“Le ‘Ore di Spagna’ e il ‘Desocupado lector'”, riflessioni di Carmelo Sciascia a margine della raccolta di racconti di viaggio pubblicati da Bompiani

La storia è l’insieme degli avvenimenti che si sono succeduti nel tempo. La letteratura è la sensibilità esistenziale di un autore nel cogliere il momento storico in cui vive. Succede  che pagine letterarie, a volte ad insaputa dello stesso autore, diventino pagine di storia. Pagine che ricercano la verità storica, quella verità che non potendo essere assoluta è la più plausibile. Ciò risulta più evidente se consideriamo come la verità storica non è ciò che realmente avvenne ma come giudichiamo ciò che avvenne. Le riflessioni sono come le ciliegie, e di ciliegie ce ne sono a iosa, nella storia come in letteratura: non è ogni opera letteraria fonte di mutevoli verità? Mi è capitato, trovandomi a Racalmuto, grazie all’amico Pippo (il mecenate di CasaSciascia), di rileggere alcuni  racconti di viaggio scritti da Leonardo Sciascia, racconti già pubblicati nel Corriere della Sera e nel settimanale Epoca, negli anni compresi tra l’Ottanta e l’Ottantacinque e che assembrati nel libro “Ore di Spagna” sono stati pubblicati nel 1988 insieme alle foto di Ferdinando Scianna. Una ciliegina sulla torta, un personale dolce e semplice richiamo, in questo periodo di elaborato bailamme culinario. L’edizione che mi è capitata sottomano è del 2016 (Ag. Contrasto srl) ed è un libro graficamente ineccepibile: dalla copertina cartonata al colore della stessa, dall’impaginazione alla riproduzione delle immagini. Sono dieci racconti di viaggio, viaggi compiuti in Spagna, una Spagna precedentemente “conosciuta”. Nel viaggio  non si è mai soli, ci accompagnano sempre tutti quei personaggi, noti e meno noti, che abbiamo conosciuto attraverso le loro opere. Sono viaggi, quelli di Sciascia, dove paesaggi e personaggi, come in uno specchio, rimandano a  luoghi e persone di Sicilia. E diversamente non sarebbe potuto essere, essendo le due realtà, frutto del segno lasciato dalla comune e magnifica cultura araba come dall’Inquisizione, “dall’ortodossia che difendeva e della politica cui obbediva”.  Per secoli la Sicilia è stata legata alla corona spagnola. Come la Lombardia manzoniana (fortunatamente per i lombardi per breve periodo). Non un viaggio come percorso territoriale e quindi geograficamente orizzontale ma un viaggio  a ritroso nel tempo, perpendicolare, un viaggio della memoria, nella memoria. Qualche esempio. Il passaggio di Mussolini nel ’37 nella stazione ferroviaria di Racalmuto è il punto di partenza per una profonda riflessione sulla guerra civile spagnola,  il racconto  “L’antimonio” non è altro che la raccolta delle testimonianze dei reduci di quella guerra che gli Italiani avevano combattuto su opposti fronti, come gli spagnoli, come gli europei tutti.   La guerra di Spagna, testimoniata dalla visita a località dove si sono svolti episodi di resistenza, è rivissuta dal Nostro in  compagnia di Malraux e di Hemingway, in compagnia delle loro opere. Profetica la frase del generale Golz (Per chi suona la campana) “Nous sommes foutus”. Fottuti come sempre: che peccato. La sconfitta della resistenza spagnola in quel preciso momento storico è stato il preludio della presa di coscienza di tanti intellettuali all’antifascismo, il sangue di Garcia Lorca ha reso poetiche le idee, ha contribuito a costruire utopie, ad alimentare speranze. Tra i tanti compagni di viaggio in queste “Ore di Spagna” primeggia un certo Cervantes. Il IV capitolo è probabilmente (di verità non c’è certezza), quello che maggiormente ritengo più attuale. Se alcune osservazioni si potevano riscontrare negli anni Ottanta  a maggior ragione le troviamo di sorprendente attualità oggi, dopo le innumerevoli e disastrose riforme scolastiche e la didattica a distanza cui la pandemia ci ha costretti per svolgere il programma.  Delle riforme, un esempio, l’introduzione del giornale in classe, da leggere, da fare: “che è tutt’altro che una preparazione alla vita; all’effimera, labile menzogna quotidiana, piuttosto”. Come contraddirlo? A distanza di anni ci si rende sempre più conto di come la stampa,  lungi dall’essere strumento formativo e di crescita culturale, è il megafono, sic et simpliciter  della “voce del padrone”. Come la televisione, bersaglio costante di un altro intellettuale attento come Pasolini, un chirurgo della politica nazionale. Il Don Chisciotte è il libro meno letto in Spagna. Come in Italia I promessi sposi. Fanno ambedue gli scrittori parte del programma scolastico, quindi obbligatoriamente letti. Ma il leggere per obbligo è peggio che non leggere. Le vicende di Don Chisciotte cominciano in un paese della Mancha, indeterminato, di cui Cervantes non si è voluto ricordare, così come Manzoni non ha citato nessun paese del lago di Como. Manzoni spera che il libro venga letto da venticinque lettori, Cervantes dichiara che il libro è destinato al “Desocupado lector”. Tradotto in mille modi ci accorgiamo che infine la migliore traduzione è la più immediata, la più semplice: “Disoccupato lettore”. Disoccupato, nel senso di non essere  in altre faccende affaccendato che nella lettura. Quindi essere occupato, a maggior ragione,  occupato nella gioia della lettura. Purtroppo questo è un periodo poco gioioso, nel senso che difficilmente ci si lascia coinvolgere dalla lettura, e quindi dalla gioia. Avevo già scritto dell’anemia della lettura e della bulimia della scrittura. Oggi tutti scrivono, nessuno legge. Come se lo scrivere sia di per sé fonte di piacere mentre la lettura fonte di estrema sofferenza.  Ma si può scrivere senza aver letto? Per rimanere in Spagna, ripetiamo con Goya che “El sueno de la razon produce monstruos”, così come il non essere un “desocupato lector” genera sofferenza. Sì, perché si soffre se si legge per obbligo, come ad assolvere un dovere. Come soffrono tutte le persone che leggono per poter dire la fatidica frase: “L’ho letto”. Il masochismo letterario è un male endemico del lettore distratto, superficiale, di chi legge la prima e l’ultima pagina di un libro pensando di averlo letto e capito tutto, fino in fondo! Chi legge da Desocupado è un lettore molto occupato, occupato a capire le tante interpretazioni che del libro sono state date e che ancora possono essere date. Delle opere di Cervantes, del Manzoni come delle opere di chi queste cose ha detto e scritto: Leonardo Sciascia. Quest’anno si ricorda il centenario dalla nascita. Il centenario di un autore è una ghiotta occasione per leggerlo o rileggerlo se lo si è letto. Purtroppo spiace dirlo, si scrive anziché leggere, su tutto, su tutti anche sullo stesso Sciascia, anche senza averlo letto o se letto senza averlo compreso.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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