“Verdi e Puccini, l’uno bocciato al Conservatorio di Milano, l’uno promosso”. Interessante appunto di Simone Tansini in conferenza da Biffi Arte

Simone Tansini, baritono e studioso

Interessante appuntamento alla Biffi Arte di via Chiapponi a cura del baritono e studioso Simone Tansini su “Gli anni giovanili di Giacomo Puccini, vita e opere del Maestro di Lucca“. Durante l’evento Tansini ha approfondito molteplici aspetti della vita del compositore toscano, partendo dal suo talento musicale ma anche approfondendo vicende personali della sua esistenza. Figura di punta del mondo operistico italiano a cavallo tra Ottocento e Novecento, Puccini può ben essere definito figlio d’arte: il bisnonno, il nonno e il padre Michele sono tutti celebrati musicisti e lui stesso sin da giovanissimo si rivela appassionato alla musica. Purtroppo a sei anni il padre Michele muore, in famiglia restano in sette tra fratelli e sorelle, cresciuti dalla madre Albina. I soldi in casa sono pochini ma il giovane Giacomo può studiare imparando musica correndo di chiesa in chiesa suonando l’organo e di festa in festa a carnevale suonando il piano. Fino a quando dice in casa “bisogna che io vada a Milano!“. Narra la leggenda che in quei giorni a Pisa si rappresenti l’Aida e Giacomo vuole assolutamente andare a sentirla ma il viaggio in treno costa troppo così il giovinotto parte da Lucca e, a piedi, va fino a Pisa! L’ascolto dell’opera verdiana risulta fondamentale: la decisione è presa, “sarò musicista veramente, e scriverò opere!“. Già ma per scrivere opere bisogna studiare al Conservatorio, andare a Milano perché a Milano c’è la Scala, ci sono gli editori e i maestri. Purtroppo in casa non ci sono i soldi dunque che fare? La madre, Albina, ha una buona idea, si raccomanda alla marchesa Pallavicini, una dama di Corte, perché cerchi di ottenere dalla Regina Margherita un aiuto, un sussidio. Che viene concesso: per un anno il giovinotto sarà mantenuto al Conservatorio (che all’epoca prevedeva studio e alloggio). Così, nell’autunno 1880, ventunenne di belle speranze, si trasferisce e tutto ha inizio, a partire dalla frequenza del Conservatorio dopo aver superato l’esame di ammissione. Dalla dimensione locale, dalle chiese di Lucca e dalle feste popolari, lentamente matura una dimensione internazionale e Giacomo diventa il Puccini di Manon Lescaut e di Turandot. Ecco, a questo punto Simone Tansini ha proposto un interrogativo: come mai il Puccini supera l’esame di ammissione quando allo stesso esame era stato bocciato il Maestro Giuseppe Verdi? Una risposta, sempre da parte di Simone, che fa riflettere su come da sempre van le cose nel nostro BelPaese. Anno 1832, un giovanissimo Giuseppe Verdi si presenta all’esame di ammissione al Conservatorio di Milano ma l’esito è infausto:  il candidato si è dimostrato “inetto alla musica” a causa di una “non corretta” posizione delle mani sul pianoforte e della “non sufficiente cognizione delle regole sul contrappunto”. Già ma, ipotizza Tansini, forse anche altri elementi hanno svolto un ruolo: la candidatura è ardita, i pochi posti disponibili al Conservatorio sono riservati ad allievi al massimo quattordicenni e provenienti dal Lombardo-Veneto. Verdi ha ventinove anni, è un fuorietà e in più proviene dal Ducato di Parma, è un fuorisede e dunque per lui non c’è posto nel dormitorio. Certo, anche Puccini arriva addirittura dall’ancor più lontana Lucca ma, ha suggerito il nostro baritono Simone Tansini, ha alle spalle il sostegno della Regina e questo, si capisce, conta eccome. Una parola, mi vien da pensare, che risulta da sempre utile: la giusta raccomandazione da parte del potente di turno e poi, aggiungo io, il Giuseppe vien da Villanova sull’Arda, mica da Massaciuccoli come il Giacomo! Beh, a questo punto m’è sfuggito un sorriso mentre la rievocazione di Simone è proseguita fino alla fine salvo doversi concludere all’ora di chiusura della galleria d’arte Biffi ma nessun problema. Seguiranno altri due appuntamenti, il prossimo 18 ottobre e successivamente l’ultimo evento, il 15 novembre per altre interessanti notizie che spesso sono taciute dalle biografie ufficiali. Per concludere, una nota a parte: utile, nel passare nella via in direzione Galleria d’arte, una sosta alla Caffetteria. Seduto al tavolino esterno mi sono goduto un gustoso caffè con crema al pistacchio: tornerò di certo! Del resto, anche se l’autunno s’avvicina, sono disponibili altrettanti comodi tavolini all’interno del locale.

