Un approfondimento sul guado del Po a Soprarivo di Calendasco in occasione della mostra e della conferenza storica “San Corrado e la Via Francigena”: da oggi al 20 febbraio nel Romitorio ospitale medievale

Il guado di Sigerico a Soprarivo di Calendasco

Al volgere del primo millennio numerosi pellegrini partivano dall’Europa occidentale, in particolare dalla Francia, per recarsi in preghiera alla tomba dell’apostolo Pietro a Roma oppure per proseguire verso la Puglia, dove si trovavano i porti d’imbarco per la Terra Santa. La pratica del pellegrinaggio acquisì una tale importanza che nacquero le vie della fede, costellate da luoghi di sosta, villaggi e abbazie per ospitare i pellegrini (tra questi il Romitorio ospitale di Calendasco). Particolarmente in rilievo la Via Francigena, ossia quel fascio di percorsi, detti anche vie romee, attraversati un tempo a piedi da pellegrini e crociati. 

Il nome Francigena sta proprio a indicare la via o le vie che dalla Terra dei Franchi consentivano ai pellegrini d’oltralpe di giungere a Roma. La tomba dell’apostolo Pietro nella città eterna era, infatti, nel Medioevo, una delle principali mete di pellegrinaggio, insieme alla Terra Santa e a Santiago di Compostela. Perciò l’Italia fu attraversata da numerosi pellegrini, provenienti soprattutto dalla Terra dei Franchi. Per oltrepassare le Alpi, i viandanti si mettevano in cammino lungo le strade consolari e la via Appia, ma in seguito alla diffusione del diario di Sigerico cominciarono a ripercorrerne le tappe. L’abate Sigerico, infatti, nominato arcivescovo di Canterbury nel 990 a Roma da papa Giovanni XV, scrisse un diario in latino per raccontare il suo viaggio di ritorno in Inghilterra, un viaggio lungo 1600 chilometri durato 79 giorni attraverso 79 tappe a una media di 20 km al giorno.

La Via Francigena si trasformò successivamente in un percorso commerciale per le spezie e le sete che i mercanti portavano dall’Oriente, perse la sua unicità e cambiò il nome in via Romea, che meglio ne caratterizzava la destinazione verso il soglio di Pietro. 

IL PERCORSO DELLA VIA FRANCIGENA

Le principali tappe della Via Francigena sono quattro e ogni tappa prende nome dallo Stato europeo che attraversa. La tappa inglese è il tratto più breve e anche il punto di partenza del cammino di Sigerico lungo la Via Francigena, che iniziò di fronte alla Cattedrale di Canterbury.  

Il tratto francese della Via Francigena si estende per circa 960 km, dal Canale della Manica fino a sud, al confine svizzero. Il tratto svizzero, lungo 200 km, parte dai Monti della Giura fino al passo del Gran San Bernardo. Infine, il tratto italiano misura 1020 km e attraversa le regioni della Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Emilia, Toscana e Lazio. 

IL TRATTO ITALIANO

Il tratto italiano della Via Francigena inizia al Passo del Gran San Bernardo, sulle tracce del viaggio di Sigerico. Dopo aver ammirato le bellezze della Val d’Aosta, si prosegue in Piemonte e bassa Lombardia tra le campagne e le coltivazioni di riso. La barca del Transitum Padi (guado del fiume Po) accompagna il pellegrino in Emilia, che poi prosegue fino ai piedi dell’Appennino. Raggiunto il Passo della Cisa, si attraversa tutta la bellissima Toscana dalla Garfagnana al Chianti alle colline senesi, per entrare poi nel Lazio attraverso l’incantevole Tuscia fino a raggiungere la periferia di Roma e quindi la meta finale, la basilica di San Pietro.

