15 agosto 2024, Ferragosto in Val Trebbia alla locanda Vacca ‘l Suino all’ombra della Parcellara con Dalila e la “famiglia larga”, una foto vecchia 51 anni, la storia mai pensata e mai nata con Cesarina, il saluto d’obbligo a Valentina around route 45 e poi a Roberto per finire la giornata dal Perazzi a San Giorgio nella trattoria anni ’50, quadri partigiani alle pareti, dove puoi gustare i gnocchi annegati nel gorgonzola della signora Maria. Serviti nell’apposito tegamino.
L’altro giorno, 15 d’agosto 2024, un Ferragosto vivacizzato innanzitutto da diciamo un piccolo fatto curioso capace di alzare un velo sul lontano passato e strappare un sorriso. A pranzo in Val Trebbia alla Cernusca con buona parte di quella che ormai si può definire la nostra (mia e di Dalila) “famiglia larga” (che comprende figli, nuore, nipoti, consuoceri), ad un certo punto Sandro, consuocero col quale avevamo condiviso gli ultimi due anni delle superiori, ha mostrato la foto di classe di quel tempo lontano, giusto per ricordare come eravamo. Insomma, classico momento amarcord che inevitabilmente mi ha suscitato emozioni, ricordi di questo e di quella. La compagna rimasta incinta durante l’anno scolastico, il campioncino ammesso ad un provino con l’Inter, lo studente diventato dirigente della banca pur da ‘semplice’ ragioniere (oggi anche con la laurea ben che ti vada fai il cassiere), la bella coppia che si sarebbe poi persa, quel ragazzo che avrebbe poi indossato l’abito talare, l’amico che ha lasciato la città per andare a gestire un campeggio lassù tra i monti al confine, l’amica che col suo ragazzo gestiva una piccola sala cinematografica d’essai in provincia, la ragazza che si sognava lassù nei cieli in volo con la divisa da hostess, i tanti e le tante dei e delle quali non si sarebbe più saputo nulla (senza tacere di quei due, in fondo occasionali compagni di classe senza apparenti interessi comuni, che mai e poi mai avrebbero immaginato di ritrovarsi un giorno appunto consuoceri). Che io sappia quella classe non si è mai più ritrovata come normalmente si usa. In fondo mi sono mancate, quelle cene da reduci, era la mia classe e quelli erano gli studenti e le studentesse miei e mie compagni e compagne di studi. Eppoi … Il mio sguardo è scivolato sul volto di Cesarina. La classe aveva una rigida divisione: a sinistra della cattedra tutte le ragazze, i maschietti relegati nelle altre due file di banchi. Cesarina stava ovviamente nella fila di sinistra. Io completamente dall’altra parte, sostanzialmente estranei o poco di più, tanto per l’uno quanto per l’altra. Un giorno una delle ragazze mi dice “siete una bella coppia, potreste stare insieme“. “Ma stai pazziando? Coppia addirittura? Mai pensato io, mai pensato lei. Eppoi io sto con Giuliana” (che stava in un’altra classe ed eravamo insieme da almeno tre anni, praticamente promessi sposi). Insomma, Cesarina era indubbiamente interessante come persona, oltretutto carina, gentile, regolarmente sorridente ma … non c’era trippa per gatti. Tutto finito lì senza neanche pensare di iniziare chissà che. L’anno scolastico così è giunto alla fine ed è arrivato il tempo dell’esame, lei confermata la più brava della classe con un sonante 60 finale (allora il massimo dei voti), io nella media col mio 48, la festa di saluto a San Nicolò alla trattoria La Noce e chi s’è visto s’è visto. Cesarina non so, io a festeggiare con una settimana al mare con Giuliana, in pensione come due sposini novelli (all’insaputa dei