci, nella barba, ma caro amico nessun problema, non si vive e non si pubblica solo con case editrici nazionali, anche tu sai bene che esistono altre opportunità, case editrici piccole, magari legate ad un territorio specifico, ma più attente e disponibili nei confronti dei giovani scrittori. “Lo so che tu punti al Nobel della letteratura ma tempo al tempo e vedrai che maturano le nespole, piccoli autori siamo ma cresceremo“. E il commento a Daniele pare piaccia, s’avvicina col mio libro alla mano, gradisce la firma con dedica personalizzata. Scambi di simpatie amicali tra accomunati dall’ugual passione per lo scrivere nero su bianco storie, racconti, pensieri ora in prosa, ora in versi. Ancora: Ferrante Trambaglio, Michele Rizzitiello, Roberto e Rita Galesi, Nunzio Delpanno, Marco Vaccari, Imad Chamali con Enrica Lisoni, Cristina Balletti, Graziano Gessi. Non mancano Roberto e Luigia Botner, consuoceri fedeli frequentatori delle rap-presentazioni forse per inviare un comune pensiero di saluto a quei nostri ragazzi, nipoti incluse, ormai già da un anno emigrati letteralmente e concretamente dall’altra parte del mondo alla ricerca del loro destino e del loro futuro. Non pervenuta invece Lorena Tassara con il marito Carlo. Ma nessun problema: il giorno dopo, sabato 16, eccola alla libreria Romagnosi da Claudia e Marzia Gobbi per il firmacopie degli ultimi due suoi libri e che fa? Acquista a sua volta un paio di libri, di uno fa foto e me l’invia a mezzo whatsapp ed io quella foto la passo qui nel blog e indirettamente in facebook in modo che tutti vedano e seguano l’esempio (pubblicità occulta? Nientaffatto: palese invito all’emulazione!). Naturalmente quel libro immortalato non è altro che “70 anni di sogni, illusioni, speranze, poesia“. E mo’? Come mi ci risveglio dal Nirvana della rap-presentazione a Sant’Antonio? Semplice, allestendo e programmando la prossima ovunque sia ma sempre e ancora e comunque per portare musica e poesia contro tutte le guerre ricordando che una ragionevole bandiera bianca che salvaguardi la vita non è mai una vergogna. La vergogna sono le armi e l’invio di armi sempre più potenti ad uno dei due belligeranti che provocano solo dolore, distruzioni, morti. Proprio come dice Papa Francesco. Purtroppo tra la disattenzione economicamente interessata dei potenti comandanti d’una democrazia malata di neoliberismo guerrafondaio collusi con i fabbricanti d’armi.

“70 anni di sogni, illusioni, speranze, poesia” a Sant’Antonio, libreria Postumia, 15 marzo 2024, #sempredallapartedellapace

Ogni volta dubbi, incertezze, imprevisti. Dalila, una costola rotta per un colpo di tosse troppo forte, il dolore improvvisamente si riacutizza, deve dare forfait. Passano a prendermi due amici, Roberto e Rita, immancabili e arriviamo alla libreria, con un bel quarto d’ora d’anticipo. Non c’è nessuno. Fiato sospeso fino all’ultimo. Tutto normale. Sono diversi ad aver annunciato per un motivo o per l’altro l’assenza. Simone Tansini ha un’iniziativa artistica alla Biffi Arte di via Chiapponi e chissà quanti sceglieranno la presentazione del nuovo libro di Stefano Pareti, ex Sindaco della città. Due chiacchiere con il libraio, poi saliamo al piano superiore, nel salone dove si svolge l’ennesima rap-presentazione. Medaglia d’oro al primo arrivato, Graziano Gessi, amico poeta. Ed ecco Francesco Bonomini che seguirà le mie letture con le sue ballate eseguite all’organetto diatonico. Bene, noi ci siamo. Ed ecco la gente che arriva. Ferrante Trambaglio, ultimo segretario del Partito Socialista piacentino fino al congresso del 1994 che, dopo oltre cento anni di vita e di lotte a favore di chi lavora, ne ha decretato lo scioglimento. Immancabile, Michele Rizzitiello, attuale segretario piacentino di Sinistra Italiana, l’illustratore Marco Vaccari, l’artista Imad Chamali con la compagna Enrica Lisoni, la giovane scrittrice Cristina Balletti che, dopo due libri di fiabe per bambini, presto darà alle stampe il suo primo romanzo. Così, in breve, 15 sedie sono occupate e, considerato che siamo alla terza rap-presentazione con il mio nuovo libro e che la libreria è a Sant’Antonio, periferia cittadina, niente male. Si dà inizio “alle danze” ricordando che sono nato a Fiorenzuola d’Arda, a due anni immigrato in città per il lavoro di papà, prima casa a Sant’Antonio appunto poi via IV Novembre, infine via Dante. Erano tutti campi, era la fine degli anni ’50, a un passo dal boom economico che avrebbe significato il sorgere di gru ovunque, addio campi, trionfo del cemento.

La copertina del libro, illustrazione di Edoardo

Si parte dunque con “Quei ragazzi di Viale Dante, Piacenza anni ’60” e subito dopo “Quand’ero piccolo vivevo oltre il Vallo“, praticamente “Il ragazzo della via Gluck” in chiave locale. Io leggo, Francesco suona, qualcuno applaude ma non c’è tempo, il tempo stringe. Si ricordano i primi amori, “Al banco del pesce sul mercato ho incontrato quella donna che avevo perdutamente amato” e “Fate nere, fate le streghe”. Ma la poesia, dico, è anche e soprattutto fare scelte, decidere da che parte stare. Con chiarezza contro il nucleare che, civile o militare che sia, è sempre pericoloso, fa sempre male. Chernobyl e Fukushima insegnano. Contro un sistema capitalista e neoliberista che sempre più emargina gli ultimi e sfrutta chi lavora, si dà lettura dell’ironica e ribelle “E’ severamente proibito servirsi della toilette durante la fermata in stazione” perché si badi bene, il potere non solo proibisce, ma proibisce se-ve-ra-men-te!!!

Il tempo fugge, inevitabile ricordare che l’Italia ripudia la guerra, ricordate che qualcuno l’ha detto? Quindi come scritto nella 4^ di copertina del libro “Basta armi e No al Genocidio” ma non in senso generico, precisiamo: basta invio armi in Ucraina e non dimentichiamo che il nostro BelPaese nel 2023 ha inviato armi in Israele per 2,1 milioni di euro per cui del genocidio dei palestinesi a Gaza dove, oltre a pochi terroristi muoiono centinaia di inermi civili, anziani, donne e soprattutto bambini, beh, e di tutto questo noi anche se siamo indifferenti, non siamo innocenti. Ed è la volta di “Alpini 1918 (… e venne novembre … ma non bastò)“.

Illustrazione di Edoardo riprodotta nel libro

Non possiamo fare a meno, io e Francesco, di ricordare i giorni dell’incontro con Ser Satanasso, il Covid, i lunghi giorni d’ospedale tra la vita e la morte, poi il post Covid, il long Covid, il virus che, dopo, ti resta dentro, ti resta nell’anima. E gli amici che non sono più. Nelio Pavesi, venuto alle rap-presentazioni suonando al piano, Fausto Chiesa che delle poesie faceva l’analisi critica. “Terapia intensiva“, “Gli spiriti cantavano la canzone della paura“, “Nella stanza vicina“. L’emozione sale e allora tutti al “Bar Santa Rita in fondo allo stradone“, che conclude annunciando che “è giunta alfine l’ora finale, s’abbassa serranda, a casa chi può, gli altri a smaltire al giardino comunale“. Ma non è finita. Il sottotitolo del libro dice “Anni ’70, 70 anni, 70 racconti in versi” ed è inevitabile ricordare quegli anni di sogni, illusioni, quando pensavamo di rivoltare il mondo: “Tram linea 2, attraversa Milano, dal centro ai Navigli” e alla fine a Ferrante Trambaglio par naturale venga suonata la nostra ‘Bella ciao‘ come avevamo fatto nella rap-presentazione in via Roma al 163 con l’assessore alla cultura Christian Fiazza a seguire il tempo battendo le mani e la sala a cantare, come abbiamo fatto nella rap-presentazione al bar Tobruk a BorgoTrebbia con Davide Bazzoni a seguire con dirompente voce tenorile ma stavolta Francesco cambia, propone un canzone della resistenza francese (comunque “ora e sempre la Resistenza è ancora viva, sinistra unita per l’Alternativa“). Così giunge l’ora che la libreria chiuda, qualcuno si alza, qualcuno esce, ma non manca l’estemporanea: Nunzio Delpanno, vecchio compagno socialista ormai ultraottantenne, poeta, intona “la vie en rose“. Saluti a tutti e a tutte, saluto Francesco poi Roberto e Rita mi riportano a casa da Dalila. Alla prossima rap-presentazione, sempre con “70 anni di sogni, illusioni, speranze, poesia” nel nome della giustizia, dell’equità, della pace.

