“La leggenda degli amanti di Teruel, Juan e Isabel”

La storia degli amanti di Teruel è una leggenda spagnola tanto romantica quanto tragica, molto sentita dagli abitanti del comune dell’Aragona, dove ogni anno si festeggia l’amore mai vissuto tra due giovani del luogo.

La storia dell’amore tra Juan de Marcilla e Isabel de Segura ha origini molto antiche, ovvero risale al XIII secolo e nel tempo ha oltrepassato i Pirenei, diffondendosi in tutta l’Europa. I due giovani si conobbero da bambini e ben presto la loro amicizia divenne tanto forte da trasformarsi in amore. Isabel era l’unica figlia di una delle famiglie più ricche della città, mentre Juan, pur essendo figlio di una famiglia benestante, era il secondogenito, pertanto non aveva diritto all’eredità. Il padre di Isabel contrastò dal principio questo amore ma, vedendo l’ostinazione dei due ragazzi, decise di proporre un accordo a Juan. Questo patto prevedeva che il giovane lasciasse Teruel per cercare fortuna altrove e di tornare in patria solo qualora fosse diventato ricco da lì a 5 anni.

Juan, forte dell’amore per Isabel, si arruolò nell’esercito cristiano contro l’invasione dei Mori che a quel tempo metteva a ferro e fuoco la Penisola Iberica. Nell’attesa Isabel disobbedì spesso al padre, rifiutando di volta in volta i pretendenti che egli furbescamente le presentava.

Dopo aver sfidato spesso la morte, Juan tornò vincitore e soprattutto pieno di tali ricchezze da offrire alla famiglia dei De Segura. Purtroppo, seppur passato da poco il tempo massimo imposto dal padre di Isabel, la ragazza fu costretta a cedere ed andò in sposa al fratello del signore di Albarracín.

La sofferenza di Juan era insopportabile, ma non si lasciò scoraggiare da quel matrimonio forzato, anzi gli diede una forza tale da escogitare un modo per incontrare la sua amata. Così, spinto dall’amore per Isabel, decise di farsi coraggio e di andare a trovarla nottetempo. Eludendo i soldati di guardia, entrò in casa sua e tra quelle mura, con il costante pericolo di essere scoperto, le chiese un ultimo bacio. La giovane sposa, fedele ai precetti del matrimonio, fu costretta a negarglielo, così, colpito da quel rifiuto più doloroso di una pugnalata, morì di dolore ai suoi piedi.

Il giorno seguente tutti i cittadini erano riuniti per dare l’ultimo saluto al giovane, quando nella navata della Chiesa di San Pedro videro avanzare una donna vestita a lutto e con il volto coperto da un velo. Era Isabel, la quale, avvicinandosi al corpo di Juan, si scoprì il viso e baciò le labbra ormai fredde dell’amato. In quel momento il dolore del rimpianto per la notte precedente fu tale da farla accasciare in terra, senza vita, accanto al suo amore.

Gli amanti di Teruel, olio su tela opera di Antonio Munoz

“Una riflessione sul nuovo ospedale”, intervento di Maurizio Raschellà

Là dove c’è l’erba ci sarà ….

Una riflessione sul nuovo ospedale, progetto dispendioso, non solo per l’acquisto del terreno , ma per alti costi per le opere stradali e urbanizzazione senza contare un inutile consumo di suolo.

Mi domando, alla luce dell’acquisizione dell’ex ospedale militare, non sarebbe intelligente utilizzarlo, per esempio, alle viste ambulatoriali ora nell’ospedale storico e di quelle a barriera Milano, che è una posizione infelice per mancanza di parcheggi?

Anche il centro prelievi potrebbe trovarvi spazio senza problemi di parcheggio, liberando l’ospedale attuale per le nuove esigenze future.

I costi generali sarebbero così molto inferiori, evitando di mettersi in mano ai privati.

Si potrebbe poi trasferire e concentrare gli uffici di via Anguissola a barriera Milano e utilizzare la struttura come scuola di medicina, sarebbe così a due passi dell ospedale storico per il praticantato.

Perché buttare a mare tutti i soldi spesi per il continuo adeguamento per il buon funzionamento delo storico ospedale, molto più comodo da raggiungere rispetto all’area 6?

Ristrutturando l’esistente ci sono ancora spazi da razionalizzare, anche per quanto riguarda i parcheggi.