genitori). Poi, a settembre, imprevisto e mai spiegato, il fulmine a ciel sereno. Dai fiori d’arancio all’ognuno per la sua strada, così lei ha deciso (perché come sempre sono loro, le donne, che ti scelgono, ti prendono, si concedono, cambiano idea, ti lasciano, se ne vanno – però a volte ritornano -). Una botta da restarci secco. Infatti un amico anni dopo rivelò d’aver pensato ad un mio suicidio. Beh, no, mai pensato a nulla del genere, figuriamoci. Solo con due amici, Mino e Lorenzo, sono tornato nella zona di Ancarano, nei boschi non troppo lontani da casa sua a raccogliere funghi… senza trovarne uno che fosse uno e a novembre iniziavo il percorso comune con Antonella, conosciuta grazie a due amici. Una curiosità a posteriori: quel giorno siamo andati a cena con amici in provincia, ad Agazzano e da quel locale siamo usciti mano nella mano. Agazzano era il paese di Cesarina. Un fatto irrilevante ma comunque curioso. Cancellare d’un botto gli anni con Giuliana non era però così facile e infatti dopo pochi mesi il percorso con Antonella è arrivato all’inevitabile capolinea. Non c’era ancora possibilità per iniziare un rapporto nuovo di lunga durata, era stata una superficialità da parte mia l’uscire con Antonella, di fatto illudendola e deludendola (cosa della quale per lungo tempo mi sono rammaricato sentendomi superficiale e colpevole). Nei mesi successivi, qualche amicizia, qualche uscita con altre ragazze, serate a ballare ma chiacchiere e Coca Cola, niente ‘birra’ . Con nessuna. Avevo altro per la testa. L’università: ero stato a Pavia per scienze politiche. Non avevo capito niente rinviando tutto ad altri giorni da venire (se ne sarebbe riparlato al ritorno dalla Naja) e contemporaneamente avevo avuto opportunità di lavoro con una compagnia d’assicurazioni prima, un’impresa edile poi è infine qualche mese in banca a Castell’Arquato. Anni dopo da altri avrei saputo che anche Cesarina si era avvicinata all’università a Piacenza ma … aveva sbattuto il naso sulla porta a specchio, quella che porta non era e, alla fine, sarebbe arrivata all’impiego in banca. Insomma, un ottimo partito, “una brava ragazza che meriterebbe più di un pensiero“, ma non era per me il tempo d’amare. Nessuna. Avevo altro per la testa. Certo, in gita all’Elba avevo conosciuto Giovanna e in città Stefania aveva combinato di farci ballare stretti stretti al People, localino in via Chiapponi. Ma lei era molto giovane e poi, ripeto, avevo altro per la testa e con Mino siamo partiti per la Costa Azzurra alla ricerca di spiagge libere e di belle ragazze. Ne abbiamo vista una in topless da lontano ma altre due pur sorridendoci guardando i nostri jeans, le nostre camicie, i fazzoletti al collo, han detto “ma vestiti così con voi non balla nessuna“. Eravamo a Cannes, la snob, mica a Milano Marittima! Così via, partenza per Misano al festival rock vietato dal PCI, l’autostrada occupata, gli idranti della polizia, per concludere personalmente quell’estate 1974 con un treno che mi portava a Cuneo prima e Aosta poi. Lassù tra i monti, la penna nera al cappello, alzabandiera e “signorsi, signor Tenente” e via un calcioinculo dal SottoTenente alla prova di lancio della bomba a mano perché “soldato, sei un cagasotto!” (“fà ‘n culo, cretino bastardo, fa che ti ritrovi dopo il congedo…Signorsì signor SottoTenente”). Agosto 1974, “La sveglia del mattino rompimento di coglion, il primo che si sveglia è il più fesso del battaglion“. Nel mio cuore sempre Giuliana e un certo