“Kodama,Omukade, Kaiju, Gama, Kitsuni, i demoni giapponesi a Monza e a seguire la storia del gatto dalle sembianze umane (Bakeneco) della famiglia Arima

Neve a Rokuhara

Le Jorogumo, avvenenti donne che rivelano alle vittime la loro reale natura di enormi ragni; i Tanuki, simpatici tassi trasformisti; i Bakeneko, gatti mostruosi; i Kappa, esseri acquatici, che importunano le natanti; le Ningyo le sirene giapponesi la cui carne profumatissima può donare agli uomini giovinezza o morte atroce; Okiku, il fantasma inconsolabile che cerca il decimo piatto a lei rubato, sono alcuni dei demoni che incontriamo lungo il percorso della mostra al Belvedere di Villa Reale a Monza prorogata fino al 9 ottobre.

Kitsuni (Volpe mutaforme)

Mostri della tradizione giapponese che possiamo ammirare lungo un emozionante viaggio nel tempo tra XVIII e XIX secolo che ci conduce tra gli spiriti, le creature e i mostri del folklore nipponico: creature a volte grottesche, altre dispettose, spesso e volentieri spaventose, che abitano da sempre l’immaginario collettivo e il quotidiano degli uomini e delle donne giapponesi, tutti ben consapevoli di coesistere e di venire in contatto con questi esseri inquietanti. Yōkai (mostri), Bakemono (mostri mutaforma), Yurei (spettri e ritornanti) popolano le xilografie in mostra, insieme a draghi, orchi, volpi trasformiste, fatali mici mannari, spettri, rospi vampiri.

Donna samurai

Tra questi Yōkai incontriamo i Kodama, spiriti delle piante, gli Omukade (centopiedi giganti e velenosi), gli immensi Kaiju (bestie solitamente provenienti dal mare), gli Oogumo (ragni delle caverne dalle dimensioni di vitelli che prosciugano i dormienti), volpi trasformiste, i Bakeneko (gatti mannari-mammoni a due code), i Gama (rospi vampiri); o ancora i Bakemono, mostri mutaforma per nascita come le Jorogumo (donne ragno), i Tanuki (tassi) e le Kitsune (volpi).

Raiko e il ragno di terra

Gli Yōkai, termine che letteralmente si traduce in “maleficio, fattucchieria”, “manifestazione inquietante”, e quindi “apparizioni”, “spettro”, “demone”, sono creature soprannaturali della mitologia giapponese, ora entità malevoli e maliziose che si ritiene causino sfortuna e danno. Ma non è detto sia sempre così. Ma ora é giunto il momento di lasciare la parola a un Samurai e al suo racconto della storia del gatto della giovane Sekiya.

Okabe: la storia della pietra del gatto

OKABE: LA STORIA DEL GATTO DELLA FAMIGLIA ARIMA

Intorno al 1781-1789, a Edo (l’attuale Tokyo), una bella ragazza di nome Sekiya viveva come serva della famiglia Arima. Un giorno un gattino irruppe in casa durante un banchetto, inseguito da un cane. Tutto quel trambusto fece svenire il giovin signore del palazzo, Otonosama, attaccato dal cane. Accorse Sekiya, armata di un mestolo, con il quale uccise il cane e subito ne portò via il cadavere. Colpito dalla prontezza della giovane, il Signore decise di ricompensarla e le offrì qualsiasi cosa desiderasse. Lei chiese in cambio di poter tenere il gattino. Sekiya fu poi ribattezzata Otaki.

I favori del nobile Signore interessato alla bellezza della giovane donna attirarono presto su di lei l’invidia delle altre serve, e in particolare della loro vecchia governante Iwanami, che iniziarono ad attuare su di lei una serie di crudeli maltrattamenti, portandola al suicidio. Il gatto, che assistette al suicidio, leccò il sangue della padrona.

Una notte la più cara amica di Otaki decise di vendicarla, ma la vecchia governante era abilissima con la naginata (falcione) e già si apprestava a uccidere la giovane, quando si fece avanti un’enorme bestia che squarciò il collo dell’anziana dama.

Chiamarono poi Yokichi, il fratello minore, e la madre di Otaki, offrendo molto denaro affinché non creassero trambusto e scandalo per il suicidio della giovane congiunta. Ma Yokichi era così sconvolto dalla morte di Otaki che lasciò cadere il sacchetto con il denaro sotto gli occhi di un brigante, il quale uccise il ragazzo e la madre per derubarli. Il brigante pensò quindi di inscenare un altro episodio di aggressione da parte del mostro, ma poi apparve realmente la fiera che lo uccise.

Col passare delle notti si susseguirono una serie di omicidi e le fantesche furono trovate squartate una dopo l’altra. Avendo già ucciso numerose persone il gatto divenne sempre più irrefrenabile e la sua sete di sangue lo rese pazzo, facendogli trucidare altre serve, poi la nuova favorita che portava in grembo il figlio di Otonosama, e altri innocenti. Fu allora chiamato Norizen a investigare su quegli accadimenti, ed egli intuì che l’assassino doveva essere necessariamente all’interno del palazzo.

Un giorno, mentre Otonosama era in giardino, un gatto enorme stava per aggredirlo, ma Norizen Yamamura colpì con un fendente il mostro al sopracciglio. Poi, tornato a casa, il giovane vide che sua madre aveva una ferita in corrispondenza dello stesso sopracciglio. Insospettito, prese a sorvegliarla. E così scoprì la terribile verità che il gatto aveva ucciso la donna e ne aveva preso le sembianze. Era diventato un Henge grazie al rancore e al sangue umano. Norizen e un amico lottatore di sumo la inseguirono mentre agilmente saliva sulla torre di guardia armata di denti aguzzi e artigli.

Fonte: ‘Yokai, le antiche stampe del mostri giapponesi’, catalogo Skira della mostra.

Monza, Villa Reale, sede dalla mostra ‘Yokai, le antiche stampe del mostri giapponesi’

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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