“L’autostrada”, romanzo di Luc Lang, edizioni Clichy, 2022

Giorni amari quando il tempo passa per chi ha avuto la fortuna d’essere avvolto nella luce dei riflettori, di salire sul palco, di conoscere il piacere dell’abbraccio del pubblico degli ammiratori o delle ammiratrici. Giunge l’ora dell’oblio, quando nessuno più ti cerca, quando le canzoni che cantavi o i film nei quali hai recitato restano certo un ricordo magari anche piacevole ma comunque relegato nelle nebbie del passato. Li vediamo, occasionalmente, tornare sul piccolo schermo per piccole comparsate a ricordare il passato che alla fine lasciano l’amaro in bocca nell’indifferenza quasi totale. Li vediamo. Ornella Vanoni, il simpatico Edoardo Vianello, l’onnipresente Al Bano, la Mara Venier intramontabile in uno spettacolo domenicale ignorato dai più, soprattutto se giovani rampanti. A volte rischiando di sfiorare il ridicolo, talvolta patetici in quel mondo del piccolo schermo che sembra chiudere porte e spazi a quei giovani che, invece, sanno riempire i palchi dei concerti alternativi, quelli seguiti dai giovani e anche dai meno giovani ancora non propriamente anziani. Nulla di nuovo alla luce del sole, potremmo dire: succede a tutti noi che abbiamo la fortuna di invecchiare. Semplicemente restiamo legati ai nostri ricordi, ai nostri bei tempi che abbiamo avuto la fortuna di vivere. Perché sia chiaro: i bei tempi son quelli che abbiamo vissuto noi. Punto. E se qualche giovane dall’espressione par dubitarne, nessuna meraviglia, con quel poco che l’oggi loro riserva e che non gli permette di comprendere la grandezza dei nostri bei giorni vissuti. Muovendo intorno a questa verità Luc Lang ha scritto questo romanzo nel quale Fred, lavoratore stagionale con la passione per il sassofono, arriva in una stazione della Francia con l’obiettivo di proporsi per la raccolta autunnale delle barbabietole. Stazione di transito ma il treno utile per il cambio è in ritardo così viene avvicinato da una coppia di mezz’età che lo invita al bar offrendogli fiumi di birra e, alla fine, ospitalità per la notte. Accetta, colpito dall’esuberanza e dalla vitalità di lei ma quello che doveva durare una notte diventa una lunga sequenza di giorni e di notti: Fred rimane prigioniero del presente di quella donna ormai fuori tempo rispetto ai propri desideri, alle aspirazioni, ai sogni di gloria dei bei tempi che furono, quando era ammirata, desiderata, quando con la sua voce ammaliava chi ascoltava le sue canzoni a ritmo di jazz. Mentre, oggi, nessuno l’ascolta più se non il piccolo uomo che vive con lei. Dunque ormai ciò che poteva essere non è stato o, se anche è stato, ormai non è più, il divenire non ha più un futuro di gloria. Il romanzo viene definito un thriller psicologico, il racconto di vite avvolte nella debolezza umana nel quale prevale il senso dell’abbandono vivendo un presente che inchioda ad un passato da cui non ci si può più liberare. In definitiva, un romanzo da lasciare sullo scaffale della libreria nei momenti di sconforto personale quando abbiamo l’impressione che quei momenti di gloria vissuti appartengono tristemente al passato: diamone atto, proseguiamo oltre e vivremo meglio.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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