“Libera – Diventare grandi alla fine della storia”, diario di Lea Ypi, Feltrinelli editore, 2023

Per la brillante e precoce undicenne Lea Ypi, il socialismo ortodosso in stile sovietico dell’Albania di Enver Hoxa e della dittatura del proletariato di classe, rappresentava la promessa di un futuro preordinato, una garanzia di sicurezza tra compagni entusiasti. Questo finché non si è trovata aggrappata a una statua di pietra di Joseph Stalin, appena decapitata dalle proteste degli studenti. La dittatura non era riuscita a realizzare l’utopia promessa. La biografia di ciascun cittadino, definita dall’appartenenza di classe e da altri elementi tutti legati al passato, poneva limiti rigidi al futuro individuale. Quando i genitori di Lea parlavano di parenti che andavano all’università o che si laureavano, parlavano di gravissimi segreti che Lea faticava a capire. E quando i primi anni novanta videro l’Albania e altri Paesi balcanici cominciare una transizione esuberante verso il libero mercato, gli ideali occidentali di libertà portarono il caos: una distopia di schemi piramidali, crimine organizzato e trafficanti di sesso. Una nonna elegante, intellettuale e francofona, un padre radical chic affascinato dal sessantotto e una madre thatcheriana e ferocemente antisocialista, Lea Ypi cresce attraversando questi tempi di rivoluzioni e di grande disorientamento, con un’educazione politica unica e ricchissima, e lo racconta con grande talento letterario. Oggi Lea Ypi è una delle giovani filosofe politiche più all’avanguardia nel mondo ed è una voce di spicco della sinistra nel Regno Unito. Il suo memoir offre una prospettiva fresca e avvincente sulla relazione tra personale e politico, tra valori e identità, e pone domande urgenti sul prezzo della libertà. Un racconto-verità letto tutto d’un fiato anche per approfondire la conoscenza di quegli anni e soprattutto l’esperienza di due amici personali: uno, italianissimo, grande ammiratore del socialismo di Enver Hoxa tanto da aver spesso collaborato con Radio Tirana. L’altra, protagonista della fuga liberatoria dal regime e dalla povertà determinata da una pesantissima crisi economica: il 7 marzo 1991 il nostro BelPaese scoprì di rappresentare un sogno per 27mila albanesi – tra i quali proprio lei, oggi piacentina d’adozione – che arrivarono nel porto di Brindisi a bordo di navi mercantili. Bene, questa amica parla di mancanza di libertà, di clima di paura, di minaccia di arresto, di uno Stato di Polizia, illiberale. In effetti Lea Ypi apre un velo su quegli anni e sulla crisi conseguente alla caduta del muro di Berlino ma nello stesso tempo ricorda di come la scelta del libero mercato ebbe effetti dirompenti sempre in quegli anni novanta. Perché, sostiene, il liberalismo in realtà si identifica con le promesse infrante, con la distruzione della solidarietà, col diritto di ereditare il privilegio, di chiudere gli occhi davanti all’ingiustizia. Così come di converso è sbagliato pensare al socialismo identificandolo solamente con una teoria di rapporti materiali, di lotta di classe o giustizia economica. Il socialismo in realtà è soprattutto una teoria sulla libertà umana, su come pensare al progresso della storia, come adattarsi alle circostanze ma anche elevarsi al di sopra di esse. Con questa visione finale Ypi ci racconta dei motivi per i quali continua ad ispirarsi al socialismo e, per quanto mi riguarda, i motivi per i quali ancora oggi mi dichiaro socialista.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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