Il Maestro Giacomo Puccini e la sua ultima opera, Turandot

“Ballata della Befana”, di Riccardo Alemanno e “la vera storia della Befana” di don Giampaolo Perugini

La splendida amica Lucia

In un villaggio, non molto distante da Betlemme, viveva una giovane donna che si chiamava Befana. Non era brutta, anzi, era molto bella e aveva parecchi pretendenti.. Però aveva un pessimo caratteraccio. Era sempre pronta a criticare e a parlare male del prossimo. Cosicché non si era mai sposata, o perché non le andava bene l’uomo che di volta in volta le chiedeva di diventare sua moglie, o perché l’innamorato – dopo averla conosciuta meglio – si ritirava immediatamente.

Era, infatti, molto egoista e fin da piccola non aveva mai aiutato nessuno. Era, inoltre, come ossessionata dalla pulizia. Aveva sempre in mano la scopa, e la usava così rapidamente che sembrava ci volasse sopra. La sua solitudine, man mano che passavano gli anni, la rendeva sempre più acida e cattiva, tanto che in paese avevano cominciato a soprannominarla “la strega”. Lei si arrabbiava moltissimo e diceva un sacco di parolacce. Nessuno in paese ricordava di averla mai vista sorridere. Quando non puliva la casa con la sua scopa di paglia, si sedeva e faceva la calza. Ne faceva a centinaia. Non per qualcuno, naturalmente! Le faceva per se stessa, per calmare i nervi e passare un po’ di tempo visto che nessuno del villaggio veniva mai a trovarla, né lei sarebbe mai andata a trovare nessuno. Era troppo orgogliosa per ammettere di avere bisogno di un po’ di amore ed era troppo egoista per donare un po’ del suo amore a qualcuno. E poi non si fidava di nessuno. Così passarono gli anni e la nostra Befana, a forza di essere cattiva, divenne anche brutta e sempre più odiata da tutti. Più lei si sentiva odiata da tutti, più diventava cattiva e brutta.

Aveva da poco compiuto settant’anni, quando una carovana giunse nel paese dove abitava. C’erano tanti cammelli e tante persone, più persone di quante ce ne fossero nell’intero villaggio. Curiosa com’era vide subito che c’erano tre uomini vestiti sontuosamente e, origliando, seppe che erano dei re. Re Magi, li chiamavano. Venivano dal lontano oriente, e si erano accampati nel villaggio per far riposare i cammelli e passare la notte prima di riprendere il viaggio verso Betlemme. Era la sera prima del 6 gennaio. Borbottando e brontolando come al solito sulla stupidità della gente che viaggia in mezzo al deserto e disturba invece di starsene a casa sua, si era messa a fare la calza quando sentì bussare alla porta. Lo stomaco si strinse e un brivido le corse lungo la schiena. Chi poteva essere? Nessuno aveva mai bussato alla sua porta. Più per curiosità che per altro andò ad aprire. Si trovò davanti uno di quei re. Era molto bello e le fece un gran sorriso, mentre diceva: “Buonasera signora, posso entrare?”. Befana rimase come paralizzata, sorpresa da questa imprevedibile situazione e, non sapendo cosa fare, le scapparono alcune parole dalla bocca prima ancora che potesse ragionare: “Prego, si accomodi”. Il re le chiese gentilmente di poter dormire in casa sua per quella notte e Befana non ebbe né la forza né il coraggio di dirgli di no. Quell’uomo era così educato e gentile con lei che si dimenticò per un attimo del suo caratteraccio, e perfino si offrì di fargli qualcosa da mangiare. Il re le parlò del motivo per cui si erano messi in viaggio. Andavano a trovare il bambino che avrebbe salvato il mondo dall’egoismo e dalla morte. Gli portavano in dono oro, incenso e mirra. “Vuol venire anche lei con noi?”. “Io?!” rispose Befana.. “No, no, non posso”. In realtà poteva ma non voleva. Non si era mai allontanata da casa.