Per quanto riguarda le soste, lungo la Via Francigena sono a disposizione dei pellegrini strutture religiose e ostelli che permettono di dormire con pochi euro e in certi casi offrono, oltre ad una doccia calda, anche la cena. Per accedere alle strutture messe a disposizione per i pellegrini è necessario, però, mostrare la credenziale del pellegrino, un documento che attesta che la persona che ne è in possesso sta svolgendo un pellegrinaggio verso un qualsiasi luogo di culto. E’ una sorta di carta d’identità che il pellegrino dovrà compilare durante il suo viaggio, a prova e ricordo del cammino compiuto. Inoltre, la credenziale del pellegrino serve anche a testimoniare il viaggio percorso al fine di ottenere, una volta terminato, il Testimonium. Quest’ultimo è il documento, proprio come la Compostela per il Cammino di Santiago, che certifica l’avvenuto pellegrinaggio a Roma devotionis causa. Nella tradizione storica questa pergamena era importantissima perché il pellegrino, tornato a casa dal cammino, poteva dimostrare alle autorità ecclesiali che il pellegrinaggio era compiuto e il voto sciolto.

IL GUADO DI SIGERICO A CALENDASCO (TRANSITUM PADI)

Il Guado di Sigerico, anticamente chiamato Transitum Padi, si trova a Calendasco a pochi km da Piacenza bagnato dalle acque del fiume Po.

E’ la prima tappa sul territorio emiliano della Via Francigena. Non una tappa qualsiasi, infatti nei circa 1600 chilometri di cammino affrontato dai pellegrini in viaggio verso Roma, capitale della Cristianità, al Transitum Padi è presente l’unico attraversamento fluviale dell’intero percorso.

L’attraversamento dalla sponda lombarda a quella emiliana e viceversa è garantita dalla presenza del servizio comunale di Taxi fluviale guidato dal sig. Danilo Parisi che timbra ad ogni pellegrino la credenziale di passaggio. In particolare a Soprarivo di Calendasco, sulla sponda piacentina del Guado di Sigerico,  è stato allestito un pontile che funge da banchina per il taxi fluviale che consente l’attraversamento del fiume Po ai pellegrini che percorrono la via Francigena.

Danilo Parisi, il traghettatore del Po al guado di Sigerico

In età medievale importanti famiglie elessero Calendasco e il suo castello come residenza e, tra queste, i Confalonieri. Il medioevo è il periodo più ricco di storia per il paese che, probabilmente, risentiva della vicinanza di Piacenza a quell’epoca tra le città più importanti, economicamente e politicamente, in Europa. I pellegrini in arrivo da Orio Litta, nel pavese, attraversato il guado, arrivavano sulla strada che attraversava il paese costeggiando il romitorio francescano, ora detto “di San Corrado” (per la precisione San Corrado Confalonieri, nato nel castello della famiglia e a seguito di un incidente durante una battuta di caccia convertito alla vita eremitica nel XIII secolo in quel convento), il castello, la chiesa e il monastero di Cotrebbia Vecchia.

La Via proseguiva poi raggiungendo il guado del torrente Trebbia, tra le odierne frazioni Puglia e malaga, per poi entrare in Piacenza attraverso quella che è l’attuale Via Campagna.

COSA VEDERE VISITANDO CALENDASCO

Attualmente dopo la realizzazione della via Emilia Pavese a parte il (ridotto) flusso di pellegrini che arrivando a piedi o in bicicletta attraversano il guado, il numero di visitatori che arrivano a Calendasco risulta piuttosto marginale anche per l’apparente mancanza di attrattive turistiche. In realtà molto interessante la visita al Castello dove si dice sia nato San Corrado Confalonieri anche se altre fonti parlano invece del fortilizio di Celleri, facente comunque parte del feudo della famiglia. Comunque struttura in buona parte oggetto di diversi interventi di ristrutturazione e sede di interessanti iniziative culturali ed artistiche oltre a tradizionali feste popolari. Da non perdere la visita alla Chiesa di Santa Maria Assunta che presenta la cappella a sinistra dedicata a San Corrado e quella dal lato opposto alla Beata Vergine del sacro Cuore oltre ad una serie di tele particolarmente interessanti. Infine naturalmente in evidenza il Romitorio ospitale gestito nel medioevo dai Terziari francescani e che ospitava i poveri e i pellegrini di passaggio.

In particolare per quanto al Romitorio, oggi residenza privata per cui all’eventuale pellegrino non resterà altra scelta che prenotare alloggio presso l’ostello presente in paese, sarà comunque opportuno “cogliere al volo” le occasioni di visita offerte. Come per l’appunto dal 6 al 20 febbraio la mostra “San Corrado e la via Francigena” allestita nell’antico Romitorio ospitale medievale dove il Santo vestì l’abito monacale per cinque anni.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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