I referendari puntano ai 5 sì e attaccano Meloni

Referendari in forcing nella partita dei referendum. La scommessa è sui 5 sì ma anche sulla possibilità di far saltare il silenzio del governo. Ci prova Elly Schlein che chiama a gran voce la premier. «Noi invitiamo tutte e tutti ad andare a votare e vorremmo sapere se lo farà anche la presidente del consiglio Meloni che continua a ignorare e a tacere su questi referendum. Si è rifugiata dietro la posizione del suo partito che è quella dell’astensione ».

L’attivismo della segretaria dem rappresenta la punta dell’iceberg di un movimento che coinvolge una parte consistente delle opposizioni. «Molti ragazzi nati in Italia dopo anni non si vedono riconosciuta la cittadinanza, per questo si deve votare sì su questo quesito come si deve votare sì ai quesiti sul lavoro per cambiare leggi che tra l’altro non consentono di essere reintegrato a chi viene licenziato illegalmente e lavora in una piccola impresa» spiega Schlein.

Il segretario della Cgil Maurizio Landini dice: «È un voto per la libertà nel lavoro, per non essere precari, per non avere stipendi da fame, per non morire sul lavoro. 5 sì per cambiare questa situazione e abrogare leggi sbagliate che hanno ridotto il lavoro a merce e i giovani a scappare dal nostro Paese e a essere precari. Vogliamo dare un futuro a questo Paese e per farlo bisogna investire sul lavoro, sui diritti e sulla qualità, quindi basta appalti, subappalti, basta precarietà, basta licenziamenti ingiusti».

Fonte: https://digital.liberta.it/

Landini: cinque Si per i diritti e la libertà

L’ultimo SI per l’8 e 9 giugno: condizioni per il riconoscimento della cittadinanza italiana

Il QUINTO referendum abrogativo propone di dimezzare da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana, ripristinando un requisito introdotto nel 1865 e rimasto invariato fino al 1992. Nel dettaglio si va a modificare l’articolo 9 della legge n. 91/1992 con cui si è innalzato il termine di soggiorno legale ininterrotto in Italia ai fini della presentazione della domanda di concessione della cittadinanza da parte dei maggiorenni.
Il referendum sulla Cittadinanza Italiana non va a modificare gli altri requisiti richiesti per ottenere la cittadinanza quali: la conoscenza della lingua italiana, il possesso negli ultimi anni di un consistente reddito, l’incensuratezza penale, l’ottemperanza agli obblighi tributari, l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica. Questa modifica costituisce una conquista decisiva per circa 2 milioni e 500mila cittadine e cittadini di origine straniera che nel nostro Paese nascono, crescono, abitano, studiano e lavorano. Allineiamo l’Italia ai maggiori Paesi Europei, che hanno già compreso come promuovere diritti, tutele e opportunità garantisca ricchezza e crescita per l’intero Paese.

QUANDO VOTI PENSA AI 1000 MORTI ALL’ANNO PER INFORTUNIO SUL LAVORO E MISURE DI SICUREZZA INADEGUATE

Il QUARTO quesito interviene in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Arrivano fino a 500mila, in Italia, le denunce annuali di infortunio sul lavoro. Quasi 1000 i morti, che vuol dire che in Italia ogni giorno tre lavoratrici o lavoratori muoiono sul lavoro. Modifichiamo le norme attuali, che impediscono in caso di infortunio negli appalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Cambiamo le leggi che favoriscono il ricorso ad appaltatori privi di solidità finanziaria, spesso non in regola con le norme antinfortunistiche. Abrogare le norme in essere ed estendere la responsabilità dell’imprenditore committente significa garantire maggiore sicurezza sul lavoro.

Il terzo quesito referendario per ridurre la piaga del precariato

Il TERZO quesito referendario punta all’eliminazione di alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine per ridurre la piaga del precariato. In Italia circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato. I rapporti a termine possono oggi essere instaurati fino a 12 mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo. Rendiamo il lavoro più stabile. Ripristiniamo l’obbligo di causali per il ricorso ai contratti a tempo determinato.