Tuttavia era contenta che il re glielo avesse chiesto. “Vuole che portiamo al Salvatore un dono anche da parte sua?”. Questa poi… Lei regalare qualcosa a qualcuno, per di più sconosciuto. Però le sembrò di fare troppo brutta figura a dire ancora di no. E durante la notte mise una delle sue calze, una sola, dove dormiva il re magio, con un biglietto: “per Gesù”. La mattina, all’alba, finse di essere ancora addormentata e aspettò che il re magio uscisse per riprendere il suo viaggio. Era già troppo in imbarazzo per sostenere un’altra, seppur breve, conversazione.

Passarono trent’anni. Befana ne aveva appena compiuti cento. Era sempre sola, ma non più cattiva. Quella visita inaspettata, la sera prima del sei gennaio, l’aveva profondamente cambiata. Anche la gente del villaggio nel frattempo aveva cominciato a bussare alla sua porta. Dapprima per sapere cosa le avesse detto il re, poi pian piano per aiutarla a fare da mangiare e a pulire casa, visto che lei aveva un tale mal di schiena che quasi non si muoveva più. E a ciascuno che veniva, Befana cominciò a regalare una calza. Erano belle le sue calze, erano fatte bene, erano calde. Befana aveva cominciato anche a sorridere quando ne regalava una, e perciò non era più così brutta, era diventata perfino simpatica.

Nel frattempo dalla Galilea giungevano notizie di un certo Gesù di Nazareth, nato a Betlemme trent’anni prima, che compiva ogni genere di miracoli. Dicevano che era lui il Messia, il Salvatore. Befana capì che si trattava di quel bambino che lei non ebbe il coraggio di andare a trovare.

Ogni notte, al ricordo di quella notte, il suo cuore piangeva di vergogna per il misero dono che aveva fatto portare a Gesù dal re magio: una calza vuota… una calza sola, neanche un paio! Piangeva di rimorso e di pentimento, ma questo pianto la rendeva sempre più amabile e buona.

Poi giunse la notizia che Gesù era stato ucciso e che era risorto dopo tre giorni. Befana aveva allora 103 anni. Pregava e piangeva tutte le notti, chiedendo perdono a Gesù. Desiderava più di ogni altra cosa rimediare in qualche modo al suo egoismo e alla sua cattiveria di un tempo. Desiderava tanto un’altra possibilità ma si rendeva conto che ormai era troppo tardi.

Una notte Gesù risorto le apparve in sogno e le disse: “Coraggio Befana! Io ti perdono. Ti darò vita e salute ancora per molti anni. Il regalo che tu non sei venuta a portarmi quando ero bambino ora lo porterai a tutti i bambini da parte mia. Volerai da ogni capo all’altro della terra sulla tua scopa di paglia e porterai una calza piena di caramelle e di regali ad ogni bambino che a Natale avrà fatto il presepio e che, il sei gennaio, avrà messo i re magi nel presepio. Ma mi raccomando! Che il bambino sia stato anche buono, non egoista… altrimenti gli metterai del carbone dentro la calza sperando che l’anno dopo si comporti da bambino generoso”.

E la Befana fece così e così ancora sta facendo per obbedire a Gesù.

Durante tutto l’anno, piena di indicibile gioia, fa le calze per i bambini… ed il sei gennaio gliele porta piene di caramelle e di doni.

È talmente felice che, anche il carbone, quando lo mette, è diventato dolce e buono da mangiare.


don Giampaolo Perugini, parroco della parrocchia di Santa Gemma Galgani

“Mi ha fatto la mia mamma”, testo di Gianni Rodari, canta Sergio Endrigo

Persone male informate
O più bugiarde del diavolo
Dicono che tu sei nato
Sotto a una foglia di cavolo!

Coro:
Persone male informate
O più bugiarde del diavolo
Dicono che sono nato
Sotto a una foglia di cavolo!

 

Altri maligni invece
Sostengono senza vergogna
Che sei venuto al mondo
A bordo di una cicogna!

Coro:
Altri maligni invece
Sostengono senza vergogna
Che sono venuto al mondo
A bordo di una cicogna!

 

Se mamma ti ha comperato
Come taluni pretendono
Dimmi: dov’è il negozio
Dove i bambini si vendono?

Coro:
Se mamma mi ha comperato
Come taluni pretendono
Diteci: dov’è il negozio
Dove i bambini si vendono?

 

Tali notizie sono
Prive di fondamento:
Ti ha fatto la tua mamma
E devi essere contento!

