...si raccoglieva così acerbamente nelle vesti di sua madre nascostamente le sue labbra dipinte di un vecchio rossetto i sui primi impulsi di donna Già infarcita di lievito di ciò che non sapeva abbandonava la sua fanciullezza acerba Il suo cammino incominciava già a tracciare pagine di donna L'inizio del viaggio non aver paura di volare.
..eterna terra uomini disarmati in ginocchio il grano era maturo a recidere con le falci le spighe mature quante speranze navigavano in quella raccolta del grano pochi uccelli volano ancora sui rami uomini e donne tutti uniti in un canto passano alcune nuvole spinte dal vento solo le pietre arse dal sole aspettano la pioggia per nascondere la loro storia alberi di ulivo si oppongono al vento che muove i rami fruscio di foglie sulla fronte il sudore dal sapore del sale il pensiero cade sull'aia battuto il grano la messe ammucchiata compare la vita per vivere.
Come un pezzo di legno sto un pezzo di legno di albero impassibile e lento e un milione di foglie per ingannare i secoli Giocando a tre carte Con le stagioni
Niente... ci siamo così tanto abituati che non vediamo più quel niente e di quel logorio coatto che ci hanno imposto con le tasse sul sudore ne accettiamo i fatti. Tutto va bene! dicono sempre... è così che si addolcisce la più amara delle schiavitù nascondendo le brutture nascondendo le catene. Ma la schiavitù continua... e non riconosci più il tiranno quel tiranno che ti offre quella catena vestita a festa come zuccherino per le bestie una sola volta all'anno. E tu che accetti... accetti tutto anche le tredicesime scontate rubate e manipolate da sfruttamento camuffato... e tu dimentico della vita quella vera... quella tua lo osanni... per averti già frustato.
Ho fatto molti passi questo giorno Ho incontrato volti e voci Mi sono mosso tra dimora ed esilio abitato da un'eternità fragile con intimo rimbalzo a strapiombo sull'oblio e il rigoglio di vita. A notte, l'assenza breve del sonno. Domani, tra le fulve onde del giorno riprenderò la rotta d'altura.
..quante occasioni si perdono dove la mente ed il cuore non dicono la stessa cosa. Perché mentirci le persone buone sopportano mille volte non sempre tutto va come vorremmo prima o poi le cose cambieranno bisogna attraversare il buio per vedere la luce. A volte mi chiedo se sono la persona giusta per scrivere io vado dove mi porta la vita Figli dei vigliacci i litigi che nascondono solo false verità. la falsità l'invidia l'arroganza dove i fatti contano poco. Andare avanti diceva mia nonna anche questo passerà. Segreto profondo di chi ha vissuto se non vuoi perdere qualcuno non aspettare mai l'arrivo di un litigio bisogna andare fino in fondo per conoscere le verità.
Dovremmo separarci ora, prima di diventare l'uno per l'altra un'abitudine, prima che tutto torni nella norma e ridiventi grigio e piccolo e questo nostro miracoloso appartenerci divenga a poco a poco un rifugio senza luce.
Dovremmo separarci ora che i tuoi occhi sono ancora così pieni di questa fiera tristezza ed i miei volano verso te come falchi e catturano così avidamente la tua immagine che sembra non debba più sfuggirne - per quanto il tempo dicono cancelli ogni traccia d'incanto -
Dovremmo separarci ora che quasi non conosciamo la noia e l'orrore del mondo è fuori dalla porta e ringhia minaccioso per entrare - chissà per quanto ancora riusciremo a tenerlo fuori da qui, da noi, chissà per quanto ancora -
Sì, separarci ora e per sempre per non separarci mai più.
Vecchio il Dolore sulla solita panchina sogna bianche colombe ed aquiloni in volo nel cielo di cristallo.
Occhi quasi spenti mani tremanti verso mete lontane disperato tentativo di donare carezze alle nuvole in fuga.
Gente, indifferenza parole biascicate in dormiveglia pazzo monologo, dolce poesia della solitudine maestosa preghiera canto sublime di fragile creatura qualche attimo prima del Tramonto.
Si scrive di quel che si perde di quel che non si è mai avuto – due braccia forti e un tango – di ciò che non si è pescato di maglie da cucire sotto il sole e della rete di una vita intera, bianca tinta di ruggine. Si scrive delle squame del sale che si asciuga sui calzoni degli stivali in gomma nella melma e delle notti cupe sopra il mare quando si aspetta l’alba. Quando si va per porti e per mercati, dentro la nebbia.
