“Partire partirò” di Anton Francesco Menghi esecuzione di Kamillo, Basta invio armi in Ucraina, Basta Genocidio a Gaza, #sempredallapartedellapace

Lacrime di guerra, olio su tela di Giovanni Battista Costantini
Partirò partirò, partir bisogna
dove comanderà nostro sovrano;
chi prenderà la strada di Bologna
e chi anderà a Parigi e chi a Milano.

Ahi, che partenza amara,
Gigina bella, mi convien fare;
vado alla guerra e spero di tornare.

Quando saremo giunti all'Abetone
riposeremo la nostra bandiera;
e quando si udirà forte il cannone,
addio Gigina cara, bona sera!

Ahi, che partenza amara,
Gigina bella, mi convien fare;
Sono coscritto e mi convien marciare.

Di Francia e di Germania son venuti
a prenderci per forza a militare;
però allorquando ci sarem battutti
tutti, mia cara, speran di tornare.

Ahi, che partenza amara,
Gigina bella, mi convien fare;
vado alla guerra e spero di tornare.

Se nostro Imperator ce lo comanda
combatteremo e finirem la vita;
al rullo de' tamburi, a suon di banda
dal mondo farem l'ultima partita.

Ah che partenza amara,
Gigina cara, Gigina bella!
Di me non udrai più forse novella.

Kamillo

“Cara maestra” Luigi Tenco cantava di tutti quelli che non vogliono né vincere né morire, Basta invio armi in Ucraina, Basta genocidio a Gaza, #sempredallapartedellapace

L’isola dei soldati morti sul campo, olio su tela di Roberto Sigismondi
Cara maestra
Un giorno m'insegnavi
Che a questo mondo noi
Noi siamo tutti uguali


Ma quando entrava in classe il direttore
Tu ci facevi alzare tutti in piedi
E quando entrava in classe il bidello
Ci permettevi di restar seduti


Mio buon curato
Dicevi che la chiesa
È la casa dei poveri
Della povera gente


Però hai rivestito la tua chiesa
Di tende d'oro e marmi colorati
Come può adesso un povero che entra
Sentirsi come fosse a casa sua


Egregio sindaco
Mi hanno detto che un giorno
Tu gridavi alla gente
Vincere o morire


Ora vorrei sapere come mai
Vinto non hai, eppure non sei morto
E al posto tuo è morta tanta gente
Che non voleva né vincere né morire

“Canzone della marcia della pace 1961” di Maria Monti. Improvvisata da Franco Fortini e Fausto Amodei alla marcia Perugia-Assisi del 24 settembre 1961, gli autori subirono un procedimento giudiziario e il disco de “Le canzoni del no” in cui era stata successivamente incisa fu sequestrato.

E se Berlino chiama
ditele che s'impicchi:
crepare per i ricchi
no! non ci garba più.

E se la Nato chiama
ditele che ripassi:
lo sanno pure i sassi:
non ci si crede più.

Se la ragazza chiama
non fatela aspettare:
servizio militare
solo con lei farò.

E se la patria chiama
lasciatela chiamare:
oltre le Alpi e il mare
un'altra patria c'è.

E se la patria chiede
di offrirgli la tua vita
rispondi che la vita
per ora serve a te.

“Ninna nanna della guerra”, Edmonda Aldini canta Trilussa. Basta invio armi, Basta Genocidio a Gaza, #sempredallapartedellapace

Ninna nanna, pija sonno ché se dormi nun vedrai
Tante infamie e tanti guai che succedeno ner monno
Fra le spade e li fucili de li popoli civili
De la gente che se scanna per un matto che commanna
Che se scanna e che s’ammazza a vantaggio de la razza
E a profitto de una fede per un dio che nun se vede
Ma che serve da riparo ar sovrano macellaro

Che quer covo d’assassini che c’insanguina la terra
Sa benone che la guerra è un gran giro de quattrini
Che prepara le risorse pe li ladri de le borse
Fa’ la ninna, cocco bello, finché dura ‘sto macello
Fa’ la ninna, che domani rivedremo li sovrani
Che se scambieno la stima, boni amici comme prima

So cuggini e fra parenti nun se fanno comprimenti
Torneranno più cordiali li rapporti personali
E riuniti fra de loro, senza l’ombra der rimorso
Ce faranno un bel discorso su la pace e sul lavoro
Pe quer popolo cojone, risparmiato dar cannone

Ascolta Edmonda Aldini

“Girotondo”, canzone contro la guerra di Fabrizio De Andrè. E noi ancora oggi contro le armi, contro i missili, contro il genocidio in atto a Gaza, per un’Europa della pace, della democrazia in rima con diplomazia. #sempredallapartedellapace

Se verrà la guerra, Marcondiro'ndero
Se verrà la guerra, Marcondiro'ndà

Sul mare e sulla terra, Marcondiro'ndera
Sul mare e sulla terra chi ci salverà?