Coro:
Tali notizie sono
Prive di fondamento:
Mi ha fatto la mia mamma
E sono molto contento!
Tali notizie sono
Prive di fondamento:
Mi ha fatto la mia mamma
E sono molto contento!
E sono molto contento!

“Piove (Ciao, ciao bambina)”, testo e musica di Dino Verdi e Domenico Modugno

Piacenza, piazza Cavalli, foto di Anita Santelli

Mille violini suonati dal vento,
tutti i colori dell’arcobaleno
vanno a fermare la pioggia d’argento
ma piove piove
sul nostro amor.

 

Ciao ciao bambina
un bacio ancora e poi per sempre
ti perderò
come una fiaba l’amore passa
c’èra una volta poi non c’è più
cos’è che trema sul tuo visino
è pioggia o pianto
dimmi cos’è
vorrei trovare parole nuove
ma piove piove sul nostro amor.

(Ciao bambina,
ti voglio bene da morire
ciaooooo…..ciaooooo)

Ciao ciao bambina
non ti voltare non posso dirti
rimani ancor
vorrei trovare
parole nuove ma piove piove
sul nostro amor

“Canzone del Maggio”, di Fabrizio De Andrè, compresa versione censurata

Storia di un impiegato (1973) è il sesto album registrato in studio di Fabrizio De André. Il primo brano, Canzone del Maggio, è liberamente tratta da un canto del maggio francese del 1968 di Dominique Grange, il cui titolo è Chacun de vous est concerné. Quando De André si mise in contatto con lei per pubblicare il pezzo, la cantante francese glielo regalò non chiedendo i diritti dautore. Va però notata la grande differenza anche nella musica tra il brano di De André e la versione originale. Ecco il testo:

Anche se il nostro maggio
ha fatto a meno del vostro coraggio
se la paura di guardare
vi ha fatto chinare il mento
se il fuoco ha risparmiato
le vostre Millecento
anche se voi vi credete assolti
siete lo stesso coinvolti.

E se vi siete detti
non sta succedendo niente,
le fabbriche riapriranno,
arresteranno qualche studente
convinti che fosse un gioco
a cui avremmo giocato poco
provate pure a credervi assolti
siete lo stesso coinvolti.

Anche se avete chiuso
le vostre porte sul nostro muso
la notte che le pantere
ci mordevano il sedere
lasciandoci in buonafede
massacrare sui marciapiedi
anche se ora ve ne fregate,
voi quella notte voi c’eravate.

E se nei vostri quartieri
tutto è rimasto come ieri,
senza le barricate
senza feriti, senza granate,
se avete preso per buone
le “verità” della televisione
anche se allora vi siete assolti
siete lo stesso coinvolti.

E se credete ora
che tutto sia come prima
perché avete votato ancora
la sicurezza, la disciplina,
convinti di allontanare
la paura di cambiare
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti,
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti.

Primo Maggio a Torino

Della Canzone del Maggio esiste una versione dal testo molto più duro e accusativo, presentata a volte dal vivo dal cantante genovese; di questa versione esiste una registrazione non ufficiale, in quanto fu sottoposta a censura. Ecco il testo della versione censurata: 

Anche se il nostro maggio 
ha fatto a meno del vostro coraggio
se la paura di guardare
vi ha fatto guardare in terra
se avete deciso in fretta
che non era la vostra guerra
voi non avete fermato il vento
gli avete fatto perdere tempo.

E se vi siete detti
non sta succedendo niente,
le fabbriche riapriranno,
arresteranno qualche studente
convinti che fosse un gioco
a cui avremmo giocato poco
voi siete stati lo strumento
per farci perdere un sacco di tempo.

Se avete lasciato fare
ai professionisti dei manganelli
per liberarvi di noi canaglie
di noi teppisti di noi ribelli 
lasciandoci in buonafede 
sanguinare sui marciapiede 
anche se ora ve ne fregate, 
voi quella notte voi c’eravate. 

E se nei vostri quartieri 
tutto è rimasto come ieri, 
se sono rimasti a posto
perfino i sassi nei vostri viali 
se avete preso per buone 
le “verità” dei vostri giornali
non vi è rimasto nessun argomento
per farci ancora perdere tempo. 

Lo conosciamo bene
il vostro finto progresso
il vostro comandamento
“Ama il consumo come te stesso”
e se voi lo avete osservato
fino ad assolvere chi ci ha sparato
verremo ancora alle vostre porte 
e grideremo ancora più forte 
voi non potete fermare il vento
gli fate solo perdere tempo.