“70 anni di sogni, illusioni, speranze, poesia”, il libro che mercoledì 14 febbraio 2024 ho proposto in via Roma al 163: gli anni ’70, i miei 70 anni, 70 racconti in versi nel nome della giustizia, dell’equità, della pace e della poesia

Mercoledì 14 febbraio 2024, Scuola Azzurra di via Roma al 163: Francesco, Claudio, Dalila

Difficile dar conto d’una serata che mi ha visto diretto protagonista con le mie poesie e soprattutto quel numero, 70, ovvero ricordo degli anni di quel lontano decennio, gli anni ’70 per l’appunto, quelli delle mie prime poesie, dei primi veri amori, dell’ affacciarmi al mondo del sociale, della partecipazione, “operai e studenti uniti nella lotta”. Ma anche celebrazione dei miei primi 70 anni e per concludere 70 poesie, quelle proposte nel mio nuovo libro: “70 anni di sogni, illusioni, speranze, poesia”. Ah, dimenticavo, 70 poesie delle quali 7 da leggere nel corso della serata. Alla Scuola Azzurra dell’associazione di volontariato e inclusione sociale Fabbrica&Nuvole in via Roma al 163, la sala piena, ho contato 28 presenti tra i quali l’assessore cittadino alla cultura Christian Fiazza e poi amici, conoscenti, sconosciuti. Nessun parente. Una sola sedia vuota, con appoggiata borsetta, sciarpa e giubbotto. Nonostante tutto tanti assenti, rinviati alla prossima occasione.

Mercoledì 14 febbraio 2024, Scuola Azzurra di via Roma al 163: il saluto introduttivo ai presenti di Bernardo Carli, presidente dell’associazione di volontariato e inclusione sociale Fabbrica&Nuvole

Con Dalila che legge le poesie, Francesco che accompagna con le ballate eseguite all’organetto diatonico ed io che spiego. Partenza. Con il saluto introduttivo di Bernardo Carli, presidente dell’associazione. Perché questo libro, il mio nono, praticamente un ripercorrere i miei anni di vita e di poesia. Siamo arrivati, io mamma e papà, da Fiorenzuola a Sant’Antonio, alla periferia della città, Piacenza, era l’anno 1956, erano campi a perdita d’occhio fino al ponte che attraversa il Trebbia. Da lì siamo passati verso il centro cittadino ma comunque “oltre il Vallo”, subito fuori dalle mura storiche della città, in via IV Novembre ed anche lì erano campi uno dietro l’altro ma spuntavano gru come funghi, era il progresso, erano gli anni ’60. Giù botte con le bande dei ragazzini delle case popolari di piazzale Libertà, oltre confine, entro le mura, e con quelli d’oltre via Dante, una via ancora da cementificare, palazzo dopo palazzo. Ma lì, stesi nell’erba del campo dove un giorno sarebbe sorta la caserma dei pompieri, l’emozione del primo bacio.

Mercoledì 14 febbraio 2024, Scuola Azzurra di via Roma al 163: Francesco impegnato nell’accompagnamento musicale

Francesco finisce di suonare, la gente applaude. Racconto che ho scritto le mie prime poesie quando é finito il primo grande amore che in realtà era il secondo ma … più intenso. Finivano le superiori, dimenticati i grandi cortei, gli scioperi vissuti insieme, il cordone davanti all’ingresso per impedire l’ingresso ai crumiri. Restava la poesia. L’amor infranto, l’amor deluso, rimaneva la voglia di partecipazione e di cammino lungo i sentieri del rock. E, ad anni di distanza, quell’amore ritorna, incontro fatale al banco del pesce sul mercato ma delle promesse d’eterno amore raccolte in quel capanno fuori porta non restava altro che solo crusca.

Mercoledì 14 febbraio 2024, Scuola Azzurra di via Roma al 163: gran finale e tutti cantano per chiarire da che parte stiamo ieri, oggi e sempre con Christian Fiazza, assessore alla cultura del Comune che segue il ritmo battendo le mani

Morto un orso se ne trova un altro, dicono dei versi, finito un viaggio una nuova alba risorgerà: la vita e la morte, le fate e le streghe, le luci e l’ombre giocano a rimpiattino. Ma questa é altra storia, viene il tempo delle grandi lotte, contro il nucleare civile e contro tutte le guerre. Arriva finalmente, dopo la tragedia dell’incontro con Satanasso il Covid che ci accomuna a me, Dalila, Francesco, l’anno che voglio essere felice, quello dei miei 70 inverni (la data è il 14 febbraio), l’anno che è ammesso sognare: nuovo anno, nuovo bivacco, tutti i poveri saran sfamati, tutti i ricchi a mani vuote.

Mercoledì 14 febbraio 2024, Scuola Azzurra di via Roma al 163: gran finale di una serata sempre dalla parte della giustizia, dell’equità, della pace e della poesia

Si finisce spiegando il senso dell’immagine di copertina creata da Edoardo e s’arriva all’ultima poesia. Si sale sul Tram linea 2 che attraversa Milano, dal centro ai Navigli. Chi legge il giornale, chi lo sguardo perso / chi non vede la fine mese, / chi suda nell’afa, chi teme lo sfratto, / incombe il mutuo, é la crisi del Paese. Segue il finale a sorpresa e Francesco inizia l’ultima suonata, si vive un attimo d’esitazione, nessuno se l’aspettava, poi l’assessore inizia a seguire il ritmo battendo le mani, Milena si alza in piedi ed inizia a cantare seguita da tutta la sala.

Mercoledì 14 febbraio 2024, Scuola Azzurra di via Roma al 163: gli anni ’70, il mio libro con 70 poesie e immancabile al buffet la torta con candelina da spegnere a simboleggiare i miei primi 70 anni vissuti

Una “prima” non solo emozionante, frastornante, una “prima” da leggenda. Grazie di cuore a Dalila, a Francesco, a tutti i presenti, all’associazione di volontariato e inclusione sociale Fabbrica&Nuvole e al suo presidente/bidello/tuttofare/amico Bernardo Carli.

Mercoledì 14 febbraio 2024, Scuola Azzurra di via Roma al 163: così, per ribadire da che parte stiamo, contro la guerra, contro l’invio di armi in Ucraina che fanno solo morti in più, per un impegno dell’Italia alla ricerca di una soluzione diplomatica, contro il genocidio in atto in Palestina da parte di Israele

“Il sottopasso dei pensieri silenziosi”, recensione di Betty Paraboschi al libro ‘Vietato attraversare i binari. Servirsi del sottopassaggio’ del narratore e poeta Claudio Arzani.

“Addio alle scope”, disegno di Edoardo Arzani: il mondo cambia, son cambiati anche i tempi delle streghe

(ndr) Ricordando che mercoledì 18 alle ore 18 Claudio Arzani, Dalila Ciavattini e Francesco Bonomini saranno in rap-presentazione in via Roma al 163 con i racconti in rima e in prosa del libro “Vietato attraversare i binari. Servirsi del sottopassaggio – Cronache di viaggi sul treno toccato in sorte“, Arzyncampo ripropone la recensione in Libertà quotidiano di Piacenza della giornalista Betty Paraboschi

E’ figlio di un ferroviere Claudio Arzani. Figlio di quella tradizione che dello spirito solidaristico e comunitario si è nutrita per decenni: uniti nel lavoro, nella lotta (quella sindacale, la più dura) e pure nel tempo libero. E non è dunque un caso che il suo secondo libro si intitoli Vietato attraversare i binari. Servirsi del sottopassaggio: quella formula che quotidianamente risuona in ogni stazione d’Italia diventa una filastrocca luminosa, rappresenta un lasciapassare per il personale mondo dell’autore tutto fatto di storie arcane e ritmi ancestrali.

Vietalo attraversare i binari vuole dire lasciare perdere per un momento la realtà con le sue falsità, i problemi sciocchi di un oggi troppo intento a crogiolarsi nella banalità; il sottopassaggio da affrontare è invece quello dei pensieri silenziosi e nascosti, le speranze sepolte sotto la polvere dei decenni, le vicende messe a tacere dalla tradizione imperante.

Sono racconti e poesie quelli di Arzani, accompagnati dalle ballate popolari eseguite con l’organetto diatonico di Francesco Bonomini: opere che nascono da un viaggio nel cuore della Garfagnana, su una vecchia littorina degli anni Cinquanta apparsa improvvisamente in una stazione. Ecco allora che lo spirito del poeta si ricollega invariabilmente al vissuto del padre ferroviere: il viaggio è reale ed onirico e il treno si trasforma di volta in volta nel mezzo capace di dare voce al senso di libertà e nella locomotiva “piena di signori” cantata da Guccini.

Del cantautore modenese c’è tanto nella raccolta di “pace, amore e viaggi” di Arzani: lo spirito libertario, quella solidarietà “alla buona” da scambiarsi in osteria davanti ad un bicchiere di vino, una tensione all’anarchismo di sapore nostalgico. Ma soprattutto comune è una concezione della poesia “come spada che ferisce chi comanda e fa tornare bambini”: comporre versi significa dunque ristabilire un contatto profondo con l’io dell’infanzia, ricomporre un vissuto abituato a sognare ed immaginare senza troppi problemi. Ed è allora che la presentazione diventa spettacolo, rappresentazione di storie destinate non solo, o non più, a restare solamente tra le pagine di un libro: rievocare il culto della dea celtica Brigit attivo sulla Pietra Parcellara o l’esistenza di un bosco sacro delle querce azzurre nei dintorni di Travo significa farli rivivere un pò ancora oggi nelle menti degli spettatori. Raccontare le storie della Val Boreca con i suoi tetri e misteriosi uomini incappucciati, gli “amanti viaggianti” di Borgomozzano, la vendita della “formaggia” alla “fiera dei mercanti” è un modo perché questi sogni così reali, non siano dimenticati.