Ci salverà il soldato che non la vorrà
Ci salverà il soldato che la guerra rifiuterà

La guerra è già scoppiata, Marcondiro'ndero
La guerra è già scoppiata, chi ci aiuterà

Ci aiuterà il buon Dio, Marcondiro'ndera
Ci aiuterà il buon Dio, lui ci salverà

Buon Dio è già scappato, dove non si sa
Buon Dio se n'è andato, chissà quando ritornerà

L'aeroplano vola, Marcondiro'ndera
L'aeroplano vola, Marcondiro'ndà

Se getterà la bomba, Marcondiro'ndero
Se getterà la bomba chi ci salverà?

Ci salva l'aviatore che non lo farà
Ci salva l'aviatore che la bomba non getterà

La bomba è già caduta, Marcondiro'ndero
La bomba è già caduta, chi la prenderà?

La prenderanno tutti, Marcondiro'ndera
Sian belli o siano brutti, Marcondiro'ndà

Siam grandi o siam piccini li distruggerà
Sian furbi o siano cretini li fulminerà

Ci sono troppe buche, Marcondiro'ndera
Ci sono troppe buche, chi le riempirà?

Non potremo più giocare al Marcondiro'ndera
Non potremo più giocare al Marcondiro'ndà

E voi a divertirvi andate un po' più in là
Andate a divertirvi dove la guerra non ci sarà

La guerra è dappertutto, Marcondiro'ndera
La terra è tutta un lutto, chi la consolerà?

Ci penseranno gli uomini, le bestie, I fiori
I boschi e le stagioni con I mille colori

Di gente, bestie e fiori no, non ce n'è più
Viventi siam rimasti noi e nulla più

La terra è tutta nostra, Marcondirondera
Ne faremo una gran giostra, Marcondirondà

Abbiam tutta la terra, Marcondiro'ndera
Giocheremo a far la guerra, Marcondiro'ndà

La guerra è una gran giostra, Marcondirondera
La faremo tutta nostra, Marcondirondà

Abbiam tutta la guerra, Marcondirondera
Giocheremo a far la terra, Marcondirondà

Abbiam la terra nostra, Marcondirondera
Per far la guerra giostra, Marcondirondà

Abbiam la terra nostra, Marcondirondera

“Contro”, canzone dei Nomadi contro i signori delle guerre

Così possiamo fermare la guerra: smettiamo di comprare gas russo e mandare armi in Ucraina, riconosciamo il libero Stato di Palestina, fermiamo il genocidio criminale di Netanyahu, sanzioniamo Rusin egual misura Russia e Israele.
Contro i fucili, carri armati e bombeh
Contro le giunte militari, le tombe
Contro il cielo che ormai è pieno di tanti ordigni nucleari
Contro tutti i capi al potere che non sono ignari

Contro i massacri di Sabra e Shatila
Contro i folli martìri dell'Ira
Contro inique sanzioni, le crociate americane
Per tutta la gente che soffre e che muore di fame

Contro chi tiene la gente col fuoco
Contro chi comanda ed ha in mano il gioco
Contro chi parla di fratellanza, amore e libertà
E poi finanzia guerre e atrocità

Contro il razzismo sudafricano
Contro la destra del governo israeliano
Contro chi ha commesso stragi, pagato ancora non ha
Per tutta la gente ormai stanca che vuole verità

Contro tutte le intolleranze
Contro chi soffoca le speranze
Contro antichi fondamentalismi, nuovi imperialismi
Contro la poca memoria della storia

