“Se i gatti scomparissero dal mondo”, romanzo di Kawamura Genki, Giulio Einaudi editore, 2019

Il protagonista della storia è un anonimo postino, un tipo riservato che dopo la morte della mamma e l’incomunicabilità col padre orologiaio vive solo nell’appartamento che condivide con il gatto Cavolo. Improvvisamente ad un controllo medico quello che sembrava un semplice momentaneo mal di testa si rivela un male incurabile: al nostro protagonista rimangono solo pochi mesi, forse poche settimane. Una rivelazione da infarto che rende il povero postino completamente inerme, immobile, inebetito. Ma, colpo di scena, improvvisamente sente di non essere solo nella stanza: infatti oltre a Cavolo gli appare, in calzoncini corti, camicia hawaiana e occhialetti da sole, nientepopodimenoche il Diavolo.

Un Diavolo speciale: ha le sue stesse sembianze e soprattutto ride, è allegro, gioviale, il suo esatto opposto, quello che lui, composto, sobrio nel vestito e perennemente serioso, non è mai stato e nemmeno pensato d’essere. Ecco dunque il Diavolo con in tasca (si fa per dire) una proposta speciale, un patto ovviamente diabolico: un giorno di vita in più per ogni cosa che il postino acconsente a far scomparire definitivamente dal mondo, con annessi ricordi ed emozioni ad essa legati. La scelta di cosa far sparire, ovviamente, spetta al diabolico tentatore. Il tutto senza nemmeno l’obbligo di cedere l’anima, al Diavolo, base da sempre degli accordi appunto diabolici.

Così ogni volta il nostro sventurato protagonista si ritrova sull’istante ad essere soddisfatto per il giorno di vita in più conquistato ma, subito dopo, a riflettere sulle conseguenze dell’eliminazione di quella determinata cosa individuata dal Diavolaccio.

Certo, nessun problema di fronte alla scomparsa dei cellulari anche se poi come si farà a comunicare, chiamarsi, raccontarsi le ultime vicende? Un pensiero che comunque finisce presto nel dimenticatoio: l’uomo troverà altre forme, altre modalità e intanto mentre cellulari e telefoni spariscono, un giorno di vita in più va nel cassetto. E a seguire, via i film, via gli orologi anche se il padre dovrà chiudere bottega ma un giorno in più di vita val ben più d’una attività che pure ha caratterizzato tutta la sua vita. Insomma, ci sono davvero cose alle quali non possiamo rinunciare, cose che valgono più della vita? Certo che no, vien da rispondere. Ma a ben pensare, davvero vale la pena vivere senza tutto quello che costituisce la nostra vita quotidiana? Senza tornare al cinema, senza mangiare cioccolato, senza telegiornali? Riusciamo ad immaginare, noi lettori, una vita senza il faccione tutte le sere di Bruno Vespa? Senza il piacere dello zapping immediato?

Beh, si tratta d’una battuta, stia sereno, Bruno Vespa: nessuno, neppure il Diavolo sarà così diabolico dal proporci la rinuncia allo zapping. Invece il nostro postino ad un certo punto si troverà di fronte ad una scelta che lo spingerà a riflettere sui valori della vita: che fare, quando il Diavolo propone la scomparsa dei gatti (ma potrebbero anche essere i cani) dal mondo? Un bel calcio in culo al povero Cavolo che arriva per far le fusa al suo padrone amico? E qui parte una riflessione sul valore degli affetti. Potremmo arrivare, per un giorno di vita in più, ad accettare la scomparsa del padre ormai anziano? Vale la pena, senza arrivare a questo, tra un’incomprensione e l’altra aver ridotto i rapporti col padre a un fatto puramente formale e occasionale?

Insomma, il romanzo, una fiaba delicata, carica di spirito, a tratti commovente, diventa stimolo per interrogarsi sulle cose davvero rilevanti della vita, in termini di genitorialità, amicizie, relazioni sentimentali e anche, perché no, rapporto tra un umano e il compagno animale che vive con noi regalando affetto.

Insomma, un romanzo da leggere tutto d’un fiato stesi sulla poltrona in salotto con tanto di coperta sulle gambe (bisogna risparmiare sul riscaldamento, ammonisce la Meloni da tutte le televisioni per finanziare l’invio di armi che non faranno mai Pace in Ucraina), cioccolata calda, televisione spenta dopo aver accertato quanto sia ormai inutile lo zapping (non esiste TV senza Vespa, Foti o Meloni) e possibilmente un gatto accoccolato che fa le fusa tra una stiracchiata e l’altra.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.