rammarico per Giovanna. Gli altri stavano con la foto della ragazza nel taschino, ricevevano lettere e telefonate. Io niente salvo qualche telefonata con mamma e papà, mi sentivo un po’ molto solo così… ho scritto a Giuliana. Lei ha risposto. Raccontandomi del suo nuovo amore. Ma che gratificazione, lei paro paro al SottoTenente. Mai pensato invece di scrivere all’amica Cesarina. Fu forse un errore non pensarci? Chissà. Comunque chi dorme non piglia pesci e sarebbe inutile poi rammaricarsi 50 anni dopo. Ma intanto, a dicembre, in licenza, festa di capodanno, ho conosciuto Mina. Qualche giorno dopo ho suonato a casa sua, siamo usciti e Giuliana, coi suoi nuovi amori (nel frattempo come mi scrisse, finiti) era dimenticata. Ma anche lei, Mina, nonostante altri anni insieme, non era la donna della mia vita. Un giorno, anni dopo, di nuovo libero, avrei conosciuto Dalila e così eccoci, l’altro giorno, noi due insieme, una lunga vita alle spalle, una vita ancora da vivere davanti, eccoci qui con la “famiglia larga” alla Cernusca, un figlio, Fabrizio, e una nuora, Elettra, con due nipotine in Nuova Zelanda da ormai quasi due anni sentiti in mattinata via whatsapp, un altro figlio, Edoardo, con un’altra nuora, Daniela, e nipotino di appena 20 mesi seduti con noi insieme agli altri nonni. E Cesarina? Un volto sorridente tra i tanti su una fotografia di 51 anni fa! Mai rivista, da allora, mai cercata e quell’idea di quell’altra nostra compagna di classe che ci avrebbe visti bene insieme persa nelle nebbie del tempo passato. Mai rivista, Cesarina, dicevo. Fino a pochi anni fa (10? 15?) quando nel corridoio dell’Ausl dove stava il mio ufficio t’incontro una ragazza coi capelli neri che mi saluta, mi ferma, mi parla, “ma lo sai chi sono?” “Ma certo!” la mia pronta risposta ma in realtà l’ho presa per un’altra e solo quando se n’è andata ho capito chi, dopo tanti anni, avevo ritrovato… a mia insaputa. E a quel punto inevitabile il chiedermi “ma se in quei giorni lontani, finita la scuola, l’avessi cercata? Una telefonata, un giro fino al suo paese?”. “Se da lassù, in marcia sul Cervino a quota 2400 avvolti nella tempesta di neve col cappello e la penna nera intirizziti, avessi ben pensato di scrivere a lei invece che a Giuliana? Se quella comune amica che c’avrebbe visti bene insieme avesse avuto ragione? Chissà, magari le nostre vite sarebbero state altre vite“. Ma coi se e coi ma tardivi non si va da nessuna parte. E a tavola, in questo 15 agosto 2024, Ferragosto, qui alla locanda Vacca ‘l Suino, sarei con chissà quali altre genti. Già. Ma sui se e sui ma non si costruisce il passato e tanto meno il futuro per cui tutto finito lì. Solo che passati altri anni, nel 2016 presentando un mio libro in un paese della provincia … tra il pubblico riconosco proprio lei. Mi sarebbe piaciuto scambiare qualche chiacchiera, raccontarci di quello che avevamo fatto dopo il diploma, che vita ha avuto lei, in quale banca ha lavorato, chi ha sposato, quali figli ha avuto, ma non ne abbiamo avuto la possibilità, io ero richiesto al firma copie e lei impegnata coi suoi conoscenti per poi andarsene. Il libro l’ha acquistato. Si raccontava di quel 1° maggio 1986, quando la nube radioattiva fuoruscita dalla centrale nucleare di Chernobyl è arrivata e scesa sulla pianura padana. Spero le sia piaciuto. Nella stessa biblioteca sono poi tornato nel 2021 con un nuovo libro, speravo in un nuovo incontro ma niente da fare. Come mi è stato detto da Elisabetta, la bibliotecaria, “probabilmente sta occupata a far la nonna“. Diamine, come passa il tempo, “anche lei già nonna?