Sanità pubblica, il Guglielmo da Saliceto: Servizio, Disservizio. La cabina del telefono ad uso del signor ragno e la panchina che non c’è più.

La cabina telefonica nel giardino del Guglielmo da Saliceto, ragnatela a destra, ragnatela a sinistra e incrostazioni di polvere ‘antica permanenza

Nell’estate 2023 la Tim annunciò l’eliminazione di tutte le 41 cabine telefoniche presenti nelle strade cittadine. Le ricordate? Stravissute, romantiche, talvolta provvidenziali (anche per ripararsi da un temporale), simboli di un tempo che incredibilmente appartiene già alla storia del costume, non sono più necessarie. Così, in men che non si dica, sono svanite dal mondo reale della nostra quotidianità, con l’unica eccezione degli impianti (così li definisce Tim) presenti nelle carceri, nelle caserme, negli ospedali. Incuriosito, ricordandone una nel cortile del Guglielmo da Saliceto dove, entrando dall’ingresso principale di via Taverna era nel piccolo giardino a sinistra, ne ho verificato l’effettiva presenza. Risposta positiva: troneggia nel solito angolo, dominando una parte di giardino verde con le piante utilissime per ombreggiare l’area nei giorni dell’imperversare della calura estiva. Già, perché nel bel mezzo dell’area stava una panchina che ricordo frequentata assiduamente da pazienti ricoverati oppure in visita o ancora in attesa del ritorno del parente impegnato con una visita medica ambulatoriale. Altri tempi perché la panchina non c’è più e di quell’ombra che ha allietato tanti, c’è sempre ma per godersela occorre stare in piedi. Altri tempi dicevo ma torniamo alla cabina telefonica. Mi sono avvicinato, sono entrato e … mamma mia!!! Manca solo salti fuori Frankenstein Junior o Beetlejuice. Non toccare quella cornetta! Sporco ormai cementato e tanto per piacere, una bella corposa ragnatela. Manca solo un cartello “NO DISTURB” da parte del ragno autore del suo alloggio. Che dire? Indicatori significativi. Certo, quel che conta è la pulizia dei reparti dove i cittadini sono ricoverati o in visita ambulatoriale ma se mancano i soldi per pulire adeguatamente anche il giardino cabina telefonica compresa, sinceramente qualcosa non va.

Ospedale Guglielmo da Saliceto, via Taverna: qui stava una panchina per decenni placebo di ricoverati, pazienti ambulatoriali, accompagnatori in attesa

Sanità pubblica, Comune, parcheggi: Servizio, Disservizio. Eliminati 110 “stalli” in via Maculani di fronte alla Casa della Salute così cittadini, dipendenti Asl e soprattutto i pazienti fragili che necessitano di accompagnamento non sanno più dove parcheggiare. L’assessore però promette che presto …..

Premessa: l’inizio dei lavori per realizzare un garage interrato in piazza Cittadella ha determinato la decisione da parte del comune dello spostamento del punto d’arrivo delle corriere provenienti dalla provincia cariche di studenti in via Maculani, subito dopo piazzale Milano, cioè dall’altra parte della strada dove ha sede la Casa della Salute dell’Asl. Tralasciamo il (non piccolo) dettaglio che per avviare i lavori del cantiere in piazza Cittadella era preliminare abbattere gli storici 15 tigli attualmente presenti. Tralasciamo anche il (sempre non irrilevante) dettaglio che nel frattempo il magistrato, all’insegna del principio che gli alberi regalano ossigeno e il garage, le auto e il cemento NO. Prendiamo atto che comunque forse i lavori inizieranno abbattendo il rudere della vecchia autostazione a condizione di salvaguardare le piante (fermo restando l’eventuale ricorso che di fatto il Sindaco Katya Tarasconi ha invitato a presentare alla ditta tenuta ai lavori). Lasciamo perdere tutta questa di fatto confusione unita ad incertezze varie dovute forse ad una fretta del fare che non ha consentito una adeguata preliminare valutazione di tutti i problemi e spostiamo il focus appunto su via Maculani dove semplicemente sono spariti 110 posti auto (definiti “stalli” dal linguaggio della burocrazia). Si tenga conto che in quei posti parcheggiavano numerosi dei dipendenti Asl presenti nella Casa della Salute che, così facendo, lasciavano a disposizione dell’utenza i pochi “stalli” riservati presenti di fronte e di fianco alla struttura. Tenendo conto che qui ‘insistono’ utenti con ridotte capacità motorie e quindi con necessità di trasporto assistito e di successivo accompagnamento all’interno della struttura sanitaria, il rischio di non trovare parcheggio diventa alto. Ma nessun problema, a sentire l’assessore ai lavori pubblici Matteo Bongiorni che ha dichiarato “gli spazi sono tolti in via temporanea e saranno compensati“. Si ipotizza infatti (Soprintendenza permettendo) la realizzazione di 40 “stalli” nel tratto attualmente pedonale, lungo l’area di sgambamento cani (che così cani e amanti dello jogging salutano e cercano altrove un luogo adatto). Altri 70 posti potrebbero essere realizzati nello spiazzo di fronte all’ex caserma Del Verme in via Benedettine (invero lontanuccia ma indubbiamente si pensa che una sgambata può far bene tanto a dipendenti Asl quanto ad utenti in buona salute che necessitano di prestazioni sanitarie ambulatoriali, meglio di niente). Altri 15 posti saranno poi in piazza Casali, vicino alla caserma Nicolai: sempre lontanuccio, sicuramente inadeguato per utenti con difficoltà motorie, ma sempre meglio di niente. Ma non basta: altri posti … pardon, “stalli“, si ipotizzano in via Palmerio e infine, con una convenzione con un privato, ‘spunteranno‘ altri posti di prossimità a piazzale Milano (a pagamento?) proprio per i dipendenti Asl, ha informato l’assessore. Bene, ma innanzitutto tutto questo, non poteva essere pensato e soprattutto realizzato prima dello spostamento delle corriere da piazza Cittadella evitando i disagi che dall’inizio di settembre (e, a parte parole e bla bla bla chissà fino a quando – vigileremo in proposito -) vivono soprattutto gli utenti fragili e in particolare chi necessita dei servizi diabetologici presenti nella Casa della Salute notoriamente spesso con difficoltà motorie? Resta fermo il fatto che il problema parcheggi si trascina sin dal tempo della decisione da parte della Direzione Asl di acquistare il palazzo ex ENI per sostenere un’impresa finanziaria della società. Sempre quella Direzione all’epoca rappresentata dal dottor Ripa di Meana ipotizzò l’eventuale acquisto del silos – già all’epoca abbandonato – in via X Giugno ma alla fine dell’affare non se ne fece nulla e quel silos resta ancora oggi struttura in degrado mentre appunto mancano i parcheggi e gli “stalli” allo stato attuale vengono cancellati per l’urgenza di far partire il cantiere di piazza Cittadella cosa che ha imposto il trasferimento del punto di arrivo delle corriere extraurbane da quella piazza a via Maculani. Cantiere, quello di piazza Cittadella, per ora bloccato dai cittadini e dal magistrato. Insomma, un bel guazzabuglio del quale chi ne fa le spese subendone le conseguenze?

Quotidianamente tanti cittadini pazienti, molti fragili, “stalli” di sosta pochissimi

Il fantasma del castello di Calendasco in una serie tv trasmessa negli Usa. Redazionale de ILPiacenza.it

Calendasco: Il gruppo di Bologna a caccia del fantasma

“The ghost places” ha scelto il castello piacentino per ambientare un episodio della serie dedicata al paranormale e al mistero. Si parla dunque americano nel castello di Calendasco, dove è stata girata la quarta puntata di una serie che sarà disponibile ad ottobre sul network televisivo Paraflixx intitolata “The Ghost Places”, cioè I luoghi fantasma. Il network che tratta temi del paranormale e del mistero ha sede a Dallas nello stato del Texas ed ha già visibili tre puntate delle sei previste di questa prima serie dedicata all’Italia. Gli episodi hanno la regia di Angelo Cannella, siciliano trapiantato nel Piacentino dove svolge il lavoro di videomaker, mentre produttore esecutivo è Matteo Marchesini e fonico è il piacentino Manuel Maestri. Titolo di questo episodio è “Murder in the Castle” cioè Omicidio nel castello, con investigazione notturna a caccia del fantasma, svolta dal gruppo di Bologna “Mistery Research Crew”. Il team si occupa di indagini del paranormale per morti in fatti tragici con attrezzature ad infrarossi, termocamere e particolari strumenti elettromagnetici. Questa quarta puntata tratta dell’omicidio avvenuto il 13 settembre del 1572 nel poderoso castello di Calendasco, un fatto di sangue efferato, qui infatti il conte Ludovico Confalonieri, viene ucciso a stilettate nel sonno dalla moglie Camilla. Il filmato del regista Angelo Cannella si avvale di una presentazione del borgo di Calendasco a cura del sindaco Filippo Zangrandi che traccia la storia del paese mettendo a fuoco la Via Francigena. Per i fatti storici legati al fortilizio la troupe si è rivolta al divulgatore storico Umberto Battini che è entrato nel dettaglio di alcuni avvenimenti accaduti tra quelle mura. Partendo proprio dalla costruzione del castello nel XII secolo, alla nascita del santo Corrado Confalonieri nel 1290 quindi all’assedio del 1482 delle truppe di Ludovico il Moro di Milano. Viene raccontato poi nel dettaglio il fatto macabro dell’omicidio del conte Confalonieri per mano della moglie Camilla e da qui il video sposta le riprese avvincenti alla notte quando iniziano le indagini a caccia del fantasma del conte Ludovico. Un filmato carico di suspence, con sottotitoli in americano, che abbiamo visto in anteprima che tiene lo spettatore con il fiato sospeso e che dal 12 ottobre sarà visibile in esclusiva sul network americano Paraflixx.vhx.tv destinato a tutti gli amanti del mistero. Insomma un castello tra dannazione e santità che per i suoi accadimenti sta interessando appassionati di paranormale d’oltre Oceano.

