La working class, la classe operaia di un tempo che fu: è questo il contesto nel quale si muove Prunetti dialogando col padre, rappresentante di quell’epoca ormai lontana – quella delle lotte operaie post ’68 e di un modo di essere lavoratore che forse non è più – e la figlia Elettra curiosa del passato per capire un presente così diverso e un futuro tutto da inventare. Quindi, la classe operaia – sempre ammesso esista ancora – ha davvero il Paradiso come destino meritato? Nientaffatto. Siamo in Toscana, zona Livorno e la risposta arriva nientepopodimencoche da tal Dante Alighieri, noto esperto dei mondi oltre l’Acheronte. Le fiamme delle fabbriche inevitabilmente si intersecano con le fiamme dell’inferno quindi niente Paradiso, non si parli di Purgatorio, per la classe operaia – quel che ne resta – solo gironi infernali. Le lotte operaie del padre e delle altre generazioni precedenti? Memorie passate, patrimonio da rivivere alla sera nelle osterie o nelle cooperative (sempre di riuscire a trovarne ancora), ma ben diversa la realtà dove i diritti conquistati sono via via cancellati spesso anche da chi si proclama ancora difensore, dalla parte di chi lavora pur specificando che ormai non si può più parlare di classe come entità comune, organizzata, capace di un progetto di sviluppo sociale che non sia quello del padronato. Insomma, un libro che si muove sullo sfondo della maremma ancora piena di ciminiere e attrezzi da lavoro ma nella quale i lavoratori camminano ormai lungo sentieri di individualità e sembrano aver perso lo spirito, la coscienza comune che ne fu patrimonio base per grandi conquiste di civiltà. Un solo appunto: che noia il vezzo di scrivere nello slang locale, forse più facile da comprendere del linguaggio della Trinacria di Camilleri ma l’italiano, perchè dimenticare l’italiano?