“. Per inciso: ho poi pubblicato altri due libri, nel 2022 e nel 2023, ma dalla biblioteca di quel paese non ho più ricevuto inviti. Comunque intanto, di fronte al mio stupore per quella foto, Sandro ha rivelato che gliel’avevo mandata io qualche anno fa!!! “Ma và, cosa dici, quella foto non è mia“, ma Daniela conferma, “l’hai proprio mandata tu via whatsapp” e, davanti alla nuora che è voce di verita non posso far altro che tacere. Il guaio è che ha ragione e quindi probabile si possa parlare di rincojonimento mio? Succede poi alla sera dello stesso 15 agosto, Ferragosto 2024, faccio una ricerca e scopro che effettivamente due anni fa (maggio 2022) un’altra compagna di classe di quegli anni, Loredana, dopo avermi ‘riscoperto’ in facebook me l’ha inviata ed era stata occasione per parlare anche allora di Cesarina e di quella ‘simpatia’ che ho sempre pensato fosse amicizia e niente di più, da parte di entrambi. Poteva essere altro? C’era una possibile base nascosta di un interesse diverso? Una notizia che Loredana ha definito un vero e proprio scoop, sorprendente, mai per parte sua sospettato nulla del genere. Un inciso a latere: ero andato a trovarla, Loredana, negli anni della scuola. A casa sua, forse con Angelino, a Borgonovo, paese della Val Tidone che in un allora ancora lontano futuro avrebbe avuto un ruolo fondamentale nella mia vita. Lì abitava un amico e collega di lavoro a partire dagli anni ’90, Fausto Chiesa, che ho frequentato e insieme abbiamo girato per la provincia portando le mie poesie e le musiche all’organetto diatonico di Francesco Bonomini, abbiamo insieme fatto due libri e li abbiamo portati nel castello del paese, il salone stracolmo. Emozioni da leggenda. Ho chiesto a lui e ad altri borgonovesi notizia di Loredana ma niente da fare, probabilmente aveva lasciato il paese. Mi ha fatto piacere quando, via facebook, mi ha contattato praticamente 49 anni dopo. A questo punto mentre il cameriere, il nostro amico Paolino porta i primi (a ciascuno il suo ordinato: gnocchi al sugo di fassona, anolini stesso sugo, pisarei e fasò), ho restituito il cellulare con la foto a Sandro dedicandomi al gustoso piatto. Ovviamente accompagnato dal tradizionale scodellino di vino rosso come d’uso nelle bettole, nelle locande e nelle osterie dei tempi andati che per fortuna ritornano. Ed ecco il Ferragosto edizione 2024, “sapete che a dicembre partiamo, abbiamo già i biglietti, 22 ore di volo, 10 ore di soste negli scali e finalmente saremo a Wellington, Nuova Zelanda, da Fabrizio, Elettra e le bambine“, dice nonno Roberto, “sicuro, lo sappiamo” e par di notare un velo di invidia da parte di chi non può andare per fatti di salute. “Resteremo tre mesi, fino ai compleanni delle bambine a febbraio” e qui qualcuno s’attacca alla sedia per non ritrovarsi sdraiato a terra: “ma allora infierisci, questa è una pugnalata al cuore senza pietà“. Chiacchiere, ovviamente grandi attenzioni per il nipotino che mangia, beve da solo e giunta l’ora del gelato si prende lo scodellino del babbo e chi s’è visto s’è visto. Salvo un imprevisto involontario movimento maldestro e lo scodellino (comunque ormai vuoto) prende il volo e finisce in mille pezzi. Succede ai grandi, figurati ad un bimbo di non ancora 20 mesi. Succede. Paolino arriva con scopa e paletta, i cocci finiscono nell’apposito bidone e la festa continua. Fino a quando “scusate ma devo andare