“Aria malata, problema dei problemi. Serve presa di coscienza collettiva”, articolo di Antonella Lenti pubblicato da Corriere Padano, edizione del 14 marzo

Smog in citta (FotoDELPAPA)

Parlare di traffico, smog e dei rimedi per affrontarli a Piacenza assume un certo che di stucchevole. Tanto stucchevole da diventare quasi mortificante e da far pensare “ma che lo dico a fare, tanto non si fa niente”. Parole, impegni, ancora parole, ancora impegni poi regolarmente disattesi anzi, al primo bau-bau che si alza da qualunque parte, si accantona tutto. Impuntature e opposizioni tanto più spaventevoli se arrivano da importanti settori sociali o economici (o da entrambe). Una storia che si ripete. Infatti, come ripetutamente si è detto, il copione si ripropone ogni volta. Senza soluzio e. Una sensazione che a dir poco stanca e che porta all’indifferenza, all’apatia o spinge a girare le spalle a questa città in cerca di luoghi meno “contaminati”. Ma dove? L’aria intossicata da polveri fini infatti non si ferma alla  città ma arriva addirittura alla prima collina tanto da documentare – lo si può fare con un sistema satellitare di cui sono ormai forniti tutti gli smartphone – che la qualità buona la si trova spesso a partire da Bettola e Bobbio andando il su. Tutto quel che si colloca sotto quella linea si colora costantemente di giallo, rosso quando non al violetto… Al tema stringente partecipa anche una parte di cittadini che ha forse vissuto sulla pelle gli effetti che questo inverno “polveroso” ha prodotto sulla loro salute. Incitano a mettere a dimora alberi che con il loro ciclo naturale assorbono anidride carbonica e rilasciano ossigeno. Anche questo è giusto ed è una strada mai percorsa seriamente. Ma poiché i tempi di crescita degli alberi non sono brevi bisogna accelerare. Lo si fa? Non lo sappiamo con certezza. E se lo si fa quanto sono evidenti i risultati?

Sarebbe necessario avviare un osservatorio verde. Un’idea potrebbe essere un cartellone luminoso alle porte della città che desse conto di quanti alberi sono stati messi a dimora, ma non solo, anche della quantità di ossigeno prodotto e di anidride carbonica assorbita. Forse la presenza di una Facoltà di agraria a Piacenza potrebbe rendere possibile questa idea… La sensibilizzazione collettiva la si fa anche così. Nel concreto. Accanto alla vita degli alberi nel Piacentino sarebbe interessante capire qual è lo stato del suolo. Ricordandoci che siamo in una Regione in cui si è proclamato il consumo di suolo zero. Sarebbe così altrettanto interessante conoscere quando suolo è stato “risparmiato” dopo la legge e quanto ne è stato consumato navigando nelle possibilità date dalle norme della legge stessa… Da un lato si toglie, dall’altro si dà e i conti restano invariati. È così? Sarebbe materia di interesse pubblico che potrebbe trovare spazio nel suddetto tabellone elettronico utilizzato per il conteggio del bilancio ecologico fornito dall’apporto degli alberi. L’una cosa si tiene con l’altra, aiuterebbe a capire e forse accederebbe qualche coscienza ambientale in più.

Scelte non a spot

Tutto questo indica come le scelte da adottare non possano essere piccoli spot circoscritti a una via, a una zona o a quell’altra, ma devono investire l’intero sistema. Dal modo di produrre, di muoversi su-su fino al modello di sviluppo. Ma questo è un altro capitolo della storia i cui tempi di realizzazione non sono certamente brevi. Lo ha detto la stessa sindaca Tarasconi che tra le grosse questioni c’è l’autostrada che lambisce a poca distanza la piazza principale della città o pure della difficoltà a controllare la temperatura nelle case o ancora limitare la circolazione delle auto non idonee… ma poi quante persone coinvolgerebbe? Si chiede la sindaca. Quindi il problema è davvero enorme, ma da qualche parte bisogna cominciare e deve essere affrontato qui e ora. Forse è possibile attraverso vari percorsi. Ma non certo dando per ineluttabile la condizione in cui si sta vivendo in questo primo scorcio di 2024. Tanto più oggi con l’approvazione del Piano regionale per l’aria (PAIR) nel quale la stessa assessora regionale Irene Priolo tra l’altro dichiara: “Nel tempo abbiamo capito che l’unico modo per ottenere dei risultati è promuovere azioni su più settori e a vari livelli. Dobbiamo agire insieme per ridurre le emissioni del traffico, del riscaldamento domestico – in particolare a legna e pellet -, dell’agricoltura e degli allevamenti e dell’industria. Lasciando indietro uno solo di questi settori i nostri obiettivi diventerebbero irraggiungibili. Non possiamo però agire da soli: dobbiamo continuare sul percorso intrapreso e potenziare la collaborazione con le altre regioni del Bacino padano, richiamando anche il Governo nazionale alle proprie responsabilità, perché l’inquinamento non rispetta i confini amministrativi”. Lo si fa? In che misura?

