Dopo il “panem” a debito (reddito di cittadinanza e quota 100) e i “circenses” (porti chiusi, chiusura dei centri di accoglienza, decreto sicurezza, dignità, anticorruzione, difesa sempre legittima, sblocca cantieri ecc.) sta arrivando il redde rationem. Esattamente il 10 giugno di 79 anni fa fu l’annuncio di Mussolini del proditorio attacco alla Francia e la conseguente entrata in guerra, che preparò il conto che gli italiani, allora incautamente osannanti il Duce del Fascismo, avrebbero pagato per cinque lunghi anni di miseria, morti e distruzioni. In questi giorni Salvini, anch’egli per ora incautamente osannato per il suo “prima gli Italiani“, deve decidere se fare e perdere la guerra con l’Europa e i mercati o accettarne le regole che da oltre 2000 anni vigono per i debitori a rischio di insolvenza. Se deciderà per questa seconda strada, perderà la faccia e molto del consenso degli italiani, ma avrà evitato danni irreparabili a se stesso e al Paese. Se invece deciderà per la guerra, il conto per gli italiani sarà meno tragico di quello del 1945, ma comunque salatissimo e in ogni caso il Capitano ne verrà travolto. Del resto, quando la festa finisce, gli amici se ne vanno.