Post covid: 4 luglio 2021, panico! 475 giorni dopo il contagio, tampone di nuovo positivo!!!

By Mino Manara

L’ennesimo ricovero, stavolta in malattie infettive, sembra procedere bene. Siamo, domenica 4 luglio, al settimo giorno di somministrazione per via endovenosa di antibiotici per debellare il batterio acquisito a marzo 2020 come conseguenza delle cure ricevute in rianimazione prima e in terapia intensiva poi utili per contrastare il covid. I parametri generali, dicevo, migliorano e l’infezione correlata diminuisce. Così alle 8.00 circa rido e scherzo con l’infermiera. È macedone, in Italia da qualche anno, simpatica, molto professionale, forse attenta a non essere da meno rispetto alle colleghe italiane. Come da procedura standardizzata mi sottopone al tampone, credo sia il 22°. Mi spiega che si tratta del tampone rapido, il tampone antigene. Rileva, dice, la presenza di componenti (antigeni) del virus cioè del covid. Ridiamo un po’, scambiamo 4 chiacchiere, ma la chiamano per un altro paziente, “ciao, ci vediamo dopo, poi torno”, mi dice sorridendo. Esce, chiude la porta della stanza alle sue spalle. Un’ora dopo arriva un’altra infermiera per applicarmi la flebo con l’antibiotico. Durerà 3 ore e mi fa addormentare. Al risveglio, poco prima di mezzogiorno, vedo che nella mail è arrivato l’esito di qualche esame nel Fascicolo Sanitario Elettronico. Aspetto però a controllare: prima passa la visita medica. Subito dopo arriva il pranzo. E finalmente apro il Fascicolo: è l’esito del tampone. Positivo!!! 475 giorni dopo il contagio del marzo 2020, 469 giorni dopo il ricovero in PS, diagnosi polmonite interstiziale, 401 giorni dalla dimissione dopo 88 giorni molti dei quali tra la vita e la morte, di nuovo il covid? Suono il campanello, arriva un’infermiera, allarmato chiedo notizie, dice che controlla. Ma come? Ne so prima io del reparto? Sono abbastanza alterato, alzo la voce, dico che solo loro possono avermi contagiato. S’allontana. Dopo poco arrivano due Oss (operatori socio sanitari) bardati stile Chernobyl, esattamente come erano a marzo 2020,quando il covid infuriava. Lascio immaginare il mio stato, la mia reazione di commento. Fuori di testa. Letto, comodino, armi, bagagli, mi trasferiscono di stanza, allontanandomi dalla mia vicina di letto, Francesca. Eravamo diventati “amici di campanello”, spesso lei non riusciva a ritrovarlo e con voce dolcissima mi chiedeva “signore, può suonare lei, ho bisogno dell’infermiera”. Le passo di fronte, la saluto, mi saluta, “vedrà che è un errore, è successo anche a una ragazza in radiologia, poi non era niente”, e con i suoi credo ottant’anni, immobile a letto per una brutta caduta, mi sorride. Lavora ancora nell’impresa di famiglia: fornai dagli anni 60, quando lei e il marito arrivarono, novelli sposi, a Piacenza dandosi da fare da dipendenti a sfornare pane, pagnotte, panini fino a mettersi in proprio con tanto di negozio che propone ottime focacce, torte e tante altre bontà. Le ho raccontato che anche mio nonno faceva il fornaio, a Fiorenzuola. Nel ventennio, giovane socialista, i figli tra i balilla, lui senza tessera del fascio. Spesso a tarda sera lo trovavi nei locali che erano stati della cooperativa. Cantava canzoni proibite, beveva vinaccio a basso costo e diceva quel che pensava del Duce. Ogni tanto i fascisti in camicia nera, nel buio della notte l’aspettavano mentre andava al lavoro e lo facevano nero di botte. Anche se ammaccato e dolorante lui andava al lavoro, come sempre preparava il pane e come sempre alla mattina lo portava al Podestà. Quel giorno però niente pane bianco, quel giorno pane nero anche per il Podestà. Va bene, sto divagando, torniamo a domenica 4 luglio 2021: eccomi dunque nella nuova stanza, da solo, in prudenziale isolamento. Viene un’infermiera nuova del reparto, peraltro dolce e carina, carina, carina. Eppure infierisco. Anche per il messaggio di Radio Londra: “Dalila all’uscita da Bulla sport con mazza da baseball”. Ovviamente messaggio cifrato dall’oscuro significato. Intanto l’infermiera carina, carina, carina, anzi, quattro volte e più carina, carina, carina, ritorna con una collega, esperta del reparto. Radio Londra informa che Dalila sta rientrando da Bulla Sport. Movimenti di truppe combattenti? L’infermiera esperta mi invita a star tranquillo, il mio ritorno a casa non sarà imminente e in ospedale è severamente proibito introdurre mazze da baseball. Inoltre spiega che il tampone rapido, se positivo, deve essere poi confermato dal più approfondito tampone molecolare. Del resto è logico: nel mio corpo il virus del covid è sicuramente presente, dopo il contagio di marzo 2020. Tenuto sotto stretta sorveglianza dagli oltre 400 anticorpi IgG post vaccino. Ma comunque presente, inerte ma presente. Insomma, tante belle parole per dire che si fa l’ennesimo tampone, quello numero 23, tampone molecolare. E mi lasciano solo nella nuova stanza, se ne vanno. L’infermiera, quella carina, carina, carina, in rigoroso silenzio. Penso che non la rivedrò mai più. Mi sono rovinato la piazza. Intanto Radio Londra informa che Dalila è ancora da Bulla Sport. Però non più in negozio, pare sia in magazzino, ben più attrezzato. Intanto si fa sera, ritorna, sola, l’infermiera esperta con l’esito del tampone molecolare. Negativo!!!! Rossella O’Hara sorride e ribadisce: “domani è un altro giorno”. La vita in ospedale è un film.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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