Con Simone Tansini, baritono, a lezione di musica per “Il Flauto Magico” di Wolfgang Amadeus Mozart in Galleria Biffi Arte lo scorso 15 aprile

Devo confessarlo. Per tutta la vita io e l’opera lirica siamo stati due estranei per reciproca libera e consapevole scelta. Assistendo, in gioventù, ad un paio di rappresentazioni, abbiamo reciprocamente preso atto di un’estraneità assoluta. Non tanto per la musica ma soprattutto per il fatto che dei testi cantati non capisco un’acca e di conseguenza non afferro il senso della musica e così esco dal teatro che sia ripromettendomi di non tornare mai più, salvo rarissimamente seguire o accompagnare Dalila considerando che per tutti i sacrifici suoi per assecondare le mie passioni, é cosa buona e giusta e malauguratamente inevitabile che, una volta ogni decennio, mi suicidi a mia volta. Come dire? Do ut des di coppia: ogni dieci sacrifici suoi, uno mio. Ah, per Amor cosa non si fa ma por favor senza esagerar.
Poi succede che conosco questo amico, editore, scrittore, maestro nella realizzazione di torte e altri dolcetti a dir poco divini ma soprattutto mio malgrado e inizialmente a mia insaputa, baritono solito a salire sui palchi ed esibirsi professionalmente e che, con entusiasmo, poco dopo poco l’iniziale superficiale conoscenza accenna appunto alle sue rappresentazioni. Lo conosco perché, almeno per un certo periodo, frequenta un’associazione, Fabbriche e Nuvole in via Roma al 163, per la quale da tre anni gestisco e conduco una rassegna letteraria settimanale con narratori e poeti piacentini e, tra questi, quell’amico che oltreché in quello che si definisce il bel canto lo scopro uso a scrivere rivedendo le trame di opere accompagnandole con illustrazioni di un noto autore di fumetti (tal Genzianella, autore di Dampyr che spesso acquisto fin dall’uscita del primo degli attuali 301 numeri). E confesso, sono caduto in trappola, anzi ho legato il mio destino a quell’amico acquistando prima un paio dei suoi libri (peraltro editi da lui stesso avendo aperto appunto una casa editrice specializzata) e poi addirittura presentandoli.
Così, inavvertitamente, mi sono avvicinato al mondo della lirica finalmente riuscendo a capire qualcosa: é bastato leggere le trame sia pur rivedute corrette rimodellate nelle pubblicazioni di Simone per un primo contatto. In seguito quello stesso amico, appunto Simone Tansini, ha iniziato un ciclo di lezioni presso la Galleria d’Arte Biffi in via Chiapponi e malauguratamente si é presentata la temuta occasione nella quale Dalila ha pensato di partecipare e, a quel punto, come potevo esimermi? Certo è stata durissima ma con mia grande sorpresa non mi sono trovato alla rappresentazione di un’opera ma alla sua spiegazione ben zuccherata con aneddoti, retroscena, storia e vita dell’autore in modo da poter capire il cuore dell’opera. Come sorbirsi un ottimo caffè doppio che ti evita il subentro del sonno incontenibile, della palpebra che inesorabile s’abbassa costringendo Dalila a “bollarmi” col gomito o col ginocchio. Uno stimolo di grande efficacia: sono tornato a casa e ho cominciato a studiare, ad approfondire, a scoprire i retroscena, l’anima dell’autore, del librettista, dell’opera. Si trattava in quel primo caso della Madama Butterfly e, partendo dal profondo della mia già rilevata ignoranza (che nel campo é profonda più profonda del fondo peggio di quel pozzo reso famoso da Fabrizio De Andrè) ne ho fatto un piccolo post dedicato sul mio blog personale (eccolo qui). E, da lì, la mia presenza é stata costante. Così nasce se non proprio una passione un primo interesse.
Ultima occasione lo scorso 15 aprile ancora alla Galleria Biffi Arte dove Simone nella sala sold out ha tenuto una lezione sul tema “Il Flauto Magico: tra fiaba e ragione“ con qualche simpatica scivolata su espressioni dialettali capaci di far sorridere il pubblico che non ha lesinato applausi a scena aperta (lo stesso Simone ha invitato al contenimento per evitare di non rispettare l’ora fissata per la chiusura del locale). Quel che però ha particolarmente attirato l’attenzione sono state le considerazioni sul significato in termini simbolici dell’opera.
Dunque, eccoci di fronte ad un’opera magica pervasa da riferimenti misteriosofici e massonici. Mozart, devoto e praticante per tutta la vita, manteneva però una certa libertà di pensiero critico per cui nel 1784, nel pieno del successo come pianista e compositore aderisce alla massoneria. L’opera fu il lascito agli uomini, il suo appello agli ideali dell’umanità protesa verso il bene e il bello, contro le forze del male e del buio. In buona sostanza un’opera rappresentativa dell’Illuminismo dei suoi principi e dei suoi valori (ragione, libertà e progresso). Interessantissime le figure dei personaggi protagonisti: la buona Regina della Notte apparentemente disperata per il rapimento della figlia Pamina ma che si rivelerà lei stessa mandante del rapimento; Tamino, principe azzurro, mitico eroe che libererà la principessa ma che rivela le sue debolezze di comunque semplice uomo per quanto appartenente alla casta nobile; Papageno, umile popolano che saprà rendersi protagonista pur senza esorbitare dal suo ruolo sociale (riconosce la bellezza di Pamina ma sa subito che non fa per lui, non tenta di averla, sa che fa parte di un altro mondo diverso dal suo, mentre Papagena per quanto gli si presenti come una brutta vecchia è la popolana che come tale fa parte del suo mondo e sarà lei la donna “alla sua portata” che lui vuole); Monostato, apparente criminale che si ritiene offeso dall’essere ingiustamente emarginato a causa della sua pelle scura quasi anticipando un problema all’ordine del giorno ancora nel nostro mondo d’oggi; Sarastro che si presenta come mago crudele al servizio della Regina della Notte e che si rivelerà sacerdote di giustizia e valori d’una società illuminata, guida verso la luce contrapposta al buio, sostenitore dei tre valori fondamentali: il rispetto della natura, la ragione, la saggezza; infine ulteriore protagonista il numero tre (numero sacro per la massoneria) che ricorre diverse volte nel corso dell’opera: il tema musicale ritorna tre volte, ed ancora tre le damigelle, tre i geni, e (nel cast originario) tre gli schiavi, tre i sacerdoti, tre i Templi (appunto Natura, Ragione e Saggezza) e tre le prove che Tamino deve superare per purificarsi. Bene e a questo punto non resta che aspettare settembre, quando l’amico editore, scrittore, docente, baritono professionista, divulgatore della conoscenza e dell’amore per l’opera e il bel canto, si ripresenterà alla Galleria Biffi Arte per illustrare altre opere.
IL FLAUTO MAGICO di Wolfgang Amadeus Mozart (Fonte: drammaturgia.fupress.net)
Atto primo
Un paesaggio montuoso, con un tempio sullo sfondo in un Egitto immaginario. Il principe Tamino, disarmato, è inseguito da un serpente; sfinito, cade svenuto («Zu Hilfe! zu Hilfe»). Dal tempio escono tre dame velate che uccidono il serpente e, dopo aver ammirato la bellezza del volto del giovane principe, si allontanano per informare della sua presenza la loro signora, la Regina della Notte.