“Ricordare per non ripiombare”, così venerdì due ore con il mio libro “Fate in Blu, Fate Infermiere” a Gossolengo

Venerdì 14 aprile 2023, biblioteca Comune di Gossolengo

Il professor Cosimo Franco, primario della pneumologia nell’ospedale Guglielmo da Saliceto, naturalmente io nel ruolo di scrittore autore del libro protagonista della serata, il mio “Fate in blu, Fate Infermiere”, i racconti di giorni resistenti tra Covid, post Covid, long Covid, 15 persone ad ascoltare e intervenire raccontando la propria esperienza o chiedendo approfondimenti a partire dal Sindaco, Andrea Balestrieri, e dall’assessore alla cultura, Lauretta Alberti, promotori dell’iniziativa con tutta la giunta comunale.

Tutto questo venerdì scorso dalle 18 ad oltre le 20 con un episodio finale che mi ha lasciato stupefatto: prima Piero ha voluto copia del libro, l’ha voluta autografata con dedica, ha tolto dal portafoglio 20 €. Naturalmente gli ho “allungato” i dovuti 5 € di resto. Li ha rifiutati! Dicendo che il libro, con il ricordo del vissuto personale e contemporaneamente collettivo, meriterebbe anche di più. Insomma, “ricordare per non ripiombare”.

Uno scorcio del pubblico con, a sinistra in prima fila, il Sindaco Andrea Balestrieri e l’assessore alla cultura Lauretta Alberti

Ma non è finita qui. Poco dopo mi si è presentato di fronte Maurizio. Non ci siamo mai incrociati ma nel corso del dibattito ha ricordato di essere stato a sua volta ricoverato a Castel San Giovanni, “ospedale Covid” dove ero a mia volta prima nella terapia intensiva (diretta dal professor Franco) e in un letto di riabilitazione respiratoria poi.

Bene, senza ragione apparente, presa a sua volta una copia, anche lui ha “allungato” 20 € rifiutando il dovuto resto.

Insomma, in poche parole, serate emozionanti, caratterizzate dal nascere di rapporti umani che lasciano il segno.

Con un inciso finale: un grazie di cuore a Graziella Tosto che la serata l’ha pensata, voluta, sostenuta, promossa, proposta all’amministrazione comunale.

Perché vale appunto il motto “ricordare per non ripiombare” ed è questo il senso e il ruolo del mio libro: alla prossima, dunque.

L’altra metà del pubblico con, al centro in prima fila, Graziella Tosto

“La vita val bene una mascherina”, l’esortazione alla prudenza del dr. Cosimo Franco e dello scrittore Claudio Arzani da Fabbrica&Nuvole in via Roma al 163 alla presentazione del libro “Fate in blu, Fate Infermiere – Covid, post Covid, long Covid”

15 febbraio 2023: il dottor Cosimo Franco con lo scrittore Claudio Arzani in via Roma al 163 da Fabbrica&Nuvole

Ho acquistato questo libro direi in anteprima, in quanto non ancora ufficialmente presentato (la presentazione infatti era in programma qualche giorno dopo alla libreria Postumia a Sant’Antonio, ndr). Pagina dopo pagina mi sentivo talmente coinvolta, da entrare nei panni dello scrittore. Soffrivo e gioivo con lui. Un diario fedele dei giorni vissuti in compagnia del Tigre, uno scritto scorrevole ed anche ironico e con spunti divertenti. Lo tengo sul comodino perché voglio rileggerlo con calma, qualcosa può sempre sfuggire. Leggere questa “avventura” mi ha lasciato qualcosa. Grazie Claudio“. Con questo commento scritto in facebook da Kella Tribi il 21 dicembre e letto da Dalila si è aperta la serata di presentazione del libro “Fate in Blu, Fate Infermiere – Covid, post Covid, long Covid, Diario di giorni resistenti 2020-2022” nella sala della Scuola Azzurra dell’associazione Fabbrica&Nuvole in via Roma al 163 mercoledì 15 febbraio per il ciclo “i mercoledì coi grilli per la testa“.

15 febbraio 2023 ai mercoledì coi grilli per la testa in via Roma al 163

Dopo la lettura da parte di Dalila della nota di Kella Tribi, Arzani ha letto il testo di un messaggio ricevuto da un conoscente via facebook come spunto e ricordo dei primi giorni di diffusione del contagio. Ancora oggi, a tre anni di distanza, infatti“, ha precisato Arzani, “sono tanti i contatti diciamo tra sopravvissuti forse per vigilare attraverso il confronto continuo su un virus che per la scienza medica risulta ancora sconosciuto“.

16 marzo 2020, chiede la moglie di X via Whatsapp: “Non ti hanno detto ancora nulla?“. Nessuna risposta. 17 marzo 2020, ore 6.42, “Aiuto sto impazzendo voglio tornare a casa“. La moglie: “Che succede?“. “Non trovano la mia borsa e tra poco sispegne il cell“, “Non ho nemmeno le chiabatte“…. “E’ un incubo“. Moglie: “Le medicine te le hanno date?“, “No” “Ma quelle della pressione vanno prese, riesci a parlare con un infermiere? Tra l’altro le ho date tutte a loro“. Risposta: “C’è un casino incredibile“. Moglie: “Già, mi hanno detto che sembra una guerra. Ma la borsa la stanno cercando? Sei sempre al pronto soccorso? Che casino c’è?” “Mi hanno cambiato letto e camera 4 volte però ho ritrovato le chiabatte” “Ma allora ti hanno ricoverato?” “Non so nulla” “Hai su l’ossigeno?” “Non dicono niente. 18 marzo 2020: la signora allettata un paio di letti dopo è uscita avvolta in un sacco nero, così il nostro amico X, ha riferito Arzani, ha notato sotto quel letto una borsa bianca e rossa e ha urlato “quella è la mia borsa!” così evitando finisse tra i tanti effetti personali che in quei giorni venivano raccolti in container nei viali dell’ospedale.

15 febbraio 2023: Claudio Arzani durante la presentazione di Fate in Blu, Fate Infermiere in cui ha colto l’occasione per ringraziare la caposala e l’infermiera del reparto di pneumologia presenti in sala

Passata la parola al dottor Cosimo Franco, primario pneumologo nell’ospedale piacentino, dati regionali alla mano ha fornito un aggiornamento della situazione al 13 febbraio, praticamente a tre anni dai giorni terribili espressi nello scambio di messaggi riportato.

15 febbraio 2023: il dottor Franco Cosimo ha fornito un aggiornamento dei dati di diffusione del virus in Emilia-Romagna e in particolare a Piacenza al 13 febbraio 2023

Sono stati, a Piacenza, nel 2020, ben 1060 i deceduti per Covid-19, 327 nel 2021, 227 nel 2022, 11 in questi primi mesi del 2023 per un totale di 1625 piacentini che ci hanno lasciato. Il 21,7% dei residenti risulta vaccinato con la Quarta dose ma supera il 50% delle adesioni solo la fascia degli over 80. In Emilia-Romagna i contagiati risultano aver raggiunto la ragguardevole cifra di 2.130.389, deceduti 19.216, guariti 2.105.858. Eseguiti 19.216.571 tamponi dei quali 11,09% risultati positivi. Al 13 febbraio i ricoverati in Terapia Intensiva in Emilia-Romagna sono risultati 39 (+ 1 rispetto al giorno prima), nessuno nella nostra città.

15 febbraio 2023: le illustrazioni di EA (Edoardo) d’accompagno al libro esposte in via Roma al 163 da Fabbrica&Nuvole

A livello nazionale nella settimana dal 3 al 9 febbraio risultavano 331 nuovi casi in Italia, in particolare in Abruzzo (801), Toscana (796), Piemonte (620), Campania (586), Valle d’Aosta (511). Marche, Friuli Venezia Giulia, Calabria, Liguria e province autonome di Trento e Bolzano chiudono infine la classifica ciascuna con un numero di casi inferiore a 100.

15 febbraio 2023: le illustrazioni in 3D digital art di FA (Fabrizio)

In altre parole, ha concluso il primario dottor Cosimo, la pericolosità del virus è sicuramente ridimensionata ma non pensiamo d’averlo debellato, la prudenza è non solo opportuna ma necessaria.

Insomma, come ha puntualizzato e ricordato Arzani richiamando il consiglio scritto a grandi lettere in 4^ di copertina del libro, “la vita val bene una mascherina“.

