Per il turista appassionato d’arte che si ritrova in quel di Monza, inevitabile la visita ai Musei Civici nella prestigiosa sede della cosiddetta “Casa degli Umiliati”. Gli Umiliati appartenevano al novero degli ordini medievali caratterizzati da una pratica di vita improntata a sobrietà e povertà. Grazie alla loro vita laboriosa e all’intraprendenza commerciale che li contraddistingueva, gli Umiliati divennero un ordine ricco e potente, protagonista della vita economica e sociale del tempo. Tale attivismo destò diffidenza nella Chiesa e sfociò nel provvedimento di scioglimento dell’ordine nel 1571 da parte di san Carlo Borromeo. Un evento meno drammatico di quanto avvenuto con i Templari ma con analogo risultato finale: l’appropriazione di un ingente patrimonio immobiliare. Comunque, a prescindere da questo, gli edifici umiliati, presenti in tutta la Lombardia e numerosi anche a Monza, si differenziavano in conventi destinati ai religiosi consacrati e luoghi di riunione per gli affiliati laici; la Casa degli Umiliati appartiene a quest’ultima tipologia.
Innanzitutto troviamo in evidenza opere degli artisti monzesi operanti nella seconda metà dell’Ottocento e nei primi decenni del XX secolo, periodo nel quale grande attenzione viene rivolta al mondo del lavoro e alla vita nei campi delle campagne brianzole e delle valli prealpine. Eugenio Spreafico, Emiliano Borsa sono tra gli artisti in evidenza e, per un anziano qual ormai io sono, è come ritrovarsi nell’atmosfera agreste vissuta da bambino in occasione delle visite a casa dei nonni materni, nella ‘mia’ Val Chero tra mucche, galline, il forno per cuocere il pane, le sere passate davanti al fuoco scoppiettante nel camino, la stufa con la pentolaccia dove si faceva la polenta. Insomma, in altre parole, immagini del cuore.
Non mancano poi esempi del periodo nel quale molti nostri artisti vennero avvolti e incantati dall’Oriente misterioso che alcuni rappresentarono per conoscenza diretta dopo viaggi in quelle terre fascinose e altri invece raccontarono in base a quanto sentito dire (tra questi ad esempio Domenico Morelli). Tutti comunque aderenti alla medesima poetica, testimoni di una verità immaginaria ma reale, viaggiando con il cuore e con il pennello verso un mondo antico fatto di sensuali suggestioni, di calde sabbie dorate, di rossi tessuti dalle arabesche trame, di sinuose e morbide figure di donne di veli e perle vestite, di porti lontani, crocevia di vita, di sogni proibiti, di sensazioni perdute, di viaggi nelle immense distese desertiche. Sensazioni che inevitabilmente ancora oggi coinvolgono lo spettatore che si ritrova a sua volta avvolto in quel mondo che non esiste più se non nella piacevole, incantata fantasia della visione.
Ma ancora il Museo si arricchisce limitatamente a questa calda estate di alcune antiche ‘Cartoline dal mare’ e di due sezioni, l’una dedicata a giovani artisti contemporanei, l’altra alle opere che parteciparono alla Biennale Giovani Monza 2009 e, in questi giorni nei quali parlano le armi e un popolo muore per i deliri di potere e di onnipotenza di Putin, di Biden, di Zelensky, dei governanti dei paesi europei che continuano ad inviare armi, inevitabile concentrare l’attenzione sull’opera di Caterina Pecchioli mentre il cuore non può far altro che osservare un minuto di silenzio per chi oggi cadrà per l’esplosione d’una bomba di mortaio.
Infine, in una sala dedicata, il Museo nel centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini rende omaggio all’intellettuale attraverso una mostra dal titolo “Pasolini. Anima e Corpo” a cura di Elio Grazioli che raccoglie una selezione di quaranta scatti di Dino Pedriali risalenti all’ottobre 1975, che raccontano l’intima quotidianità del Pasolini scrittore e artista, tra le sue due case di Chia e Sabaudia.
Così, conclusa la giornata, non resta che tornare all’Hotel de la Ville. Un pò mestamente: domani sarà già l’ora di lasciare Monza ma per le emozioni vissute valeva ben la pena il soggiorno. Con un unico rammarico per quanto alla visita al Museo di palazzo degli Umiliati: con tante opere ammirate (tra le quali il dipinto di Francesco Hayez col quale si conclude questo articolo) è un vero peccato che al bookshop non sia presente un adeguato catalogo che ci permetta di portare a casa un tangibile ricordo delle emozioni vissute. Del resto con rammarico constatiamo che il numero di visitatori è decisamente ridotto, complessivamente meno di dieci persone e, con questi numeri, i denari a disposizione servono sì e no per la manutenzione ordinaria. Problema comune a tanti musei e gallerie d’arte.