Un piccolo uomo come tanti, una mattina come tante. Ieri, 24 anni dopo Chernobyl, a Caorso, non più nucleare e una tua poesia

 

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Caorso, 26 aprile 2010, fiaccolata antinucleare

  Foto da Libertà, quotidiano di Piacenza

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27 aprile 2010. Come ogni mattina ti svegli, almeno si fa per dire. A passo lento, strascicato, ti dirigi verso il bagno pensando con rabbia a quanti anni ti mancano alla pensione. Fa’ ‘n culo. Sei stanco di assistere allo scempio dell’etica. Da parte dei tuoi stessi compagni. Dagli amministratori che in Emilia s’ammantano di sinistra, di giustizia, di equità e intanto prendono scorciatoie, assumono fuor di concorso e inondano di quattrini le mogli dei funzionari fedeli. Come meravigliarsi poi se la Lega ottiene consensi anche tra la tua gente? Ti guardi allo specchio, quel tuo viso invecchiato, affaticato dal tempo e dai tuoi errori, dalle tue illusioni soffocate dalle ragioni di chi detiene il potere e se lo vuole conservare costi quel che costi. Operazione uno, lavi i denti superstiti, se tu ci pensavi in gioventù ora ne avresti molti di più. Una bella rima di prima mattina in ù. Tua moglie, la tua compagna di vita, è già a lavorare, la sua sveglia suona poco dopo le cinque. Qualifica operaia, nessun regalo, nessuna facilitazione, nessuna raccomandazione. C0erenza. Pagando tutti i prezzi annessi e connessi. I tuoi figli dormono. Quello giovane due sere lavora in pizzeria e col ricavato, 50 euro brevi manu, vuole pagarsi la scuola di fumetto. Quello grande, laureato, per ora sputa sangue, dura la vita se alle spalle non hai padroni e men che meno padrini, di destra e di pseudo sinistra. Operazione due, col Gillette ti fai la barba, nessuna vergogna nel guardarti allo specchio, sull’ingresso del bagno s’affaccia il muso del tuo cane, espressione interrogativa, sarebbe l’ora della passeggiata mattutina amico uomo mi scappa la pipì. Merde, ti stava fuggendo via il tempo, sei in ritardo, anche per te vale la legge dell’orologio marcatempo. Squilla il cellulare. Lidia. Dovete chiudere entro la mattinata la relazione su quel fatto del laboratorio. Ma Valeria ha la febbre, niente asilo e Lidia resterà a casa, a Caorso. Lidia. Fa la mamma e il lavoro arriva dopo. Giusto. Il lavoro al servizio del vivere individuale, non viceversa. Di nuovo, il cellulare. L’altro, quello personale, quello che hai lasciato in camera, sul comodino. E’ sempre più tardi. Akira, il tuo amico cane, ti guarda, ti supplica, non ce la fa più, limite della tolleranza superato anche se lui, al suo amico uomo, perdona tutto. Ma la pipì non la contiene più. Risquilla il cellulare. Ancora in mutande, calzette blu e maglietta della salute corri in camera, raggiungi il comodino, clicchi sul tasto verde. Ferruccio. Ieri sera la fiaccolata a Caorso. Contro la politica energetica del governo, contro il ritorno al nucleare, tecnologia superata, obsoleta, ne perde il Paese ma ne guadagna l’imprenditore Berlusconi. Ma che ci capisci tu, che ne sai della ragion di Stato e di poltrona? Credi nella forza del vento, nell’energia e nella luce del sole, era naturale, logica, la tua presenza in corteo, ieri sera, alle 20.30, a Caorso, il paese della bassa a due passi dal Grande Placido Fiume, dalla più grande centrale nucleare italiana, vecchia, obsoleta, dismessa. Per ora.  500 persone. Lo leggi in internet, mentre Ferruccio ti racconta, sulle pagine dei due quotidiani locali, ignorando gli uggiolii di Akira, steso sul pavimento. Non conosci i dati della Questura ma non te ne preoccupi, non hai mai avuto simpatia, per i questurini e men che meno fiducia nelle loro verità. Una bella serata, una fiaccolata, dalla piazza del paese della bassa lungo via Roma fino al ponte Chiavenna. Hai disertato. Era la sera del compleanno di tuo figlio, quello piccolo, quello da stamane ventiduenne. Dal ponte, ti dice Ferruccio, i bambini hanno lanciato fiori bianchi nell’acque del fiume, poi sono state lette poesie che ricordano Chernobyl, il disastro nucleare di 24 anni fa. Ad un certo punto è salito sul ponte un ragazzo pelato, non si sa chi fosse, Ferruccio non lo sa. Ma ha annunciato, dice, la lettura d’una tua poesia, di quella che racconta d’una landa lontana dove non volano più aironi bianchi, dove regna il silenzio del disastro radioattivo, 'laggiù ci stava un mare verde'. Chernobyl. E la tua poesia, scritta sette anni fa, poi pubblicata sul tuo primo libro. Ti gira un po’ la testa mentre velocemente t’infili camicia e pantaloni. Tu. Poeta. Nessuna scorciatoia, nessuna raccomandazione. Riconosciuto. Per le tue idee, per i tuoi valori. Ti gira un po’ la testa. Akira non resiste più, esci di corsa mentre lui s’affanna a tirare il guinzaglio allo spasimo, destinazione la prima pianta raggiungibile. Ancora verde, ancora viva, pianta denuclearizzata.

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Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

Una risposta a “Un piccolo uomo come tanti, una mattina come tante. Ieri, 24 anni dopo Chernobyl, a Caorso, non più nucleare e una tua poesia”

  1. Caro Claudio, come sempre la tua è una scrittura che scava, che, pur leggera, fa emergere i problemi, le piaghe che affliggono il nostro paese.
    L'Italia è un Paese malato, e i medici non ci sono. Rimangono i Poeti, come te. Rimane la loro denuncia.
    La poesia letta a Caorso è bellissima. Grazie.

    Milvia

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