Piacenza: Suzanne Leigh e Glen Dee Hardin in memoria di Elvis, al Palabanca il 31 maggio

Suzanne Leigh e lo sguardo dell’Elvis dipinto da Franco Scepi. Immagine realizzata nel 2013, alla prima visita di Suzanne in terra di Piacenza per iniziativa dell’Elvis Fan Club Piacenza del Presidente Marco Barabaschi
Si chiamerà Apocalyptic show l’evento internazionale che quest’anno l’Elvis Fan Club Piacenza Events dedicherà come sempre ad Elvis Presley.
In collaborazione col Comune di Piacenza e Dietro le Quinte Production si svolgerà il 31 maggio prossimo presso il Palabanca. Come sempre i proventi andranno in beneficenza stavolta a favore dell’Associazione Alzheimer di Piacenza.
Questo era, e nei suoi fan rimane, lo spirito di Presley che fu non solo colui che svoltò per sempre la storia della musica leggera, non solo rivoluzionò sconvolgendolo il modo di stare su un palcoscenico, non solo diventò l’immortale re del rock and roll, non solo fu definito “la più bella voce del mondo”, ma fu uomo generosissimo, attento ai bisogni degli ultimi.
Fece molta beneficenza, lontano dai riflettori, senza clamori, in modo vero concreto e delicato. In questo solco continuano i suoi milioni di fan molti dei quali anche quest’anno verranno da lontano Piacenza occupando molte stanze d’albergo. Il programma del prossimo 31 maggio è assai accattivante sia per la qualità degli ospiti che perché tutto verrà declinato sulle canzoni di Elvis.
Dagli Stati Uniti saranno ospiti d’onore Suzanna Leigh e Glenn Dee Hardin. Per la prima è un gradito ritorno. Suzanna Leigh è il nome d’arte di Suzanna Smyth attrice inglese, spesso partner di Elvis, ricordata dal pubblico per le sue interpretazioni nei film Paradiso Hawaiano, La nebbia degli orrori, Mircalla, L’amante immortale, ma soprattutto come una delle tre hostess nella commedia Boeing Boeing a fianco di Tony Curtis e Jerry Lewis. Glenn Dee Harvin texano, inizia nel famoso Palomino Club il miglior locale Country di allora nella zona ovest degli States. Collabora poi con The Crickets, Johnny Cash, Patsy Cline, Willie Nelson, Jerry Lee Lewis, Dean Martin, Kenny Rogers, John Denver, Ricky Nelson e Nancy Sinatra e cura tutti gli arrangiamenti.
Nel 1970 viene ingaggiato da Presley nella famosa TCB Band e con Elvis rimase fino al concerto del 31 dicembre 1975. In seguito lavorerà con Emmylou Harris, come pianista ufficiale di John Denver, Roy Robins ed Elvis Costello. Grande artista dunque che sarà emozionante ascoltare dal vivo per oltre un’ora e trenta di esibizione.
La locandina dell’iniziativa in programma per il 31 maggio al Palabanca di Piacenza annunciata dall’articolo pubblicato da Libertà quotidiano di Piacenza e riprodotto in Arzyncampo

Quest’anno c’è una curiosità stuzzicante: tutti gli ospiti si esibiranno in omaggi al grande Elvis. Aprirà la manifestazione il Corpo Bandistico La Magiostrina con le sue majorettes, che eseguirà la travolgente marcia The yellow rose of Texas dal film Viva Las Vegas. La danzatrice Rossella Guarnieri e il suo staff eseguiranno una zumba/rock, Roberto Albasi e Tiziana Gregori Competitori Nazionali di Ballo da Sala si esibiranno su musiche di Elvis. Si esibiranno anche Luca Olivieri e la sua band, I Boppin’ Shoes, la JFM Band.
Ci sarà il concorso fra sosia di Presley e la presenza di tanti stand di dischi, gadget, memorabilia, vestiario e molto altro. Storico appuntamento per gli appassionati e per Piacenza.
I biglietti per lo spettacolo sono prenotabili presso gli sportelli della Banca di Piacenza sul sito www. elvis-pcevents. it

Bruna Milani

Saluto a Gian Paolo Lancellotti batterista dei Nomadi

Una storica formazione dei Nomadi

Paolo, fino a quel momento lavorante nel distributore di benzina del padre, entrò nella band negli anni 70 subentrando al primo batterista, Gabriele Copellini. Io vagabondo, nel 72, il primo disco che lo vede protagonista. Poi nel 1990 la separazione ma continua a suonare arrivando a 900 serate sempre all’insegna delle canzoni che hanno reso famoso il sound emiliano. Negli ultimi anni la malattia lo ha costretto in ospedale ma ha continuato a mantenere la scuola di musica con la quale insegnava ai ragazzi a darsi da fare tra piatti e rullanti. D’obbligo salutarlo con un grazie per le emozioni che ha saputo farci vivere.