Contro chi fa credere la guerra un dovere
Contro chi vuole dominio e potere
Contro le medaglie all'onore, alla santità
Per tutta la gente che grida, "Libertà"
Contro il governo della Meloni che supina alla Nato, agli americani, ai fabbricanti d’armi, finanzia una spesa di 7,5 miliardi per aerei che fanno la guerra, che cancella un parco a Pisa per costruire una nuova base NATO da fornire con missili a largo raggio, che continua a mandare armi a Kiev per prolungare una guerra rendendosi compartecipe della distruzione di un paese e delle centinaia di migliaia di morti d’una parte e dall’altra, che tace sugli atti criminali dell’esercito israeliano a Gaza, contro quanti parlano di economia di guerra utile solo ai fabbricanti d’armi e a chi se ne sta chiuso nei bunker dek potere, contro chi ci sta trascinando verso la guerra finale, contro tutto questo, NOI NO, noi #sempredallapartedellapace

“I maiali della guerra”, traduzione di “War Pigs”, canzone contro la guerra dei Black Sabbath, #sempredallapartedellapace

BASTA INVIO ARMI, BASTA GENOCIDIO
I generali si sono riuniti in massa
Proprio come le streghe per le messe nere
Menti malvagie che pianificano distruzione
Stregoni della costruzione della morte
Nei campi bruciano i corpi
Mentre la macchina da guerra avanza
Morte e odio per la razza umana,
Avvelenando le menti già plagiate
Oh Dio yeah!


I politici si nascondono
Hanno solamente iniziato la guerra
Perché dovrebbero andare là fuori a combattere?
Lasciano questo ruolo al povero


Il tempo dirà cosa sarà delle loro menti potenti
Fanno la guerra solo per divertimento
Trattando le persone come i pedoni degli scacchi,
Aspettando che arrivi il giorno del giudizio


Ora nell’oscurità il mondo smette di girare,
Ceneri dove bruciano i corpi
I Maiali della Guerra non hanno più il potere,
E Dio, mentre fa battere l’ora,
Chiamando il giorno del giudizio
I maiali della guerra strisciano sulle ginocchia,
Implorando pietà per i loro peccati
Satana, ridendo, spiega le ali


Oh Dio, yeah
“Maiali della guerra, Satana è là che v’aspetta”

“Alba su Shatila”, lirica di Francesco De Girolamo, poeta in Roma

Giacigli di fango rossastro
schiudono al primo sole
la nascosta ferita.
Una bambola rotta
intrisa di sangue
accanto ad un piccolo corpo
supino.

Mani tese, impietrite,
fendono l'orizzonte
come piccoli arbusti
riarsi.
Occhi socchiusi, senza luce,
bocche aperte in un grido
muto.

Esili gole recise;
ferite d'agnello prescelto
per un dio risvegliato.
Il fumo di Auschwitz
si rialza nel cielo,
lo stesso silenzio
di Hiroshima
nell'aria.

Un uomo alimenta
l'inceneritore;
occhi sottili
sopra il panno
calato sul viso,
mani precise
al lavoro.
Fucile a tracolla.

Pure, un tempo,
i suoi pomelli bruni
s'increspavano
in tenui sorrisi,
i suoi occhi fremevano
alla vista di un sogno.
Luccicavano di pianto.
La sua piccola mano
stringeva
un giocattolo rotto.

Ora respira morte.
Lingua di Babilonia,
fiato di Geenna.
Sparge al vento
la sua parte di cenere.

Certo non sa che semina
in ogni sua manciata
mille piccole braccia
protese dalla terra
ad impugnare
una bambola risorta.
Camp Chatila, opera del vignettista palestinese Naji al-Ali, assassinato per le sue idee politiche a Londra da un colpo di pistola esploso nell’estate del 1987 da un assassino restato sconosciuto

Sabra e Shatila erano due campi di rifugiati palestinesi alla periferia di Beirut. Furono teatro del feroce massacro di un numero di inermi arabi palestinesi, stimato tra diverse centinaia e 3500, tra cui un gran numero di bambini, perpetrato da milizie cristiane libanesi in un’area direttamente controllata dall’esercito israeliano, tra il 16 e 18 settembre del 1982.

