Post covid: arriva Rai1, 155 gg. dalla deospedalizzazione, 242 dall’arrivo dell’ambulanza ululante, 249 dall’inizio della crisi (febbre alta e successiva crisi respiratoria)

11 settembre 2020, squilla il cellulare. “Pronto” “Sono Catia Barone, giornalista di Rai1, chiamo per la trasmissione Senza Respiro

Questo articolo è stato scritto martedì 17, in mattinata. Nel pomeriggio nuovo squillo del cellulare, ancora Catia: “siamo impantanati con la richiesta di autorizzazione dalla Direzione. Tutto rinviato a dicembre“. Me ne faccio una ragione ma non cambia nulla, salvo la data dell’incontro e della registrazione. Tutto il resto, tutto quanto scritto, il ‘senso’, il ‘contenuto’, resta tutto.

Tutto iniziò credo l’11 settembre quando il cellulare squillava. Numero sconosciuto. Di solito non rispondo ma temevo fosse una qualche chiamata per visite di controllo in ospedale per cui “Pronto“. Una voce sconosciuta, femminile. Una qualche infermiera di un qualche reparto? Macchè. Si presenta Catia Barone, giornalista di Rai1 per conto del documentario ‘Senza Respiro’. Ha avuto il mio nome da una giornalista del quotidiano cittadino, Libertà, Elisa Malacalza (che a sua volta mi aveva intervistato) e da Franco Pugliese, direttore del servizio prevenzione e protezione dell’Asl. Con Franco (a sua volta contagiato covid) Catia aveva già realizzato una puntata della trasmissione dedicata appunto agli effetti del contagio. Ora voleva realizzare una puntata sugli effetti post-covid ovvero sui postumi che rimangono considerato che non basta venire dichiarati guariti dalla polmonite (effetto immediato del contagio) ma all’indomani della presunta ‘guarigione‘ occorrono affrontare a seconda dei casi mesi e mesi di recupero e riabilitazione per i più disparati postumi, variabili da persona a persona. Una trasmissione, dichiarava Catia, finalizzata alla sensibilizzazione sulla necessità della prudenza perchè se i morti purtroppo sono tanti, i contagiati sono migliaia in più e quasi tutti continuano ad avere postumi. Portare la mascherina, evitare gli assembramenti, sono alcuni degli accorgimenti essenziali che, come avevo notato al mio rientro dall’ospedale (il 17 giugno), ben pochi rispettavano, tra spiagge libere, mojito, movida, manifestazioni a viso libero: si rendevano conto del rischio che correvano e che facevano correre agli altri? Ne valeva la pena? Per questo ho accettato l’invito di Catia ed anzi le ho garantito assistenza fornendole i nominativi di altri amici e conoscenti purtroppo coinvolti nel contagio. Così il tempo è passato ma oggi – a quanto sembra – eccoci al dunque, si realizza (almeno in parte) il servizio. Beh, confesso che un passaggio in Rai, non è fatto di tutti i giorni, una qualche emozione (o forse curiosità?) me la provoca, anche se non più di tanto. Nella mia realtà di vita sono già abbastanza conosciuto e la maggioranza di quelli che eventualmente saranno telespettatori del documentario, vivranno altrove e, per loro, resterò comunque un emerito sconosciuto che forse vedranno una volta e poi mai più. Personalmente ritengo importante ‘portare testimonianza’ affinchè, senza fare terrorismo alcuno, possa essere di monito rispetto a troppi comportamenti superficiali, pericolosi per sè e per gli altri. Per questo motivo, su invito dell’amico Ottavio Torresendi, subito dopo la dimissione ospedaliera accettai l’intervista di Elisabetta Paraboschi, la prima giornalista che, sempre come monito, pubblicò la mia esperienza sempre sul quotidiano Libertà. Intervista dalla quale prese poi spunto Thomas Trenchi, reporter di TeleLibertà, per una trasmissione dedicata andata in onda l’8 di agosto. Trasmissione, e qui finalmente arriviamo al punto, che vide mia madre. Mamma Maria, classe 1927, non mi aveva più sentito da quel lontano 22 marzo, sapeva che ero in ospedale e sapeva che ero grave nonostante tutta la famiglia cercasse, vista l’età e lo stato di salute (buono ma precario, delicato), di darle notizie ‘edulcorate’ che non la preoccupassero (almeno ‘ufficialmente‘, apparentemente, formalmente) oltre un tanto. Anche una volta rientrato, considerato che la mia mancanza di voce (era ridotta ad un soffio causa la lesione alla corda vocale destra e alla parziale paresi della laringe) poteva preoccuparla, farle temere il peggio. I contatti con lei quindi erano quotidiani via telefono ma con Dalila, mai direttamente con me. Fino al 17 luglio, quando finalmente organizzammo un incontro al Nuovo Bar Santa Rita sullo Stradone Farnese (io ancora non riuscivo con il deambulatore a salire le scale per arrivare alla sua porta) con lei emozionatissima, felice di rivedere il suo figliolo. E, per vedermi, per incontrarmi, era venuta in quel bar nel quale da sette anni non aveva più messo piede, da quando anche papà Fabio ci aveva lasciato,l’aveva lasciata sola. Per arrivare appunto all’8 agosto, quando ha visto la mia apparizione in TeleLibertà e, quasi alle lacrime, commossa, felice, ha commentato “come hai parlato bene, come stavi bene“. Oggi mammamaria non c’è più. La ricordo il 25 settembre nel letto d’ospedale, a Fiorenzuola. Ingresso ammesso per un solo visitatore al giorno limitatamente ad un’ora, tra le 12.30 e le 13.30. Non era più cosciente, respirava affannosamente. Giunta l’ora di salutarla, l’ho baciata sulla fronte, una lacrima è sembrata scivolare sulla sua guancia. Prometto, mammaria “oggi parlerò bene, come meglio saprò fare, tuo figlio ai microfoni della Rai. Per te, per papà Fabio.”

Mammaria col ‘suo’ Fabio

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

Una risposta a “Post covid: arriva Rai1, 155 gg. dalla deospedalizzazione, 242 dall’arrivo dell’ambulanza ululante, 249 dall’inizio della crisi (febbre alta e successiva crisi respiratoria)”

  1. La tua è una testimonianza importate, per meglio comprendere la portata e le conseguenze di questo virus.
    La sensibilità che traspare dalle tue parole spero saprà toccare anche i cuori di coloro che si ostinano a minimizzare, nonostante le evidenze.
    Un abbraccio a te, Dalila e tutti i vostri cari.

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