“Terzo Millenio, quale politica – Un Paese indolente che vive in eterno sulla pensione del nonno”. Quirinale 2022, considerazioni in libertà di una cittadina sullo spettacolo per l’elezione del presidente della Repubblica.

Vignetta di Salvatore Battaglia

Un intervento di Antonella Lenti, giornalista professionista, dal suo blog “Il Taccuino”

QUIRINALE, alla fine tutti hanno tirato un sospiro di sollievo. Anche questa volta sfangato il rischio di precipitare. Il nome è Sergio Mattarella, unico a dare garanzie per buona parte dei mille riuniti nel parlamento. Arrivato dopo sei giorni di vera e propria agonia politica vista in diretta sugli schermi televisivi. Il nome di Mattarella era lì sul tavolo da mesi perché, non tanto in fondo, molti pensavano che questa eventualità si sarebbe alla fine presentata. Probabilmente temuta dallo stesso presidente uscente e rieletto che non ha mancato di evidenziare in ogni consesso pubblico che se ne sarebbe andato. Deve aver pensato “ripetiamolo, chissà mai che non lo abbiano capito”. Poi è andata come forse lo stesso presidente Mattarella dentro di sé temeva. I capi partito aveva avuto modo di conoscerli nei 7 anni trascorsi. E così è stato dopo una settimana in cui alle Camere hanno recitato un copione da far piangere anche i più benevoli. Non ho titoli per discutere. Non ho titoli per commentare su questo argomento. Mi prendo il diritto di dire la mia come cittadina di questo paese. Sì, Mattarella era già fin dall’inizio l’unica possibilità presente in un contesto che dava segni di scollegamento totale e lo spettacolo che ho visto andare in onda ininterrotto sugli schermi televisivi ha superato ogni possibile terribile aspettativa. Mattarella si sa è amato, è stato invocato perché accettasse un bis al suo mandato, un altro come lui forse non c’è… In tanti lo hanno detto: in questo momento è la garanzia di tenuta di tutto… Con tutto il rispetto per le persone anziane, con tutto il rispetto per il presidente della Repubblica per la sua statura, per la sua cultura, per la sua storia personale, per la sua umanità dimostrata in tante occasioni eccetera eccetera… resta comunque un fatto che è indipendente dalla figura del presidente della Repubblica ma che investe la capacità di un sistema politico di procedere, di migliorare, di interrogarsi e di andare avanti. E’ questo il punto su cui vorrei riflettere.

Andare avanti come paese civile e democratico è una prospettiva possibile solo se all’interno della stessa comunità politica ci si apre al mondo esterno, si guarda oltre le loro stanze e soprattutto se la spinta a crescere riguarda anche un progresso di figure su cui investire nel futuro. Questo passa attraverso due elementi che sembrano sconosciuti e che non si possono tacere.

Una è la questione anagrafica (giovani considerati o un problema o ignorati completamente) e l’altra è una questione di genere (donne queste sconosciute, meglio scansarle). Entrambi costituiscono uno spaccato di cittadine e cittadini che viene agitato come specchietto per allodole e che, una volta serviti alla bisogna per incantare un po’ la platea di chi guarda, rientrano nella solita sfera della retorica di cui sono sempre ammantate e in cui vengono riposte. Quindi ecco la domanda che mi sono posta riguardo al presidente della Repubblica. Perché possiamo produrre solo presidenti ottuagenari? Non siamo in grado di avere una classe dirigente giovane (che sia degna di essere una classe dirigente?) in grado di produrre un ricambio nel governo delle istituzioni di questo paese? Sempre, quando si parla di ricambio, s’intende il colore delle casacche che s’indossano. S’intende la parte di qua o la parte di là, anche in questo caso si è fatto un gran discutere di schieramenti. Bene. Vorrei ricordare che c’è anche un altro ricambio di cui si deve tenere conto e di cui non si parla mai e, peggio ancora, per il quale non si lavora mai. E’ il ricambio generazionale che, assieme al ricambio di genere, rappresenta una doppietta di novità che decisamente manca in questo paese cosiddetto civile, democratico come raccontiamo di essere. E’ un condizione, quella di essere civili e democratici, che si ottiene se un paese non resta fermo e che, da che mondo è mondo, democrazia e civiltà si compiono attraverso l’apporto di persone diverse per età, genere, posizione sociale. Persone diverse che si avvicendano, si passano il testimone, dagli anziani ai giovani, da uomini a donne in pari posizione. Permetterebbe di far tesoro dell’esperienza precedente mentre si lavora per andare avanti. Così potrebbe crescere una società. Non succede. Osservo con tristezza che non avviene. Ogni volta è una ripartenza partendo dagli stessi schemi. In fondo è sempre stato così, ha funzionato… perché cambiare? E’ come se fossimo una famiglia indolente che rinuncia ad essere dinamica e volesse (in eterno) far conto di sopravvivere sul lavoro del nonno. Una famiglia che volesse non crescere mai per non assumersi delle responsabilità, per prendere il testimone che il nonno può passare loro. Così mi è sembrato lo spettacolo delle Camere riunite per l’elezione del presidente della Repubblica. Come si esce da una situazione in cui un paese non intende crescere? Come si esce se non siamo capaci di crescere? Attingiamo di volta in volta alle grandi risorse di persone che hanno dato ampiamente il loro contributo alla società, ma non per far tesoro della loro esperienza e arricchire il bagaglio di chi verrà dopo e che prenderanno il testimone, ma semplicemente con l’intento di spremere ancora quella loro grande esperienza? Francamente li ho cercati, ma non vedo altri paesi in queste condizioni.

E poi le donne. A tristezza si aggiunge tristezza. Usate. Usate. Usate. Solo per cercare di sfuggire all’imbuto in cui si era finiti e poi abbandonate (come era prevedibile). E lo si è fatto cercando di salvare la faccia sostenendo che nella corsa al Quirinale le donne erano state prese in considerazione. Giustificazione spudorata addotta senza neppure l’ombra di imbarazzo (vergogna) nel rivendicare il “primato”. In politica come nella vita di tutti i giorni, nel lavoro, nei rapporti interpersonali sempre di più si vince se fai parte della cerchia. O ci sei dentro o non ci sei dentro. Sono sempre più impermeabili e nelle cerchie non passi. Anche in politica come nella vita, come nel lavoro, come nei rapporti interpersonali l’ascensore sociale è guasto. Da decenni. Un paese così. Con buona pace di giovani e donne di cui peraltro si continua a parlare. A loro si plaude con una spocchia ipocrita che tante volte rasenta l’offesa. Basterebbe solo comportarsi in modo diverso. Sarebbe chiedere troppo: “abbiamo sempre fatto così”.

Fonte: Il Taccuino (Antonella Lenti blog)

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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