Insomma perché fare un’opera faraonica se non ci sono le coperture, mentre con la riorganizzazione dell’assistente i costi sarebbero di gran lunga inferiori?

Tra l’altro in tutti i siti che hanno adottato la formula del partenariato è stata una esperienza fallimentare, vogliamo farla anche qui?

Non possiamo prendere esempio dal Gaslini di Genova dove hanno deciso la ristrutturazione dell’esistente?

Oggi come oggi l’attuale ospedale è molto più comodo da raggiungere rispetto alla area 6,, dove o ci arrivi in auto per forza o se in autobus ne devi prendere più di uno aumentando il disagio e la perdita di tempo.

Paolo Milanesi, musicista e scrittore, ieri in via Roma al 163 con il suo “P.O. Box C’era una volta – Genesi di un cantautore e storia di una band degli anni Novanta” (ZONAcontemporanea edizioni): il commento e le foto di Dalila

Mercoledì 14 maggio 2024, Scuola Azzurra di via Roma al 163: Paolo Milanesi, musicista e scrittore, ai “mercoledì coi grilli per la testa”

P.O.BOX C’era una volta…

Un titolo curioso, un musicista particolare, una serata allegramente friccicarella.

Questi i tre aggettivi che inquadrano il nostro terzultimo “Mercoledì con i grilli per la testa”, rassegna culturale che ha come perno gli autori piacentini.

Ieri Paolo Milanesi ci ha raccontato i suoi anni novanta, la sua genesi e la sua vita da musicista in 30 anni di note.

Un particolarissimo mercoledì, interessante e vissuto appieno da un pubblico che dire partecipativo sarebbe sminuirlo.

Mercoledì 14 maggio 2024, Scuola Azzurra di via Roma al 163: lo scrittore e poeta Claudio Arzani, moderatore della serata letteraria

Grazie a tutti, a Claudio Arzani ideatore della rassegna, a Paolo Milanesi scrittore, musicista e permettetemi allegro giullare del pomeriggio, al pubblico che si è felicemente lasciato trascinare in questa ora di felice leggerezza tra note, battute, aneddoti e allegre risate e grazie al sempre presente buffet di Fabbrica e Nuvole.

Vi aspettiamo numerosi come sempre, mercoledì prossimo 21 maggio 2025 con un nuovo interessante argomento, Claudio Arzani e il suo libro “Il soffio del vento da Chernobyl a Caorso” accompagnati dalle note di Francesco Bonomini.

A mercoledì prossimo📖📚🌈🎸🪗

Mercoledì 14 maggio 2024, Scuola Azzurra di via Roma al 163: il pubblico presente

L’8 E IL 9 GIUGNO A VOTARE SI VA

Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini parteciperà all’iniziativa pubblica a sostegno della partecipazione popolare ai referendum dell’8 e 9 giugno su lavoro e cittadinanza, dal titolo “Il voto è libertà! Maratona contro l’astensionismo”. Appuntamento lunedì 19 maggio a Roma nei giardini di Piazza Vittorio Emanuele II, a partire dalle ore 17.00.

“Discesa nelle Catacombe di Parigi: la telecamera abbandonata e il fantasma di Philibert Aspairt”

Le Catacombe di Parigi sono il luogo più inquietante della città. Il 1700 fu un secolo di epidemie e pestilenze che costò a Parigi un gran numero di vittime. Le esagerate tumulazioni provocarono parecchi problemi alla città: odori e rischi per la salute pubblica costrinsero le autorità a prendere una drastica decisione:  tutte le salme sepolte nel grande cimitero della città vennero spostate nella cava sotto la città. Nel giro di poco tempo vennero collocate, all’interno dei 300 chilometri di corridoi estrattivi, circa due milioni di cadaveri. Crearono quindi la più grande necropoli del mondo.

Un luogo così particolare e macabro non può non essere fucina di incredibili leggende e storie metropolitane. Sentirle raccontare dalle guide durante le lunghe visite provoca una certa ansia e ci si guarda spesso attorno, con l’impressione che gli occhi cavi di tutti quei teschi ti stiano fissando.

