“Per le mani ti prenderò”, diario di vita di Alessandra Boccaletti e Giovanna Dodi, Ensemble editore, 2012

Alessandra è una ragazza “affetta da sindrome di down” che ho conosciuto mi pare tre anni fa, ospite con mamma e papà nel mio “bueno retiro” estivo nel verde della Val Trebbia. Ricordo che seguiva con grande curiosità Dalila mentre cucinava e alla fine del pranzo, dopo aver chiacchierato a lungo, che gradì il dolce finale. Una conoscenza occasionale, oggi approfondita con la lettura di questo diario scritto dalla mamma col quale si testimonia del percorso di crescita maturato nel tempo all’interno della famiglia. Certo, una famiglia culturalmente forte (Giovanna insegnante, Vittorio dirigente pubblico), capace di circondare Alessandra d’amore ma anche di quelle scelte capaci di garantire una crescita adeguata all’inserimento in un quotidiano ordinario della bambina prima, della ragazza poi. Alessandra nasce, seconda di tre sorelle. Dorme molto, cresce poco, succhia il latte troppo lentamente, rigurgita spesso. Lo svezzamento è un percorso di guerra, scrive Giovanna, Alessandra dimagrisce a livelli biafrani, è un miracolo che sopravviva. Eppure eccola al nido, eccola alla scuola materna, cresce nel rapporto con gli altri, sviluppa amicizie. In casa semplicemente è una “delle tre sorelle”, fanno gruppo, hanno confidenze, piccoli segreti, giochi comuni. Letizia, la maggiore, la convince che solo lei sa fare un ottimo caffè con la Moka. Così, ogni pomeriggio, si fa servire, approfitta dei suoi servigi. Elena Silvia, invece, la porta in giro con le amiche per la città, la consiglia su come vestirsi, la fa giocare in cortile con altri bambini, sarà lupetta prima e guida scout insieme poi. Accendono spesso lo stereo in camera, chiudendo la porta, ballano come matte. Ridono, scherzano, Alessandra non è mai nervosa, arrabbiata, ha sempre una visione ottimistica della vita: “Mamma sei stanca, io ti capisco. Quando sei nervosa devi pensare a me e vedrai che ti passerà.” Arrivano le scuole elementari e delle maestre meravigliose. Grazie a loro avrà le basi per poi affrontare le medie e addirittura il liceo (per i ragazzi disabili di regola s’aprivano le porte degli istituti tecnici, quella di Alessandra sarà una primizia, nella sede liceale). Studia e partecipa con grande impegno. Frequenta una classe a tempo pieno, segue ogni attività con i suoi compagni, non viene mai accompagnata fuori dall’insegnante di sostegno per lavorare da sola. Con le sue piccole dita impara a scrivere in corsivo, superando anche i timori della mamma che teme impossibile una così raffinata coordinazione ed ha paura che tutti gli sforzi di crescita e di inserimento possano subire la vanificazione. A Natale Alessandra scrive un biglietto alla famiglia. In corsivo: “Auguri, vi voglio tanto bene“. Ascolta, come tutti, musica pop, rock, live pop col suo MP3, diventa, come dice, una rockettara, balla, segue le lezioni di scherma, eccola in un’escursione in montagna col padre, Vittorio, e con la mamma a Colorno alla presentazione di un libro dell’Adele Grisendi. Legge il Diario di Anna Frank. Anche lei tiene un diario “segreto” ma, al contrario di “Piccola Katy” non “aspetta che ogni notte qualcuno lo vada a vedere”, spesso lo condivide con Giovanna. Scrive che “la vita è piena di dubbi e di domande ai quali spesso non è possibile dare una risposta. La vita rimane un mistero.” Esame di maturità: espone, parla, disquisisce, non nega una battuta ironica al prof di filosofia. Parla per un’ora della “scoperta dell’infanzia tra ‘800 e ‘900”, riceve i complimenti della commissione, esce in corridoio dove riceve baci, abbracci, sembra una festa di laurea. Genitori, sorelle, amici, amiche, fanno troppa confusione, vengono ripresi dai commissari. Ma il voto finale è una grande soddisfazione, un bel 100, un riconoscimento dell’impegno. Qui praticamente il libro finisce, inizia il difficile cammino per l’inserimento nel mondo del lavoro. Alessandra ha un sogno e un obiettivo: lavorare in una biblioteca, tra i libri che adora ma, come per tutti, non è certo facile, scuola e lavoro sono due mondi assolutamente diversi che spesso non comunicano per nulla. Due pianeti di due galassie diverse. Non è facile trovare chi ti capisca, chi ti aiuti, chi creda nelle tue potenzialità, nelle tue capacità. Non è facile e ancora più difficile per una ragazza che comunque per la sua presunta diversità viene definita “disabile” con tutti i problemi conseguenti che coinvolgono tutte le presunte diversità rispetto alla maggioranza dell’ipotetica ‘normalità’ (il luogo di nascita, il colore della pelle, l’orientamento sessuale, il livello di istruzione e chi più ne ha più ne metta). Giovanna sembra preoccupata ma ci pensa Alessandra: “Mamma calma, una cosa alla volta. Vieni, camminiamo mano nella mano verso il sole“. Oggi, otto anni dopo la stampa del libro, mi dicono che Alessandra lavora in una biblioteca come sognava, grazie ad una cooperativa che gestisce il servizio di gestione così aspirazioni, impegno, percorso e sogni raccontanti nel libro e realtà diventano tutt’uno, una speranza e una guida per le famiglie nelle quali crescono ragazzi come Alessandra. Leggere il libro può essere utile a tutti: la condivisione dell’esperienza è davvero fondamentale per i familiari interessati, sentire che non si è soli risulta importante fermo restando che può essere interessante e istruttivo per chiunque si trovi a contatto con questi ragazzi e queste ragazze. A titolo personale mi sento di segnalarlo a due amiche: ad Alberta, di Campobasso, che in facebook nella sua pagina ci racconta periodicamente dei progressi del figlio Alessio. Ecco il suo ultimo post: “Si è conclusa da poco, sulla piattaforma Meet, la cerimonia di premiazione della X edizione del Premio nazionale Chiaravalle per la Fotografia, promosso dal Centro Studi Cultura e Società con il patrocinio di Regione Piemonte, Città Metropolitana e Comune di Torino. Alessio, con la sua foto ha ricevuto la menzione della giuria nella sezione “Italia, un grande Paese” ed è stato lodato e incoraggiato in questa sua passione dai tanti fotografi presenti che hanno apprezzato la sua foto tecnicamente anche per la prospettiva e per la visione nonché per la sua straordinaria semplicità di aver colto il momento senza filtri con un semplice cellulare .Ale ha salutato e ringraziato tutti, era tanto tanto emozionato. E io sono felice per lui. Piccoli grandi traguardi di vite possibili.” Infine un ricordo personale legato ad un’ex collega dell’Asl, Libera Maria. L’avevo scelta, qualche anno fa, per affiancarmi nella selezione dei candidati a posti nel centralino aziendale. Era rimasta stupita per la fiducia insita nella scelta e, dopo qualche tempo conclusi i lavori di selezione, è venuta a ringraziarmi in ufficio, orgogliosamente insieme a Noemi, la figlia, per presentarmela orgogliosamente, per ‘farmela conoscere’. Curiosa, dialogante, fu un bel quarto d’ora. Ribadito nei successivi occasionali ma interessanti incontri di dialoghi e confronti.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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