In ricordo del Re del Rock, Elvis Presley. A Cortemaggiore (Pc) il 18 maggio

Franco Scepi con Marco Barabaschi e il ritratto di Elvis

Come ogni anno l’Elvis fan club Piacenza prepara un grande evento per celebrare Elvis Presley il cantante bellissimo e bravissimo che segnò un’epoca, diventò un mito e morì troppo presto.
Sono milioni in tutto il mondo i suoi appassionati ammiratori che continuano ad amarlo come il primo giorno di un amore assoluto, viscerale, inossidabile. A Piacenza è Marco Barabaschi (www. elvis-pcevents.it) a realizzare con passione e grandi capacità organizzative eventi clamorosi in omaggio a Elvis Presley la più bella voce del mondo (indimenticabile il raduno mondiale al Palabanca di qualche anno fa). Anche quest’anno c’è un appuntamento imperdibile per il 18 maggio prossimo al Fillmore, locale di Cortemaggiore ormai noto a migliaia di fan perché da anni ospita gli eventi che Barabaschi organizza. Come ogni volta ci sarà un ospite d’onore straordinario proveniente dagli Stati Uniti che ha avuto a che fare con Presley.
Stavolta però ci sarà anche una sorpresa italiana: un’opera d’arte di Franco Scepi che l’autore mette gentilmente a disposizione per contribuire ad alzare la qualità dell’evento.
Franco Scepi realizzò l’opera a New York nel 1980. Lo spunto gli era venuto da Andy Warhol che aveva immortalato Presley vestito da cow boy come era apparso nel film “Love me tender”, ma il creativo piacentino ha invece voluto immortalarlo come sarà ricordato in eterno cioè come cantante quindi nelle vesti ad Elvis più congeniali cosa che la signora Presley aveva apprezzato molto nel 1989 quando Scepi la incontrò per motivi di lavoro.
In quell’occasione Scepi osservò acutamente che Priscilla assomigliava molto al marito Elvis. Il ritratto iperrealista di Presley dipinto da Scepi illustrò la copertina della compilation “The number One Hits” del 1989 BGM disco che fu utilizzato da Scepi nell’ambito di una sua operazione artistica definita Over Ad’Art ovvero arte sulla comunicazione.
Dopo 25 anni grazie a Marco Barabaschi e alla gentile disponibilità dell’autore l’opera di Scepi, che ha immortalato un mito, sarà visibile per la prima volta a coloro che interverranno all’evento di maggio in onore di Presley, ai curiosi e ai fan che arriveranno da ogni parte d’Italia e non solo, un motivo in più per presenziare all’accadimento. Sarà un esempio della cultura e dell’arte di quegli anni, un evento nell’evento, una curiosità speciale.

Elvis Presley con Suzanna Leight. L’attrice sarà testimonial dell’evento organizzato al Fillmore di Cortemaggiore il prossimo 18 maggio

Grazie al vulcanico organizzatore Marco Barabaschi anche Franco Scepi sarà testimonial insieme all’attrice Suzanna Leigh che nel 1965 recitò con Presley nel film Paradiso Hawaiano. Poi come da collaudata tradizione ci saranno gli imitatori del Re del Rock, gruppi musicali specializzati: i Jfm, gli Elvisway, i Boppin’Shoes e poi l’Elvis Karaoke, stand di dischi di Paolo Bellemo e molto, molto altro. L’apertura è alle 18.30.
In questi tempi difficili, complicati e tristi è quasi d’obbligo fare un pieno di emozioni, di grinta, di dolcezza, di colori e amicizia, un tuffo in quel tempo favoloso che non accenna a finire, almeno nel cuore di chi lo ha vissuto e amato, un tuffo nel meglio dei nostri ricordi, un pieno d’intensità affettiva e musicale è proprio quello che ci vuole per tutti, anche per chi Elvis Presley non l’ha conosciuto.