15 febbraio 2023 in via Roma al 163 si ricorda che “la vita val bene una mascherina

“Fate in Blu, Fate Infermiere”, firmacopie alla Fahrenheit 451 per un libro complesso, non di solo Covid, come sottolinea Alessandro Pavese

4 febbraio 2023: Firmacopie alla libreria Fahrenheit

Sì, “Fate in Blu, Fate Infermiere – Covid, post Covid, long Covid“, come ha commentato Alessandro Pavese dopo averlo acquistato e letto, è un libro complesso. Perché racconta del contagio, dei lunghi terribili giorni in bilico tra la vita e l’abbraccio della Nera Signora, dei tanti che non ce l’hanno fatta in quei primi mesi nei quali nessuno sapeva come affrontare quello che chiamo il Tigre. Racconta poi del dopo, del recupero, dell’impegno per salvare il salvabile e infine per riflettere, rivivere, recuperare il proprio essere, il mio passato per riappropriarmi del presente orientato ad un futuro possibile.

Respiro, illustrazione di EA (Edoardo Arzani)

Come racconto nel libro, in quel febbraio 2020 ero pronto per la pubblicazione di un libro pensato innanzitutto come saluto a colleghi e colleghe in occasione della pensione prevista per il 2 maggio. Ero il Direttore della direzione amministrativa della rete ospedaliera dell’Asl piacentina, definito un ‘Direttore anomalo’, perché prima di tutto – mi piace pensare – dalla parte dei lavoratori.

Pier-Paola Molinari, tra le prime acquirenti di
“Fate in Blu, Fate Infermiere”

Semplicemente perché consideravo importante il servizio che ciascuno, a prescindere dal ruolo svolto, rendeva ai cittadini. Ma come mai questa che appunto veniva definita un’anomalia? Niente più che la storia e la sintesi di tutta la mia vita, la scelta di da che parte stare nel nostro mondo. Ecco, e in proposito avevo pronto un libro – “Nelle fauci degl’Agnelli – Cronache in versi e in prosa dell’incontro con un Re, Sua Maestà il ’68. A seguire le ballate del ’77, le storie dei Quadri Fiat al servizio del padrone, il far di conto con i miti che si rivelano di seconda mano” – che, narrando dei miei trascorsi politici sin dal tempo del Movimento Studentesco e della mia esperienza nella grande Fabbrica Italiana Automobili Torino negli anni ’80, doveva essere stampato entro quel 2 maggio e rappresentare innanzitutto un momento di quella che doveva essere la festa di saluto dopo tanti anni di lavoro nella sanità pubblica.

In dialogo con Maria Teresa Lazzara

Bene, il Covid aveva bloccato tutto questo, il 2 maggio quando é arrivato mi ha trovato dopo 40 giorni dal ricovero d’urgenza ancora ospedalizzato nel chiuso di un reparto visite vietate, medici e infermieri bardati come a Chernobyl e di giorni, prima di tornare a casa da Dalila, ne dovevano passare ancora più di altrettanti, per l’esattezza 47.

L’autore in vetrina con Fausta e Carlo Molinari

Da quel 17 giugno sono iniziate le settimane e i mesi di recupero, le continue visite di controllo, le cure infinite e l’assistenza anche domiciliare necessaria e garantita: alla prima uscita da casa – a fine luglio – con un deambulatore accompagnato da Isabella e Valentina, due terapiste che venivano a casa, un amico commenta “ti conosco, ti sei ammalato per avere intorno due belle ragazze, non cambi mai, sei proprio tu“. Certo, anche questo è stato necessario per l’avvio del lungo recupero, l’assistenza fatta di cure al fisico, all’anima, alla vista, quell’insieme che garantiva la forza di vivere, di crederci, di non abbandonarsi al cane nero, la depressione, nonostante non poche difficoltà, l’insorgere di nuovi problemi, gli strascichi del Tigre che non smetteva mai di mordere. Così “Nelle fauci degl’Agnelli” è rimasto al palo fino al novembre di quel 2020 per infine essere disponibile per colleghi e colleghe ma senza quella festa di saluto che sarebbe arrivata solo a dicembre 2022, oltre due anni dalla pensione.

Una tisana per Concetta Alberici

Ma attenzione: in quello stesso novembre il governo decretava il divieto per tutte le manifestazioni pubbliche per cui non solo niente festa ma anche niente presentazioni pubbliche in presenza e, in assenza di pubblico, sostenere adeguatamente un libro diventa difficile. Anche questa iettatura è stato un effetto del Tigre che, fino a giugno 2021, ha costretto tutti in “libertà limitata e vigilata” ma bastava crederci e aspettare. Ripeto: non cedere, mai, al cane nero (così gli inglesi definivano la depressione). Post vaccino e con l’arrivo dell’estate il Tigre, anche se non sconfitto e tantomeno completamente domato, non era più letale come all’inizio così tutti liberi, con cautela la liberi tutti.

Kella Tribi, autrice di una delle prime recensioni di
“Fate in Blu, Fate Infermiere”

Sono iniziate così le presentazioni, l’andar di contrada in contrada incontrando gente, disquisendo del passato, dei problemi del presente, del futuro. Come eravamo, come siamo, dove siamo arrivati, dove vogliamo andare. Meglio investire milioni di euro in un ospedale nuovo che soppianti quello attuale inaugurato nemmeno 30 anni fa oppure, anche in base a quanto insegnato dalla terribile pandemia, ristrutturare il “vecchio” e investire nella medicina del territorio e soprattutto nell’assistenza domiciliare? Continuiamo a sviluppare gli insediamenti della logistica con quel che ne consegue in termini di traffico e di inquinamento dell’aria ricordando che siamo trecentesimi tra le migliaia di Comuni in Europa? Pensiamo che inviare armi serva alla pace e non ad alimentare la guerra?

Luigi Bassi, già Direttore Risorse Umane Asl Piacenza

Non solo Covid, dunque: “Fate in Blu, Fate Infermiere” diciamo va oltre, non si limita al racconto individuale ma diventa espressione del vivere sociale ed è questo l’aspetto che Alessandro leggendolo ha colto portando la sua testimonianza di vissuto in quegli anni ’80 tirandone le fila e riflettendo a sua volta di quale possa essere il futuro ancora una volta dalla parte della gente, dei lavoratori. Riflessione e testimonianza del quale lo ringrazio.

Bernardo Carli, Presidente
dell’associazione di volontariato “Fabbrica&Nuvole

LA NOTA DI ALESSANDRO PAVESE DOPO LA LETTURA DI “FATE IN BLU, FATE INFERMIERE

“Caro Claudio, Mi chiamo Alessandro Pavese e ci siamo incontrati alla tua presentazione di Fate blu, alla Postumia, avevo appena conosciuto Francesco Bonomini. Ho letto il tuo libro quasi d’un fiato (diciamo in 3 sessioni) , devo dire che mi ha sorpreso positivamente: scrivere di un’esperienza così dura (all’incontro in libreria era difficile per me immaginare un calvario simile, il tuo, seppur le poesie, nella loro essenzialità, raccontarono bene il terrore per l’Altr/Ove) senza indugiare su dolore, sofferenza e paura in senso classico, un esercizio complesso il tuo, su te stesso: la tua attitudine di consumato cronista, nel raccontare questo “problema” ha centrato il taglio da dare a questa storia e l’ha resa, dal punto di vista narrativo, scorrevole ma densa di pathos, e anche di ethos, per fortuna. Ho ritrovato nel testo i 3 riferimenti a Francesco B. ed ho altresì capito il perché del numero da circo di Bonzo sulla sedia anche alla Postumia! Cercherò di leggere le altre tue cose, forse partirò da quello sulla Fiat … mi piace il tuo modo di narrare: essendo io torinese, questo è un tema che mi sta a cuore, non sono ortodosso come te nel giudicare gli Agnelli, sicuramente sono stati dei “reali”, antesignani e posatori in opera del capitalismo de facto. Pensa che nell’80 facevo prima superiore a TO e il 2 e 4^ giorno eravamo in sciopero contro i licenziamenti fiat, la marcia dei 40k … Provengo da una famiglia langarola, i miei emigrarono a TO nel 59, erano contadini con poche opportunità e senza una cascina di proprietà … mai l’avrebbero detto che le Langhe e il cuneese in generale avrebbero soppiantato la Brianza nel ranking del reddito medio pro-capite nazionale. Famiglia, ti dicevo, con 2 partigiani, profondamente intrisa di ateismo e anticlericalismo, sono stato naturalmente influenzato da questo ambiente, poi la città era proletaria per antonomasia. Credo di avere una decina di anni in meno di te, sono un ’66, mio fratello maggiore, un ’58, è stato in Lotta Continua fino ai 18 anni per poi passare a Lotta Comunista, ove “opera” ancora adesso che è in pensione, è tutta la vita che passa al circolo di Via Bardonecchia e non so quanti giornali abbia venduto door-to-door … Sono sempre stato critico con lui, sugli obiettivi dei loro studi, … devo dirti che forse alla fine aveva ragione mio fratello, prima o poi una nuova rivoluzione violenta ci sarà… Mi sono sentito di raccontarti queste ultime cose perché il tuo libro mi ha indotto riflessioni anche su questa parte della tua vita/professione. Rinnovo i miei complimenti per il tuo libro, non sono in grado di scrivere decenti recensioni (solo di dischi !!!) e Francesco aveva ragione, la tua esperienza è importante e questo libro è da leggere, covid a parte, perché è paradigmatico di un qualsiasi evento come quello e di quello che l’uomo vive in quel frangente. Ti saluto calorosamente, un saluto a tua moglie Dalila, a presto Alessandro Pavese”

In vetrina alla Fahrenheit 451 con l’autore in dialogo con Luigi Bassi s‘affaccia Enrico Forelli

“Fate in Blu, Fate Infermiere” con l’autore in vetrina in via Legnano al 4. Cronaca di una giornata in esposizione alla Libreria Fahrenheit 451 di Piacenza

Finire in vetrina in libreria, che dire? Innegabile una certa qual emozione: verrà gente, qualcuno cercherà copia del libro da autografare con dedica? Beh, intanto Sonia, libraia impegnata con l’inscatolamento dei libri da mandare in resa (non ancora i miei, almeno per ora) m’aveva avvertito: la gente finora ha regolarmente evitato l’acquisto di libri che parlano dei giorni del Covid. Una specie di ritrosia, di negazionismo, di stanchezza che del resto già avevo verificato nel momento della ricerca dell’editore con ben due ringraziamenti uniti a un gentile rifiuto appunto perché “la gente ha voglia di voltar pagina”. Dopo tanta sofferenza, tutti sesso, droga e rock ‘n roll? Beh, per fortuna mercoledì non per tutti è stato così all’insegna del motto “ricordare per evitare di ripiombare” e poi, ad essere precisi e puntigliosi, anche le pagine del mio libro, si voltano.

