Piacenza: onore a Mario Cravedi, già deputato PCI, Presidente A.N.P.I. ( 3 )

 Mario-Cravedi-1024x924

La caduta del muro di Berlino e la dissolvenza dell’impero sovietico. Così cambiò la storia segnando la sconfitta e il declino del comunismo realizzato, del socialismo reale, quel socialismo che aveva cancellato i sogni dell’utopia e s’era vestito dei panni della dittatura. Nel nostro Paese, il riflesso fu la tragedia del PCI e dei suoi uomini, generazioni allo sbando, in crisi d’identità, costretti a cambiar veste senza volere nè riuscire in una reale autocritica rigenerante. Quanto al PSI, apparentemente vincitore sul piano storico, ‘Mani pulite’ rivelò un sistema di corruttela che, abbattendosi come uno tsunami sul gruppo dirigente, provocherà, anche per l’inclemente incalzare accusatorio degli ormai ex comunisti in vena di rivincita antisocialista, lo scioglimento del primo partito dei lavoratori nato nel lontano 1892. Nel frattempo personalmente mi ero allontanato dalla militanza politica già sul finire degli anni ottanta non tanto per una questione morale che, a mio parere, investiva tutto il sistema politico, nessuno escluso, PCI compreso, e non certo solo Craxi e compagnia rampante. Mi ero allontanato per dissenso verso l’impostazione leaderistica voluta da Bettino, con un Partito completamente asservito e tacitato dal leader unico: uno schema decisamente sovietico o, per essere più aderenti ai giorni nostri, uno schema preberlusconiano. La politica era partecipazione, non personalizzazione. Il Segretario? Un primus inter pares, non un accentratore verticistico in odore di dittatura. Contenuti politici, sì!  Non ammiccanti faccioni su vuoti manifesti. La politica ridotta a prodotto pubblicitario, i Partiti venduti per estemporanee immagini stile fustino Dash di detersivo anzichè per proposte reali. Per questo in quel PSI aveva trovato sempre più spazio la componente ‘deviata’, incapace o disinteressata di proporsi come alternativa reale al sistema e di conseguenza componente finalizzante l’azione del Partito esclusivamente alla gestione del sottopotere, non certo alla capacità di disegnare nuovi modelli di sviluppo.  Un Partito che non sapeva più far sognare. No, quello non poteva più essere il mio Partito, il Partito Socialista di Pertini, di Nenni, di Lombardi. Non ho mai avuto occasione di confrontarmi sul tema con il compagno Mario Cravedi ma credo che, per entrambi, fu un momento difficile. Per noi PSI, per loro ex PCI. Con la differenza che io non trovavo altra soluzione se non quella di ‘rifluire nel privato’ o comunque in forme diverse di partecipazione mentre lui, Mario, seguì i tentativi dell’ormai inadeguato PCI di trovare nuove vesti adeguate al cambio dei tempi, fermo restando, da parte sua, un obiettivo di fondo: la difesa dei diritti di chi lavora. Anche per questo, dopo qualche anno di silenzio e di riflusso, non ho potuto negarmi al ritorno alla politica, aderendo al Movimento dei Laburisti di Valdo Spini e, di conseguenza, partecipando al processo formativo dei Democratici di Sinistra. Un’esperienza che sarebbe durata dieci anni, dal 1997 al 2007 probabilmente ‘minata’ dal limite che, in una riunione, ben aveva definito il compagno Franco Benaglia: “saranno i nostri figli a costruire davvero il nuovo Partito. Noi siamo e saremo sempre gli uni socialisti, gli altri comunisti, diversi, per quanto ci si provi mai uguali”. Già, difficile cancellare, pur cambiando veste, la storia vissuta e creduta. Ci siamo ritrovati riuniti sotto le stesse insegne, ma ciascuno mantenendo la propria identità storica, le stesse differenze dei tempi d’oro. Mario lo ricordo, in quei dieci anni, come figura carismatica, regolarmente nominato Presidente dei tanti Congressi vissuti, figura di riferimento, trait d’union con le storie personali e politiche di tanti militanti, ovviamente quelli dell’ex PCI. Ma i nostri, nel dovuto rispetto, erano percorsi sotto la stessa bandiera paralleli e diversi. Il compagno Mario a ribadire i valori di una lunga tradizione. Io, in un Congresso, al microfono alla Camera del Lavoro a sostenere che il Partito, per crescere, doveva cambiare, lanciarsi verso il futuro, togliere dai muri delle sezioni i ritratti tanto di Berlinguer quanto di Che Guevara ormai superati, inadeguati alla nuova realtà del Paese. Intervento complesso, provocatorio, di approfondimento rispetto a un successo elettorale che non arrivava mai ma certo poco ‘popolare’, destinato a suscitare, sia pur senza malanimo, rumore d istupore e di dissenso nella sala e qualche sorrisino di compatimento.  No, non era possibile superare il passato, superare Berlinguer, superare il compromesso storico e così ecco lo scioglimento dei D.S., la fusione con i Biancofiore della Margherita, ecco ex comunisti ed ex democristiani uniti sotto lo stesso tetto, di fatto il compromesso storico teorizzato dal vecchio PCI. No, tutto potevano chiedermi, a me socialista europeo, tranne quello, tranne morir democristiano. Così, di nuovo, strade diverse.  Avrei voluto chiedere al compagno Mario quanto poteva identificarsi in un Partito che, a livello europeo, inventava con una certa prosopopea una indistinta e indefinita via altra rifiutando l’ingresso nel Partito Socialista Europeo. Avrei voluto chiedere al compagno Mario come poteva identificarsi in un Partito che sosteneva Monti prima (DrakulMonti per aver attuato politiche a solo favore del sistema finanziario, non certo delle imprese e dei lavoratori) e addirittura si alleava con il cainano Berluscone poi. Avrei voluto chiedere dove il compagno Mario vedeva una politica realmente incidente a favore dei lavoratori. Negli ultimi anni, oltrechè vederlo immortalato nelle fotografie del quotidiano locale, Libertà, in occasione di celebrazioni della Resistenza, Incontravo Mario sulle strade secondarie intorno a Gossolengo (dove abitava, credo) a passeggiare. Figura ancora capace di esprimere autorevolezza ma che il tempo, mi pareva, aveva reso triste, carica di ideali che poco trovano alloggio nell’Italia di Berlusconi e, per quanto mi riguarda, delle contraddizioni di Bersani, di Letta e di Napolitano, non a caso duramente sconfitti alle ultime elezioni. Per fortuna lui a piedi, io passavo in auto, evitavamo di confrontare due tristezze in fondo uguali. Ora lui ci ha lasciati, ed è fortunato. Io resto e, nonostante i percorsi diversi, mi mancherà. Avrebbe avuto un ruolo importante, lungo il percorso del governo d’una sinistra laica, democratica, proiettata al nuovo e al futuro, europea, in una parola una sinistra capace di collocarsi nel grande ambito del socialismo europeo.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.