“Soltanto cenere… e basta”, lirica di Francesco Saverio Bascio poeta in Carpaneto, letta alla libreria Postumia in S.Antonio (PC) durante l’iniziativa BASTA ARMI #sempredallapartedellapace

Francesco Saverio Bascio, poeta in Carpaneto, durante la lettura venerdì 15 dicembre all’iniziativa BASTA ARMI #sempredallapartedellapace

(NdR) Venerdì 15 dicembre 2023, alla libreria Postumia a Sant’Antonio (PC), Francesco Saverio Bascio ha proposto la lettura della sua lirica “Soltanto cenere … e basta” in occasione dell’iniziativa BASTA ARMI, #sempredallapartedellapace

E cerco ancora
nell'oscura follia
di nascondermi ai momenti
la polvere è così fitta
e le piccole ali ormai
impastano soltanto il sangue
con il fango
senza stelo di paglia alcuno
e mentre l'acqua delle lacrime
scende
e si attacca al cuore
le ultime rondini cadono giù
e le cerco
le cerco ancora
vagando tra le fitte
tra le grondaie vuote
tra i balconi rotti
tra le case senza tetti
e tutto ciò che tu... supremo
hai detto che era mio
già non mi appartiene

“Il bombardamento”, lirica di Nunzio Delpanno, poeta in La Verza, tratta da ‘Linfanzia ritrovata – Racconti, poesia e grafica, Albatros editore, 2012

Piacenza, 12 luglio 1944: il bombardamento dei ponti sul Po effettuato dai B-26 Marauders della 12^ Air Force

(NdR) Nunzio, nato nel novembre 1938, con la poesia racconta della sua infanzia, quando Piacenza di notte veniva bombardata: era la guerra, morta la pietà, le bombe venivano giù, palazzi crollavano.

Urla di tardive sirene
ci hanno buttati giù dal letto:
scoppi, lampi
sono bombe che vengono giù.
La casa trema
la notte pare giorno.

Vengo preso
e sollevato,
avvolto
e quasi arrotolato,
nella trapunta
che stava sopra il letto.

Mio padre
mi prende in braccio
e mi porta via
correndo
verso il rifugio
all'angolo della strada.

Fuori c'è freddo e quel gelo,
comparato al tepore
all'interno della trapunta
in cui giaccio stretto,
mi dà una sensazione di benessere,
di sicurezza, di protezione.

Contento
e beato,
mi stringo
al petto
di mio padre,
e sono felice.























(NdR) Nunzio è nato nel novembre 1938. Con la sua poesia racconta della sua infanzia, quando Piacenza di notte veniva bombardata.

“Shalom”, lirica di Samih al-Qasim, poeta palestinese, per una pace che è stata uccisa

Lascia agli altri cantare la pace
l’amicizia, la fratellanza e l’armonia.
Lascia agli altri il canto delle cornacchie
qualcuno strillerà tra le rovine nei miei versi
verso la nera civetta che caccia detriti di torri di colomba.
Lascia ad altri cantare la pace
mentre il grano si consuma nei campi
desiderando l’eco dei canti dei mietitori.
Lascia ad altri cantare la pace.
Mentre laggiù, oltre il filo spinato
nel cuore del buio
si stringe la tenda delle città.
I loro abitanti,
insediamenti di tristezza e paura
e la tubercolosi della memoria.

Mentre laggiù, la vita si spegne,
nella nostra gente,
negli innocenti, che mai fecero del male in vita!
E qui, nello stesso tempo,
molti hanno vissuto…in così tanta ricchezza!
I loro avi lasciarono tanta ricchezza per loro
e anche, ahimè, per altri.
Questa eredità –il dolore degli anni-appartiene a loro adesso!
Quindi lascia che gli affamati mangino a sazietà.
E lascia che gli orfani mangino gli avanzi dal banco del rancore.
Lascia che altri cantino la pace.
Nella mia terra, tra le sue coline e i suoi villaggi
la pace è stata uccisa.
A Gaza si sta conducendo non una guerra contro i terroristi di Hamas ma il genocidio di un popolo di donne, bambini, anziani, civili e, questo, rappresenta un crimine di guerra da parte di Israele che non può più definirsi paese democratico.

“Senza titolo”, lirica di Francesco Saverio Bascio, poeta in Carpaneto (Pc)

L’autunno
vecchio eremita dei monti
scende giù
a placare il caldo pazzo.

Dentro al cuore
curo i graffi della luna
che gira e rigira
ai margini del pozzo
lontana dal mio mare
dove impervia adesso
come sempre la bufera 
con il sangue degli umani.

Poi si stacca dalle foglie
e scende giù senza la fune
nella carrucola del tempo
e nell’acqua di quel cerchio
tremante 
riflette tutte quelle stelle.