Intanto espongo in vetrina alcune delle illustrazioni di Edoardo che appunto accompagnano diverse parti del libro, di fatto “Diario di giorni resistenti”: dall’aquila che come un cuore mi avvolge dormiente e sereno nelle sue ali protettive con a terra il virus spezzato, sconfitto. Fino alla Nera Signora che, per questa volta nel mio caso… il treno l’ha perso e non le resta che attendere il prossimo convoglio che chissà quando partirà dall’isola che non c’è. Quindi, che dire di Claudia che, chiedendo il permesso, se le è fotografate tutte? E di quel ragazzo che, pur non entrando, è rimasto sorridente ad ammirarle, per poi prima di riprendere la sua strada regalarmi un sorriso d’approvazione?

Poi ci sono quelli che mi hanno messaggiato informando di impedimenti oppure dichiarando che passeranno il prossimo 4 febbraio. Per tacer delle amiche che il libro l’hanno già acquistato e nella giornata sono impegnate con il nipote o, come Noris, la nipotina ma la firma, assicurano, presto o tardi la pretenderanno. Ci sono quelli (e soprattutto mannaggia quelle) che hanno spergiurato via WhatSapp di passare e non se ne vede manco l’ombra. Quelli che m’aspettavo e sono desaparecidos ma in compenso c’è quel bambino che passa, mi vede, mi sorride, gli sorrido, mi saluta con la manina fin quando la mammina lo trascina via forse pensando che quell’autore seduto sia il classico mostro in vetrina.

Poi Graziella che non te l’aspetti. Vive in provincia, da tempo non la vedo, ha problemi di fisioterapia e il marito cammina a fatica, pochi passi ma l’accompagna comunque. Per poi parcheggiare chissà dove, comunque lontano, e lui non ce la fa a percorrere la strada fino alla libreria. Ma Graziella no, lei arranca e ce la fa. Così parliamo (mentre il marito l’aspetta tranquillo nella macchina lontana). Parliamo dei problemi della logistica, i Tir che inquinano, lo smog che rende l’aria irrespirabile. Le bollette sempre più care che rendono difficile far quadrare i conti del mese. E il libro? Che c’azzecca, il libro? Quello Graziella lo compra e vuole la dedica: un’amica è sempre e comunque un tesoro.

Ecco Michele, parla a lungo con Dalila nell’altra stanza, poi si siede, accetta un bicchiere di tisana e un biscotto, parliamo di armi, di Ucraina, di un popolo che muore, di armi che mandiamo e le armi, si sa, prolungano la guerra, non fanno la  pace. Ma Zelensky parlerà a SanRemo, magari canterà una canzone esibendo la bella t-shirt grigioverde che fa pendant col grigio dei missili e saremo tutti più sereni. Non so se Michele il libro l’ha preso ma, assicura, verrà all’appuntamento del 15 febbraio, all’indomani del mio compleanno, da Fabbrica&Nuvole in via Roma al 163.

Enrico invita un ragazzo che accompagna il figlio piccolo impegnato nel settore libri per ragazzi. Accetta, il padre, un bicchiere di buon bianco, si chiacchiera di pandemia, di reazione nel venirne fuori, dei sanitari che di quel virus non sapevano nulla. Insomma, commenta, “hai scritto un saggio”. Mah, veramente non l’ho mai pensato tale: al lettore l’ardua sentenza. Intanto arriva il figlio, chiede se può comprare un secondo libro, credo parli di castelli infestati, vede i biscotti offerti da Sonia, gli occhi gli si illuminano Enrico l’invita a prenderne uno, lui esita, gli allungo la scatola.

Storie d’una giornata, mercoledì 25 gennaio, con l’autore in vetrina alla libreria Fahrenheit in via Legnano al 4, Piacenza, terza uscita dopo quella a Sant’Antonio alla libreria Postumia del 12 dicembre e quella del 16 nella monumentale Sala Colonne dell’ex Convento Olivetano inglobato nella parte antica dell’Ospedale Guglielmo da Saliceto. L’autore (io) emozionato con “Fate in Blu, Fate Infermiere – Covid, post Covid, long Covid”, diario di giorni resistenti 2020-2022.

E ora? Appuntamento stessa spiaggia stesso mare… pardon, stessa libreria stessa vetrina al prossimo sabato 4 febbraio, dalle 16 alla 19 in attesa poi del 15 febbraio da Fabbrica&Nuvole ai “mercoledì coi grilli per la testa” in via Roma al 163. Perché la vita e la festa continuano e soprattutto più incontri fai, dice Claudia della LIR edizioni, “più speranze hai di vendere i tuoi libri”.

“Fate in Blu, Fate Infermiere – Covid, post Covid, long Covid” alla Sala Colonne dell’Ospedale piacentino lo scorso 16 dicembre, pioggia di emozioni

16 dicembre, Sala Colonne Ospedale piacentino: l’abbraccio con Cosimo Franco, Primario pneumologo

Era il 16 dicembre e, da allora, di giorni ne sono già trascorsi un bel pò. Certo di ‘distrazioni’ ce ne sono state diverse: Natale, Capodanno, l’Epifania per tacere di quel 23 dicembre, quando ha visto la luce Lorenzo, terzo nipote di quel ragazzino che tutto sommato sono sempre io con i miei 69 anni. Insomma, non sono certo stati giorni indifferenti. Ma di sicuro il tempo per scrivere di quel 16 c’era. Mancava lo stimolo, la forza. Diciamolo: è stato un appuntamento carico di significati, estremamente emozionante, potrei definirlo uno di quei fatti che concludono una fase della vita aprendone un’altra e forse proprio per questo parlarne resta difficile.

Presentazione di “Fate in Blu, Fate Infermiere”, l’intervento di PierSergio Serventi, Direttore Asl negli anni ’90 ai tempi dell’inaugurazione del Polichirurgico di via Taverna

Una giornata iniziata con la presentazione di “Fate in Blu, Fate Infermiere – Covid, post Covid, long Covid: si lotta, si sogna, si vive – Diario di giorni resistenti” con Cosimo Franco primario pneumologo al quale devo la vita quando, dopo il ricovero d’urgenza di quel 23 marzo 2020 per polmonite interstiziale, mi ha letteralmente preso per i capelli quando già mi si dava a un amen dall’ultimo respiro.

Di “Fate in Blu, Fate Infermiere” s’è parlato ma la festa continua

Presente PierSergio Serventi da Langhirano, Direttore dell’Asl piacentina negli anni ’90 responsabile dell’inaugurazione dell’attuale polichirurgico che ho particolarmente stimato per la sua azione tesa a favorire la partecipazione dei dipendenti e dei cittadini e ancora oggi attivo a livello regionale sui temi del futuro di una sanità che ha sempre meno soldi soprattutto da investire nella medicina del territorio (case della salute, assistenza domiciliare, ecc.).

Dal libro si passa al buffet, momento conviviale di saluto a ex colleghe ed ex colleghi

Presenti colleghi e colleghe coi quali per anni ho collaborato nell’interesse della salute collettiva, dalla parte dei cittadini. Il tutto in un luogo simbolo, la Sala Colonne dell’ex Convento Olivetano destinata alle iniziative istituzionali della sanità pubblica provinciale.

Con, alla conclusione del dibattito partito dalla mia esperienza di sopravvissuto al Covid, al post Covid, al long Covid e proseguito con le testimonianze su quella prima fase della pandemia per concludersi con le prospettive di un futuro nel quale dovremo convivere con il virus che comunque, come ha ribadito il già citato primario pneumologo dottor Franco, non demorde. Ed ecco finalmente l’abbraccio con Franco Federici, oggi direttore sanitario dell’ospedale piacentino, e quello di Emanuela Damiani, caposala sempre bellissima che, anticipando tutti e tutte, mi ha avvicinato per consegnarmi una stupenda sciarpa in lana merinos che, da allora, è diventata mia compagna inseparabile.