Il castello di Calendasco dove nella notte la moglie Camilla ha assassinato il conte Ludovico Confalonieri

Due lettere pubblicate da Libertà sulla vicenda dei 15 tigli di piazza Cittadella: “La sindaca triste è paradossale” di Giovanni Monti e “Responsabilità etica tutelare l’ambiente” di Giancarlo Magnani

LA SINDACA TRISTE E’ PARADOSSALE, di Giovanni Monti

Della vicenda di piazza Cittadella e dell’ordinanza del Tribunale ottenuta dai residenti e dal Legambiente l’elemento paradossale che più mi ha colpito riguarda il posizionamento, sulla scena, della sindaca Tarasconi e dei sui sostenitori politici. Considerando che la controversia riguarda diritti dei cittadini, riconosciuti come lesi dal giudice, in contrapposizione alla ditta privata appaltatrice, stupisce che la prima cittadina si dica rattristata per il contenuto del provvedimento e assuma i panni del difensore di quella parte. Se poi si considera che l’imputazione, se così si può dire, sollevata nel contenzioso, riguarda in estrema sintesi un difetto di valutazione del valore ambientale, culturale e sanitario di quel bene ambientale rappresentato dalle 15 grandi piante, compito che era in capo in primo luogo al concessionario (della progettazione ancor prima della realizzazione) francamente era logico aspettarsi una posizione più cauta e neutrale. Più che rattristata la Sindaca è apparsa scioccata dal fatto che esistano diritti ambientali lesi ed un giudice a Piacenza (e non a Berlino) che li tutela, regole che valgono per tutti e non si possa più invocare la sola legge del Marchese del Grillo. Più che suggerire nuove fasi del contenzioso, il Comune dovrebbe richiamarsi appunto alle regole (del codice degli appalti e del contratto di concessione) che obbligano la ditta a adeguarsi a tutte le norme vigenti (anche entrate in vigore successivamente alla stipula ma prima dell’avvio dei lavori), apportando al progetto le varianti che occorrono per assicurare che l’opera salvaguardi l’ambiente e non arrechi danni a terzi. Una via chiara e spianata che amministratori orientati al solo interesse collettivo e rispettosi del proprio ruolo istituzionale e di quello della Magistratura non dovrebbero avere remore ad intraprendere senza incertezze e rapidamente.

RESPONSABILITA’ ETICA TUTELARE L’AMBIENTE di Giancarlo Magnani

Direttore (rivolto a Pietro Visconti, Direttore di Libertà, ndr) buongiorno, non le avrei scritto se non mi fossi soffermato casualmente sull’oroscopo odierno del Toro che cito testualmente: poiché la vostra immaginazione è aumentata, potete visualizzare le cose e sognare ogni tipo di possibilità. Questa è un’influenza eccellente per gli scrittori, soprattutto quelli di fantasy e di fantascienza. Tuttavia, la giornata di oggi riserva anche delle sorprese. Fate attenzione a tutto ciò che dite e fate per evitare incidenti. Con le premesse di cui sopra, le sarei grato di darmi spazio per ricordare alla sindaca Katia Tarasconi il significato della responsabilità etica e morale della natura per le generazioni future. Oltre ai benefici tangibili che la natura offre, abbiamo la responsabilità etica e morale di proteggerla e preservarla. Proteggendo la natura, rispettiamo i diritti intrinseci delle altre specie a esistere e prosperare, riconoscendo la nostra interdipendenza con il mondo naturale. Le nostre azioni di oggi determineranno l’eredità che lasceremo alle generazioni future. Preservare la biodiversità, mitigare i cambiamenti climatici, garantire aria e acqua pulite, promuovere una gestione sostenibile delle risorse, nutrire il benessere e sostenere la nostra responsabilità etica sono tutti motivi convincenti per dare priorità alla protezione della natura. È nostro dovere collettivo agire come custodi dell’ambiente, riconoscendo l’immenso valore e l’interconnessione di tutta la vita sulla Terra. Accettiamo il nostro ruolo di amministratori e lavoriamo insieme per salvaguardare la natura per un pianeta fiorente ora e in futuro.

Sanità pubblica Val Tidone: Servizio, Disservizio. Il caso della convenzione con la cooperativa “Le nuvole” per la gestione della comunità alloggio per malati psichiatrici in presunta mancanza di autorizzazione e requisiti di accreditamento e sicurezza. “Sanità al contrario”?

La Rocca sede municipale simbolo di Borgonovo Val Tidone

Gran brutta storia che, mi auguro, si concluda al meglio con il chiarimento della situazione da parte degli indagati. Conosco bene la situazione per averne vissuta una simile sulla mia pelle come Direttore della Rete Ospedaliera dell’Asl piacentina. A volte, nell’organizzazione dei servizi pubblici, puoi trovarti nella condizione di “lavorare sul filo del rasoio“: devi rispettare le norme ma nello stesso tempo fornire una risposta ai bisogni dei cittadini nella migliore condizione possibile (e qui rischia di “cascare l’asino” nel senso che il concetto di migliore può avere letture molto diverse in base a chi legge e dunque essere soggetto a diversa valutazione soggettiva). In questo caso si parla della necessità di garantire un alloggio e altresì adeguata assistenza a malati psichiatrici in quel di Borgonovo da parte della cooperativa “Le nuvole” che aveva in gestione una comunità alloggio all’interno dell’Istituto Don Orione. Già nel 2023 a seguito di un’ispezione da parte dei NAS (con la presenza dei vigili del fuoco e di una rivisitazione della situazione da parte della stessa attuale dirigenza Asl) si rilevava l’inadeguatezza dei locali e del servizio, disponendo la chiusura e quindi il trasferimento dei pazienti. Fatto che peraltro generava una protesta da parte degli stessi all’insegna del motto “non siamo pacchi” (il trasferimento da un locale che occupi da anni non può che generare scompenso a chiunque, sano o fragile che si sia). Ora, giunta notizia della conclusione delle indagini preliminari, 12 tra amministratori, dipendenti pubblici e rappresentanti legali di cooperative a vario titolo coinvolte risultano indagati con l’ipotesi di truffa e falso in particolare nell’ambito dei rapporti appunto tra l’Ausl e la cooperativa sociale “Le nuvole” con specifico riferimento alle convenzioni stipulate per il periodo fino al 2021. In evidenza da parte della Procura piacentina il fatto che ci sarebbe stato un accordo senza alcuna gara d’appalto per consentire alla cooperativa di ospitare una media di quindici ospiti in alcune case alloggio all’interno della struttura di via Sarmato a Borgonovo. Ovviamente non conosco gli elementi dell’accordo tra le parti, salvo in linea generale precisare che il Nuovo Codice degli appalti al di sotto di un certo livello economico consente l’affidamento diretto laddove in particolare sia tutelato e garantito l’interesse pubblico e naturalmente il buon servizio. Dunque, da questo punto di vista, l’agire dei dirigenti pubblici potrebbe essere assolutamente in termini di norma ma, va osservato, proprio su questo aspetto si concretizza quel filo del rasoio di cui parlavo, con il rischio appunto che la situazione venga valutata e debba passare al vaglio della magistratura per la verifica dell’eventuale reato. Nel mio caso, ad esempio, dopo un’attenta indagine e due anni di valutazione da parte della giustizia, finalmente venne riconosciuta la legittimità dell’azione, della tutela dell’interesse pubblico, dell’assenza di reato penale. “Male non fare e paura non avere“, dice un detto derivante dal comune percepire ma, v’assicuro, quei due anni miei sono stati carichi di tensioni e preoccupazioni, di malessere e anche di paura (il rischio era l’interdizione dai pubblici uffici e quindi il licenziamento oltre ad eventuale condanna penale e amministrativa) perché, a fronte della mia valutazione di aver servito l’interesse pubblico, sono però da vedere le valutazioni e le decisioni del giudice e questo è quel che conta. Insomma, l’augurio rivolto a tutti i coinvolti come dirigenti pubblici (peraltro oggi in pensione o comunque non più in servizio a Piacenza poiché i fatti contestati si riferirebbero al periodo dal 2015 al 2021), é di poter dimostrare di aver comunque tutelato l’interesse sia pubblico generale che personale di diritto ad adeguata assistenza da parte dei pazienti. Il secondo rilievo da Parte dei Carabinieri e dei Vigili del Fuoco, infine, la mancanza di autorizzazione per funzionare come comunità alloggio da parte della cooperativa “Le nuvole” peraltro priva dei requisiti di accreditamento previsti dalla normativa regionale e agente in una struttura con gravi carenze strutturali nella normativa antincendio. Dunque le convenzioni sottoscritte tra ASL e cooperativa nel periodo di riferimento che sembrerebbe avessero invece attestato la presenza dell’autorizzazione risulterebbero viziate per falso e, da qui, l’azione da parte della magistratura con la comunicazione di conclusione indagini preliminari cui seguirà il rinvio a giudizio (cioè a processo) oppure – come auguro – l’archiviazione per insussistenza di reato. Insomma Disservizio (cioè eventuale inadeguata applicazione di norme) e Servizio (comunque reso). In questo dualismo l’evidenza della difficoltà dell’agire nell’amministrazione della cosa pubblica, dove occorre perseguire il giusto equilibrio tra normative complesse oltreché generaliste e necessità di garantire adeguata soluzione ai bisogni di tutela e assistenza emergenti dai cittadini in termina di qualità dell’assistenza e di sicurezza. Ed ora? Non resta che attendere gli sviluppi della vicenda.

