Eccomi, dunque, sono ancora qui.
E, come vedi, sono ancora “Io”.
Sì, lo stesso di ieri, lo stesso,
di un anno fa, lo stesso di tutte
queste migliaia di giorni
perduti insieme, chissà come.
Perduti a non comprendersi,
perduti a chiedersi di essere
qualcos’altro di ciò che eravamo.
Io: quello che sospinse il tuo passo
della tua verità rinnegata,
alla sua imperdonabile gloria.
Non hai fatto attenzione,
sei andata troppo oltre;
ed hai finito col caderci anche tu
nell’abisso.
Se ti avessi davvero capita,
ti avrei lasciato andar via:
“Fuori, fuori di qui!”
ti avrei detto, sfinito,
“Va’ a catturare il tuo angelo,
va’ ad aspettare la tua alba,
prima che io ti accechi
e ti incateni stretta
a questo fuoco oscuro;
e non far caso che io muoia.”
Ma amavo troppo i tuoi occhi
pigri del mattino e le tue frasi
infantili e il tuo sorriso fiero e
la tua rabbia triste e quella ruvida,
calma dolcezza ombrosa di quel tuo
raro sguardo che sembrava
dire tutto, sì, proprio tutto,
anche quello che forse
avresti voluto non dire.
Oh, se avessi guardato più in fondo
nel tuo sguardo, se avessi davvero voluto
per te il paradiso!