Imperativo rimboccarsi le maniche

Che si viva in un’area quanto meno difficile dal punto di vista meteo lo sappiamo da sempre. L’aria della pianura padana è ferma, non si muove e quindi stazionano a terra le sostanze inquinanti che respiriamo a pieni polmoni. Pescando nella memoria ci si ricorda di quando, nel 1978, in una nota trasmissione televisiva (Portobello guidata da Enzo Tortora) ci fu chi lanciò l’idea di “tagliare la testa al Turchino”, monte ligure individuato come l’ostacolo che blocca le correnti marine che avrebbero potuto, al loro passaggio, spazzare via la nebbia della pianura padana e, al contempo, alleggerire l’aria resa pesante dalle polveri sottili. Già allora l’aria era pesante tanto che all’inizio degli anni Ottanta la denuncia di un cittadino portò al sequestro da parte della pretura di una centrale elettrica funzionante a gasolio. La proposta di abbattere il Turchino (672 metri di altezza da cui l’omonimo passo) naturalmente divenne un episodio di divertito colore. In queste settimane, con le centraline che giorno dopo giorno ci hanno consegnato un’aria pessima a partire dall’inizio dell’anno fino ad oggi, quella boutade è tornata nel racconto sulle pagine dei giornali. Se è una contraddizione pensare di contrastare i problemi di inquinamento odierni causati dall’impatto delle attività umane sull’ambiente con un’altra di pari se non di peggior effetto, resta il problema da affrontare che imporrebbe tempi stretti per tracciare una via nuova e almeno ridurre gli effetti di una situazione che sta peggiorando e provocando, come si diceva e non si deve dimenticare, forti danni alla salute di tutti. I polmoni di tutti in primis, ma non solo come spiegano (spesso inascoltati) i medici. Intanto si discute delle misure da adottare per decongestionare il traffico cittadino che, come è già stato ricordato su questo spazio, sta oltrepassando il livello del caos.

Le proposte in campo

Se ne discute. Lentamente si fanno valutazioni e si programmano le prime sperimentazioni a partire dal 2025. Le proposte che si stanno elaborando – di cui si parla in queste settimane – riguardano i contenuti del Piano urbano del traffico che sarebbe “il braccio” operativo del Piano della mobilità sostenibile (PUMS) licenziato nel lontano dicembre 2020. Quel piano dunque sembra rivitalizzarsi con alcune soluzioni di razionalizzazione del traffico come il senso unico  sullo Stradone Farnese (unendo le due ciclabili che diventerebbe una sola per andata e ritorno) creando la corsia preferenziale per i pullman (si accelererebbe così l’andatura lumaca) che sarebbe la prima in tutta la città e infine una sola corsia di marcia per i veicoli. Una modifica (replicata anche in via IV Novembre) che evidentemente comporta un lavoro di progettazione “di fino” per intersecare tutte le strade minori che insistono sulle due arterie senza che le modifiche provochino i “traffic jam” a cui peraltro si assiste quasi di norma nelle ore di punta (succede a tutte le barriere negli orari di entrata e uscita dalla città). Ma questa è un’altra questione. Sono primi passi per iniziare ad affrontare un problema che si è ingigantito oltremodo, spinto – a parte il periodo della costruzione delle rotonde – dalla mancanza di iniziative precedenti per ridurne l’impatto.

La risposta degli ambientalisti

Una timida accoglienza a queste idee espresse dagli assessori competenti in queste settimana è venuta sia dagli ambientalisti (buona la valutazione di Legambiente sulla trasformazione a sensi unici delle strade suddette) sia dall’associazione Amolabici che però non mancano di rilevare il cuore della questione: troppe auto in città. Da un lato Legambiente, attraverso la sua presidente Laura Chiappa segnala la necessità di parcheggi scambiatori. Una proposta non nuova che, lei stessa ricorda, fu avanzata già nel 2004. E se l’interrogativo dell’amministrazione verte sul dove trovare lo spazio “sufficientemente grande” per crearli i parcheggi scambiatori, la risposta che arriva dagli ambientalisti è pronta. “Se ne faccia uno nella zona del cimitero e un’altra nella zona retrostazione”. Ricordando che nel Piano della mobilità sostenibile ne vengono addirittura ipotizzati 8. Due idee che si aggiungono a quella già esternata dalla stessa sindaca Tarasconi che lo individua nella zona di Sant’Antonio per intercettare tutto il traffico che arriva dalla zona della Val Tidone. Per gli ambientalisti  l’eventuale intervento sulla fluidificazione del traffico è una risposta debole e non basta. Serve la riduzione dei veicoli circolanti. Da loro arriva anche una sferzata rivolta alla sindaca Tarasconi perché “non si è approfittato del PNRR per finanziare il progetto di metropolitana di superficie da Castel San Giovanni a Fiorenzuola che è previsto e anche puntualmente ignorato dal Piano territoriale provinciale per ridurre i flussi di traffico fra Comuni di provincia e capoluogo”.

Parcheggi scambiatori e trasporto pubblico

Il tema dei parcheggi scambiatori poi, oltre alla zona e allo spazio necessario  per realizzarli, intercetta un altro problema: quello del trasporto che raccordi gli stessi parking con le zone centrali. E quindi risorse e investimenti nei bus navetta di collegamento ma anche bici (soprattutto nella bella stagione) e relative piste ciclabili sicure. Due problemi nel problema che investono anche una ridefinizione del trasporto pubblico che, evidentemente, riducendo il passaggio delle auto in alcune zone semicentrali della città, necessitano di un potenziamento. Cosa peraltro già necessaria per incentivarne l’utilizzo. Infatti la diminuzione della circolazione di auto private sulle strade cittadine (sullo Stradone Farnese stimati 3.000 veicoli al giorno) passa per l’uso del trasporto pubblico che, per essere appetibile, deve essere capillare e puntiforme… Molto diverso da quello che è ora.

Cappa di smog da Groppo Arcelli

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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