Il Procuratore ha comunicato la chiusura delle indagini preliminari

Piazza Cittadella, tagliano i tigli, già tolta la panchina di quei miei lontani ricordi del tempo delle mele verdi, ma sappiano che gli alberi regalano ossigeno, il garage, le auto, il cemento NO. Solo smog, aria malata.

Ogni albero un nome, Lucia, Antonio, Elisabetta … e per ora grazie al giudice sono ancora con noi con buona pace del Sindaco, degli attuali e di ex consiglieri comunali

Dunque, per l’Amministrazione comunale, Sindaco in testa, era deciso: dovevano essere abbattuti i 15 tigli settantenni di piazza Cittadella, già stazione per le corriere in arrivo dalla provincia. Sono stato sul posto, qualche giorno fa, con Dalila, per qualche foto celebrativa dell’impegno di tanti cittadini che da giorni protestano contro la decisione di realizzare un garage sotterraneo, decisione che inevitabilmente prevedeva il taglio degli alberi. Così mi sono ritrovato a rivivere quei momenti di tanti anni fa quando, studente del vicino Istituto Romagnosi, venivo ad aspettare quella fidanzatina che arrivava da Rivergaro. Insieme s’andava fino all’ingresso della scuola e in attesa del suono della campanella scoprivamo quanto era bello baciarci appassionatamente sognando d’un futuro insieme e almeno un rimediabile 5 nel compito in classe di ragioneria (che palle, tutta quella tecnica, numeri di qua, numeri di là e conti che non tornavano mai). Fino a quando il portone s’apriva, suonava quella campanella che significava “tutti dentro“, ognuno alla sua classe fino alle 13 circa. E finalmente di nuovo il suono della campanella annunciava il “libera tutti“. Insieme, mano nella mano, si ritornava in piazza Cittadella ad attendere la corriera blu che lei la riportava a Rivergaro. Spesso nell’attesa ci si sedeva sulla panchina all’ombra dei tigli, s’amoreggiava come usava in quel tempo di mele verdi ignari dei viaggiatori che passavano frettolosi e di quelli che arrivavano. Ma chi erano mai, chi mai li vedeva? Tutto il mondo svanito. Solo noi due, la panchina, l’ombra regalata dai tigli. Purtroppo la corriera arrivava presto, ed era l’ora di salutarci, in attesa dell’indomani. E giù baci, bacin, bacetti. Da quei giorni, quelle attese, quei baci molto tempo è passato, quella ragazzina di allora continua ad abitare dalle parti di Rivergaro ma quei sogni d’un futuro insieme sono ben presto sfumati per interessi divergenti. Noi due, semplicemente non più. Del resto anche le corriere oggi non arrivano più nella piazza, la biglietteria ridotta ad un rudere abbandonato da anni e anche la panchina dei nostri baci e di quella donna che passando una volta disse “ma insomma, contenetevi ragazzi“, anche quella panchina ho visto non c’è più, tolta da chissà quando, chissà per disposizione di chi, chissà perché mai. E tra breve per Katia Tarasconi, nostro Sindaco, contro la volontà popolare (in pochi giorni 30.000 piacentini hanno firmato una petizione contro la decisione dell’Amministrazione comunale di taglio degli alberi), anche i 15 tigli non dovevano esserci più. Sentenza definitiva. Si farà un grande garage interrato. Cemento, traffico continuo, smog tanto, verde niente e qui mi ripeto: gli alberi regalano ossigeno e aria pulita, i garage, le auto, il cemento, no. E probabilmente ben lo sa il giudice del Tribunale di Piacenza che, facendo seguito al ricorso presentato da Legambiente, con insperata sentenza ha ordinato “alla ditta Piacenza Parcheggi, incaricata dell’esecuzione del progetto di autosilos sotterraneo in piazza Cittadella, di astenersi dall’abbattimento delle piante di alto fusto attualmente presenti e di astenersi da ogni condotta idonea a danneggiare le piante di alto fusto attualmente presenti in loco, ed in particolare le radici, i tronchi e i rami delle stesse”. Una sentenza che sancisce la supremazia del diritto alla salute e ad un ambiente salubre sopra ogni altro e riconosce gli alberi come monumentali. Con buona pace dell’ex consigliere comunale Michele Giardino, uno dei primi a stigmatizzare la sentenza stessa. Certo, non tutto finisce qui, la società può presentare reclamo e la questione verrà rivista da un collegio composto da tre giudici. Certo, potrtanno farlo, potranno sconfessare il diritto alla tutela della salute sancito dalla Costituzione, potranno affermare che la salute sia garantita da garage, auto, cemento e non dall’ossigeno garantito dagli alberi. Vedremo.

L’andava a pochi dì ma per ora son sempre lì

Sanità piacentina? Servizio, disservizio. Casa della salute piazzale Milano, ZeroCode, distribuzione diretta farmaci ma anche visite a pagamento “fuori via”, vini pregiati, biglietti per San Siro, “la Sanità a rovescio”

E rieccoci in piazzale Milano, alla Casa della Salute. Intanto s’annuncia l’arrivo del comodissimo servizio online ZeroCoda per l’accesso al Cup territoriale già da tempo presente anche in ospedale per la gestione dell’accesso al laboratorio analisi per prelievi e altro: eccellente e per una volta con grande soddisfazione di noi pazienti finalmente ricompensati per la nostra pazienza. Giudizio altrettanto positivo per l’apertura sempre al piano terra di uno sportello farmacia ritiro medicinali per cui, fatta una visita ai piani superiori e avuta una prescrizione scendi al piano terra e ritiri immediatamente il farmaco evitando di dover passare in una farmacia esterna: altro servizio finora garantito solo nell’ospedale di via Taverna. Tutto bene dunque: grazie Asl, grazie Piazzale Milano, grazie sanità pubblica. Peccato che, nella stessa sala d’attesa, si evidenzia la stanza con sulla porta chiusa i sigilli posti dall’autorità giudiziaria dopo l’arresto del medico che visitava pazienti dietro pagamento riscosso personalmente e che pare provvedesse anche alla consegna di farmaci prelevati direttamente appunto dal locale farmacia interna consegnandoli ai pazienti. Un’attività di indagine condotta da militari del NAS Carabinieri di Parma e coordinata dalla stessa Autorità Giudiziaria di Piacenza che, lasciando letteralmente senza parole la città intera, si è finora conclusa nello scorso agosto con l’arresto del medico e i sigilli posti allo studio messogli a disposizione dall’Asl. Buona parte della mia vita è passata al servizio della sanità pubblica e naturalmente anni fa ho conosciuto il medico in questione considerandolo uno dei tanti dipendenti pubblici al di sopra di ogni dubbio o sospetto. Alla vista della porta chiusa dunque più che stupore non ho potuto evitare amarezza e tristezza. Delusione e comunque, ho pensato, l’Asl è piena di dirigenti, di responsabili, di direttori, possibile nessuno abbia mai notato che qualcosa non andava, che era necessaria un’attività di controllo e magari un richiamo d’avvertimento al medico? Tipo per intenderci “l’hai fatta franca una volta ma non farlo più, ti tengo d’occhio e intanto ti sospendo con trattenuta stipendiale per tre giorni“: esistono infatti le commissioni disciplinari che, su segnalazione del direttore competente, elargiscono la sanzione del caso. Però se il direttore competente non s’avvede di nulla e non controlla adeguatamente le commissioni disciplinari sono fuffa. Ma non ho avuto il tempo di approfondire il pensiero che ecco l’arrivo stavolta della Polizia negli uffici dell’igiene pubblica sempre in piazzale Milano. Un dipendente del settore Impiantistica antinfortunistica avrebbe rilasciato certificati “aggiustati” in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro. Il tutto in cambio di compensi quali forniture di vini pregiati e biglietti per partite in serie A a Milano dell’Inter. Un’indagine che, a quanto si apprende, coinvolge 16 persone, imprenditori e altri dipendenti Asl con accuse pesantissime per reati come corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, concussione e falso in atto pubblico. E giù l’amarezza e la tristezza: ma non esiste più la consapevolezza di operare nel nome della salute dei cittadini e, in questo caso, di chi ha il diritto di uscire da casa, andare in cantiere certo di uscirne con le proprie gambe? Questo dovrebbe essere il valore aggiunto dell’attività di un operatore sanitario pubblico, non il biglietto per la partita dell’Inter o la cassetta di vino pregiato! E, diavolo, possibile non ci sia un responsabile che controlla se qualcosa non funziona a dovere? Comunque per fortuna, mentre sono in sala d’attesa al 2° piano, passa una giovane immagino dottoressa in camice bianco che informa con un sorriso tutti i presenti del nuovo servizio di distribuzione farmaci al piano terra consegnando un foglio con tanto di orario di servizio e tutti sorridono e ringraziano e una paziente dice “io lo so già del servizio, ma il foglietto lo prendo, può sempre servirmi. Grazie“. Asl piazzale Milano, chiari e scuri. Servizio e disservizio. La mela marcia può nascondersi ovunque, pur amareggiati non facciamo una tragedia, non facciamo di tutte le mele un fascio, le più son sanissime, cerchiamo di dare il massimo spazio alla giovane, carina e sorridente farmacista in camice bianco e ai tanti dipendenti Asl come lei. Così, Dalila ha pagato il ticket dovuto all’apposita macchinetta e siamo usciti. Attraversata la strada ci sediamo al tavolino del Bar Pontieri: un buon caffè, quattro chiacchiere, un’occhiata al quotidiano, “bella giornata, un sole caldo e una leggera brezzolina che se non fosse autunno parrebbe primavera” .