[ Con qualche tono enfatico che ci fa sorridere, l’articolo di Bruna Milani apparso ad annuncio dell’evento
su Libertà quotidiano di Piacenza del 20 aprile ]

Omaggio al Re che ci ha fatto sognare: Elvis Presley, morto 35 anni fa a Memphis

16 agosto 2012, Candlelight a Graceland, Memphis – 35° anniversario della morte di Elvis

Elvis Aaron Presley (Tupelo, 8 gennaio 1935 – Memphis, 16 agosto 1977), cantante, chitarrista e attore, sicuramente uno dei più celebri cantanti di tutti i tempi, fonte di ispirazione per musicisti e cantanti di rock and roll e rockabilly, tanto da meritarsi il soprannome Re del Rock and Roll o semplicemente The King.

La sua presenza scenica ha avuto un impatto senza precedenti sulla cultura americana e mondiale e i suoi caratteristici movimenti di bacino gli guadagnarono l’altro importante soprannome: “The Pelvis”. Stimato da fans, critici e da molte altre personalità dello star system del suo tempo – da Marilyn Monroe ai Beatles – ha saputo andare oltre l’arte musicale finendo per diventare una vera e propria icona della cultura pop del XX secolo. Pur essendo passati trentacinque anni dalla morte, il suo mito e la sua leggenda non sono minimamente scalfiti.

Gli ultimi giornI

Nella sua vita fondamentale il rapporto con la moglie, Priscilla. Principesco il matrimonio celebrato a Las Vegas il 1° maggio 1967, unione consolidata nel 1968 dalla nascita di Lisa Marie. Purtroppo i lunghi periodi di lontananza, i sempre più frequenti rapporti con altre donne, e la precaria salute di Elvis (che aveva aumentato considerevolmente l’uso di farmaci dal suo ritorno alle esibizioni dal vivo nel 1969) spinsero Priscilla a dividersi da lui, nel febbraio del 1972. Il 9 ottobre del 1973 venne sancito il divorzio a Santa Monica, e, sebbene l’amicizia tra Elvis e la ex-moglie sia durata per tutta la vita del cantante, ciò gli provocò un lungo periodo di acuta depressione.

Barbiturici, tranquillanti e anfetamine diventarono suoi compagni di tutte le ore del giorno e della notte. La cosa non fu senza conseguenze, e frequenti furono i ricoveri in ospedale.

A quella che sembrava la crescita di uno stato ipocondriaco, si aggiungevano i risultati di una alimentazione disordinata, che portarono The King a ingrassare vistosamente e a sottoporsi a diete dimagranti a base di medicinali.

Alla fine del 1973 la salute di Elvis cedette di schianto. Il suo chitarrista John Wilkinson lo ricorda “Gonfio come un otre, balbettante, un vero rottame… c’era qualcosa che assolutamente non andava nel suo fisico. Stava così male che le parole nelle sue canzoni erano totalmente indecifrabili.”

L’ultima esibizione di Presley fu a Indianapolis al “Market Square Arena” il 26 giugno 1977 dove eseguì una straordinaria interpretazione del pezzo Unchained Melody, brano usato come colonna sonora del film Ghost nella versione del 1965 incisa dai The Righteous Brothers e del vecchio successo “Bridge Over Troubled Water”.

Dopo il concerto, Elvis torna a Memphis per riposare e preparare il suo nuovo tour, previsto per dopo la metà di agosto. Il 16 agosto, poco dopo mezzanotte, Elvis torna a Graceland. Fino alle prime ore del mattino rimane sveglio con la famiglia e il suo staff, rilassandosi e curando gli ultimi dettagli per il nuovo concerto che avrebbe dovuto partire da Portland, nel Maine il 17 agosto. Verso le 7 del mattino si ritira in camera per riposare prima della partenza. Sono le ultime ore di vita. In tarda mattinata, Elvis viene trovato morto nella sua stanza da bagno dalla compagna Ginger Alden. Trasportato al Baptist Memorial Hospital, ne fu dichiarata la morte alle 15:30 per un attacco cardiaco. Aveva 42 anni.

Meno di un’ora dopo l’annuncio della morte di Elvis, un migliaio di persone si erano riunite davanti al cancello di Graceland. Un’ora più tardi erano 3 000. Nel pomeriggio diventarono 20 000. In tarda serata erano 80 000. Da tutto il mondo piovvero ordini ai fioristi di Memphis perché confezionassero dei cuscinetti floreali a forma di chitarre, cani, orsacchiotti, cuori spezzati e corone. Furono organizzati due voli speciali che trasportarono 5 tonnellate di fiori dalla California e dal Colorado.

