Martedì 21 giugno, ore 18.00 circa. Via Legnano. Esco, insieme a Dalila e Gaetano, dalla libreria Fahrenheit 451, salutando Claudia. Dal marciapiede opposto vedo attraversare la strada un tizio che sul momento non riconosco. Magro, i capelli lunghi raccolti a coda, Tupamaros, nell’aspetto ‘guerrigliero‘, come sempre. Massimo Castelli, già Sindaco di Cerignale. Oltre 130 giorni tra carcere e arresti domiciliari, manette scattate proprio quando era stato scelto come candidato Sindaco a Piacenza per il centrosinistra: un vero e proprio fulmine a ciel sereno. Mi sorride, ci stringiamo in un caloroso e affettuoso abbraccio. Finalmente, da qualche ora, libero di aggirarsi per la città. E di tornare a casa, a Cerignale, dalla mamma, dal fratello, dai suoi paesani che lo aspettano per fargli festa. Capi d’accusa da far rizzare i capelli in testa: associazione per delinquere, concussione, corruzione, abuso d’ufficio, traffico di influenze illecite, turbata libertà degli incanti e della libertà del procedimento di scelta del contraente, frode nelle pubbliche forniture, falso materiale e falso ideologico, truffa e voto di scambio. Tutto questo non a Locri, a Palermo, a Milano dove passano i milioni: a Cerignale, 750 metri s.l.m., piccolo paese dimenticato da Dio e dagli uomini, in montagna, lontano dalle principali via di comunicazione, che Massimo, lottando contro tutto e contro tutti, è riuscito a rendere un luogo dove vale ancora la pena vivere o semplicemente trascorrere un periodo di riposo per i poco più di un centinaio di residenti per lo più anziani. Ho già avuto modo di esprimere il mio pensiero e la mia solidarietà ( per esempio leggi qui e qui ). Undici arresti (tra i quali appunto Massimo), 300 Carabinieri impegnati, oltre 30 indagati investendo i Comuni di Cerignale, Bobbio, Marsaglia, Zerba, dimissioni di Sindaci, poi arresti domiciliari, un’azione degna della massima spettacolarizzazione e di un sistema criminale impensabile per il livello di interessi economici che concretamente possano essere mossi nei piccoli Comuni sostanzialmente marginali della nostra Val Trebbia. Eppure Massimo ( come anche Mauro Guarnieri, ex Sindaco di Corte Brugnatella a sua volta finalmente tornato in libertà ) ha pagato con appunto i giorni in carcere e successivamente quelli agli arresti domiciliari. Per un totale di oltre 130 giorni. Senza, si badi bene, uno straccio di condanna: indagini tuttora in corso, processo da divenire. Amministrare nell’interesse dei cittadini e soprattutto di chi vive ai margini della società del benessere, non è semplice. Se dal vertice, sia Roma che Bologna, devono arrivare fondi, dove pensate vadano a finire? Sicuramente negli agglomerati di rilievo (Piacenza, Modena, Ravenna), poco e nulla a Cerignale e nelle piccole comunità della montagna. Nelle quali peraltro un Sindaco si trova a dover operare senza essere un cattedratico di diritto amministrativo e senza avere a supporto un’adeguata struttura amministrativa, dovendosela cavare ben che vada con un geometra, un’impiegata, un segretario comunale a scavalco. Un errore, una sottovalutazione, un’imprudenza nell’ottica di raggiungere un risultato nell’interesse della comunità quindi è dietro ad ogni atto, ad ogni scelta. Certo, in questo caso chi sbaglia paga ma il tutto, si vorrebbe e parrebbe giusto, in misura proporzionale. E soprattutto dopo che l’errore è comprovato, che la condanna è intervenuta. Bene, limitare per oltre 130 giorni la libertà di una persona prima ancora del rinvio a giudizio e del giusto processo, non rappresenta il modello di giustizia nel quale credo. Per questo martedì ho abbracciato Massimo esprimendogli la mia solidarietà e il rammarico perché tutto questo ha rappresentato la conclusione del percorso politico di un amministratore capace. Per ora, gli ho detto. “Ma, tra un anno, a Cerignale si voterà di nuovo e nulla vieterà una tua nuova candidatura, in assenza di condanna“. Sempre perché fino a prova contraria e fino a condanna definitiva siamo tutti innocenti ed io mi auguro che questa non sia una favola ma principio base del diritto. Cosa che non ha nulla a che vedere con i giudizi degli intellettuali giustizialisti da osteria, quelli pronti alla condanna di chiunque salvo non mancare di evadere qualche tassa oppure a loro volta imboccare scorciatoie del fare nel proprio interesse. Su questo, su un suo riconfermato impegno politico, Massimo ha scrollato la testa e mi ha confessato che ora ha solo un desiderio, pensare a sé stesso, alla sua vita, alla sua famiglia, alla figlia e alla mamma con un programma a brevissimo: andare a Cerignale. Bene, ha detto Gaetano, “dove ci vedremo ad agosto“, nell’albergo e nel ristorante del Pino dove la mamma cucina e lui, anche da Sindaco, serviva ai tavoli. Una promessa, una dichiarazione d’intenti e di sostegno alla quale ci siamo immediatamente associati io e Dalila. “NESSUNA RESA, CERIGNALE!”