La Casa della Salute dell’Asl in Piazzale Milano

“Concerto per 15 alberi”, domani dalle 16 alle 19 in piazza Cittadella a Piacenza su iniziativa del Laboratorio Popolare della Cultura e dell’Arte perché gli alberi danno ossigeno, i garage, le auto e il cemento no

In piazza Cittadella dove per realizzare un garage di cemento si vogliono tagliare 15 tigli ‘storici’

A cura del Laboratorio Popolare della della Cultura e dell’Arte di Piacenza domani dalle 16 alle 19 all’ìnterno del quadrato “Boh!(sco) di Katia” sulla aiuola di Piazza Cittadella saranno realizzate le installazioni “Povero Albero” e “Natura Morta” con la colonna sonora in loop di oltre 10 brani dedicati agli alberi di Piazza Cittadella da importanti artisti italiani ed internazionali raccolti su iniziativa di Francesco Paladino (clicca qui) in sostegno della battaglia in corso contro l’abbattimento degli alberi e contro la realizzazione del parcheggio interrato nella piazza in questione 

Le auto avvelenano l’aria, le piante regalano ossigeno

La sanità piacentina? Servizio, disservizio: lavori in corso all’ospedale della montagna, a Bobbio ma per la camera mortuaria a norma s’ha ancora d’aspettà

Aria fresca e pura all’ospedale di Bobbio, lavori in corso ma nessuno pensa di tagliare alberi che regalano ossigeno e vita

Sono stato a Bobbio incappando in lavori in corso. “Per garantire il miglioramento sismico“, mi ha detto un’orgogliosa operatrice presente nell’atrio del piano terra. 700 milioni per lavori che proseguiranno fino all’estate 2025. “Nessun disservizio però per gli utenti“. La radiologia trasferita dal piano terra al 1° piano con eccellente cartellonistica che indica il nuovo percorso ma non solo: il servizio risulta dotato di buone strumentazioni, dallo strumento per la diagnostica digitale per i raggi x, dalla Moc per la valutazione della densitometria ossea all’ecografia. Devo inoltre evidenziare che per l’esecuzione di un esame i tempi d’attesa sono letteralmente irrisori rispetto a quanto invece avviene in pianura e nel capoluogo in particolare. Certo occorre affrontare i 45 km di viaggio lungo la Statale 45 ma una “giornata di turismo sanitario” a Bobbio val sempre la pena. Prima o dopo la prestazione, una passeggiata lungo via Roma ad ammirare le vetrine e acquistare l’olio al tartufo o una confezione di funghi arrivando poi nella piazza del Duomo a prendere un buon caffè Musetti seduti al tavolino del bar ad origliare i turisti (e soprattutto le belle turiste) che passano. Ma restiamo in ospedale. Allo stesso 1° piano trasferito il Cau (purtroppo l’Asl ha chiuso il Pronto Soccorso per cui, se ti fai male di notte devi correre giù in città ma questo ormai succede in tutti gli ospedali della provincia) ma comunque tutta la struttura bobbiese si segnala per la pulizia e la cura di tutti i locali oltreché per gli invitanti profumi che arrivano dal locale cucine adeguatamente ristrutturato poco tempo fa. Insomma, tutto splendido tanto alla vista quanto all’esecuzione della prestazione strumentale avuta, esito favorevole incluso. Peccato che, come mi si dice, la camera mortuaria sia sempre dove è sempre stata cioè con ascensore inadeguato per il trasporto della barella con il corpo del defunto che pertanto costringe ad un tragitto che in parte avviene all’esterno dell’ospedale. Dunque non resta che sperare nel Sindaco, da anni impegnato a sostegno dell’ospedale bobbiese, fondamentale per i residenti della montagna. A proposito, sbagliando ascensore casualmente sono “sbarcato” al piano del reparto di medicina e anche qui ho “respirato aria d’accoglienza“, tra personale impegnato nell’assistenza e ambiente confortevole. Ultima nota, il parcheggio ridotto ai minimi termini e quindi stracolmo. Tuttavia nessun problema per quanto mi riguarda, nessuno ha occupato lo spazio per invalidi neanche per il consueto “solo cinque minuti, devo solo ritirare un referto” come spesso avviene in città soprattutto di fronte alla ‘Casa della salute’ di piazzale Milano dove i due posti di fronte all’ingresso sono liberi mai e comunque talvolta occupati abusivamente, vera e propria tragedia in questi giorni nei quali un’amministrazione poco accorta ha ben pensato di eliminare i precedenti 110 spazi attraversata la strada. Ma, di questo, parleremo in altra occasione. Tornando invece a Bobbio precisiamo: il parcheggio è ridotto ai minimi termini proprio per i lavori in corso che ne vogliono determinare l’ampliamento. Insomma, concludendo, l’ospedale di montagna di Bobbio? Promosso ma con raccomandazione al Sindaco d’impegno di premere sulla direzione dell’Asl per risolvere il problema della camera mortuaria: la si vuole nuova, dotata di tutti i servizi a norma, adeguata per accompagnare le persone che purtroppo ci lasciano in un contesto dignitoso e confortevole e soprattutto con ascensore delle adeguate dimensioni. Detto questo, alla prossima occasione, ospedale della montagna.

Ospedale di montagna a Bobbio: il parcheggio ridotto al minimo ma per finalmente svilupparlo. Bene, ma allora si pensi alla camera mortuaria

Stasera alla Festa dell’Unità il candidato Governatore De Pascale speriamo ci spieghi se destinare gli ospedali di Castello e Fiorenzuola a grandi ambulatori specialistici significherà trasferire le degenze a Piacenza come già avviene per il Pronto Soccorso ridotto a CAU

Ospedale di Fiorenzuola: dal 14 giugno chiuso il Pronto Soccorso sostituito dal Centro di Assistenza e Urgenza ma per i residenti in Val d’Arda (70.027 nel 2022) nei casi d’urgenza grave non resta che raggiungere l’ospedale di Piacenza

Michele De Pascale, candidato del Partito Democratico alla carica di Governatore della Regione Emilia Romagna quale sostituto del dimissionario Bonaccini, a proposito dell’ipotesi di realizzazione di un nuovo ospedale a Piacenza non dice nulla di nuovo e di diverso rispetto al suo predecessore: “quell’ospedale s’ha da fare!” come ha sostenuto dal palco del Teatro Gioia pochi giorni fa. “Una scelta cruciale nell’economia del sistema sanitario regionale“, a suo dire, che “assieme a Cesena rappresenta un grande investimento che consentirà di garantire prestazioni di qualità per il bacino territoriale“, affermazione tutta da verificare se è vero che i progetti elaborati dalla Direzione ASL parlano di ospedale di semplice sostituzione dell’attuale che cioè sul piano delle specialità presenti non porterà ad alcuna novità rispetto all’offerta sanitaria attuale del nosocomio di via Taverna integrato con gli altri ospedali della rete ospedaliera. Ma attenzione. Lo stesso esponente P.D. e candidato ha affermato che “per quanto agli altri ospedali di rete come Castel San Giovanni e Fiorenzuola saranno fondamentali per sfoltire le liste d’attesa quotidiane, con l’obiettivo di arrivare a soddisfare il 90-95% delle esigenze sanitarie che arrivano ogni giorno dal territorio“. E qui casca l’asino: il progetto prevede forse di ridurre le strutture della provincia a semplici grandi ambulatori specialistici? Non ci si stupirebbe: il personale medico è ridotto ai minimi termini e così ci si muove sul filo del rasoio anche per quanto al personale infermieristico (é stato annunciato il pensionamento nell’anno di 40 infermieri dipendenti). Il recupero di buona parte del personale sanitario attualmente preposto ai reparti di degenza rappresenterebbe un impoverimento delle strutture periferiche ma una rilevante boccata d’ossigeno per il nuovo ospedale provinciale. Interessante, a questo proposito, la riflessione proposta sempre da De Pascale a proposito dei Cau ovvero i Centri di Assistenza e Urgenza che di fatto limitano gli accessi al Pronto Soccorso destinato ai casi più gravi: “abbiamo pochi medici specializzati in Emergenza-Urgenza e non è possibile disperderne nemmeno un’ora di lavoro“. Giusto e infatti già ora a Fiorenzuola il Pronto Soccorso è chiuso, troviamo solo il Cau presente nelle 12 ore diurne e per il resto i residenti della Val d’Arda in caso di emergenza grave, quando il tempo è vita, devono essere trasportati fino a Piacenza. Così in caso di incidente in particolare nel corso della notte a Vernasca, l’ambulanza della Pubblica Assistenza per arrivare al Pronto Soccorso di Piacenza impiegherà – passando per Carpaneto – non meno di 50 minuti anziché i 30 minuti necessari per raggiungere Fiorenzuola. Stasera De Pascale sarà presente alla Festa dell’Unità al Palazzetto dello Sport piacentino insieme agli altri candidati P.D. all’elezione regionale ovvero Luca Quintavalla, Lodovico Albasi, Michela Cucchetti e Virginia Zilli. Il tema sanità sarà forse sfiorato ribadendo i contenuti affermati al Teatro Gioia integrati dal successivo intervento di Quintavalla che ha integrato accennando ai problemi della medicina territoriale ovvero progetti (non ancora meglio definiti) di sviluppo delle Case della salute o di comunità attualmente presenti in solo 9 dei 48 comuni della provincia, tema sul quale sarebbe interessante un approfondimento da parte del candidato Governatore tenendo conto dei progetti sulla carta elaborati dalla stessa Regione ma che sembrano in contrasto con le attuali risorse a disposizione tanto in termini di personale che economici (non dimentichiamo che già per la copertura dei finora previsti 330 milioni necessari per la realizzazione di un nuovo ospedale circa 160 dovranno essere a carico di un non ancora definito privato a fronte di un indefinito ‘ritorno‘ dello stesso in termini di servizi accessori affidati in gestione e se la borsa pubblica è vuota o comunque sofferente, dove reperire ulteriori risorse per realizzare nuove strutture di servizi territoriali?).

