Libro trovato tra i tanti presenti in casa. Magari acquistato da Dalila senza escludere che, invece, ne sia stato l’acquirente in prima persona, attratto dalla curiosità di avvicinarmi all’oscuro mondo del ragionamento e del vivere al femminile (tenedo conto che, a quanto si dice, in ciascuno di noi esiste una percentuale più o meno accentuata di ‘femminilità’, di ragionamento, di visione al femminile). Che comunque è stato il motivo della scelta per la lettura. In realtà si tratta non di un romanzo di Annalena Benini (prima lezione: leggere sempre in anteprima l’aletta interna alla copertina) ma, più semplicemente della raccolta di vari racconti di famose autrici per lo più americane con accompagnamento di breve analisi da parte della curatrice, appunto Benini. Quale dunque la spontaneità di ciascun racconto? Beh, qui casca l’asino, come si suol dire. Almeno al livello di percepito. Comunque il lettore trova venti storie di donne proposte tra le altre da Virginia Woolf, Chimamanda Ngozi Adichie, Clarice Lispector, Patrizia Cavalli, storie di donne che spesso si sono sposate per poi divorziare anche più d’una volta per alla fine ricadere comunque nel bisogno di un compagno al fianco salvo talvolta col crescere dell’età rivedere le motivazioni che hanno portato al fallimento del rapporto precedente. Oppure donne che passano da un tradimento all’altro. Per noia, per esaurimento del rapporto, per insicurezza, per conflittualità, per gelosia rispetto al successo del marito o del fidanzato. Comunque un viaggio nel pensiero delle donne, in quello cui credono, nelle speranze e nelle certezze che ciascuna racchiude in sé. Possa piacere o meno. Insomma, come cantano Joe Squillo e Sabrina Salerno, “Siamo donne, oltre le gambe c’è di più“. Donne vive, non sottomesse ma nemmeno eroine impossibili e ribelli, inavvicinabili. Con la loro vita, con i loro problemi. Esattamente, a ben guardare, come gli uomini.