“Porca guerra, benedetta pace”, diario di un soldato, Luciano De Simoni, Stampa Alternativa editore

Cento anni dalla dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria, momento di gloria per folle acclamanti di gente convinta che la guerra fosse, come aveva declamato Marinetti, paladino del futurismo, la sola igiene del mondo. Ecco dunque l’esortazione a prendere le armi e lanciare strali contro i nemici del rinnovamento, contro gli assetti costituiti, contro le pacificazioni di comodo. La guerra viene vista come la sede privilegiata da cui far spirare una ventata di radicale rinnovamento dell’umanità e costituisce il terreno fertile per far nascere un uomo nuovo, pur a prezzo di un gran numero di vite umane immolate in sacrificio di questo ideale palingenetico. Interventismo che ebbe tra i suoi più ferventi sostenitori Gabriele D’Annunzio, celebrato profeta che in realtà si onorò d’imprese più che altro simboliche magari laddove in prima linea a morire sotto i colpi del nemico erano altri, semplici soldati dei quali egli celebrava con i suoi versi la gloriosa morte, non certo lui, il vate che amava farsi chiamare ‘Comandante’ ma che mai partecipò a scontri veri, alla guerra del dolore, del sangue, della morte appunto. Nascosto in retrovia ad incitare alla bella morte. In questo centenario, dopo decenni di silenzio e di retorica scritta dai potenti, escono diari, cimeli, immagini che finalmente raccontano la verità dal punto di vista di chi in trincea c’è stato, di chi ha avuto paura, di chi ha sofferto nel vedere amici e compagni cadere feriti sotto i colpi dei cecchini, morire tra le schegge dei colpi di mortaio e di cannone, finire la vita nel gelo delle trincee delle alpi. La guerra vista e vissuta dagli umili, dagli uomini, da  chi è stato lì semplicemente perché obbligato, perché strappato dalla famiglia, dall’affetto delle mogli, dalle gioie dell’essere padre. Luciano De Simoni, autore del diario ritrovato dai nipoti e pubblicato per i tipi di Stampa Alternativa, sposa Amalia nell’ottobre 1914 e un anno dopo nasce il loro primo figlio ma trascorso un mese ecco la chiamata alle armi, il 6 novembre 1915. Partenza l’11 novembre. Il diario ci racconta degli eroismi veri, quelli dei tentativi di evitare la prima linea, di sopravvivere, la volontà di non morire in nome di una gloria che non è degli uomini del popolo, che al popolo è estranea poiché per ogni uomo quello che conta è tornare a casa, tornare alla vita. Senza poterlo dire, senza nemmeno poterlo sussurrare, pena la decimazione: per un soldato che parlava, che mormorava, dieci commilitoni venivano sorteggiati e fucilati. Questo, l’esercito del Re, l’esercito del generalissimo Cadorna. Storia di uomini. Capitani coraggiosi e ufficiali codardi, comandanti incompetenti, soldati che hanno paura, che cadono urlando, piangendo, senza potersi sottrarre. La malvagità delle sentinelle nemiche nei campi di detenzione, lo sciacallaggio dei comandanti che gestiscono il contrabbando. La guerra, tutte le guerre viste dalla parte degli uomini: fango, lacrime, fame. Niente altro. Buona lettura. 

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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