E Dalila, quel giorno emozionata, scrisse un post su facebook. Era il 12 aprile, 1703 giorni dopo la mia dimissione dall’ospedale, 1791 dall’incontro con quel diavolo di nome Covid-19

Il post che Dalila ha pubblicato in facebook il 12 aprile:
La foto apparentemente sembra una foto forse inutile magari un poco sciocca e soprattutto fuori stagione, però anche no, non è inutile, non è stupida, non è sciocca e soprattutto non è fuori stagione perché se Natale vuole dire nascita e beh, oggi festeggiamo una rinascita, anche se solo all’interno delle mura di casa perché fuori sarebbe un azzardo almeno per ora, ci vorrà ancora tempo e comunque sempre con un ausilio.
Ebbene sì, dopo 5 lunghi e intensi anni, Claudio oggi per la prima volta prova a camminare in casa con un paio di morbidissime ciabatte normali e senza ausili!
Sono commossa guardandolo camminare emozionato come un bimbo che scopre di riuscire a muoversi senza aiuti, trattengo le lacrime finché posso e non vi dirò come andrà a finire, immaginatelo da soli.
E tutto questo grazie a te Claudio che non hai mai perso il sorriso, la voglia di farcela pur sapendo che sarebbe stato tutto con tempi lunghi e la consapevolezza di dover fare fronte e superare gli ostacoli che il percorso avrebbe riservato, grazie alla ostinata testarda caparbietà del Dott. Scabini, chirurgo vascolare del nostro ospedale che disse che ci voleva tempo, tanto tempo ma ci saremmo riusciti, grazie a tutti i medici e ai fisioterapisti che si sono intercorsi in questo lungo cammino non ancora terminato, grazie all’ADI di Piacenza per la costante presenza ma soprattutto grazie alla nostra infermiera ADI Marica Calamari.
Marica e io abbiamo lavorato fianco a fianco giorno per giorno sui piedi di Claudio senza mai perderci d’animo anche quando le cose sembrava non procedessero come dovevano, bastava un’occhiata, una pacca sulle spalle un sorriso un sentiamo poi il medico ma intanto io proverei a fare così che dici? e si andava avanti.
L’assistenza domiciliare, patrimonio di questa sanità che spero non vada mai a rotoli!
Il rapporto famiglia-infermiera, un rapporto di stima e fiducia che in certe situazioni è la pietra di volta che salva dai crolli.
Ecco tutto è andato così per 5 anni, sempre con il sorriso sulle labbra e la voglia di farcela e di riuscire a vincere su un COVID che pur avendo torto, voleva avere ragione a tutti i costi, brutto scriteriato che non è altro!
C’è ancora tanto da fare e tanto lavoro, piccoli passi grandi progressi ho sempre detto e noi continueremo ma questa Festa delle Palme è un ulteriore ingresso, non certo a Gerusalemme ma sicuramente nella ordinaria straordinaria quotidianità.
E grazie al Buon Dio e al suo Figliolo, ho fatto Loro una testa tanta ma mi hanno anche tanto ascoltata…tranquilli che vi sgionferó ancora abbiatene la certezza!
Ci è stato regalato ancora tempo per stare insieme dissero i nostri figli quando il 16 giugno 2020 Claudio tornó a casa dopo tre mesi pesantissimi di ricovero e noi, di questo tempo, sempre con il sorriso e la tenacia, ne abbiamo approfittato, ne approfittiamo e ne approfitteremo sempre.
Ecco perché questa foto non è importante ma importantissima e determinante.
#lefotofissanomomentisempreimportanti

ED ORA LA PAROLA ME LA PRENDO IO E DICO LA MIA
Ma non era finita. Ancora qualche giorno e finalmente, dopo tre anni, salutavo la Talus (la scarpa speciale post operatoria) e mi sono permesso d’uscire per strada per ora con due sandali (senza dismettere l’ausilio della stampella ortopedica) con la prospettiva di arrivare finalmente a due scarpe chiuse, potrei dire normali anche se proprio normali non saranno (devono essere realizzate appositamente) ma saranno comunque una grande conquista.
E non è finita, la foto conclusiva parla chiaro: il 18 aprile, pochi giorni fa, ho fatto la doccia in piedi e in autonomia (beh, fermo restando che Dalila non era certo distante, emozionata, felice, ma comunque sempre pronta ad intervenire in caso di necessità). Era già successo nel 2021, a un anno circa dalla dimissione ospedaliera, miracolosamente sopravvissuto a quel diavolo chiamato Covid. Con quella doccia pensavo fosse finito tutto come ho raccontato nel libro “Fate in blu, Fate infermiere“, cronaca dei primi due anni da quel 23 marzo 2020. Invece no, purtroppo dopo il Covid è arrivato il post Covid e infine il long Covid e sembra non finire mai. Beh, Dalila con il suo post mi ha commosso, fatto sorridere proprio come ho sorriso riuscendo finalmente ad indossare quelle pantofole. Come ho sorriso quando Marica è venuta per l’ennesima medicazione e le ho raccontato delle pantofole, della dismissione della Talus, delle prime passeggiate con i due sandali, del progetto delle due scarpe ‘normali’ che arriveranno (spero presto), addirittura della doccia in autonomia. Grazie dunque a Dalila per aver saputo piangere, per aver saputo trattenere le lacrime quando non era certo facile e per aver saputo imparare a medicare e fasciare quelle ferite che non era facile neanche guardare, grazie a Marica all’ADI alla Sanità Pubblica per avermi garantito assistenza continua e per continuare a garantirmela, grazie alla mia famiglia figli nuore nipotine e nipote per aver partecipato alla mia rinascita, grazie a Cosimo, grazie a Matteo, i due medici professionisti che hanno creduto nella mia possibilità di vivere prima e di superare poi le tante prove affrontate.
Certo, non sarà finita qui. Il diavolo non è morto, non si guarisce mai del tutto, resta in agguato, di volta in volta pronto a colpire laddove trova un punto debole. Ma, come è stato in questi 5 anni, di giorno in giorno, sorridendo e credendoci, si va avanti, comunque si vive ed è già tempo di pensare ad altro. Continuo con l’organizzazione e la gestione delle serate letterarie settimanali in via Roma al 163 con “quelli dei mercoledì coi grilli per la testa”: a maggio si concluderà il terzo anno di iniziative e la ripresa, se ci sarà, é tutta da inventare. Nello stesso tempo ora mi ritrovo con l’impegno del Circolo ricreativo dall’AUSL del quale già ero stato Presidente dal 1988 al gennaio 1993 e che ora ritrovo in uno stato che diciamo necessita di un riassetto profondo. C’è da lavorare, insomma. E non é finita qui. Ci sono i libri che giacciono nei file del computer, incompleti, che se prendessero forma fisica mi guarderebbero di malocchio ma, a mia parziale discolpa, la gestione quotidiana del blog (Arzyncampo) mi assorbe completamente. Senza dimenticare il tempo della e per la famiglia, e tutto quanto d’altro che, appunto, costituisce il vivere. Sorridendo, credendoci. 1791 giorni dopo, senza mai perdere quel mio sorriso. Così è e deve essere la vita.
