“La paura di Montalbano”, racconti di Andrea Camilleri, Finegil editoriale, 2007

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La paura di Montalbano è la terza raccolta di racconti del famoso commissario uscita nel 2002 con Mondadori e ripresa da Finegil nel 2007. Segue ai precedenti Un mese con Montalbano e La prima indagine di Montalbano. Sono sei racconti: Giorno di febbre; Ferito a morte; Un cappello pieno di pioggia; Il quarto segreto; La paura di Montalbano e Meglio lo scuro. Vediamoli nel dettaglio, ormai rassegnati al linguaggio parzialmente in dialetto siciliano che impone di procedere ‘un tanto al metro’, ovvero con l’intuizione.

Giorno di febbre: Montalbano si sveglia febbricitante, invano cerca il termometro per cui eccolo in farmacia ad attendere il turno quando improvvisamente esplodono due colpi di pistola all’esterno. Un commerciante ha sparato a due scippatori in motorino ma ha colpito alla gamba una bambina. Montalbano si precipita ma viene preceduto da un barbone, Lampiuni, che con professionalità (tipica di tutti i barboni), blocca l’emorragia e salva la bambina. Il commissario lo saluta chiamandolo “dottore” e qui Lampiuni rivelerà una verità impensata.
Ferito a morte: una notte insonne per il nostro commissario, colpa di quel maledetto libro che non vale niente ma che, come sua abitudine (spesso condivisa dal presente lettore), si sente in dovere di leggere fino in fondo. Anche perchè guadagnare soldi costa fatica e quindi ogni spesa, anche quella sbagliata, va onorata. Per fortuna arriva una telefonata da Catarella che annuncia l’omicidio di Gerlando Piccolo, usuraio. Una professione che gli ha procurato in vita molti clienti per cui la dipartita li ha resi felici. E tutti sospettabile. Chi fu, dunque, il Santo?
Un cappello pieno di pioggia: Montalbano viene mandato a Roma ad un incontro con l’onorevole Sottosegretario per una proposta relativa all’immigrazione clandestina. Il mal di pancia è notevole ma ben oltre devono andare le cose al nostro: a Fiumicino si perde la valigia, il taxi rimane affogato nel fiume dell’ingorgo (è tempo di Giubileo) e gli costa quasi metà del suo stipendio. Il resto se ne va nell’acquisto di biancheria intima e mentre esce dal negozio incrocia il proprietario. Lapis, un vecchio compagno di scuola, di quelli da evitare con cura. Che lo invita a cena. Fatto l’inutile incontro con il Sottosegretario, ecco l’ora di cena, Montalbano si avvia sotto lo scroscio dell’acqua che scende dal cielo ed ecco che vede un cappello a terra che si sta riempiendo di pioggia.
Il quarto segreto: Catarella muore in uno scontro a fuoco, come in un film western. Per fortuna si tratta di un brutto sogno, causato dalla mangiata serale a base di fave. Ma se fosse un sogno premonitore? Ecco dunque l’indagine per la morte di un clandestino albanese in un cantiere edile, ecco l’appostamento concordato con i carabinieri del maresciallo Verruso ed ecco Catarella proprio sulla linea di tiro di quella pistola improvvisamente apparsa dal nulla.
La paura di Montalbano: Montalbano è in vacanza con la sua fidanzata Livia che lo ha “strascinato” in montagna a casa di amici. Si sa che la montagna non fa per lui “omo di mare”. Ma ormai la cosa è fatta e quindi quella mattina Montalbano per farsi passare il “nirbuso”, dopo essersi ben coperto di maglioni vari, lascia Livia a letto e se ne va a scoprire la montagna che gli si presenta bella ma anche orrida nei suoi strapiombi ed è da uno di questi che improvvisamente sente un’invocazione d’aiuto. Una donna sembra sospesa nel vuoto, trattenuta a malapena dal marito che le ha afferrato i polsi.
Meglio lo scuro: finalmente il comune di Vigata sta mandando l’acqua per i cittadini e Montalbano potrà farsi una lunga doccia. Ancora zuppo e seminudo sente suonare alla porta, va ad aprire gocciolando acqua e si trova di fronte la figura, imbarazzata come lui, di un “parrino” (prete). Una moribonda ospite di un ospizio, racconta il sacerdote, gli ha detto in confessione di aver commesso un crimine per il quale ha pagato un innocente ed ora egli è riuscito a convincerla a raccontare tutto al commissario. Montalbano va a parlare con la vecchia signora in punto di morte che a stento pronuncia queste parole: «Cristina lo volle… e io glielo diedi… ma non era veleno…». Quindi, chi fu il vero assassino?

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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