Ad esempio si racconta che all’inizio degli anni ’90 fu ritrovata da un gruppo di catafili (esperti specializzati nello studio e nell’esplorazione di catacombe) una telecamera abbandonata in una camere dell’ossario più buie. Fortunatamente era funzionante e aveva registrato molti minuti di immagini. L’uomo che registrava si era ovviamente perso. I rumori si sottofondo erano indecifrabili ma angoscianti: l’uomo urlava sull’orlo della pazzia mentre correva per i lunghi corridoi. Dopo alcune corse convulse e disperate lasciò cadere la telecamera sparendo nel buio. Nulla si sa di quell’uomo, se sia uscito dalle Catacombe di Parigi o se ne sia rimasto intrappolato per sempre.

Ma non solo: si vocifera che dopo la mezzanotte, i muri parlino con le voci dei morti. Se ti trovi in quei stretti corridoi dopo tale ora, le voci proveranno a convincerti a scendere sempre più in profondità fino a farti perdere. E da quelle profondità non tornerai mai più.

Proprio come si racconta di Philibert Aspairt, il custode dell’ospedale Val de Grâce. Si recò nelle cantine probabilmente già alticcio per prendere altro liquore. Pensò bene di berne direttamente sul posto e quando finalmente decise di risalire, entrò per errore nelle Catacombe. Girò per ore in quel labirinto fino a quando la luce delle candele lo guidò. Esaurita la luce si perse definitivamente nell’oscurità. Nessuno ebbe più sue notizie per una decina di anni, fino a quando il suo cadavere fu trovato da un gruppo di catafili. Venne identificato per il portachiavi appeso alla sua cintura con le chiavi dell’ospedale. Venne sepolto nelle catacombe, proprio dove fu trovato e una piccola lapide ne ricorda il nome. Si dice che ogni notte del 3 novembre il suo fantasma giri per i corridoi disperato.

Fonte: https://www.partyepartenze.it/

“I portici di Piacenza, pochi ma sempre bellissimi”, lo scatto di Alessandro Bersani pubblicato in Portfolio su Libertà dell’11 maggio

LA FOTO RACCONTA – In tutta l’Emilia-Romagna negli abitati sono presenti i porticati, come quella di piazza Duomo che vedete qui. Partendo da Piacenza che ne possiede per la verità piuttosto pochi via via verso la Romagna se ne trovano sempre di più fino a raggiungere l’apoteosi del porticato a Brisighella (Ravenna). Qui infatti si trova la “via degli asini” che oltre ad essere sopraelevata è completamente porticata. La strada anziché avere i portici sui lati scorre proprio al di sotto di essi ed è quindi tutta coperta. I portici rappresentano un modo intelligente di utilizzare lo spazio urbano perché forniscono una serie di vantaggi. Riparano dal sole e dalle intemperie. Permettono alle persone di incontrarsi e socializzare magari sedute ad un tavolino all’esterno ma al coperto.

Inaugurazione nuova pavimenrazione terzo lotto- Foto Lunini Piacenza –

“La leggenda dell’uomo in rosso delle Tuileries di Parigi”

Jean L’Ecorcheur , l’uomo in rosso delle Tuileries

La vicenda ha inizio nel 1564, quando il Louvre era ancora il palazzo reale in cui dimorava la regina madre Caterina de’ Medici (conosciuta per il suo interesse per le arti occulte). La sovrana di Francia era intenzionata alla costruzione di un nuovo palazzo reale, proprio dove ora si trova il giardino. All’epoca, su quel suolo si trovavano dei capannoni di una vecchia fabbrica di tegole (tuiles e da qui Tuileries) e un mattatoio. Caterina de’ Medici ne avrebbe quindi ordinato la distruzione per far posto alla nuova regia.

Nel mattatoio lavorava un macellaio chiamato Jean L’Ecorcheur (scuoiatore), personaggio scomodo alla regina, per via dei tanti segreti di corte di cui era a conoscenza. La sovrana ne ordinò quindi la morte, che avvenne per mano di un cavaliere, chiamato Neuville, il quale lo trafisse con la sua spada. Prima di morire il macellaio lo maledisse e promise che sarebbe tornato e avrebbe avuto la sua vendetta. Da allora Neuville cominciò a sentirsi seguito da una strana presenza, ogni volta che si trovava nel palazzo delle Tuileries. Si trattava proprio del fantasma macellaio, tornato come promesso, coperto da un mantello rosso sangue.