La cartolina invito per il 16 dicembre, festa di pensionamento e presentazione del libro “Fate in Blu, Fate Infermiere”

Naturalmente non è mancato il rito del libro autografato (e qui devo ringraziare l’amica Rita che ha presidiato il banco con le copie in vendita) e finalmente il rinfresco che rappresentava il saluto a colleghi e colleghe come momento della mia pensione avvenuta il 2 maggio 2020, durante i miei 88 giorni di ricovero in isolamento e successivamente i mesi, gli oltre due anni di giorni resistenti per il recupero del salvabile, nell’impossibilità di incontrare per prudenza troppe persone contemporaneamente, insomma di fare questa festa di saluto.

Il regalo di saluto di colleghe e colleghi al pensionato per quanto non propriamente “neo”

Con altri abbracci, chiacchere, commenti sul libro, i preziosi omaggi a ricordo ricevuti e soprattutto emozioni su emozioni tali e tante da meritare e rendere necessario il passare di giorni per il recupero della possibilità di trovare le parole per descrivere una giornata di sogno per la quale non mi resta che ringraziare. Ed ora altre presentazioni, altri saluti, altri abbracci, altri autografi che seguiranno: perché alla fine vivere da pensionato, scrittore, poeta, sognatore è meraviglioso.

L’abbraccio finale a conclusione di anni di lavoro insieme

12 dicembre 2022: “Fate in blu, Fate Infermiere”, il mio libro post Covid alla ‘prima’ a Sant’Antonio, libreria Postumia

12 dicembre 2022, Libreria Postumia, Sant’Antonio. presentazione di “Fate in Blu, Fate Infermiere – Covid, post Covid, long Covid: si lotta, si sogna, si vive”, cronache in versi e in prosa dell’incontro con un mostro, Ser Contagio, le sirene ululanti, il risveglio stupefatto, le splendide terapiste e le infermiere con la casacca blu, e le cure infinite. Diario di giorni resistenti.

Tutto ha avuto inizio quando, dal letto d’ospedale a Castel San Giovanni, giorno imprecisato probabilmente in quel di aprile 2020, alle spalle un numero imprecisato di notti e di ritorno della luce del sole, tramonti e albeggi buona parte dei quali vissuti in stato di incoscienza a un passo dall’Altr/Ove, ho raccomandato via cellulare a Dalila di pensare ad un buon necrologio a ricordo della mia mamma deceduta causa Covid.

Francesco Bonomini con l’organetto diatonico e, sotto il tavolo, Bonzo, a sua volta protagonista con il finale ‘salto della sedia’

Il giorno dopo, sempre sdraiato immobile nel letto, ho aperto e sfogliato il quotidiano locale, Libertà e, sorridendo alla foto di mamma, naturalmente a colori, ho pensato che Dalila aveva fatto un bel lavoro davvero. Non so quali farmaci mi somministrassero medici e infermieri bardati come fossero a contatto col reattore nucleare di Chernobyl, so che forse erano quelli a tenermi in uno stato diciamo di assenza, di distacco dalla realtà o come se vivessi una seconda realtà, un’altra dimensione fatta di incontri, storie, dialoghi, colori. Così giorni e notti trascorrevano ed io non potevo più telefonare a Dalila. Forse il cellulare aveva esaurito la carica, gli infermieri non sapevano come aiutarmi o forse non erano collaborativi, venivano, passavano, se ne andavano ed erano sempre bardati. Irriconoscibili. Quando finalmente un’infermiera col suo cellulare mi ha permesso di telefonare e parlare con Dalila, ho potuto ringraziarla, le ho detto che aveva fatto un buon lavoro, che mia mamma morta sicuramente era contenta per quel necrologio. E Dalila? Muta! Valle a capire, le donne, fai un complimento e lei zitta. Ma dopo quell’attimo di silenzio mi dice “guarda che tua madre sta benissimo!“. Ero in ospedale da più di quaranta giorni, ma perché mentirmi?

Dalila ha letto poesie ma soprattutto il racconto “Dicono siano dolci come il miele. Anziani, ricoverati silenti nei letti di geriatria, angeli caduti con la mente già lontana” e, tra il pubblico, diversi si sono ritrovati con un groppo in gola trattenendo a fatica le lacrime

Dovevano passare altri giorni ancora perché rientrassi nel mondo, nella realtà, quella di tutti. Giorno dopo giorno, sempre immobile nel letto, dalle parole dei medici, prendevo coscienza che avevo vissuto una realtà onirica. Sogni. Che ricordavo. E mia madre non era morta, stava bene, a casa sua e ogni giorno telefonava a Dalila per avere notizie, per sapere come stavo. Eppure io quell’edizione del quotidiano l’avevo vista bene, avevo sentito il fruscio delle pagine mentre le sfogliavo. Tornato a casa, il 17 giugno 2020, 88 giorni dopo la crisi respiratoria, dopo quella corsa in ospedale al Pronto Soccorso sulla lettiga dell’ambulanza ululante nella notte, ho raccontato dei sogni (forse indotti dai farmaci?) di quei giorni senza tempo. Era una realtà bella, che mi faceva vivere bene, mentre i medici cercavano disperatamente di sottrarmi alla Nera Signora che aveva segnato il mio nome e cognome sulla sua agenda. Ma d’una cosa ero certo. Tanto nei sogni quanto nella veglia: per una volta la Nera Signora doveva aspettare!

Fu Fabrizio, subito sostenuto da Edoardo, ad avere l’idea: “scrivi il libro dei sogni“.

C’è voluto del tempo per trovare la forza mentale per sedermi al computer. Temevo di non ricordare le password, di non saperlo fare, ho dovuto aspettare novembre 2020, poi parola dopo parola, passando dal racconto dei sogni a quello del recupero fisico è cresciuto il diario di giorni resistenti, ritrovando il mio passato per vivere un presente proiettato sul futuro lungo un percorso che, tra alti e bassi, ricadute, momenti di vuoto e di pausa, delusioni (anche letterarie), riconquiste a denti stretti, ripensamenti, riletture, rivisitazioni, correzioni, sarebbe durato due anni.

E finalmente ecco il 12 dicembre 2022, ha perso il treno la Nera Signora ed è arrivata Santa Lucia tutta splendente nel vestito azzurro: pochi giorni fa, la “prima”, nel salone della Libreria Postumia, a Sant’Antonio, oggi periferia cittadina dove 66 anni fa, piccolo frugoletto di due anni, sono arrivato con mamma e papà che per motivi di lavoro avevano dovuto lasciare il mio paesello natio, Fiorenzuola d’Arda.

I presenti intervenuti nel salone della Libreria Postumia a Sant’Antonio

Un pò come l’inizio della stagione concertistica alla Scala di Milano. Dalila a leggere brani, Francesco d’accompagno con le sue ballate eseguite all’organetto diatonico, 28 presenti contati, a seguire il rito del firma copie con dedica. Ma non è finita qui.

Rientrati a casa, acceso il pc, collegato con facebook, un’amica, Kella, ha pubblicato una foto con la copertina del libro. Non era presente, alla presentazione, l’acquisto è avvenuto altrove, alla Libreria Romagnosi, in centro città. Che dire, ragazzi e ragazze? La vita è sogno.

La copertina di “Fate in Blu, Fate Infermiere”

Claudio, Dalila, Francesco, PierLuigi, Marco, Simone, Franca, Bernardo, Geo, in trenta e più in via Roma al 163 contro tutte le guerre ricordando Fausto e il padre Federico che sognavano di pace con noi

La Scuola azzurra dell’associazione Fabbrica&Nuvole, una vetrina, due stanze l’una dopo l’altra in via Roma al 163. Un quartiere discusso, con una forte presenza di immigrati, per questo da alcuni definito Bronx in salsa piacentina. Entrando in uno qualunque dei portoni possiamo trovare splendidi signorili giardini pieni di verde oppure vecchie case in condizioni oggettive di degrado. I prezzi del mercato immobiliare? Decisamente contenuti rispetto ad appartamenti residenziali che, in zone diverse a parità di condizioni, avrebbero ben altro valore. Piacenza, dicono le statistiche, vanta un’alta percentuale di residenti di diversa etnia così nascono le diffidenze, i pregiudizi, le paure. Così via Roma diventa l’oggetto di tanta diffidenza. I piacentini appena possono se ne vanno. S’abbassano le saracinesche, si spengono le luci, quelle che fanno festa. Poi però c’è chi invece non si arrende, chi mette idee ed energie e invita tutta la città per scoprire che via Roma può essere luogo di vita e di condivisione attraverso proposte di arte e cultura vissute insieme.

Così, mercoledì 12 ottobre, ore 16.00, Claudio, Dalila, Marco si ritrovano alla Scuola. C’è da preparare la sala, si sistemano i cavalletti, Dalila va in gastronomia da Valla, compra un salame per il rinfresco, intanto Claudio prepara la vetrina, sistema il cappello con la penna nera degli alpini e tre quadretti con altrettante poesie. Marco comincia a sistemare i cavalletti per esporre le illustrazioni di Edoardo d’accompagno alle poesie e alle note di guerra 1937-1945 contenute nel pamphlet “Scendea fischiando feroce sorella morte“, una pubblicazione realizzata nel 2015 in collaborazione con Fausto Chiesa che riportava testimonianze del padre, Federico, militare in Russia.

