“La Sanità piacentina svenduta dai manager che supini rispondono a Bologna?” Un intervento di Renzo Bersani

Le oscure trame dell’Io, di Paola Pittori

La recente presa di posizione di alcuni autorevoli rappresentanti della sanità piacentina contro l’ipotesi di centrale unica del 118 in altra provincia ed a difesa della peculiarità piacentina dovrebbe (a mio parere) rappresentare lo spunto per una serie di riflessioni.
Essa infatti avviene in un momento storico molto difficile e complicato per il Paese e per la nostra provincia. Già da ora infatti ed ancora di più nei mesi a venire i piacentini dovranno fare i conti con i tagli imposti dal decreto sulla revisione della spesa pubblica (la famigerata spending review) che si inseriranno nel contesto più generale dell’accorpamento delle Province.
In tema sanitario lo scenario che avremo di fronte nel prossimo futuro sarà particolarmente buio, fra tagli di posti letto (da 1.500 a 4.000 previsti nella nostra Regione), accorpamenti, chiusure di ospedali periferici. Tutto ciò determinerà inevitabilmente una pesante riduzione dell’accesso alle cure per i cittadini con la messa in discussione dei principi universalistici e di solidarietà contenuti nelle riforma sanitaria del 1978 e più recentemente dal trattato di Lisbona, oltre a prevedibili riflessi sui lavoratori della sanità. In altre parole potremmo anche dire che viene minato uno dei pilastri fondamentale della nostra Costituzione e cioè il concetto di Stato solidale.
Tale contesto, che ho brevemente descritto, dovrebbe a mio parere essere motivo di forte preoccupazione e di acceso dibattito da parte delle forze politiche e sociali del nostro territorio ed invece nulla accade, al punto che i cittadini piacentini vengono a sapere dai giornali dell’accorpamento della centrale del “118” e della ipotesi di chiusura degli ospedali periferici, annunciata in altra città dall’assessore regionale alla sanità. In altre parole, se l’incipit è quello che abbiamo visto a proposito del “118”, sembra che le decisioni che peseranno sulle teste dei cittadini piacentini per i prossimi anni verranno prese altrove.
In questi ultimi mesi infatti, al di là delle improvvisate rappresentazioni del presidente della Provincia e dei giri di valzer più o meno a tempo delle rappresentanze politiche e sociali, non è stato avviato a mio avviso un serio dibattito sul destino della nostra Provincia. Per esempio, in un futuro non troppo lontano, con l’accorpamento di Parma e Piacenza vedremo la nascita di un’unica azienda sanitaria e tutto ciò avverrà senza ostacoli particolari, tenuto conto che l’impianto normativa nazionale va già oggi incontro questa ipotesi.
Di certo i piacentini non dovranno aspettarsi che i manager lombardi a capo dell’azienda sanitaria piacentina, che ad altri devono rendere conto, accendano il dibattito sul futuro del servizio sanitario nel nostro territorio, ma dalla politica piacentina (sindaci in primis) avrebbero il diritto di pretendere molto di più. E che dire dell’ex sindaco di Piacenza: in passato molto attento a piazzare le sue pedine ed oggi concentrato a ritagliarsi un futuro politico lontano da casa, come lontane sono già le problematiche che interessano il suo ormai ex territorio.
Su questa questione, che mi pare seria, di cui il caso “118” rappresenta solo la punta dell’iceberg, regna quindi un desolante silenzio. E la recente, coraggiosa e giusta presa di posizione degli autorevoli rappresentanti della sanità piacentina voleva essere da impulso ad una discussione franca ed alla luce del sole sugli scenari futuri della sanità piacentina; ma è evidente che coloro che avrebbero dovuto cogliere l’invito non hanno orecchie per sentire.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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