Casa della salute di Borgonovo Val Tidone organizzata nei locali un tempo destinati a degenza ospedaliera

Nell’area retrostante il Palazzetto dello Sport dove nel 1976 – all’insaputa del giovane giornalista de ILPiacenza – si organizzava la Festa socialista dell’Avanti!, ieri sera è iniziata la tre giorni della Festa dell’Unità del Partito Democratico: tutt’altra musica.

Pisarei, spiedini, il dibattito con Bersani e Serra, la musica dei complessi piacentini, diversi ex comunisti, qualche ex democristiano. Così ieri nell’area sottostante il tratto del facsal che va verso la Statua di Sant’Antonino, il cortile sul retro del Palazzetto dello Sport di via Alberici. Come annunciato già mercoledì dal quotidiano on line IlPiacenza. Un vero colpo al cuore, per quanto mi riguarda. Anzi, una feroce pugnalata alle spalle. L’articolista, infatti, nell’indicazione del luogo ha precisato che nella stessa area in passato si sono tenute le Feste del PCI e della DC. Sinceramente non ricordo nel luogo feste del biancofiore ma nemmeno del PCI. Quest’ultimo, grazie ad oltre il 30% di consensi, organizzava feste occupando mezzo facsal mentre della DC sinceramente non ricordo ma mi permetto di dubitarne. Organizzava importanti feste provinciali a Gragnano, mentre non ne ricordo al Palazzetto dello Sport. Ricordo invece che nel 1976, dopo lo scarso risultato elettorale (per la prima volta inferiore al 10% dei voti) si organizzò la prima Festa provinciale dell’Avanti!, il quotidiano simbolo e bandiera del Partito Socialista, ed era credo la prima volta che la politica utilizzava quell’area. Il cronista de IlPiacenza, reo del silenzio steso sulla presenza nell’area del Psi, nel redazionele d’annuncio della Festa piddina pubblicato mercoledì scorso, ha comunque la probabile giustificazione dell’età per cui poco sa della storia del socialismo italiano ma comunque l’aver trascurato una presenza che ha avuto rilevante ruolo nella storia del movimento operaio, dell’Italia e della nostra stessa Piacenza mi ha sinceramente ferito. Certo, chi è causa del suo mal …. questo è il risultato della degenerazione del Partito ridotto a strumento di clientelismo, di affarismo e di connivenza con quel potere economico rappresentato in particolare da Berlusconi col quale il segretario Craxi era di fatto connivente. Una degenerazione che inevitabilmente ha segnato la fine di una storia durata più di un secolo tanto da determinare lo scioglimento del Partito mentre prendeva avvio la diaspora socialista ovvero la dispersione in mille diversi rivoli di quanti avevano fatto parte di un percorso unitario pur nella diversità (perché nel Partito convivevano anime molto diverse divise nelle ‘correnti’. Così, per quanto mi riguarda, avevo come riferimento il pensiero di Rosa Luxemburg ovvero l’ideale di un socialismo umanitario, libertario, comunque contrario alle elaborazioni comuniste leniniste della Terza Internazionale che prevedevano la dittatura del proletariato che come insegna la Storia degenera in dittatura). Comunque allora come ora, tutto sempre tortelli, vino della cooperativa, spiedino, ballo lissio, spazio dibattiti, stand libreria gestito dai giovani F.G.S.I., politica e allegria. C’erano tabelloni allora di legno normalmente usati per i manifesti in occasione elettorale e, su quei tabelloni, il compagno Stefano Pareti, in seguito Sindaco della città allora esponente della sinistra lombardiana e solo anni dopo inspiegabilmente ‘transfuga’ aderente alla corrente craxiana, con l’artista Giorgio Milani tracciava con la vernice rossa la frase “socialdemocrazia nemica di classe” mentre il compagno Nene Massari, segretario alla sezione ‘Rigolli’ di via Bianchi, annunciava la possibilità di organizzare un dibattito in sezione presente un sacerdote, iniziativa che avrebbe avuto un significato storico in quanto ‘prima volta’. Per quanto mi riguarda era la Festa con la quale si consolidava appunto una ricostituita Federazione giovanile della quale compagni e compagne mi avrebbero scelto come compagno segretario e la Festa negli anni a seguire avrebbe avuto la presenza del compagno socialista Juan Devaud, esule cileno, con i suoi ‘beveraggi‘ superalcolici e sempre lì qualche anno dopo, nel 1982, si sarebbe presentato il mio primo libro “eroina di Stato e tutela della salute – La diffusione di droga nel piacentino“. Ed è questa l’occasione per ricordare la compagna Rita. Giovanissima, stavamo insieme alla libreria sostenendo in particolare il libro del compagno Fabrizio Achilli La nascita del fascismo nel piacentino (1919-1922)” perché d’una cosa eravamo certi, d’essere antifascisti: lo slogan “La Resistenza è ancora viva, Sinistra Unita per l’Alternativa” sarebbe diventato il nostro slogan, lo slogan del “Nucleo F.G.S.I. Rosa Luxemburg“. Quanto a Rita in breve la collaborazione e la militanza comune si sono trasformate in un rapporto profondo ma, come dicevo, una certa differenza d’età risultava limitante rispetto ad eventuali altri più profondi coinvolgimenti e soprattutto il mio cuore era impegnato altrove e infine comunque a controllare il segretario e la ‘serenità‘ della giovane Rita ci stavano le altre compagne, con Cinzia in prima fila. Ma, Cinzia o non Cinzia, Rita mi telefonava, seguiva l’andamento dei miei studi universitari e, quando l’hanno licenziata, mi ha chiesto d’accompagnarla – come segretario – al sindacato. Il momento più a rischio del rapporto fu alla Festa dell’Avanti! di Cortemaggiore. Serata speciale, gestivamo il solito stand librario e sul palco suonavano i Nomadi di Augusto Daoglio. Ad un certo punto lei mi chiede d’accompagnarla nel cortile della scuola vicina ai giardini dove era allestita la Festa per arrivare al bagno. “La zona è poco illuminata“, mi dice, “e ho paura“. Detto e fatto. Quando torna ridiamo, ci sediamo un attimo a chiacchierare su una panchina tanto il complesso sta facendo pausa, arriva Augusto abbracciato a una ragazza del posto, destinazione anche per loro il bagno, e arriva Cinzia che, piuttosto arcigna, “cosa fate qui al buio?“, “Ridiamo, Rita ha rotto i jeans” e lei mi guarda di malocchio: “tornate a lavorare, c’è gente allo stand!“. S’obbedisce istantaneamente poi, finita la musica, finita la Festa, salutati i compagni, ritorno a casa per tutti e tutte. Rita e Cinzia sono in macchina con me. Abitano un paio di portoni l’una dall’altra. S’arriva di fronte a casa di Cinzia, accosto al marciapiede per farla scendere “no, no, caro compagno segretario, scendi anche tu Rita, d’accompagno io fino alla porta” dispone Cinzia e le due ragazze salutano. In seguito le nostre strade si dividono, Rita vince un concorso in Comune e per prudenza ritiene di chiudere con l’impegno militante con noi. Solo anni dopo un giorno triste apro il quotidiano locale e leggo i ringraziamenti per chi ha partecipato al suo funerale. Già. “Era entrata tra i vigili, quelli armati, e con la sua pistola si è sparata“. Ma perché? “Sembra che fosse sul punto di sposarsi, la casa era già arredata, e un attimo prima lui se n’è andato, lei non ha saputo reggere anche perché non era la prima volta che le succedeva“. Ecco, ieri sera volevo andare all’inaugurazione della Festa del P.D. nel luogo dove, tanti anni fa, sulla Festa dell’Avanti! sconosciuta al giornalista de ILPiacenza, si gestiva lo stand della libreria di fianco al banco dove il compagno esule Juan Devaud offriva beveroni superalcolici suonando i dischi degli Inti Illimani, “El pueblo unido jamas serà vencido“, il compagno Stefano Pareti indicava a sinistra la strada del socialismo piacentino, i compagni della cucina trascinati da Sergio Da Crema cantavano “Bandiera rossa, la sinistra vincerà, il socialismo trionferà“, il compagno Cesare Rigolli tirava le somme dell’incasso della sera e un questurino in borghese mi chiedeva i documenti prendendo nota di nome e cognome, “ma perché solo a pochi e, tra questi, proprio io?” “Routine e comunque tu sei abituato“. Ieri sera però, dopo un’intera estate di fuoco, improvvisamente e inaspettatamente il BelPaese è stato attraversato da un’aria polare, dai 30° a 16° alle 19.30 ed io, in maniche corte, avevo freddo, con Dalila s’è cambiato percorso, niente spiedino, niente pisarei, niente dibattito, niente musica con complessi rock piacentini. Abbiamo ben pensato di non tornare a calpestare il selciato del cortile del Palazzetto dello Sport. Tanto il ricordo della Festa dell’Avanti! resta nel cuore e così altrettanto il ricordo dei giorni di militanza comune con la giovanissima compagna Rita e la ‘vigilante‘ compagna Cinzia. Certo, potremmo tornare stasera ma c’è un limite politico a tutto e ascoltare l’intervento del sindaco Tarasconi e dell’onorevole De Micheli, entrambe allineate sulle posizioni moderate dell’ex sindaco ex democristiano Reggi ex fedelissimo di renzinocchio, mi sembra davvero oltre limite. Come nulle speranze ho di poter recuperare domenica 15: dovrei ascoltare l’intervento del candidato alla presidenza della Regione Michele De Pascale per sentirgli affermare “l’ineluttabilità di un nuovo ospedale cittadino che permetterà“, come già ha sostenuto, “di trasformare gli ospedali della provincia in semplici ambulatori per abbattere le liste d’attesa“. No, anche questo non fa per me, proprio non ci sto a prendere lucciole per lanterne, a spendere milioni di euro in un struttura che, parcheggio a parte, porta solo impoverimento della sanità provinciale lasciando al palo le strutture della medicina del territorio. Niente da fare, questo P.D. suona una musica che non é mia. Anche domani con Dalila ce ne staremo a casa nostra.