Ore 17.00, arriva Bernardo reduce da un dibattito, inizia a sistemare le sedie. Poco dopo ecco Simone, aiuta Marco, bisogna sistemare i quadretti delle illustrazioni appendendoli ai cavalletti usando filo da pesca che ha buona resistenza. Arriva anche Franca e con Dalila sceglie dove appendere la bandiera nera con il simbolo rosso ‘fate l’amore non la guerra‘ con la scritta We shall dream for peace, sogneremo la pace. Intanto si discute, ci si canzona, si parla di progetti futuri, di locandine da elaborare, di spazi da raggiungere e conquistare. Si fa comunità, è questo il senso di Fabbrica&Nuvole. Un ragazzo, passando, si ferma curioso a studiare la vetrina, legge una delle poesie esposte, “Concludendo, le donne“. Un uomo con la barba entra, chiede di parlare con Claudio, si chiama Giuseppe, ha scritto un libro, “Fotogrammi di diario andante” con a tema escursioni tra i nostri appennini, Claudio l’appunta per un prossimo ‘mercoledì coi grilli per la testa’, magari da prevedere per dicembre quando lassù tra i nostri monti ci sarà la neve.

Francesco Bonomini

Mancano dieci minuti all’inizio della rap-presentazione, si sta ancora predisponendo la sala, arriva Valeria, porta un quaderno che farà girare tra i presenti che volessero lasciare la loro mail per essere informati delle iniziative dell’associazione. Arrivano anche i primi ‘esterni’, quelli che fanno pubblico. Dalila e Franca finalmente hanno sistemato la bandiera, Marco e Simone hanno coperto le illustrazioni con fogli colorati, bianco, rosa, azzurro, blu, rosso, viola, verde, sono i colori della pace che simboleggiano l’ultima delle poesie che verranno lette, ‘Nel cielo di Nassirya‘ dove speriamo sia una colomba quella che in cielo bianca vola e non un missile biancoblurosso o a stelleestrisce. Arriva Gero, ecco PierLuigi, coordinatore della sezione di Borgonovo dell’Associazione Nazionale Alpini. Oggi per lui, è una giornata importante: 12 ottobre 1975, 47 anni fa e oggi festeggia appunto 47 di vita insieme con la moglie ma, in memoria dell’amico Fausto e per un sogno di pace, non può mancare, non dedicare un paio d’ore. Intanto, una decina di poltroncine sono già occupate, ecco Enrica, in bicicletta arriva Michele.

18.02, siamo una ventina ed è già record per i ‘mercoledì coi grilli per la testa‘: non è facile muovere i piacentini e men che meno è facile convincerli a passare in un pomeriggio tardo in via Roma, che facciamo, si inizia? Claudio dovrebbe dare il là ma prende il cellulare, chiama chi non risponde tra lo stupore di Bernardo: “Claudio non riconosce il quarto d’ora accademico“. Di solito, certo, tempo al tempo, niente punti morti ma qui manca Francesco che dovrebbe accompagnare la lettura delle poesie con le suonate all’organetto diatonico e la serata, senza le note magiche di Francesco non è la stessa cosa. Si temporeggia e intanto arriva Carmelo con consorte e ancora altri, forse resta una sola poltroncina vuota. Ma quanti siamo? Chi ci conta in più di 25, chi arriva a 29, Bernardo esagera: 35! Tante, dice, erano le poltroncine, ma questa è una rap-presentazione di soggetti noti da tempo in viale Malta ai ‘ragazzi della Digos‘ come fomentatori di pace e se sentissimo la versione ufficiale della Questura sicuramente non si supererebbero i 5.

PierLuigi Forlini, coordinatore Associazione Nazionale Alpini gruppo di Borgonovo Val Tidone

Intanto Claudio finalmente prende la parola o meglio come si suol dire, prende ‘il toro per le corna‘ mentre sorpresa arriva col suo splendido sorriso Elena e Geo immantinente le cede la poltroncina in terza fila rassegnandosi a restare all’ingresso, in piedi, con altri due. “Tutte le guerre sono uguali“, sta dicendo Claudio, “servono a rendere più poveri i poveri e più ricchi i ricchi“. A partire da chi vende armi e, dice una voce tra il pubblico, “a chi vende gas a prezzo maggiorato“. Ma ecco, arriva Francesco con Bonzo e subito pare emozionarsi Luna, amica scodinzolante di Valeria.

We shall dream for peace

Si fa cenno al 26 aprile 1937 quando i bombardieri nazisti infieriscono sul mercato affollato da civili a Guernica e Dalila legge “Scendea fischiando feroce sorella morte“, a seguire il 19 maggio 1940, l’esecuzione di massa nella foresta di Katyn, nella Polonia invasa dall’Armata Rossa, di 21.857 cittadini e militari: il terribile orso russo non ha pietà dell’aquila argentata polacca. Così il 6 agosto 1945, quando l’aquila americana, a guerra sostanzialmente finita, con i suoi artigli rade al suolo Hiroshima. Perchè tutte le guerre, dice Claudio, sono uguali, non esiste mai una guerra giusta! E finalmente Francesco riempie di note la sala, due ragazzi neri passano in strada, guardano stupiti la vetrina ma non si fermano, la strada della condivisione larga è ancora lunga ma intanto i piacentini invece ci sono.

26 aprile 1937, Guernica,
Scendea fischiando feroce sorella morte

Claudio legge dal libretto che aveva Fausto come coautore “la guerra facile e bella della retorica non è bella e non è facile, in guerra semplicemente si muore” e, a seguire, Dalila a sua volta con una delle testimonianze dai giorni della campagna di Russia di Federico Chiesa, padre di Fausto: “i nervi sono tesi al massimo. L’ansia aumenta tutti i momenti anche perché si è senza notizie dei nostri cari. Da circa un mese non abbiamo notizia da casa per noi italiani è molto, molto, siamo troppo attaccati alla famiglia troppo pensiamo alla nostra Italia, ai nostri paesi, alle nostre case noi non siamo fatti per la guerra, siamo fatti per vivere tranquilli in seno alle nostre care persone per lavorare per fecondare e non per uccidersi a vicenda con un nemico che non conosciamo con persone che a noi ci hanno sempre rispettati come noi li abbiamo rispettati. Lotta di uomini mal concepita dal popolo“.

30 gennaio 2016, Fausto Chiesa a Caorso per la pace con noi

Il turno di due parole da parte di PierLuigi, cappello da alpino in testa, a ricordare la conoscenza con Federico “che a Borgonovo raccontava, di quei giorni di una guerra inutile che nessun soldato aveva voluto“. Poi il ricordo dell’amico Fausto, con la voce mozzata dall’emozione e dalla commozione e la musica di Francesco a salutare un amico che, con noi, poetando e musicando, girava di contrada per contrada sempre sognando di pace con noi. Così come è stato nel 2016 e nel 2017 a Gropparello, a Villa Raggio a Pontenure, all’auditorium della Fondazione CdR a Piacenza, nel ridotto del Teatro Verdi di Fiorenzuola, in biblioteca a Caorso, così mercoledì 12 agosto 2022, in via Roma al 163, siamo più di trenta a seguire battendo ritmicamente le mani l’ultima suonata di Francesco, Bonzo salta la sedia, Luna lo riprende abbaiando e Fausto entra nella sala della Scuola azzurra, è qui sempre con noi.

Per un sogno di pace. Perché le armi e l’invio di armi non fanno e non faranno mai la pace.

Bello non fa rima con bellico, stop alle armi.
Con le armi NON si fa la pace. Mai!!!

“Credevamo, con Rosa Luxemburg, in un mondo dalla parte del lavoro ma in Fiat iniziarono i licenziamenti”, Claudio Arzani, Antonio Mosti, Dalila Ciavattini, Francesco Bonomini ieri alla Scuola Azzurra di Fabbrica&Nuvole in via Roma al 163

25 maggio 2022, Scuola Azzurra di via Roma al 163, Claudio Arzani e Antonio Mosti

C’era stato il ’68, la crescita civile degli anni ’70, il Movimento del ’77, la fantasia al potere. Invece il 18 marzo del 1978 viene rapito e assassinato Aldo Moro. “Per noi che volevamo cambiare il mondo, ha introdotto l’incontro di mercoledì 25 maggio nei locali della Scuola Azzurra di via Roma al 163 Claudio Arzani, autore del libro ‘Nelle fauci degl’Agnelli’ (Pontegobbo edizioni), davvero cambiò tutto“. Purtroppo non certo nella direzione voluta da parte di quanti si erano impegnati per la conquista di diritti civili nel senso della laicità dello Stato (così per il divorzio) o per il diritto al lavoro come con l’approvazione dello Statuto dei Lavoratori. I signori della grande industria, con la Fiat degli Agnelli in prima fila, avviarono una politica di licenziamenti e di delocalizzazioni di linee di produzione all’estero, dove il lavoro operaio viene valutato poco più del costo d’un tozzo di pane. Una politica alla quale sindacato e lavoratori risposero con un lungo sciopero di 37 giorni e sembrava che la sconfitta di quel padronato fosse nei fatti, nella logica della politica, ma non fu così: gli Agnelli erano lupi e gli operai… licenziati a centinaia di migliaia “e ancora oggi basta un WhatsApp inviato alla sera per ritrovarti senza lavoro dalla mattina“.