Quando si va nell’interiorità si scopre sempre un velo di malinconia, perché è solo all’interno di sé che inizia il processo emozionale. La parola dunque opera come strumento della realtà o come realtà? Per Wittgenstein nella parola vi è il microcosmo il fatto, l’atomo della vita, quindi la parola è fatto, è realtà. I versi di Francesco De Girolamo sono il suo mondo. L’inquieto mondo viene scosso dalla silenziosa memoria di attimi immersi nel sentiero della vita. Il titolo è giusto: “Luci segrete” per significare, negli impercettibili moti dell’animo, quei momenti che ciascuno sente, ma non sa dire. In armonia con la struttura haiku, Francesco De Girolamo costruisce con immagini opposte la melodia della sua poesia essenziale, ma intensa:
Dietro il cristallo della neve ferita soffia l'azzurro
Vento di maggio, obliquo balenare rosa di orme
Fiumi di melma scorrono verso il gorgo di solchi verdi
Dietro l'assenza una muta promessa quieta attesa
Ad occhi chiusi nel cerchio dell'abisso la luna sale
Sembra che prevalga in lui quello che non c’è: l’assenza e il silenzio, ma essi si perdono in quei frammenti segreti della vita che la luce gli offre. Sono però questi stati d’animo a muovere le parole. Le sue parole e il suo sentire si identificano in un processo reale. E’ un mistero che si cela in quei momenti dove non appare nulla, ma si provoca un silenzio fortemente parlante. In questo paradosso una luce emerge e non può essere nascosta, perché solo l’occhio attento dell’essere capta lo splendore. Il segreto sta nel cuore di chi lo scopre. All’interno dell’apparire oscuro delle cose emerge il positivo. La poesia di De Girolamo svela e racchiude piccoli frammenti d’estasi nei quali il proprio silenzio sa parlare. Interno e esterno sono per l’autore un unico cosmo nel quale la luce è elemento visibile dell’universo, ma è anche segreto, perché offre un’immagine tutta da scoprire. Il cuore nasconde alla mente i suoi attimi fuggenti ed entra nell’interiorità come un lampo e interrompe il nascosto mistero di sé.
Non fidarti di me, non lasciarti ingannare dall'apparente candore che dal mio sguardo mansueto vagamente traspare. Potrebbero esserci minacce imprevedibili nascoste in quella quiete sfuggente ed imperscrutabili mire di un soggiogamento perpetuo, silenzioso, incruento, che porterebbero pian piano il tuo orgoglio ad una resa incondizionata e quasi inconsapevole. Dietro quei modi teneri, infantili, un io nascosto ha un dominio segreto, un io feroce, bieco, senza freni: una belva affamata di continue concessioni, di conferme, di dedizioni, spesso persino di sottomissioni.
Non fidarti di me, il fuoco arde sotto la cenere, e la lunaticità è quasi come la licantropia ed a volte trasforma d’un tratto la noia in un gioco crudele. Ed è allora che potresti dover soffrire, solo per dimostrarmi che sono importante; e se non soffrissi abbastanza, se il sale delle mie accuse non bruciasse nelle tue ferite, vorrebbe dire che non mi meriti; ed amen.
Non fidarti di me: troppo sconfinato è il mio orgoglio, troppo tenace la mia vanità e l’improvvisa perfidia che ti coglierà di sorpresa, nel sonno, quando meno te lo aspetti, mentre sorridi, svestita ogni corazza, con le armi ai piedi del letto, porgendo il tuo piccolo cuore nudo ai mille artigli del mio affetto vile.
Seduti al tavolo di una festa Tra bandiere rosse, mazurka e polenta Discutendo della rivoluzione Mentre qualcuno versa cabernet E la gente ride ed è felice Perché il mondo è un prato di papaveri E se mai qualcuno toccherà un compagno La nostra forza sarà un diluvio E quelle sere di mezza estate Tra amori che si rincorrono Altri che sbiadiscono alla luna La grande forza del futuro Sarà il canto dell'internazionale Perché nessuno resterà indietro In un mondo dove tutti siamo fratelli Perché noi siamo compagni