Graceland, la maestosa tenuta di Elvis Presley, è oggi un museo. Aperta al pubblico nel 1982, essa è divenuta una sorta di santuario del rock, meta del pellegrinaggio continuo dei suoi fan. Graceland risulta essere la seconda casa più visitata degli Stati Uniti con oltre 10.000 persone in visita a settimana, seconda solo alla Casa Bianca.

Cause del decesso

Il 16 agosto 1977, Elvis è morto nel suo bagno personale a Graceland, presumibilmente per un attacco cardiaco. Tuttavia, vi sono dati contrastanti per quanto riguarda la causa della sua morte. Secondo il noto biografo di Presley, Peter Guralnick, il cantante “aveva vomitato dopo essere stato colpito da infarto“. Nel suo corpo furono trovate quattordici sostanze medicinali prescrittegli dal medico personale, sostanze dunque legalmente somministrate ad Elvis, il quale non faceva uso di sostanze stupefacenti.

Altra causa imputata per la morte di Presley fu l’obesità. Secondo la stima del medico che effettuò l’autopsia sul corpo del cantante, Elvis al momento del decesso pesava circa 158 kg.Aveva messo su una buona parte di quel peso nell’ultimo periodo, dato che passava il tempo seduto nella sua stanza ricorrendo al cibo per consolarsi: dolciumi fritti, cheeseburger, gelati, pizze, panini fritti con bacon, burro di noccioline e banane. I medici che lo ebbero in cura avevano cercato senza successo di cambiare il regime alimentare di Elvis già nel 1974.

Non trascurabile anche l’ipotesi di uno shock anafilattico provocato da una parziale allergia alla codeina, sostanza presente in dosi massicce nei farmaci contro il mal di denti di cui Presley faceva uso durante quei giorni.

L’ultima ipotesi sulla sua morte viene formulata tuttavia da un suo stretto conoscente nonché suo medico personale, il dottor George Nick Nichopoulos, che durante gli ultimi 12 anni della vita di Elvis l’ha avuto in cura. Il medico ha recentemente pubblicato un libro dal titolo The King and Dr. Nick, in cui spiega nel dettaglio la sua versione delle reali cause della morte di Elvis. Secondo il dottore, Elvis morì a causa di una costipazione cronica e per questo motivo fu trovato morto vicino al suo WC. La costipazione cronica causa infatti un colon sproporzionato, una mobilità intestinale quasi inesistente e anche obesità (tutte circostanze riscontrate durante l’autopsia del cadavere).

I DUBBI SUL DECESSO E LE LEGGENDE

Immediatamente dopo la scomparsa del cantante si diffusero voci sul genere della leggenda metropolitana che sostenevano, e sostengono tuttora, che egli fosse in realtà vivo, e che la sua morte fosse stata una messa in scena, elencando possibili avvistamenti di Elvis.

Tra le ipotesi più gettonate, spiccano la possibile origine aliena del cantante (ipotesi che viene citata anche alla fine del film Men in Black e nella canzone dei Dire Straits “Calling Elvis”), il suo inserimento in un programma dell’Fbi per la protezione dei testimoni, e il volontario esilio del cantante stanco della vita condotta fino ad allora.

Comunque sia, Elvis ha saputo dar corpo, con la sua musica e con il suo ‘modo di vita‘, ai sogni di milioni di fans che ancora oggi non esitano a rendergli omaggio, acquistando dischi o magari affrontando un viaggio in America per partecipare alla suggestiva e commovente ‘Candlelight‘. Sicuramente la sua immagine è sfruttata dal business system ma questo non basta a spiegare tanto affetto per un cantante se non fosse appunto che Elvis ha saputo farsi interprete dei nostri sogni, delle nostre speranze, delle nostre ambizioni in un’epoca (gli anni ’50 e ’60) con un roseo futuro di progresso e sviluppo collettivo e individuale davanti.

 

Ultimo saluto a Jon Lord, elfo dei Deep Purple, autore di ‘Smoke on the water’

Jon Douglas Lord (Leicester, 9 giugno 1941 – Londra, 16 luglio 2012) è stato un organista e compositore britannico, tra i tastieristi più famosi della scena del rock, fondatore e membro dei Deep Purple, grande innovatore dell’organo Hammond di cui è stato uno dei più grandi esponenti, riuscendo a rendere il suo suono ruggente e adatto al sound Hard Rock.