“Alla larga dal mini-club”, editoriale di Marco Travaglio su ‘Il Fatto Quotidiano’ del 18.05

Mandare soldati in Ucraina al fianco delle truppe di Zelensky: parole di Macron

C’erano un francese, un tedesco, un inglese e un polacco… Come se non bastassero l’odio fra i capi russi e quelli ucraini e le enormi difficoltà del negoziato appena partito a Istanbul, ci sono pure i Volenterosi (simpatico eufemismo che sta per sabotatori guerrafondai): un mini-club di mitomani con enormi problemi in patria che, per darsi una ragione di esistere, scorrazzano da Londra a Parigi, da Kiev a Tirana, per parlare di cose che non li riguardano e progettare piani che resteranno lettera morta. Intanto il formato “Volenterosi” esiste solo nelle loro teste malate, non nel diritto internazionale. E poi la fregola bellicista di inviare truppe in Ucraina – il fondamento della loro esistenza, dopo il rifiuto a inviare soldati dal resto dell’Ue – è incompatibile con la prima condizione irrinunciabile per la Russia al tavolo di Istanbul, tre anni fa come oggi: Ucraina fuori dalla Nato e Nato fuori dall’Ucraina. Quindi niente truppe di Paesi Nato, tantomeno di due potenze nucleari come Francia e Regno Unito, a fare il peacekeeping.

La Meloni, spaventata dal forte movimento pacifista, dalle resistenze della Lega e dalla volubilità di Trump, ha detto fin da subito che l’Italia non invierà truppe. Infatti non si capiva cosa ci facesse ai primi due raduni del club, con la faccetta malmostosa di chi avrebbe voluto essere altrove. Invece si capisce perché abbia disertato l’inutile treno per Kiev e l’inutilissima adunata albanese. Infatti i giornaloni atlantisti la attaccano proprio per la sua assenza e prendono per oro colato le balle di Macron, che nega la ragione fondante dei Volenterosi – inviare truppe in Ucraina – e smentisce persino i suoi reiterati appelli fin dal 26 febbraio ’24 (“La Russia non deve vincere, non è escluso in futuro l’invio di truppe di terra”). La Meloni fa benissimo a tenersi a debita distanza e a ricordare cosa vogliono Macron, Starmer, Merz e Tusk. Ma fa malissimo a trincerarsi dietro l’“unità occidentale”, che non esiste (nell’Ue e nella Nato ciascuno va per conto proprio); e a non tentare di costruire un fronte alternativo, non solo con i governi di destra a lei più affini, ma anche con Paesi ragionevoli come la Spagna (Sànchez ha già smontato le fesserie sul riarmo contro l’imminente invasione russa: “Non vedo truppe di Mosca alle porte”). Von der Leyen, Kallas e i Volenterosi boicottano i negoziati col riarmo tedesco, polacco e baltico; con nuove sanzioni a Mosca e nuove armi a Kiev in piena trattativa; con la minaccia francese di schierare testate nucleari in Germania e Polonia; e con l’idea di un tribunale speciale tipo Norimberga per processare Putin &C. con cui si dovrebbe cercare un’intesa. Perché il governo italiano, dopo averci detto da che parte non sta, non ci dice da che parte sta?

Volenterosi per inviare soldati a Kjev? Tra loro, quella riottosa

Referendum 8 e 9 giugno: il secondo quesito a difesa del lavoro

Il SECONDO quesito riguarda la cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese. In quelle con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora una/un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto. Questa è una condizione che tiene le/i dipendenti delle piccole imprese (circa 3 milioni e 700mila) in uno stato di forte soggezione. Obiettivo è innalzare le tutele di chi lavora, cancellando il limite massimo di sei mensilità all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato affinché sia la/il giudice a determinare il giusto risarcimento senza alcun limite.