Alpha Kaba nasce nel 1988, cresce a Boké in Guinea e ha due colpe: una grande passione per il giornalismo che lo porta a collaborare con una piccola ‘radio indipendente’ o, come diremmo noi, una ‘radio libera’ che racconta il disagio della popolazione dominata dalla dittatura. La seconda colpa? L’essere Negro. Per la prima colpa, ci racconta, deve fuggire, abbandonare il proprio paese, attraversare il confine, mentre le milizie del regime irrompono in redazione, costringono alla chiusura, ricercano collaboratori e giornalisti. Passa il tempo ma appunto niente da fare, la ricerca dei ‘colpevoli’ da parte delle forze dell’ordine prosegue, non resta che la via dell’esilio. Costi quel che costi. Nel senso che ad ogni attraversamento di confine bisogna pagare qualche passante e, spesso, si tratta di truffatori che incassano e spariscono. Mali, Algeria, Libia. Un lungo percorso incontrando altri in fuga, dal Senegal, dalla Nigeria. Tutti col sogno di un’imbarcazione, di poter attraversare il mare, per poter approdare dalla parte giusta del mare. L’Europa. Purtroppo, superato il confine con la Libia, ecco la seconda colpa. L’essere Negro e, per i miliziani libici, i neri non contano nulla, buoni solo per essere schiavi, per prendere il posto dei lavoratori spesso europei che, dopo la caduta di Gheddafi, hanno abbandonato il paese. Così, appena superato il confine, Alpha Kaba viene denudato, derubato, venduto al mercato, costretto da un nuovo padrone a lavori umilianti, senza poter parlare, senza diritto alcuno e, in caso di minima protesta, violenza, pestaggi senza pietà per lo sporco negro. Del resto la Libia ha stretto un accordo con l’Europa e con l’Italia in particolare, un accordo per controllare e limitare il traffico dei migranti che vengono rinchiusi in campi di concentramento dai quali si può uscire solo se si può pagare (direttamente o tramite la famiglia del paese d’origine) oppure appunto con il lavoro dopo essere stati venduti al mercato come schiavi. Alpha Kaba passa così tre anni della sua vita poi, miracolosamente, il padrone generosamente lo libera, lo porta su una spiaggia, lo carica su un barcone che naturalmente affonderà in mezzo al mare. Alcuni muoiono, donne, uomini, bambini, per gli altri la salvezza grazie ad una nave noleggiata da una ONG che li recupera, li porta nel nostro BelPaese. Il resto, la conclusione della testimonianza, lo lascio al piacere e all’amarezza della lettura che mi auguro possa far riflettere quanti, condividendo il razzismo sostanziale dei Salvini, delle Meloni, di tutti i populisti con le loro argomentazioni da bar, che di fatto sono dalla parte dei dittatori e dei criminali che stanno e dominano le genti nate e cresciute ‘dalla parte sbagliata del mare‘.