Tamino, ripresi i sensi, crede di dovere la propria salvezza a Papageno, un uccellatore vagabondo vestito di piume (che cattura volatili per le tre dame in cambio di cibo e vino), sopraggiunto nel frattempo («DerVogelfänger bin ich ja»). Ma Papageno è subito smascherato e punito per la sua menzogna dalle tre dame, che gli chiudono la bocca con un lucchetto d’oro e mostrano al principe il ritratto di Pamina, figlia della Regina della Notte: il giovane se ne innamora all’istante («Dies Bildnis ist bezaubernd schön»). Con fragore di tuono appare la Regina della Notte, che spiega a Tamino come la figlia sia stata rapita da un malvagio di nome Sarastro e supplica il principe di liberarla, promettendogliela in sposa («O zittre nicht… Zum Leiden bin ich auserkoren»). Le dame donano al giovane, che si è offerto di salvare Pamina, un flauto d’oro incantato. A Papageno, liberato dal lucchetto, consegnano invece un carillon magico e gli ordinano di accompagnare Tamino nell’impresa.

Sala nel palazzo di Sarastro. Pamina, che ha tentato di fuggire per sottrarsi alle insidie del moro Monostato, è stata nuovamente catturata. Sopraggiunge Papageno, che involontariamente mette in fuga Monostato, spaventato dal suo strano aspetto. Papageno rivela alla fanciulla di essere stato inviato dalla Regina della Notte, insieme a un giovane principe che l’ama. I due, pieni di speranza, esprimono la loro fede nella forza dell’amore («Bei Männern, welche Liebe fühlen»).
Luogo antistante l’ingresso ai templi della Ragione, della Natura e della Sapienza. Guidato da tre fanciulli,Tamino giunge dinanzi a tre templi: se l’accesso al tempio della Ragione e a quello della Natura gli viene impedito, si schiude la porta del tempio della Sapienza.

