All’improvviso, il trillo del telefono sorprende Bacci Pagano, investigatore dei carruggi, protagonista di una serie di gialli a contenuto sociale di Bruno Morchio. Una telefonata inaspettata lo fa ripiombare negli anni più bui della sua esistenza: quelli trascorsi in carcere a seguito di un’ingiusta condanna per terrorismo 8durante una manifestazione vide a terra una pistola e per evitare che altri potessero usarla, si era chinato a raccoglierla ma il gesto non sfuggì alle forze dell’ordine e per lui ne conseguirono anni in carcere). A cercarlo è la figlia di un ex brigatista, Beppe Bortoli, che l’investigatore genovese anni prima ha scagionato dall’accusa di omicidio. Di lì a poco, la ragazza gli fa pervenire in busta chiusa una lettera del padre, di cui ignora il contenuto, e sulla quale gli chiede di investigare. E mentre la vecchia indagine riprende vita, una nuova ne scaturisce, improbabile perché condotta senza uscire di casa (o quasi) visto il “coprifuoco sanitario” disposto dal governo per contrastare l’epidemia da Covid-19. Ad aiutare Bacci, con informazioni e consigli, le voci degli amici di sempre – il vicequestore in pensione Totò Pertusiello e l’ex guardia carceraria Virgilio Loi – e della sua nuova fiamma, la maestra elementare Giulia Corsini. Ma un silenzio ancora più inquietante lo attende: quello esalato da una memoria frammentata e confusa, popolata dagli spettri del passato. Le losche macchinazioni di un presunto rivoluzionario che a Pagano è sempre sembrato un baro, un «uomo mediocre», l’epifania d’una breve storia d’amore consumata in una piantagione di Cuba, le ferite d’un passato a cui neanche l’oblio può recare sollievo, porteranno l’investigatore a misurarsi con un tragico dilemma: raccontare quello che ha scoperto, e liberarsene, o reggere fino in fondo l’insostenibile peso della verità? Con Voci nel silenzio Bruno Morchio scava nell’intimo del suo personaggio più amato, l’investigatore genovese Bacci Pagano. Presente e passato si intrecciano magistralmente a disegnare il ritratto, lucido e spietato, non solo di alcune pagine mai dimenticate della storia del nostro paese, ma soprattutto di chi, con quei giorni, non è riuscito a fare pace. Ed è questo il motivo per il quale ‘vivo’ profondamente le storie del Bacci: no, non ho mai fatto parte delle scelte di lotta armata di quegli anni ma ne ho spesso capite le ragioni, considerandone i protagonisti “compagni che sbagliavano” e comunque, valutando la classe e la situazione politica che ne è seguita fino ad arrivare al degrado odierno, ritengo che presto o tardi dovremo tutti condurre un’analisi profonda tra passato e presente che possa farci tornare a costruire un futuro degno dei valori di democrazia, progresso, civiltà.