Speriamo che me la cavo: ieri la terra ha tremato nella pianura padana
Leggo sul quotidiano che l’orologio decretava il momento ‘15.53’ di un tranquillo pomeriggio d’un placido inverno per ora senza neve. Ero in ufficio, tranquillamente seduto alla mia scrivania, al telefono. Improvvisamente la poltrona ha avuto un movimento sussultorio, avanti e indietro. Rapidamente ho chiuso la conversazione, sono uscito nel corridoio della struttura quattrocentesca che ci ospita, un ex convento con solide mura larghe mezzo metro.
Nell’ala est tutti fuori dagli uffici e dalle aule dove erano in corso momenti di addestramento e informazione per centralinisti e addetti alle portinerie degli ospedali. Sconcerto, curiosità, timore, una ragazza si è lasciata andare su una sedia comunicando con la voce tremante la sua paura.
Terremoto. Magnitudo 5.4. Di nuovo. Seconda scossa, più leggera, all’interno dell’ufficio di fronte vedo come ondeggiare la scrivania e il computer. La sensazione? Siamo figli di nessuno, nelle mani di una provvidenza divina che certo non può pensare o essere presente in ogni luogo, a salvaguardare tutte quelle formichine piccole piccole che sono l’intero genere umano.
Dunque, è andata bene. Con qualche difficoltà sono partite centinaia di telefonate alle case, alla ricerca di notizie tranquilizzanti sul come è andata ai familiari di ciascuno. Tutto bene. Ma la pianura padana è ‘sotto attacco’. Lo chiamano sciame sismico. Pochi giorni fa con epicentro a Reggio Emilia, ieri a Parma, domani toccherà a noi la scossa più forte? Che dire. Speriamo che me la cavo.