“La leggenda di Shuten Doji, il re dei demoni” e l’illustrazione di Loputyn esposta alla mostra di Monza sugli Yokai giapponesi

Oni, illustrazione di Loputyn

Gli Oni sono creature sovrannaturali appartenenti alla mitologia giapponese fin dall’antichità, che possono essere facilmente paragonati a quelli che nel mondo cristiano ed ebraico sono definiti “demoni”, “diavoli”, “orchi” o più semplicemente “esseri demoniaci”.

Gli Oni vengono associati con il corno di bue e la pelle di tigre in virtù di un antico mito del folklore che si basa sulla parola Ushitora. Ushi significa bue ma rappresenta anche la direzione nord-nord-est; Tora significa tigre e rappresenta la direzione est-nord-est; Ushitora è quindi la direzione nord-est, chiamata anche Kimon, ovvero “porta dei demoni”.La parola Kimon significa “porta degli Oni” o “porta dei demoni” ed indica la direzione nord-est; come dice il nome, è considerata la direzione di ingresso da cui i demoni arrivano nel nostro mondo, e da cui vanno via. Soprattutto durante il periodo Edo, si evitava sempre di costruire abitazioni in direzione del Kimon, stessa cosa valeva durante gli spostamenti dei nobili, che preferivano allungare e contorcere i percorsi piuttosto che andare direttamente verso nord-est.

SHUTEN DOJI, IL RE DEI DEMONI

Shuten Doji è stato il leader degli Oni, e quindi il Re dei demoni; viveva in un grande palazzo sul Monte Ōe, a nord-est della città di Kyoto, ed aveva svariati oni minori come sua servitù; si racconta avesse la faccia ed i capelli rossi, 15 occhi e 5 corna e che la sua altezza superasse i 6 metri.

Shuten-dōji è considerato uno dei tre grandi demoni del Giappone, insieme alla volpe a nove code Tamamo-no-Mae e all’Imperatore Sutoku, trasformatosi in terribile Tengu (demone corvo) dopo la sua morte.

Secondo la leggenda più antica, durante il periodo dell’imperatore Ichijō (986–1011) molte fanciulle appartenenti alla corte imperiale iniziarono a scomparire in modo misterioso; il famoso onmyōdō Abe no Seimei, che era uno dei divinatori ufficiali di corte, scoprì che le sparizioni erano opera del Re degli Oni chiamato Shuten-dōji.

A quel punto l’imperatore diete l’incarico a due famosi guerrieri, Minamoto no Raikō e Fujiwara no Hōshō, di uccidere l’Oni maligno e tutta la sua servitù. I due, insieme ai loro fedelissimi, si incamminarono per compiere la loro missione.

Lungo la strada si fermarono a pregare per la riuscita della missione in quattro differenti santuari finché, vista la loro fede, gli si mostrarono davanti quattro divinità che gli consigliarono di travestirsi da sacerdoti prima di proseguire e diedero loro del sakè avvelenato. Una volta arrivati al palazzo del Re degli Oni, quest’ultimo gli diede alloggio, raccontò loro delle storie che lo riguardavano e banchettò con le carni ed il sangue di alcune delle giovani fanciulle che aveva rapito.

I guerrieri, di soppiatto, riuscirono a far bere a Shuten-dōji il sakè avvelenato così da paralizzarlo; a quel punto Minamoto no Raikō lo decapitò, ma la forza vendicativa del demone era così forte, che la sua testa si avventò sul suo boia per morderlo; ma Minamoto ebbè l’intuito di indossare più di un elmo, così da evitare “infortuni”.

Vittoriosi, i guerrieri recuperarono la testa del demone e si incamminarono verso Kyoto dove, più precisamente nella “Casa del tesoro di Uji”, nel tempio Byōdō-in, la seppellirono.

Una riflessione per concludere di fronte all’illustrazione proposta da Loputyn: tutto cambia e soprattutto cambiano i tempi. Ormai il re degli Oni che rapiva e mangiava le fanciulle non è più ma non per i due eroici guerrieri che gli mozzarono la testa. Oggi il vero dominus è lei, la ragazza simbolo di una donna non più succube di fronte al maschio padre-padrone. Bene, speriamo solo che la ragazza non aspiri semplicemente a sedere sul trono di Suten Doji prendendone il posto e il ruolo demoniaco.

Omori Hikoshiki e la principessa Oni

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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