Partenariato pubblico privato per la gestione dei servizi sociali comunali? «Nel lungo periodo costi più alti e perdita di competenze». Lo dice il sindacato. Ma allora perché per il nuovo ospedale pure garantito dal privato si tace?

Sanità, lo politica va di tagli

(NdR) Come già più volte evidenziato, l’ipotesi di costruire un nuovo ospedale semplicemente sostitutivo dell’attuale Polichirurgico continua ad essere oggetto di dibattito salvo per quanto ai decisori locali della gestione della cosa pubblica: la politica sembra orientata tutta verso il pensiero unico ovvero comunque l’ospedale nuovo s’ha da fare. Costi quel che costi. Purtroppo da parte della Regione e dello Stato i finanziamenti finora garantiti in parte non ci sono più. Sono spariti rispetto ai fondi ipotizzati 90 milioni circa, probabilmente utilizzati (legittimamente) per altre necessità altrove. Ma non solo: addirittura il bisogno economico ad oggi (considerato l’aumento dei costi) sarebbe di almeno 160 milioni che non ci sono ma nessun problema. Ci penserà, garantiscono Regione e Comune, il privato che si aggiudicherà l’appalto per la realizzazione della nuova struttura ospedaliera. Bene, ma a che costo? Non solo: a che livello sarà garantita la qualità dei servizi, soprattutto dei servizi non direttamente sanitari? Così i dubbi iniziano ad emergere ma, a quanto sembra, non da parte della politica locale, tutta orientata al ‘pensiero unico’: l’ospedale nuovo s’ha da fare, punto e basta. In proposito però si riporta l’articolo pubblicato dal quotidiano on line ILPiacenza.it sabato 7 con riferimento ad una nota stampa inviata dalla Funzione Pubblica CGIL di Piacenza che solleva dubbi per quanto alla gestione in partenariato dei servizi sociali: che differenza ci sarebbe rispetto a quanto osservato se la stessa situazione gestionale venisse adottata per quanto alla realtà ospedaliera?.

L’ARTICOLO PUBBLICATO DA ILPIACENZA.IT SABATO 7

«Quanto espresso da parte della sindaca Tarasconi e dell’assessora Corvi a margine del “ritiro” della Giunta Comunale del Comune di Piacenza, sul peso dei costi legati ai servizi sociali sul bilancio comunale, solleva più di una perplessità». A intervenire sul tema la Funzione Pubblica Cgil di Piacenza. «Non è infatti chiaro – scrive il sindacato in una nota stampa – come il parternariato pubblico privato possa essere di per sé considerata una soluzione per la riduzione della spesa pubblica sociale e soprattutto uno sviluppo per i cittadini». «Sgombriamo il campo dagli equivoci – sostiene Alberto Gorra della segreteria Fp Cgil – è palesemente contraddetto dalla realtà che i servizi privatizzati costino meno alla comunità. Anzi, nel lungo periodo la spesa pubblica, dovendo farsi carico anche dei legittimi margini d’impresa, porta ad una crescita della spesa pubblica, oltre che ad una evidente perdita di competenze professionali». «Allo stesso modo – prosegue la nota stampa – è evidentemente falso che la privatizzazione sia la risposta alla inefficienza della pubblica amministrazione. L’Amministrazione comunale di Piacenza tocca con mano ogni giorno gli effetti della decennale desertificazione degli investimenti pubblici da parte dei Governi sui propri uffici, al punto che sta tentando di invertire la rotta con concorsi e assunzioni. Troppo spesso abbiamo assistito al definanziamento dei servizi pubblici con l’effetto di renderli inefficienti, con l’obiettivo più o meno dichiarato di arrivare alla privatizzazione ed a convogliare sui privati importanti finanziamenti pubblici. Troppo spesso abbiamo trovato nell’apertura ai privati il semplice pretesto per ridurre il costo del lavoro attraverso contratti collettivi peggiorativi per i lavoratori. Queste considerazioni sono tanto più attuali se si pensa alla vertenza in corso per il rinnovo del contratto Uneba (applicato ad esempio a Piacenza dalle Cra Maruffi e Madonna della Bomba) che vedrà nella mattinata del 16 settembre una grande manifestazione regionale davanti alla casa protetta Verani di Fiorenzuola d’Arda». «Stupisce pertanto – aggiunge Fp Cgil – che ideologicamente si consideri l’integrazione pubblico privato quale risposta per contenere le spese, in particolare da parte di una amministrazione di centro sinistra. Il senso del parternariato e dell’integrazione con i soggetti del privato, per come sono definiti dalla normativa a partire dalla L328/2000 vanno nel senso dell’ampliamento e diversificazione delle risposte non nella riduzione dello spazio di gestione pubblica. Siamo prevenuti? Di sicuro l’esperienza di oltre trent’anni di impoverimento della pubblica amministrazione ci insegna che il governo dei servizi pubblici nel momento in cui si sgancia dalla capacità della loro gestione quotidiana,  quest’ultimo semplicemente finisce per perdersi, contro l’interesse pubblico ed a vantaggio di quello privato». «Non si tratta di vuote dichiarazioni di principio o di pura teoria – concludono – la politica e le amministrazioni parlano attraverso le loro scelte e su queste interroghiamo il Comune di Piacenza sulla centralità della gestione pubblica: ridimensioneranno il ruolo di Asp città di Piacenza o investiranno sul suo ruolo strategico su anziani, minori e disabili? Manterranno anche nei prossimi la preponderanza della gestione diretta sugli asili nido comunali?»

La politica pensa alle armi e alla guerra, la salute passa ai privati e noi? Si curi chi può… e gli altri s’attacchino al tram

Quando come fulmine a ciel sereno cadde dal cielo la notizia della decisione della Regione di costruire un nuovo ospedale a Piacenza e tutti stupiti siamo caduti dal pero

330 milioni e forse alla fine 550 per un ospedale nuovo e per quanto ai piacentini del territorio…”Si curi chi può”

