“Il diario climatico medievale piacentino”: Umberto Battini ci racconta che anche a quel tempo i piacentini ebbero il loro bel daffare con le condizioni del clima

Immagine e articolo originariamente pubblicati in IlPiacenza.it

Si parla ormai spesso e volentieri di clima, grandi cambiamenti, di troppo caldo o freddo. E se allora andiamo a guardare nella “Chronica Civitatis Placentiae” dell’Agazzari e delVilla, uomini di quei tempi, possiamo comporre un “diario” climatico medievale qui a Piacenza. Come noi oggi, anche loro restavano colpiti dagli eventi meteo fuori dalla norma: nevicate, piogge intense, siccità estreme e il Grande Fiume con le piene epocali. A leggere queste memorie si intuisce come la natura fa a piacimento il bello ed il brutto tempo e all’epoca non si parlava certo di “inquinamento” dell’aria, né della terra e neanche di buco dell’ozono. Sempre dalla nostra traduzione dal latino del testo iniziamo con la trascrizione di un fatto avvenuto a Brescia ma che, per la sua inconsueta portata, è degno d’entrare nelle memorie locali piacentine. Nel 1347 “in civitate Brixie” una donna sposata diede alla luce “infantem unum (un bambino) habentem duo capita et duo colla et quattuor brachia et quattuor pedes et unum solum corpus” cioè con due teste, due colli, quattro braccia e quattro piedi. Ma la cosa che stupì maggiormente era che “membrum virile” e la parte “evacutur erat bipartita quod apparuit mirabile” con entrambe le parti intime distinte e doppie. Al nostro secolo le nascite di gemelli siamesi uniti nel corpo non stupisce più di tanto ed anzi la scienza medico chirurgica in certi casi riesce in delicate operazioni di separazione. Ma entriamo ora nelle memorie climatiche piacentine cominciando con la immensa nevicata del 1358 il 16 gennaio notte “in vigilia Sancti Antonii” infatti “venit nix magna et maxima”. Addirittura “non cessavit nigere per dies quinque sequentes” cioè nevicò per 5 giorni di fila ed alla fine ne venne “duobus brachiis” due braccia che è circa un metro e venti centimetri. Nell’anno 1361 in giugno “incepit mortalitas sive epidemia maxima in civitate Placentie et districtu” che purtroppo durò “fere per unum annum” una grande epidemia per circa un anno e morirono genti “utriusque sexus et etatis”. Ed ancora la cronaca segnala “vise fuerunt in cello tres lune” in cielo si videro tre lune, e quella al centro “monstrabat corna” e tutto questo durò “per unam horam et ultra”. Nell’estate del 1367 “maxime pluvie” fino a metà estate con danni alla raccolta di biade per gli animali, che crebbero nel prezzo fuori misura e nel 1369 un fatto insolito che è avvenuto però solo sulle montagne “in montanis episcopatus placentie”. Ci fu un’invasione “magna summa murium” cioè migliaia di topi che scorrazzavano da un luogo all’altro, devastando le colture e per fortuna poi questi ratti si dispersero nei monti. Sempre nel 1369 per la “maximam siccitatem”, grandissima siccità, in agosto per perorare il miracolo della pioggia, fu aperta la “tumba Sancti Antionini militis” che è in “ecclesie sancte Marie in Curtina” cioè S. Maria in Cortina dinanzi alla Basilica cittadina. Nel 1467 una piena del Po fuori dall’ordinario, piovve “plures dies” e il “fluvium padi” crebbe di ben “brachia quinque” cioè 5 braccia circa 3 metri. L’impeto della piena “ruit pons novus factus placentia super padu” cioè devastò il ponte nuovo di barche sul Po. Il maltempo durò decine di giorni ed addirittura c’erano nel cielo tuoni, fuochi e lampi “more estivo” come in estate quindi il fiume Po, causa piogge,  continuava ad uscire dall’alveo e tutto “quod fuit mirabile”. Nel 1471 si registra un tempo favorevole, bello in ogni stagione, con poca neve e clima mite “fuit annus multum copiosus et fertilis”, ma per il gran bel tempo addirittura “de mense Augusti” furono fatte “omnes vendemie ultra solitum” cioè si vendemmiò uva bianca e rossa oltre un mese prima. La cosa però non portò bene, infatti viene registrato che in ottobre sono “factis vinis novis” cioè i vini nuovi sono pronti e però “tempore ebulicioni vinorum” cioè quando i vini sono entrati in fermentazione, quasi tutti “sunt marcida” e si pensò ad un “influxus celestis”. Sempre nel 1471 in dicembre apparve “mirabilis magnus et terribilis cometes” cioè una stella cometa meravigliosa, grandissima e che incuteva timore ed aveva la coda lunga “brachiis xxx (30 braccia cioè circa 18 metri) in apparentia” e fu visibile per ben 80 giorni. Una breve occhiata ai secolari dati registrati a Piacenza in modo semplice ma preciso, dove il clima quando era fuori dalla norma, stupiva, ma non allarmava. Probabilmente l’uomo medievale sapeva adattarsi molto meglio agli imprevisti causati dallo scorrere del tempo e dagli eventi naturali, forse anche perché l’economia era basata principalmente sull’agricoltura e l’artigianato.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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