L’uomo in rosso, in cerca di vendetta nei confronti di Caterina de’ Medici, apparve in sogno all’astrologo della sovrana, Cosimo Ruggieri. Questo disse che il fantasma gli aveva preannunciato l’allontanamento della regina dal palazzo delle Tuileries e la morte della stessa vicino Saint-Germain. Caterina de’ Medici, ossessionata dall’uomo in rosso, avrebbe evitato per tutto il resto della propria vita i luoghi legati a Saint-Germain, per sfuggire alla vendetta dell’uomo in rosso. La profezia si rivelò esatta quando la sovrana di Francia poco prima di morire (nel castello di Blois nel 1588), scoprì che il suo confessore si chiamava Julien de Saint-Germain.

Il fantasma dell’uomo in rosso delle Tuileries non perseguitò soltanto Caterina de’ Medici, ma apparve anche ai successivi sovrani, preannunciando orrore e sventura. Tra i casi più celebri si dice che l’uomo in rosso sia apparso alla regina Maria Antonietta nel 1792 (l’anno prima della sua morte), a Napoleone Bonaparte, poco prima della disfatta di Waterloo nel 1815 e a Luigi XVIII nel 1824, poco prima di morire per motivi di salute. L’ultima apparizione del fantasma di Jean L’Ecorcheur risale al 1871, quando il palazzo delle Tuileries venne distrutto in un incendio e raso al suolo. Secondo alcuni testimoni l’uomo in rosso sarebbe scomparso avvolto tra le fiamme, trovando finalmente la pace (e la sua vendetta).

Fonte: https://parigi.italiani.it/

les Tuileries di Parigi

“Il giardino”, lirica di Elia Bianco, poeta in Pozzuolo del Friuli (UD) con la recensione di Gian Carlo Lisi in Controverso (BuonaSera24.it)

È un giardino dove poter gridare forte
Gridare forte facendo l’amore
È un giardino di sesso e di amore
Senza l’ombra della distinzione
È un giardino innevato e fiorito
Senza stagioni al passato
È un giardino fruttato, disperato,
Dove ci si ama anche quando piove
È un giardino dove siamo disperati
Innamorati senza l’ombra della distinzione
È un giardino a piedi scalzi
Senza sveglia, senza vestiti, coi nostri odori
È un giardino dove ritrovi ogni tuo amore
Che è una cosa soltanto, e assomiglia al tuo nome
È un giardino dove accarezzo i tuoi fianchi,
Dove mai siamo stanchi, infilo le dita nei dolci sapori dei frutti maturi
È un giardino dove il vento muove i fili d’erba
Dove nudo non porta peccato
È un giardino dove puoi sentirti innamorato
Quello che mi piace
È un giardino dove rifugiarci ad amarci
Dove abbiamo pace.

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Recensione

Spazio di libertà e desiderio, il giardino descritto in questa poesia si apre come un luogo mentale e fisico insieme, dove l’amore si manifesta senza pudore e senza confini. Ogni verso è un varco che conduce a un altrove intimo, in cui il corpo diventa linguaggio e i sensi dettano la legge di una convivenza affettiva e passionale, sottratta a ogni distinzione imposta.


L’andamento ripetitivo dell’incipit “È un giardino…” dà ritmo alla narrazione poetica, trasformandola in una sorta di invocazione dal tono onirico, a tratti estatico. I contrasti – neve e fioritura, nudità e pace, frutti maturi e pioggia – sono elementi che convivono senza contraddirsi, come a voler affermare la coesistenza di dolcezza e tormento, pienezza e bisogno. Il testo diventa così un luogo dell’amore totale, in cui la carne e l’anima si rispecchiano.


L’autore guida in questa dimensione con immagini fortemente sensoriali, capaci di suscitare una partecipazione visiva e tattile: i corpi nudi, i fianchi accarezzati, i sapori dei frutti, il vento tra i fili d’erba. Tutto vibra di una naturalezza ancestrale, in cui l’amore non ha stagioni né colpe, ma solo presenza.


Il giardino descritto non è un sogno, ma un’urgenza: quella di tornare a un sentire primitivo e sincero, dove l’amore può finalmente somigliare al nome di chi lo pronuncia. Elia Bianco è un autore contemporaneo che esplora le dinamiche dell’amore e dell’identità attraverso una scrittura viscerale e immaginifica. La sua poesia si muove tra corpo e linguaggio, restituendo voce a emozioni nude e universali.