a trovare mia madre, sapete che ha problemi“, dice nonna Luigia, ci si alza, è l’ora di metter mano chi alla carta di credito chi al bancomat, far di conto e quel conto pagarlo con l’oste cuoco d’eccellenza, Marco, che ringrazia di tutto cuore e invita tutti a ritornare quanto prima, “tranquillo, succederà presto” assicura Dalila pienamente condivisa da me, da Edoardo, da Daniela che della locanda siamo estimatori da tempo. Ora ammiratori dei primi, ora dei secondi, per tacere dei salumi. Salame con la gussa, coppa, prosciutto e quella pancetta che la mangi ad occhi chiusi così ti senti volare su in Paradiso al desco degli Dei. E la glicemia sale alle stelle e il diabete balla suonando l’ocarina. Così, dichiarata conclusa la festa, ciascuno alla sua auto, “ciao a tutti, alla prossima festa“, tutti al rito del bacetto al nipotino felice tra le braccia del suo babbo e per questo generoso di saluti con la manina e baci di ritorno per poi essere seduto da mamma sul seggiolino nel sedile posteriore dell’auto. Ed è partenza verso un altro orizzonte. Così io e Dalila, 41 anni di vita insieme per tacere dei 4 anni da fidanzatini, con tanto di vissuto, non ci neghiamo una sosta a Casino Agnelli da Valentina e dalla mamma Maria Rosa per un caffè e un arrivederci perché, dice, “sapete, il pizzaiolo che doveva lasciarci è tornato così ora facciamo la pizza anche a mezzogiorno, mi raccomando, vi aspetto“. “Certo, non mancheremo, magari quando ci sarà meno confusione“. “Vi aspetto, tornate presto“. Mi fermavo a Casino Agnelli già negli anni di quando lavoravo in ospedale a Bobbio, si mangiava, si scambiavano due chiacchiere con MariaRosa e col marito ma soprattutto con un saluto a quella ragazzina che era Valentina e che ora il piccolo Daniel chiama mamma. Con Dalila siamo poi tornati con i nostri figli piccoli e intanto Valentina cresceva, studiava giù in città. Poi è arrivata l’esondazione della Trebbia, il campeggio allagato, la nostra piccola isola felice distrutta. Eppure abbiamo continuato a venire mentre Valentina si diplomava ragioniera e infine, ormai sposa, prendeva in mano la conduzione dell’impresa con la mamma al fianco e l’aiuto del marito. “Certo che verremo, ne potresti mai dubitare?“. Di nuovo in auto lungo la vecchia Statale 45 giù verso la pianura e a Rivergaro deviazione per Gossolengo, poi a prendere stradine di campagna dove ormai tanti anni or sono se n’approfittava per qualche sosta tra verdi e fresche frasche ch’era poi meglio tacerne al babbo di lei mentre il babbo mio avvertiva “sii prudente, figlio mio, vacci piano se non volete trovarvi in compagnia prima del tempo“. Altri tempi, ricordi della nostra vita passata, dei nostri anni spensierati che cullano la mente e il cuore, che fanno sorridere. E via fino a Strada della Regina per un saluto alla casa dove tante volte siamo stati a chiacchierare con Fabrizio ed Elettra e le due nipotine prima della loro partenza per la Nuova Zelanda. E ancora Quarto, “che ne dici“, propone Dalila, “perché non telefoni a Roberto?“. Già, abbiamo passato diversi Ferragosto insieme a lui e Rita ed ormai son 4 mesi che è in ospedale, “penso gli faccia piacere“. Faccio il numero, risponde, si sente malissimo, riprovo con Whatsapp e la linea cade. Riprovo e “accidenti Roberto, finalmente ti si sente la voce, l’hai ritrovata“, parliamo, cazzeggiamo, ritroviamo l’amico di sempre anche lui finalmente nonno e il viaggio di nulla e d’amicizia prosegue. San Bonico, di provinciale in provinciale, Pontenure, Valconasso, San Giorgio. “Sai che stasera potresti venire a mangiare con noi dal Perazzi?