Riassumiamo: nel 2015 quasi come un fulmine a ciel sereno piove sulla città la notizia dalla Regione della decisione di costruire un nuovo ospedale a Piacenza. Tutti i piacentini, compresi quelli che contano, che hanno potere decisionale sulle cose di casa nostra, cadono letteralmente dal pero. All’inizio alla cosa è seguito il silenzio dei più con la sola opposizione dei (pochi) rappresentanti locali del M5S ben presto smentiti addirittura dal livello romano per bocca addirittura dell’allora in auge Di Maio. Sempre più restando a bocca aperta si prese atto che lentamente tutta la politica locale condivideva e ringraziava. Erano del resto tanti soldini, perché rinunciarci? Certo, peccato però che i problemi della sanità piacentina fossero ben altri, soprattutto legati ad una organizzazione di servizi sul territorio praticamente ospedalecentrica con ad esempio pochi ambulatori decentrati, scarso personale, servizi di prevenzione sottodimensionati e con gli stessi ospedali periferici in lento ma inesorabile declino (ci pensate? Il PS di Fiorenzuola ridotto a CAU, non cura le emergenze, basta una bottiglia in testa e devi correre a Piacenza). Nessun problema: “faremo un bel piano di sviluppo dei servizi territoriali, domiciliari, alternativi o sostitutivi del ricovero ospedaliero“. Grande idea! Così i piacentini giù a votare per confermare i politici al governo regionale. Certo, sosteneva qualche bastian contrario (compreso il sottoscritto) aggirandosi solitario di bar in bar, comunque passate le elezioni del nuovo ospedale non si parlerà più. Profeta del malaugurio: infatti addirittura sempre dall’alto arrivò (qualche anno dopo) la notizia che governo e regione mettevano a disposizione i 220 milioni necessari. Intanto il tempo passava e i piacentini (almeno i più) si dicevano contenti, appagati dalla generosità dei buoni governanti, quelli romani, quelli regionali e anche quelli comunali e soprattutto quelli dell’azienda sanitaria. “Finalmente avremo il parcheggio!” (perché il problema per molti ancora oggi non sarebbe tanto sanitario quanto del parcheggio), “Finalmente l’ospedale abbandonerà il centro e la caotica via Taverna” (perché per quelli della provincia, da San Polo a Ziano, il problema sarebbe la viabilità della caotica via Taverna) e via così, altri mille finalmente. E i servizi sul territorio, e gli ospedali della provincia e il personale da assumere? Silenzio. Dall’alto. Dai vertici di chi ha il potere di decidere delle cose nostre, del nostro presente, del nostro futuro. Intanto il tempo è passato, i costi sono lievitati, oggi arrivano a 330 milioni e, secondo qualche iettatore, alla fine – tra 10 anni – arriveranno a 500 milioni, forse 550! “Però ci saranno grandi eleganti vetrate e all’ingresso una reception degna del migliore degli alberghi con tanto di elegante signorina addetta alla più gentile e cortese accoglienza col dovuto smagliante sorriso hollywoodiano“. Sì, va bene, ma il parcheggio? “Da mille posti auto“. Tutto bene, allora. Certo. E macchinari scientifici che in Italia e forse in Europa sono sconosciuti e medici da tutto il mondo e infermieri, tutto nel nuovo grande magnifico avveniristico fantasmagorico ospedale piacentino. E i soldi, quelli ulteriori per tutto quanto s’aggiunge? “Ma non cavilliamo, spezialino, sembri un farmacista, ragioni come un droghiere“. Poi, improvvisamente i nodi iniziano a venire al pettine. I costi salgono anzi lievitano, arrivano a quota 330 milioni che non ci sono e comunque il governo ne garantisce non più 220 ma 130 cioè 90 in meno con un bel buco di 160 milioni (calcolato su un investimento di 290 milioni, nemmeno di 330, col resto forse a carico del bilancio comunale?). Brutta sorpresa ma intanto si avvicinano nuove elezioni regionali e quindi, “no problem“: I 160 milioni li metterà a disposizione l’impresa che avrà l’appalto per la costruzione del nuovo ospedale. Pare ci sia già una lunga coda di imprenditori aspiranti al titolo di generosi benefattori: a loro, si dice, saranno sicuramente aperte le porte del cielo. Nel frattempo qualche giorno fa sono stato nella Casa della salute a Podenzano (una delle se non sbaglio 8 attive nei 47 Comuni della provincia oltre a quella del capoluogo) per un ecocolordoppler, prenotato pochi giorni prima. Sono arrivato accompagnato da mia moglie. Nella sala d’attesa eravamo in 5. Erano le 17,40. Due pazienti sono entrati in un ambulatorio, una donna è entrata in quello preposto per le ecografie. Alle 18.00 come da prenotazione, uscita la signora, sono entrato a mia volta. Nel frattempo da un altro locale dove si trovano altri ambulatori sono usciti due uomini e una ragazza in gravidanza. Tutti sorridenti, tutti a salutare passando. Clima di assoluta serenità, l’impressione è che sia “pienamente raggiunto l’obiettivo di rispondere all’esigenza dei cittadini di avere i servizi di cure primarie vicino al proprio luogo di residenza” (che nel mio caso significa a 10 km dalla mia abitazione ma non sottilizziamo, non sarà la spesa della benzina consumata a rovinare il mio bilancio familiare: ho evitato la lista d’attesa inevitabile scegliendo di ottenere lo stesso esame nell’ospedale piacentino). Sempre qualche giorno prima invece sono stato nel Polichirurgico piacentino, nella palazzina con diversi ambulatori. In sala d’attesa eravamo in 10, nessuno sorrideva, tutti aspettavano più o meno pazientemente d’essere chiamati, guardando nervosamente l’orologio, lamentando con l’accompagnatore che “l’ora della prenotazione é ormai passata da tempo” e l’accompagnatore allargava le braccia sconsolatamente invitando alla pazienza. Del resto, siamo o non siamo tutti “pazienti” non appena varchiamo la soglia dell’ospedale? Giorni prima alle 17 circa avevo accompagnato mia moglie in radiologia sempre al Polichirurgico sempre per un’ecografia. L’ho aspettata sedendomi in sala d’attesa mentre lei entrava nel corridoio del reparto. Dopo poco l’addetta alla reception del servizio ricevendo un “paziente” ha commentato “purtroppo hanno avuto problemi, hanno una buona mezz’ora di ritardo sul programmato“. Diavolo, la stessa situazione dell’occasione precedente, mesi prima. Per fortuna m’ero portato un libro da leggere tuttavia quel giorno non avevo comprato i quotidiani ritenendo d’avere il tempo di farlo all’uscita dall’ospedale una volta eseguito l’esame. Niente da fare, ore 19 l’edicola nei pressi di casa già chiusa. Del resto a ben guardare, colpa nostra: avessimo prenotato alla radiologia di Bobbio (45 km) avremmo avuto l’esame probabilmente addirittura prima dell’ora della prenotazione come avvenuto in altre occasioni ma non sempre si può giocare alla pallina da flipper che rimbalza di qua e di là e per ottenere un esame saltare ora a Bobbio, ora a Castello (18 km), ora a Fiorenzuola (20 km), ora alla Bettola (20 km). Ho pensato che invece di un faraonico nuovo ospedale si potrebbe intervenire ristrutturando e ampliando il nostro attuale Polichirurgico realizzato e inaugurato nel non certo lontano 1994 e che il piano della Regione vorrebbe addirittura abbattere. Ho pensato che il palazzo nel quale abito risale addirittura al 1964 eppure non è decrepito e neppure diroccato o pericolante. Ho ricordato che un gruppo di tecnici piacentini (per conto di quel Comitato SalviamOspedale da un paio d’anni unica voce di dissenso) ha elaborato un progetto che prevede appunto l’intervento di ristrutturazione e ampliamento dell’attuale ospedale, progetto che comprende realizzazione di parcheggi, progetto che inoltre prevederebbe (avessimo ancora a disposizione i 220 milioni inizialmente previsti dal governo e dalla Regione) addirittura la realizzazione di altre Case della Salute e sicuramente di altri interventi di sviluppo delle strutture e dei servizi necessari sul territorio dove addirittura invece ultimamente vengono ridotte le attività dei Pronto Soccorso. Ma questa è fantasia, visto che comunque 90 milioni sono spariti e i generosi imprenditori sempre in coda in via Taverna sicuramente non sarebbero interessati al finanziamento delle suddette strutture territoriali (pare inidonee per aprire le predette porte del cielo). Ma non solo. Tre giorni fa sono stato in ospedale per una delle consuete visite di controllo post Covid alle quali sono tenuto dopo i giorni dell’infezione nell’ormai lontano 2020 (ai quali, fortunatamente per me, sono sopravvissuto). A questo proposito un altro pensiero m’è frullato nella mente: che avrei potuto fare, senza la sanità pubblica, in questi 5 anni? Ricoveri, visite a non finire (inizialmente anche tre alla settimana), esami l’uno dietro l’altro nelle più diverse discipline specialistiche, farmaci, medicamenti, medicazioni. Senza l’assistenza della sanità pubblica, come mi sarei potuto permettere tutto questo? Beh detto questo, alla visita di tre giorni fa ho sottolineato che sta scadendomi l’esenzione dall’obbligo della cintura di sicurezza in auto resa necessaria a suo tempo per motivo di patologia sanitaria specifica. Beh il medico ha rilevato che non è più opportuna. Me ne sono rallegrato altrimenti in questi giorni avrei dovuto prenotare una visita dal medico della medicina legale. Che ha l’ambulatorio alla Casa della salute di piazzale Milano in città. Dove è stato trasferito (già da tempo), mi diceva un’infermiera, anche tutto il servizio della diabetologia allontanandolo dall’ospedale di via Taverna. Sempre in conseguenza del Covid e dei tanti suoi effetti “secondari” attualmente ho ancora mobilità limitata: uso una stampella e scarpe speciali, per spostarmi devo usufruire del trasporto da parte di altri (mia moglie o mio figlio in primis). Quindi prenotare la visita e andare alla Casa della salute di piazzale Milano un po’ sarebbe stato un problema: dove parcheggiare? Già, perché i decisori che governano le cose pubbliche della città hanno ben pensato di realizzare un parcheggio interrato nella vicina piazza Cittadella dove fermavano i mezzi pubblici in arrivo dalla provincia al servizio in particolare degli studenti, spostandone il punto di sosta nel parcheggio di fatto finora a disposizione del centinaio di dipendenti dell’ASL e degli stessi pazienti in visita appunto nella Casa della salute di piazzale Milano. Che quindi se hanno necessità di parcheggiare che faranno? S’attaccano al tram? Ora, in verità il problema per quanto mi riguarda sarebbe limitato (basta che mia moglie sosti un istante di fronte all’ingresso per farmi scendere, poi m’arrangio, cammino da solo con la mia stampella fino all’ascensore, sono pochi passi) ma per quanto ai diabetici molti necessitano di trasporto da parte del parente di turno, hanno capacità di deambulazione non solo limitata ma nulla. Sono in carrozzina e comunque necessitano di assistenza da parte dell’accompagnatore che di conseguenza deve posteggiare l’auto. Che fanno dunque? I governanti decisori di piazzale Mercanti assicurano che il problema verrà studiato. Ma intanto? Intanto il parcheggio non esiste più e i cittadini s’arrangino. Non si poteva studiare il problema parcheggio prima di dare il via ai lavori in piazza Cittadella (peraltro già fermi per la protesta di migliaia di cittadini)? Un buon amministratore non dovrebbe studiare e risolvere i problemi prima di dare il via a dei lavori? Ma questo a prima vista può sembrare poco c’azzecchi con la questione nuovo ospedale. Beh, considerato che il problema parcheggi in piazzale Milano si trascina sin dall’inizio anni fa (eravamo agli inizi del nuovo millennio) della decisione di realizzare sul posto una struttura sanitaria e che ora il problema è ingigantito oltre misura ma appunto non è nuovo, andava studiato sin dall’inizio ma con decisori che danno prove del genere, come non dubitare, come non guardare con sospetto alla presunta coda di imprenditori pronti a investire 160 milioni a fondo perduto? Beh, fuor di celia è chiaro che non sarebbe a fondo perduto, che ogni imprenditore bada alla copertura dell’investimento con tanto di ampio margine di utile, di guadagno. E questo chi lo paga? Ovvio: sior Pantalone, i cittadini, la comunità. Tutta la comunità provinciale che per mancanza di fondi inevitabilmente vedrà ridotti i servizi viciniori e per ogni necessità sanitaria o anche solo per portare saluto o conforto al parente ricoverato dovrà scendere in città dove tra dieci anni troverà un ospedale in periferia con 1000 posti auto, una reception con grandi vetrate e la famosa signorinella sorridente che in verità nel frattempo sarà invecchiatella. E in via Taverna? Chissà nel frattempo un nuovo supermercato e le strutture del vecchio “Civile”, il “Guglielmo da Saliceto” abbandonate e sempre più fatiscenti. Sento già, da chi ha avuto la forza e la pazienza di leggere questo lungo e disarticolato post: “ma un ospedale nuovo senza che nessun onere ricada sulle casse degli enti pubblici locali è una gran cosa“. Probabilmente questa è la convinzione di fondo di tutti i Sindaci della provincia (escluso il Sindaco di Rottofreno, unica voce di dissenso), quelli convinti della bontà del progetto regionale e quelli (i più) semplicemente silenti. Può essere abbiano ragione ma si potrebbe sapere perché non si fa come di regola si deve una comparazione tra le due ipotesi in campo? Perché nessuno prende in considerazione il citato progetto elaborato dai tecnici del Comitato SalviamOspedale spiegando perché e percome non risulta adeguato o comunque per quale ragione risulta preferibile la scelta della costruzione di una nuova struttura da adottare senza se e senza ma assecondando e allineandosi al pensiero unico della politica locale, regionale, nazionale e forse chissà – Putin permettendo che si sa mai – interplanetaria. Bene, in assenza di adeguata motivata risposta, detto ai candidati alle prossime elezioni regionali (e in attesa della successiva tornata elettorale localistica): NOT IN MY NAME.

