Roma 26 aprile 1966: I fascisti assaltano l’università. Ucciso Paolo Rossi, giovane studente socialista. La Polizia non interviene, nessuno sarà condannato.

Paolo Rossi, 19enne, socialista, prima vittima della violenza fascista nel dopoguerra

A metà aprile del 1966, in occasione delle elezioni delle rappresentanze studentesche dell’università di Roma, per più giorni manipoli di neofascisti, capeggiati abitualmente da Giulio Caradonna, Raffaele Delfino e Luigi Turchi, invadono – a più riprese – l’Università di Roma. Il 26 aprile si verificò un’incursione a Lettere da parte di un gruppetto neofascista di cui facevano parte Stefano Delle Chiaie,  Serafino Di Luia, Flavio Campo, Saverio Ghiacci, Adriano Mulas-Palomba, Alberto Questa, Loris Facchinetti e Mario Merlino. Sulla scalinata alcuni giovani stavano distribuendo volantini dell’Unione Goliardica, organizzazione orientata a sinistra. Tra loro Paolo Rossi, 19 anni, studente di architettura, socialista, cattolico, candidato al Parlamentino Universitario dell’Università “La Sapienza”. I fascisti non esitano all’assalto mentre la Polizia, autorizzata dal rettore all’ingresso in università, rimane inerte. Anche Paolo viene duramente picchiato con un pugno di ferro che lo colpisce al volto. Di conseguenza precipita dai cinque metri del muro della scalinata. Nelle foto scattate pochi attimi prima della caduta si riconoscono intorno a lui, mentre picchiano, notissimi esponenti dello squadrismo romano (Flavio Campo, Bruno Di Luia, Saverio Ghiacci). Nessuno di loro sarà processato. Paolo viene portato all’ospedale dove muore il giorno dopo. Gli studenti riuniti in assemblea decidono l’occupazione di Lettere ma su richiesta del rettore la polizia interviene subito sgombrando l’Ateneo. Nuova assemblea il 28 che vede l’adesione di molti deputati della sinistra e di significative personalità dell’antifascismo italiano. Nasce da qui una nuova occupazione di diverse Facoltà (Lettere, Legge, Scienze Politiche, Fisica e il Biennio di Ingegneria) che ha come obiettivo le dimissioni del rettore Ugo Papi e lo scioglimento delle organizzazioni parafasciste di studenti universitari.  Nei giorni seguenti si susseguono ancora aggressioni fasciste ai danni di altri studenti che vengono feriti in modo grave. 51 professori di ruolo offrirono di conseguenza al presidente della Repubblica le loro cattedre rifiutandosi di insegnare “in un’atmosfera appestata dal teppismo tollerato e quindi indirettamente istigato dalle massime autorità accademiche” e alla fine Papi – che prima del 1945 era nel Pnf – verrà effettivamente rimosso. Intanto gli assalti da parte dei fascisti proseguono ma gli studenti antifascisti rispondono con fermezza e intanto la morte di Paolo e l’impunità degli squadristi scuotono Roma. Si scatena lo sdegno e l’indignazione e anche la vecchia proposta di Ferruccio Parri per lo scioglimento del MSI (e di tutte le organizzazioni paramilitari fasciste) viene di nuovo sollevata. La vicenda ispira Paolo Pietrangeli per “Contessa” e sarà citata da Antonello Venditti in “Giulio Cesare”: “Paolo Rossi era un ragazzo come noi”. I responsabili dell’aggressione non saranno mai puniti dalla magistratura, che oltre ad insabbiare le indagini con l’aiuto prezioso della Polizia (che tenta di accreditare la tesi di una caduta accidentale dovuto ad una presunta malattia di Paolo), non farà alcuno sforzo per punire i colpevoli dell’omicidio (la sentenza istruttoria si concluderà il 30 luglio 1968 con un “omicidio preterintenzionale a opera di ignoti“). Questo atteggiamento istituzionale, scriverà il giornalista Ugo Maria Tassinari, “sarà d’aiuto al movimento per capire che la risposta alle aggressioni fasciste non sarebbe più dovuta essere la delega allo Stato, ma appannaggio esclusivo del proletariato”. Infatti il 1966, l’anno della morte del giovane socialista Paolo Rossi (prima vittima della violenza fascista del dopoguerra) e dell’occupazione dell’Università di Roma, rappresenta il vero prologo della rivolta studentesca del 1968.

La targa a memoria collocata a Lettere nel 1993

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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