“. Proposta che cade nel vuoto. Naturalmente. Ci vorrà qualche giorno ancora prima che i camici bianchi forse lo lascino finalmente libero. Però dal Perazzi ci fermiamo lo stesso. Per salutare Alessio. Trattoria Perazzi, sembra d’entrare in un locale anni ’50, prima stanza il bancone del bar, due tavoli con tovaglia a quadretti bianchi e rossi difficile manchi una bottiglia di vino e qualcuno che parla in dialetto, a sinistra la cucina regno della signora Maria, poi la sala pranzo con la stufa a legna al centro, vecchie tavole e sedie bianche di legno che sembrano uscite da un film del dopoguerra, alle pareti immagini del partigiano combattente, lo zio di Alessio. Alessio, laureato, figlio e aiutante della signora Maria, regina della cucina rigorosamente casalinga. Abbiamo sempre il Roberto al cellulare, vogliamo farlo salutare dall’Alessio. Che non c’è. C’è la Maria che è la mamma e soprattutto la cuoca così il telefono lo passiamo a lei, “mi raccomando, l’aspettiamo presto, signor Roberto“. Così lo salutiamo “ciao Roberto, a presto allora, ci raccomandiamo” “ciao ragazzi, grazie, vi faccio sapere” “click” e ci sediamo. Chiacchieriamo con la Maria, “oggi è stata una bella giornata, avevamo la sala piena e gente che mangiava fuori“. Arriva gente, gente di paese, un manovale e il suo socio muratore, un ragazzo con un ragno tatuato sul polpaccio, pare lavori nei campi qui vicino. “Maria, per noi tre bianchi“. Entra la Stefania, si gioca sui doppi sensi e un altro prende una birretta. Entra un francese, ordina per un tavolo esterno, per un attimo cala il silenzio al bancone. “Ma quello è straniero?“, chiedo io. “No, no, quello è francese“. “Son quelli che non hanno il bidè“, “e portano la baguette sotto l’ascella sudata“, “brutta gente“, “io a uno di quelli gli ho fatto mangiare i denti!“, “ma dai, perché puzzava?“, “no perché m’aveva detto figlio di puttana e la mia mamma va lasciata stare!“. Giusto, la mamma non si tocca mai. “E nemmeno le sorelle!” “lè una bela fiola to surela“, dice uno con un sorriso malizioso, “lo so che c’hai voglia di toccarle il culo ma prima o poi ta stac la testa” e vola una pacca sul braccio che poco ci manca lo rompa davvero. Intanto arriva Alessio, qualcuno chiede un altro bianco, si cerca il bottiglione che la Maria dice essere nel frigo ma nel frigo l’Alessio non lo trova, la compagnia degenera in frizzi, lazzi e risate. “Dalila, son le sette, sarà ora d’andare a casa, che dici?“, “come vuoi, aspetta che porto ad Alessio i saluti di Roberto“. Così salutiamo tutti con appuntamento ad una prossima cena a base dei succulenti gnocchi annegati nel gorgonzola serviti in apposito pentolino, magari presenti Roberto e Rita che se vorranno possono scegliere i tortelli burro e salvia il tutto annaffiato col buon vino rosso di cantina contadina della Val Chero. Decisamente una giornata con Dalila, Edoardo, Daniela, nipotino, consuoceri e consuocere oltre idealmente – sia pur da distanza – a Fabrizio, Elettra e nipotine … ricca di sorrisi. Chissà dove e come avranno passato il Ferragosto Cesarina, Giuliana, Antonella, Loredana e tutti i ragazzi e le ragazze di quella foto di 51 anni fa ritrovata oggi nel cappello magico del cellulare di Sandro, allora uno dei compagni della V^ sezione A oggi, incredibile ma vero, nostro consuocero. Quanto al domani … si vedrà, aspettando il 15 d’agosto del 2025 quel che sarà, sarà.