Senza un’adeguata politica anche di offerta economica ai professionisti sanitari, le strutture ambulatoriali dei paesi della provincia sono destinati alla chiusura

“Nelle golene estive inabitate del Po, tra sabbia e colonie di ibis”, un intervento di Umberto Battini

Sponde assolate, in un agosto che sta per finire, buttando l’occhio sulla parte più affascinante del Grande Fiume: gli “abitanti” volatili delle rive dove l’acqua si dirada e scorre lenta. Ed è proprio qui che si sviluppa quell’humus fatto di larve, insetti lacustri, “vongole” di Po (non commestibili per l’uomo) pronti a diventare ottimo cibo per le non poche specie di volatili. È un ambiente ideale, fatto di silenzi e inconsuete spiagge sabbiose, non fruibili facilmente (e per fortuna) da chiunque, al massimo si vedono passare più o meno veloci piccole barche di giovani pescatori. Ed è appunto qui dove il Po si stende che abbiamo potuto osservare, da debita distanza, alcune varietà di uccelli che vivono in simbiosi con queste acque. Si tratta di bianche garzette, aironi grigi e bianchi, occhioni, gallinelle d’acqua e immancabili gabbiani reali. A stormi di buon numero, ed un poco meno visibili, almeno in quest’estate, i famigerati cormorani neri, e dove l’acqua è quasi ferma notiamo gruppi di corriere piccolo e qualche cavaliere d’Italia. Ma quello che ormai è consueto è l’avvistamento dell’ibis sacro, divenuto stanziale in vere e proprie colonie sulle rive piacentine del Po come pure in buona parte dell’asta fluviale fino alla foce. I grandi ibis si muovono a gruppi tra la golena e le rive morbide, dove l’acqua stagna, con il loro divertente becco ricurvo per scavare, a caccia di insetti ed invertebrati. Qui la loro grande diffusione è stata definita “invasiva” ma, a differenza dell’Egitto, dove pare sia quasi del tutto estinto, va precisato che recenti studi di ricerca hanno accertato come questo grande pennuto non stia al momento creando impatto sull’ecosistema naturale. Il Grande Fiume, per questa ed altre ragioni, merita d’esser sempre tutelato perché questo fragile ecosistema continui a mostrarci, nei suoi meandri più isolati, una vitalità quasi “sacra”, appunto come l’ibis.

Fonte: ILPiacenza.it

Nuovo ospedale? «Ritardi e costi in più», dice Giancarlo Tagliaferri consigliere regionale FdI

«Tante sono le incongruenze sul nuovo ospedale» dice Giancarlo Tagliaferri, consigliere regionale di Fratelli d’Italia, che interviene sul progetto del nosocomio piacentino, dopo un atto ispettivo del M5S che, spiega Tagliaferri, «evidentemente ha deciso di battere un colpo allo scopo di alzare il prezzo per la sua alleanza con quel Pd che sta giocando sulla salute dei piacentini». Più che evidenti le incongruenze a cui fa riferimento l’esponente di Fratelli d’Italia: «Il Pd nel 2019 aveva siglato un protocollo d’intenti per la realizzazione di un nosocomio interamente basato su risorse pubbliche. Nel frattempo l’amministrazione Tarasconi ha voluto designare inspiegabilmente un’altra area rispetto a quanto previsto. (Fonte Libertà _Rc)

Commento: l’intervento del consigliere Tagliaferri si caratterizza per genericità. Certo, i costi sono aumentati, dai meno 200 milioni agli attuali oltre 300 ma quello che preme sottolineare è che dall’iniziale impegno pubblico regionale sono spariti 91 milioni (dove sono finiti?) rendendo indispensabile un intervento di privati (per 160 milioni!!!) che inevitabilmente dovranno essere recuperati aumentando le future spese a carico dei cittadini per servizi non sanitari in gestione allo stesso privato. Insomma l’auspicio é che anche Fratelli d’Italia – dopo M5S – dia avvio ad una discussione non solo limitata all’area scelta bensì basata sull’opportunità o meno di realizzare un ospedale nuiovo. Insomma, finalmente il dubbio sembra finalmente incrinare quel fronte unico della politica che ritiene indispensabile un nuovo ospedale, costi quel che costi.

L’area 6 alla Farnesiana da sempre preferita dal centrodestra piacentino

Comitato SalviamOspedale: macchè costosissimo nuovo ospedale, il raddoppio dell’attuale è ancora l’ipotesi più praticabile

Il progetto del nuovo ospedale: 305 milioni (che non ci sono) per grandi spazi (vuoti?) e molti specchietti

Il Comitato Salviamospedale, segue attentamente il dibattito che si svolge nelle sedi istituzionali relativamente alla ipotizzata costruzione di un nuovo ospedale. L’argomento è stato discusso nell’ultimo consiglio comunale, come riporta “Libertà” del 30 luglio, e ha riguardato le lentezze burocratiche che il cambio d’area sta comportando, ma non sono state affrontate le problematiche concernenti il finanziamento dell’opera. Siamo rimasti “basiti” nel constatare che nella discussione nessuno abbia sollevato il fatto che fra le delibere regionali del 2021, esattamente la numero 1.455 del 20 settembre 2021, che stanziava 227 milioni di euro, e la delibera di giunta regionale approvata poi dall’assemblea numero 211 del 12 febbraio 2024 che ne stanzia 135.807.711 il contributo pubblico garantito dalla regione sia stato decurtato di ben 91 milioni euro.

Il coniglio e il cilindro

La soluzione avanzata per recuperare la somma mancante, come il coniglio estratto del cilindro, si è materializzata con la volontà di recuperare la differenza pari circa 160 milioni attraverso il partenariato pubblico privato conosciuto anche come project financing. Questa soluzione è una vera e propria iattura che si ripercuoterà sulla gestione della nostra sanità per i prossimi decenni. Quanto sia facile recuperare finanziamenti dai privati, basta vedere la vicenda di piazza Cittadella che per un importo di 15 milioni è ferma da 20 anni (per il nostro Ospedale si parla di 160 milioni messi dal privato). Nel frattempo, giova ricordarlo ai nostri “decisori politici”, siano essi comunali, regionali o membri della Conferenza socio-sanitaria provinciale, che i costi sono lievitati dai 156.226.697 del 2019 ai 305 milioni del 2023 a cui si deve aggiungere il costo dell’area, stimata in circa 5 milioni, e il costo delle opere non sanitarie accessorie per ulteriori 20 milioni (si veda l’ultimo protocollo d’intesa Regione, Provincia, Comune). Siamo ad un costo preventivato ad oggi di 330 milioni in presenza solo di uno studio di fattibilità. Ancora una volta non ha trovato ascolto anche in questa occasione la proposta da noi avanzata del raddoppio dell’attuale Polichirurgico, che metterebbe a disposizione, una superficie complessiva nell’attuale nosocomio di 145.495 metri quadrati a fronte dei 114.986 previsti nella nuova struttura. Sul punto peraltro si fa rilevare che l’intervento potrebbe essere realizzato entro pochi anni e non nei 10 anni preventivati per la nuova costruzione. Raddoppio che, peraltro, troverebbe l’intera copertura finanziaria nello stanziamento pubblico ancora a disposizione. Quanto ai parcheggi abbiamo più volte segnalato le possibili soluzioni, fra le quali l’area ex Acna, ripresa nel dibattito citato. Infine ci sia consentito ricordare che si eviterebbe l’ulteriore cementificazione di 272mila metri quadrati di territorio agricolo.

Ripensare il percorso

Quest’ultimo, come dovrebbe ben sapere chi per anni ha lavorato in Comune e cioè che non è la previsione urbanistica che determina lo stato del territorio. Non rinunciamo a sperare che finalmente, anche sula base dei dati riportati si possa ripensare il percorso intrapreso e si ponga mano, partendo dal recupero dell’attuale ospedale, ad un progetto di rigenerazione urbana che interessi tutta la zona circostante.

“I costi lievitano e gii ospedali non si costruiscono con le scommesse”: il progetto tecnico elaborato dal Comitato SalviamOspedale per ampliare l’attuale Polichirurgico