Graziella Tosto vuole il libro ma naturalmente con dedica e autografato

Così, mentre l’incontro è proseguito con Dalila Ciavattini che leggeva le ‘poesie dalla fabbrica’ inserite sempre nel libro di Arzani, il pubblico presente non ha lesinato applausi all’accompagnamento musicale proposto da Francesco Bonomini con ballate eseguite all’organetto diatonico. A seguire l’intervento di Antonio Mosti che ha rilevato di come nel libro “non si parla di Rosa Luxemburg ma i valori che Claudio rappresenta e nei quali ci riconoscevamo in quegli anni sono i suoi, ovvero i valori del socialismo libertario“.

Francesco Bonomini accompagna l’incontro e la lettura delle ‘poesie dalla fabbrica’ con ballate eseguite all’organetto diatonico

Rivoluzionaria senza partito, contro tutte le guerre, preoccupata di preservare le libertà democratiche che l’autoritarismo bolscevico russo annullava, teorizzava la necessità di creare le condizioni istituzionali e giuridiche che potessero promuovere le capacità di convivenza disinteressata e affettiva dei singoli individui e lo sradicamento della violenza permeante la struttura di classe della società capitalistica che vedeva riproporsi drammaticamente, in forme nuove, nel socialismo realizzato dei bolscevichi. Fu definita da molti eretica per le sue idee e per la critica all’interpretazione leninista del marxismo. “La libertà solo per i seguaci del governo, solo per i membri di un partito… non è libertà. La libertà è sempre unicamente libertà di chi la pensa diversamente… Senza elezioni generali, libertà di stampa e di riunione, d’opinione illimitata, libera lotta in ogni pubblica istituzione, la vita si spegne e diventa apparentemente e in essa, l’unico elemento attivo rimane la burocrazia… Un gruppo sparuto di operai viene saltuariamente convocato per votare non la dittatura del proletariato, ma la dittatura di un pugno di politici“, sono alcune delle citazioni di Rosa proposte da Mosti. Non era marxista ortodossa, per lei Marx era solo miglior interprete della realtà di chiunque altro ma comunque quel che contava dal suo punto di vista era sempre e solo la realtà, in tutti i suoi aspetti meravigliosi e orrendi. Quale dunque la sua concezione del socialismo? Unità tra natura e storia come comunanza e continuità, nella sofferenza, degli esseri viventi. “Rimanere umani, scrive, significa gettare con gioia la propria vita sulla grande bilancia del destino, quando è necessario farlo, ma nel contempo gioire di ogni giorno di sole e di ogni bella nuvola“. Per Rosa come per Marx l’uomo è al centro di tutto e il socialismo non è un problema di produzione o di elettrificazione ma di liberazione dell’uomo, rappresenta un ideale solo in quanto è condizione di questo processo di liberazione. E non è neppure una fatalità, una tappa ineluttabile, ‘naturale’ del processo storico, ma è la conquista di ogni giorno e, al tempo stesso, la creazione di una nuova vita interiore e di nuovi rapporti: certo, anche rapporti economici di produzione, ma altresì rapporti politici di autogoverno e, soprattutto, rapporti umani di responsabilizzazione, di fratellanza e di amore. La società socialista? “Sarebbe vana cosa, se non contribuisse a realizzare questa fratellanza universale degli operai che è ciò che vi è di più sacro e di più elevato sulla terra“. La fede nella primavera, che ritorna frequente nelle sue lettere, è la fede in una primavera dell’umanità, in un nuovo soffio di vita e di libertà che lei vede nel socialismo, quella fede che i cristiani hanno simboleggiato nella risurrezione primaverile del Cristo. “La primavera, l’unica cosa di cui non ci si sazia mai, per tutta la vita, e che anzi, al contrario, ogni anno s’impara ad apprezzare e ad amare di più“.

I presenti alla fine dell’incontro hanno ringraziato per i tanti stimoli di riflessione

Ma ora, quale futuro? E’ ancora possibile credere nel sorgere del Sole dell’Avvenire?, ha concluso Arzani parlando di un mondo profondamento cambiato non certo nel senso auspicato in quegli anni di conquiste civili e sociali che seguirono il ’68. Così ha evidenziato la necessità di intervenire sui temi della sicurezza, “sono troppi i morti sul lavoro e gli incidenti non sono certo causati da semplice fatalità“. Ma non solo: “non si mangia col cemento, basta sacrificare campi di grano per costruire palazzi, capannoni, ospedali nuovi che peraltro non risolvono i problemi della salute“, “abbiamo bisogno di aria pura, siamo una città con un record europeo di inquinamento da fumi e da smog“, “dobbiamo fermare la logistica selvaggia, occorre regolamentarne lo sviluppo“, “servono piante che ci regalano ossigeno, più parchi e meno cemento appunto“. Così ancora Dalila ha concluso la serata dando lettura della lirica che chiude ‘Nelle fauci degl’Agnelli’, appunto quella che titola ‘La più bella pianta della foresta‘ e che inizia con un avvertimento: “All’alba sono arrivati ai cancelli / camion, ruspe, i signori della morte / autorizzazioni firmate timbrate / obiettivo la più bella pianta della foresta…. //”

Antonio Mosti

Si è così concluso, ieri mercoledì 25 maggio, l’incontro, per l’esattezza il terzo, proposto dall’associazione di volontariato ‘Fabbrica&Nuvole’ con la rassegna intitolata ‘I mercoledì con i grilli per la testa‘ e in attesa del prossimo appuntamento di mercoledì 1° giugno con la poesia di Sabrina De Canio, codirettore del Piccolo Museo della Poesia, per tutti gli intervenuti il buffet offerto dal Presidente dell’associazione, Bernardo Carli.

E via al buffet offerto dal Presidente dell’associazione ‘Fabbrica&Nuvole’ Bernardo Carli

“Survivors”, mercoledì scorso cronache dal contagio, ballate e poesie in via Roma al 163 da ‘Fabbrica&Nuvole’. Con il ritorno alla normalità ma attenti: “nella radura il lupo s’avvicina”.

Le poesie di Claudio Arzani lette da Dalila Ciavattini accompagnata dalle ballate di Francesco Bonomini

Interessante pomeriggio letterario mercoledì scorso alla Scuola Azzurra di via Roma al 163 promossa da Fabbrica&Nuvole, l’associazione di volontariato impegnata sul tema dell’integrazione sociale. Protagoniste le poesie di Claudio Arzani lette da Dalila Ciavattini accompagnate dalle ballate di Francesco Bonomini eseguite all’organetto diatonico. “Survivors, e venne l’autunno del 2020, il post covid, il ritorno al futuro” la proposta per introdurre le poesie che “illustrano e ripercorrono i giorni del contagio e la successiva riappropriazione della vita“, come ha detto Arzani ricordandone la pubblicazione nell’Antologia d’Autunno 2020 edita da G.C.L. di Taranto. “Ora con l’arrivo dell’estate stiamo rientrando tutti nella normalità ma non abbassiamo la guardia, la bestia resta in agguato” come sottolinea l’ultima delle poesie lette, la Ballata del fuoco: “Il fuoco che consuma, / il fuoco che muore / il buio, il buio che nasconde / nella radura il lupo s’avvicina“. 

Francesco Bonomini con l’organetto diatonico e, sempre attento, il buon vecchio Bonzo

Un pomeriggio dunque di coinvolgimento per il pubblico presente che ha interloquito, ricordato a sua volta i tempi bui del contagio, i tanti che prematuramente ci hanno lasciati (tra questi in particolare Fausto Chiesa, protagonista di molte serate di rap-presentazioni con Claudio, Dalila e Francesco). Ma ci sono stati anche momenti di divertimento, qualche battutaccia riferita alla presenza di ben due cani e molti applausi specie per le musiche e le ballate di Francesco oltre naturalmente per il vecchio Bonzo quando ha mostrato le sue qualità acrobatiche esibendosi nella sua specialità, il ‘salto della sedia‘. Infine graditissimo il buffet offerto dall’associazione organizzatrice.

In evidenza sulla parete le nuvole dipinte dall’ex Preside Bernardo Carli in collaborazione con Giovanni Freghieri, disegnatore di Dylan Dog

Ora I “mercoledì con i grilli per la testa” (questo il titolo della rassegna proposta dall’organizzazione di volontariato con la finalità dell’inclusione sociale ‘Fabbrica&Nuvole) proseguiranno con la presentazione della raccolta poetica ‘I passi perduti‘ di Maria Teresa Lazzara (18.05), quindi ancora Arzani per la presentazione in dialogo con Antonio Mosti del suo “Nelle fauci deglìAgnelli“, ricordi di lotte operarie e di licenziamenti che fanno temere il tramonto del Sol dell’Avvenire (25.05), a seguire Sabrina De Canio, codirettrice e responsabile dei rapporti internazionali del Piccolo Museo della Poesia di Piacenza col suo libro di poesie bilingue ‘Libera nos a malo‘ (1.06) e infine Lorena Tassara per la presentazione del romanzo ‘L’ottava luna piena‘, storia di una donna, Adele, che partendo dai giorni della Repubblica partigiana di Bobbio si sviluppa tra Resistenza e Liberazione (8.06).” 

E, alla fine, il graditissimo buffet