“Palestina”, lirica di Hamid Misk, poeta nato a Fes in Marocco, laureato in Scienze Politiche alla Sapienza di Roma, vive e lavora in Italia 

Illustrazione di Naji Al-Ali, vignettista palestinese [ Filastin – L’arte di Resistenza, Eris edizioni, Torino, 2013 ]
O voi che cadete ! Ogni giorno
E non è ancora il vostro autunno
Bambini, donne e giovani…
Voi cadete strappati dalle mani…
Dall’infamia del vostro destino

Alla vita! Io grido ai vostri assassini
A chi ha tritato le vostre case
E le vostre povere esistenze

Qual terrore è più spietato!
Qual terrorismo è più giustificato?
Vi è  negato persino l’esilio…
Ma voi non avreste mai abbandonato
Il vostro paese tanto amato!
Amata gabbia, patria, qual volo è più soave

qual tragedia ora è più grave?
E il mondo davanti al vostro assassinio…?
Tace e vi guarda come rifiuti
Lui che ha germogliato i vostri lutti
E ora che dell’autunno siete i caduti
O voi che cadete! Vivrete tutti…

la terra amata è il vostro giaciglio

“Il disertore”, lirica di Boris Vian, scrittore francese

Il disertore, stampa artistica opera di Frank Holl
Io spero leggerà
egregio Presidente
la lettera presente
se tempo mai ne avrà.
La posta mi darà
prima di domattina
la vostra cartolina
che in guerra m’invierà.
Ma io non sarò mai
Egregio Presidente
il boia o l’assassino
di gente come me.
Mi creda ma non è
per darle del fastidio
in cuore ho già deciso
che io diserterò.

Mio padre non c’è più
i miei fratelli andati
e i figli disperati
a piangere con me.
Mia madre come lui
è dentro la sua tomba
e i vermi od una bomba
che cosa cambierà.
Quand’ero in prigionia
qui tutto mi han rubato
la moglie, il mio passato
la mia migliore età.
Domani mi alzerò
e sbatterò la porta
in faccia alla memoria
e in strada me ne andrò.

Di carità vivrò
sulle strade del mondo
e a tutti fino in fondo
io questo griderò
“Non obbedite più
gettate le armi in terra
e basta con la guerra
restatevene qui!”
Se sangue servirà
Egregio Presidente
c’è il suo, se mi consente
lo dia a chi ne vorrà.
La legge violerò
lo dica ai suoi gendarmi
io armi non ne ho…

“La mia canzone non è per nulla antimilitarista ma, lo riconosco, violentemente filo-civile”. Se c’è una canzone che più di tutte è stata uno dei simboli del pacifismo e della disobbedienza civile, questa è senza dubbio Le Déserteur, scritta nel 1954 dal francese Boris Vian. Eravamo all’inizio del 1954. La guerra in Indocina stava volgendo al termine, mentre un’altra – sempre con protagonista la Francia – stava per cominciare: la guerra d’Algeria. Il 15 febbraio di quell’anno, Boris Vian e Harold Berg mettono la firma in calce al manoscritto di una canzone dal titolo Le Déserteur. Il testo è la lettera di un obiettore di coscienza indirizzata direttamente al Presidente francese, che dichiara la propria volontà di disertare. Il testo non lascia spazio a mezze misure, né a fraintendimenti.

“Guerra”, lirica di Alda Merini

Paul Nash, Costruiamo un mondo nuovo
O uomo sconciato come una fossa
in te si lavano le mani i servi,
i servi del delitto
che ti cambiano veste parola e udito
che ti fanno simile a un fantasma dorato.
Viscidi uccelli visitano le tue dimore
sparvieri senza volto
ti legano i polsi alle vendette
degli altri
che vogliono dissacrare il Signore.
O guerra, portento di ogni spavento
malvagità inarcata, figlia stretta
generata dal suolo di nessuno
non hai udito né ombra:
sei un mostro senza anima che mangia
la soglia
e il futuro dell’uomo.

“Ho dipinto la pace”, lirica di Talil Sorek

Avevo una scatola di colori,
brillanti, decisi e vivi.
Avevo una scatola di colori,
alcuni caldi, altri molto freddi.
Non avevo il rosso per il sangue dei feriti,
non avevo il nero per il pianto degli orfani,
non avevo il bianco per il volto dei morti,
non avevo il giallo per le sabbie ardenti.
Ma avevo l’arancio per la gioia della vita,
e il verde per i germogli e i nidi,
e il celeste per i chiari cieli splendenti,
e il rosa per il sogno e il riposo.
Mi sono seduta,
e ho dipinto la pace.