I riflessi nostalgici dei ricordi d’amore, opera di Andrea Alfani

11 maggio 2025: giorno di festa, per le mamme, per gli operatori della sanità, per il CRAL USL di Piacenza

Metti una tranquilla giornata di sole, leggera brezza che profuma Primavera tra asfalto, cemento, gas di scarico delle troppe auto che passano sulla via Emilia Parmense a San Lazzaro Alberoni, periferia cittadina. Seduti sull’occasionale gradita panchina di fronte al grande centro commerciale con Dalila. Sono le 16, ora dell’appuntamento, passano coppie col figliolo in carrozzina destinazione il Bimbo Store, forse c’è una festa per i piccoli. Siamo soli. È una scommessa di rifondazione, di rinascita. I primi contatti sono stati credo di ricordare a novembre. Valeria si era fatta avanti, raccontava di problemi col Presidente, di una faida interna, propositi di rivoluzione, di necessità di cambiamento profondo, “ci dai una mano?”.

Sono le 16.06, nessuno all’orizzonte.

Il Circolo Ricreativo dei Lavoratori USL di Piacenza. Ne sono stato Presidente dal 1988 al gennaio 1993 ed è stata una stupenda esperienza, a partire dalle feste popolari, le “Feste del Pellicano”, tortellini, buon salume, salamelle e vino piacentino, musica, dibattiti, partite a pallone, gare ciclistiche, prendi la bicicletta e vai, al tavolo laggiù in fondo si gioca la briscola. Poi i fatti della vita e della professione mi hanno portato a percorrere altri sentieri, gli anni sono passati ed ora eccomi pensionato e un po’ saccagnato per post e long Covid. Ma pare che anche il Cral sia saccagnato e allora, come negare una mano, un aiuto, un contributo? A quella telefonata di Valeria sono seguiti incontri. Al bar, poi nella sala riunioni del 118 (una carezza al cuore:quanti ricordi di corsi, di incontri, di conoscenze ‘ufficiali‘), infine nella sede del circolo nei chiostri dell’ex Convento San Giovanni nell’area riservata ai magazzini farmaceutici dell’ASL. Giorno di assemblea soci per Il rinnovo del Consiglio Direttivo.

Ore 16.10, io con Dalila continuiamo ad essere soli.

Quattromila dipendenti, forse “oltre” 600 soci sulla carta tra i quali qualche affezionato nostalgico pensionato, partecipanti a quell’assemblea in un freddo febbraio meno d’una decina e qualche delega. Una situazione da ripensare e soprattutto ricostruire. Insomma, un’assemblea di rifondazione. Cosi, senza a né bah, mi sono ritrovato Presidente pro tempore, per il tempo di dare una mano, di favorire il rilancio. Salvo in breve toccare con mano e ben presto rendermi conto che, per tanti motivi, quei tempi del “mio” Cral sono lontanissimi. Ci ritroviamo un’organizzazione diciamo “sfilacciata”, che in apparenza almeno ha perso i contatti con la maggior parte dei dipendenti ASL. Causa forse errori di gestione ma anche dei tempi che sono cambiati. L’allora “mia” Usl era limitata alla città e i dipendenti erano gente nata e legata al territorio. Nell’orario di servizio ci si incontrava nel reparto o nell’ufficio comune per poi ritrovarsi nello stesso bar, nelle stesse strade cittadine, al cinema, in discoteca, a Teatro, le amicizie e le conoscenze spesso erano nate in gioventù giocando a pallone nell’oratorio sottocasa. Ora i tempi e il “tessuto sociale” sono profondamente cambiati. Puoi organizzare la Festa della mamma a Sant’Antonio e appunto mestamente ritrovarti in due.

Ore 16.13, appare Valeria e subito dopo Loredana. Beh, almeno la faccia è salva. Quattro è meglio di due. Ma inutile disperare. Lentamente le mamme arrivano. Tre, quattro e in breve arriviamo a undici. Non siamo quindici come da prenotazione ma comunque siamo, entriamo al bar, ci accomodiamo nell’area che ci viene riservata. Ma attenzione, ecco un’altra mamma e un’altra ancora e non è finita.

Ore 16.30 siamo in sedici, obiettivo raggiunto, posti tutti occupati, inizia la festa.

Qualche Crodino, un Aperol soda, Coca-Cola, acqua tonica, prosecco ed ecco arrivano pizzette, focaccia, coppa, formaggio, conto di nuovo e siamo diciannove, Loredana distribuisce le tessere, tutte parlano del più e del meno, chiedono del Cral, di quello che vogliamo fare, Cosetta fa foto e suggerisce di trovarci per cantare, “alla gente ci piace, il Karaoke”, Valeria parla di viaggi organizzati, chi rilancia proponendo corsi di cucito, chi la ripresa dell’antica festa dei pensionati. Serenità, si racconta, si ride, ci si diverte. Quasi fuori tempo massimo arrivano Sergio e consorte e facciamo ventuno.

