Uno sparuto gruppo di manifestanti a Piacenza: chiedono semplicemente una speranza

Lo sapruto gruppo di studenti che venerdi 5 ottobre a Piacenza ha manifestato contro il governo Monti, i tagli alla scuola pubblica e la drammatica situazione di un mercato del lavoro che lascia senza prospettive i nostri ragazzi. Mentre a Milano, Torino, Firenze si sono registrati incomprensibili scontri con cariche della polizia, a Piacenza la manifestazione è filata via liscia, tra musica, bandiere, striscioni e cori, in particolare contro Monti e la Lega Nord. Solo, passando di fronte a un istituto di credito, qualcuno ha lanciato due uova contro la vetrina, ma non è stato individuato dalle forze dell’ordine, presenti in numero massiccio per evitare problemi. [ foto pubblicata da Libertà, quotidiano di Piacenza]

La foto dello sparuto gruppo di studenti che a Piacenza ha raccolto l’invito allo sciopero contro i tagli della scuola mi ha riportato, proprio per l’eseguità della partecipazione, ai lontani anni 70. Per l’esattezza, se memoria non m’inganna, il 1973. Era l’ultimo anno delle superiori, era autunno, non ricordo nemmeno quale fosse il motivo della protesta. So che era indetto dai ‘Collettivi del Movimento Studentesco‘, una sigla che riuniva in particolare gli extraparlamentari dei gruppi marxisti-leninisti. Postulavano una società degli uguali e la dittatura del proletariato ed io non condividevo nè l’una nè l’altra: ero per un mondo giusto, un mondo equo pur nelle differenze (di capacità) che caratterizzano gli esseri umani. Tuttavia molti percorsi potevano essere ed erano comuni, in quel contesto storico degli anni settanta fortemente caratterizzato dalle differenze di classe e di casta. Eravamo un centinaio, a sfilare per le vie della città con i negozianti che abbassavano le serrande, ed io riflettevo ricordando i cortei di qualche anno prima, quando a sfilare eravamo migliaia, praticamente la stragrande maggioranza degli studenti della città. L’autunno caldo, che nelle scuole della città aveva trovato grande seguito nel settanta. Gli anni passati da allora erano pochi ma i tempi e le cose erano cambiate di molto. Il movimento non era più uno, era diviso se non in mille in tanti rivi: il destino della sinistra allora come ora. Se si trovano tre socialisti fanno quattro partiti. Certo, al cuore non si comanda ed è innegabile che fu bellissimo incolonnarsi in quel corteo. Anzi in quello sparuto corteo. Quando, passando in viale Patrioti, con la nebbia che sembrava attaccarsi alle cime delle piante e i raggi di un tenace sole che non si arrendeva al grigio dell’ovatta, quel ragazzo in testa al corteo scandiva al megafono lo slogan “studenti, operai, uniti nella lotta“. E tutti rispondavamo in coro, col pugno alzato. Al mio braccio s’attaccava Giuliana, un pò intimorita dalla fila dei poliziotti con caschi, manganelli, scudi, scarponi, che presidiavano piazza Lupa. Allora erano molti gli obiettivi di lotta. Il diritto allo studio in primo piano che significava ottenere la possibilità di accesso all’Università, un prezzo accessibile a tutti per i libri scolastici, un ‘sistema scuola’ che coordinasse  l’organizzazione sociale che permettesse l’accesso a tutti, dai trasporti al diritto alla mensa a prezzi agevolati, ad un confronto costante tra docenti, studenti, genitori. Eravamo, allora, tutti figli di lavoratori, erano ben pochi gli avvocati e i commercialisti o i figli dei dottori. Oggi noi ragazzi di allora siamo tutti dottori, oggi la società che viviamo è quella che abbiamo voluto. O quella che ci hanno permesso di conquistare. Di chi sono figli allora, quei ragazzi che formano uno sparuto gruppo di manifestanti? Che, come noi ragazzi di quel corteo anno 1973, chiedono lavoro, chiedono una scuola adeguata, chiedono speranza? Qualcosa ci sta sfuggendo di mano?

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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