Un sacerdote spiega a Tamino che Sarastro non è un essere malvagio e che Pamina è stata allontanata dalla madre per profondi e imperscrutabili motivi. Rimasto solo,Tamino si domanda se la giovane sia ancora in vita. Un coro invisibile risponde di sì. Risollevato, il giovane comincia a suonare il flauto e subito sbucano dal bosco gli animali resi mansueti dal suono dello strumento. Da poco lontano Papageno risponde con il suo zufolo al richiamo del flauto. Il carillon magico di Papageno obbliga Monostato e alcuni servi, che stavano per catturarlo insieme alla fanciulla, a danzare e marciare come per magia. Sopraggiunge Sarastro con il suo seguito. La giovane implora perdono per la fuga, ma Sarastro si rifiuta di lasciar tornare Pamina dalla madre.Tamino viene trascinato da Monostato al cospetto di Sarastro. Il principe e Pamina si riconoscono al primo sguardo e si abbracciano. Sarastro ordina che Monostato venga punito per aver insidiato la fanciulla e fa condurre Tamino e Papageno al tempio degli iniziati.

Atto secondo
Bosco di palme. Sarastro chiede ai sacerdoti degli iniziati di accogliere Tamino nel tempio, dove verrà sottoposto alle prove che gli consentiranno di appartenere alla schiera degli eletti e di sposare Pamina: la richiesta viene accolta e tutti invocano Iside e Osiride affinché donino alla nuova coppia spirito di saggezza («O Isis und Osiris»).Tamino viene condotto nell’atrio del tempio per essere sottoposto alla prima prova: mantenere il silenzio qualunque cosa accada. Da parte sua, Papageno si mostra spaventato e recalcitrante. Si lascia convincere dalla promessa di ottenere finalmente una compagna. I tentativi delle tre dame, inviate dalla Regina della Notte per costringerli a parlare, sono respinti, e alla prima prova superata Monostato si avvicina furtivamente a Pamina addormentata: vorrebbe baciarla («Alles fühlt der Liebe Freuden»), ma è cacciato dalla Regina della Notte che, porgendo un pugnale alla figlia, le ordina di vendicarla uccidendo Sarastro («Der Hölle Rache»).

Monostato, non visto, ha ascoltato tutto e minaccia di rivelare l’intrigo qualora Pamina non acconsenta alle sue brame. Ma giunge in tempo Sarastro, che dopo aver scacciato Monostato si rivolge a Pamina spiegandole che solo l’amore, non la vendetta, conduce alla felicità («In diesen heil’gen Hallen»).
Sala del tempio.Tamino e Papageno sono invitati dai sacerdoti a rimanere ancora in silenzio. Papageno inizia a conversare con una vecchia che scompare non appena egli le domanda quale sia il suo nome. Ricompaiono i tre fanciulli, che recano, insieme agli strumenti di Tamino e Papageno, una tavola imbandita. Mentre Papageno è felice di mangiare e bere, Tamino suona tristemente il suo flauto. Sopraggiunge Pamina, ma alla sua gioia di rivedere l’amato Tamino non può rispondere. Disperata, Pamina crede di non essere più amata e si augura la morte («Ach, ich fühl’s, es ist verschwunden!»).
Antro delle piramidi. Sarastro esorta i due innamorati a pazientare, giacché altre prove li attendono («Soll ich dich,Teurer,nicht mehr sehen»).Al suono del carillon, Papageno medita sulla sua solitudine e sul suo desiderio di incontrare finalmente una donna che sia fatta per lui («Ein Mädchen oder Weibchen»). Riappare la vecchia, che cela in realtà la bella Papagena. Quando Papageno cerca di abbracciarla, la giovane scompare.

Un giardino. Pamina, credendosi abbandonata da Tamino, tenta di uccidersi, ma è salvata dai tre fanciulli, che la rassicurano sui sentimenti dell’amato.
Paesaggio montuoso.Tamino è scortato nel frattempo da due armigeri che lo conducono alle prove supreme del fuoco e dell’acqua, e poco dopo Pamina si unisce a loro. Al suono del flauto magico, le prove sono superate con successo. Ma Papageno è disperato perché Papagena è scomparsa. I tre fanciulli gli suggeriscono di suonare il carillon magico e così la fanciulla riappare. Nella scena conclusiva Monostato, la Regina della Notte e le tre dame meditano di uccidere Sarastro e di prendere così il sopravvento sugli iniziati, ma sono subito travolti e vinti. Tutta la scena è invasa dalla luce del sole. Sarastro e i sacerdoti celebrano la vittoria della luce sulle tenebre («Die Strahlen der Sonne»).