Diciamola tutta: così si rinasce e diverse si ripropongono di passare in sede per dare una mano, per darsi da fare. Sì, questa è una giornata di festa pienamente riuscita e Loredana, attivissima segretaria del circolo, vera protagonista della serata, merita l’applauso di tutte distribuendo le rose che non sono rose ma profumata sorpresa da tutte graditissima. Insomma c’è tanto da fare, serve riorganizzazione e riassestamento ma insieme ci proviamo. La “prima” fa ben sperare.

“La fine del Kali Yuga e, con l’apparizione di Kalki, l’inizio di Satya Yuga”

Kalki, decimo e ultimo Maha Avatar (grande incarnazione) del Signore Vishnu

Il Kali Yuga nell’induismo è il quarto, il più breve e il peggiore dei quattro yuga (epoche del mondo). Si dice che il Kali Yuga duri 432.000 anni. Ebbe inizio il 18 febbraio 3102 a.C., con la morte del Signore Krishna, l’ultimo degli Avatara del Signore Vishnu. Dunque rappresenta l’era che stiamo vivendo, piena di conflitti e peccati.

Alcuni dei segni dell’avvicinarsi della fine del Kali Yuga

Diminuzione dei valori morali: Ci sarà un declino della moralità e dell’etica, con le persone che diventeranno egoiste, avide e crudeli.

Aumento dei disastri naturali: Ci sarà un aumento dei disastri naturali come terremoti, tsunami e carestie.

Crollo dell’ordine sociale: Ci sarà un crollo dell’ordine sociale, con le persone che perderanno rispetto per l’autorità e le istituzioni.

Aumento dell’inganno e della disonestà: L’inganno, la disonestà e la corruzione diventeranno diffusi.

Declino delle pratiche religiose: Le persone perderanno interesse per la religione e la spiritualità, e le pratiche religiose diventeranno corrotte e superficiali.

Prevalenza di guerre e violenza: Ci sarà un aumento di guerre e atti di violenza, e le persone diventeranno più aggressive e violente.

Comparsa di qualità negative nelle persone: Qualità negative come rabbia, odio e gelosia diventeranno più pronunciate nelle persone.

Si ritiene che questi segni indichino l’inevitabile avvicinarsi della fine di Kali Yuga e l’arrivo di una nuova era, che sarà caratterizzata da una rinascita della spiritualità, della moralità e della pace.

Apparirà il Signore Vishnu nella forma speciale di Kalki instaurando Satya Yuga

In particolare sarà il decimo e ultimo Maha Avatar (grande incarnazione) del Signore Vishnu, che apparirà in una forma speciale nota come Kalki e porrà fine all’attuale era di oscurità e distruzione instaurando una nuova era basata su verità, rettitudine, umanesimo e bontà, chiamata Satya Yuga, una nuova era dell’oro.

Satya Yuga

Papa Leone XIV: “Cessi immediatamente il fuoco, arrivino gli aiuti e siano liberati gli ostaggi”

Papa Leone XIV: “mai più la guerra”

Papa Leone XIV nel suo primo Regina Coeli ha dedicato un primo messaggio alla Striscia di Gaza. “Mi addolora profondamente quanto accade nella Striscia di Gaza. Cessi immediatamente il fuoco, arrivino gli aiuti umanitari per la popolazione stremata e siano liberati tutti gli ostaggi“.

Il Pontefice, appena eletto, nel suo breve discorso, ha ripreso le parole del suo predecessore Francesco in merito alla guerra mondiale a pezzetti: l’immane tragedia della Seconda della seconda guerra mondiale, terminata 80 anni fa, l’8 maggio“. “Nell’odierno scenario drammatico di una terza guerra mondiale a pezzi, mi rivolgo anche io ai grandi della terra: Mai più la guerra“, ha detto il Pontefice. 

Affido alla Regina della pace un accorato appello affinché lo presenti al Signore Gesù per ottenere il miracolo della pace“: parole pronunciate da papa Leone XIV, dopo la preghiera del Regina Caeli, dalla loggia centrale della basilica di San Pietro. 

Fermiamo il GENOCIDIO a Gaza