Un’occasione di confronto tra classico e anticlassico per scoprire se sia possibile individuare un punto di dialogo e incontro tra due tempi artistici apparentemente non solo diversi ma addirittura estranei. Personalmente mi ritengo un ammiratore dell’arte dipinta senza alcuna pretesa di definirmi esperto. Mi piace guardare, ammirare, osservare e talvolta interpretare il messaggio profondo che ogni grande opera racchiude in sè e, per questo, considero fondamentale ed ineliminabile il catalogo con l’approfondimento proposto dai cultori dell’arte. In questo caso leggo nel contributo di Valeria Poli che per gli spaziali il concetto d’arte non può racchiudersi all’interno di un concetto di spazio limitato (figurativo come per i pittori del barocco) e possiamo ricordare Lucio Fontana che definisce l’arte “né pittura, né scultura: forme, colore, suono sono gli elementi che attraversano gli spazi” per cui “si trascende il particolare per arrivare all’universale“. Così l’artista smaterializza, propone luce e colore e attraverso questi invita all’interpretazione della visione proposta. Tutto questo fermo restando che la combinazione tra luce e colore risulta l’elemento fondamentale della ricerca anche dell’artista barocco con la differenza che la motivazione di fondo risulta la ricerca dell’uomo e la scoperta della città, della realtà nella quale l’uomo vivo. In sostanza la differenza tra l’astratto e il figurativo dell’immagine. Quindi, interessantissimo il confronto per cui la visita alla mostra risulta sicuramente opportuna salva l’ovvia libertà di ciascuno di valutare e scegliere tra i due modi di fare arte. Nel post odierno propongo due opere a confronto e, senza dubbio alcuno, propendo per l’arte del 1600, il barocco diciamo classico che mi permette di immaginare un mondo, un insieme di vite, di lavoro, attività, situazioni. In altre parole il mondo reale, quotidiano ancorché del tempo che fu.