“Israel J. Singer “Perle” ovvero sui necrologi”, riflessioni di Carmelo Sciascia

L’unico libro citato nel racconto Perle di Israel J. Singer (fratello del premio Nobel Isaac) è il libro “Nathan il saggio”. La saggezza dell’ebreo Moritz, protagonista del racconto, deriva solo dalla conoscenza di quest’opera? Può darsi. A volta basta davvero aver letto solo un libro per spiegarsi il senso della vita. L’opera “Nathan il saggio” del protestante tedesco Lessing è un’opera importante sulla tolleranza, dove si pongono sullo stesso piano le tre religioni monoteiste. Lasciamo i discorsi cui potrebbero portarci il semplice riferimento ad un’opera letteraria, come quella citata, e, parliamo più prosaicamente dell’attualità di un’opera pubblicata quasi un secolo addietro, precisamente nel 1922. Credo questo racconto sia soprattutto una descrizione sul senso comune e sulla casualità.

Il Signor Moritz Spielrein, ricco mercante di gioielli, ebreo di nazionalità polacca, dopo sei mesi di volontaria reclusione in casa propria, a salvaguardia di una precaria condizione di salute, non trova di meglio da fare che andare al mercato dei preziosi. (Sono in molti in realtà a rinchiudersi in casa all’inizio dell’ inverno, a gettare le scarpe, per poter dire in primavera di avere fregato la sorte e di avere rubato un altro inverno alla vita). Il titolo al racconto è dato dalla collana di perle che Moritz ha portato al collo, “fili avvolti in più spire attorno al collo sottile”, per tutto l’inverno.
Questo signore, oltre ad essere un ricco mercante, gestisce un grande palazzo con centinaia di inquilini. Ma lo gestisce in terza persona, attraverso il suo segretario Deiches che settimanalmente riferisce e contabilizza. Quindi tutti gli affittuari hanno rapporti solo col suo segretario. Un po’ come avviene oggi negli gli studi di eminenti professionisti: costoro non prendono prebenda alcuna, qualsiasi transazione economica viene demandata al segretario, all’infermiera o all’incaricato di turno.
Cosa fa di preciso questo signore, tutte le mattine? Beve qualche bicchiere di acqua minerale, controlla che tempo fa e poi “deve leggere il giornale tutti i giorni”. Non gli interessa la politica, “non ha forze sufficienti per interessi così ardui”.
Quello che cerca nel giornale, a parte qualche annuncio di pignoramento legato al suo commercio, è leggere gli obituari. Il termine oramai desueto, è di origine medioevale, stava ad indicare i registri dove venivano annotate le date di morte di chi si era in qualche modo distinto per meriti particolari. Si potrebbe oggi tradurre benissimo con necrologi. Quindi, questo ricco mercante ebreo, per prima cosa legge le pagine del giornale che riguardano i necrologi. Una pratica comunissima in vigore ancora oggi in tante città compresa la nostra. Letto il necrologio, si inizia con i compresenti una accanita discussione sull’età reale del defunto. Quanti anni avesse realmente e quanti ne mostrava. Le foto che precedono l’annuncio, si prestano bene a simili dubbi ( specialmente quelle a colori). Una frase del libro è una delle più comuni circolanti: – Quello che è incomprensibile, comunque, è l’affermazione ‘all’età di sessantatrè anni’. Non c’è nessuno che ne garantisca la veridicità. Infine dopo accesa discussione si giunge, nel libro, all’affermazione che di anni ne avesse sessantotto, esattamente sessantotto. Dopo avere fissato la data anagrafica esatta si passa all’eredità. Gli eredi vengono considerati dissoluti ed il lascito una grande fortuna. Finché l’esperto non sentenzia: “lasciate che vi dica che ciò che ha lasciato agli eredi non basta neppure per comprare una presa di tabacco. Lo so. Io stesso possiedo la sua prima e seconda ipoteca”. E vogliamo lasciare da parte un altro tema assai caro ai lettori di necrologi? Dopo le cerimonie, le esegue: ci sarà una tomba pronta ad accoglierlo? Io ho tutto pronto, sembra dire Moritz l’ebreo: “Sorge nel sentiero centrale del vecchio cimitero, circondato da erba e fiori e da innumerevoli tombe di marmo lucido e di granito”. E l’epigrafe? “Qui giace il saggio e colto Meyer (Moritz), figlio di Moses Ha-Kohen Spielrein”. Nella sua vita aveva letto e riletto fino alla consunzione solo un libro, il già citato Nathan: “… non sarebbe una cattiva idea mandare ‘Nathan il saggio’ a un rilegatore per mettergli una copertina nuova”.
Le epigrafi che ognuno di noi sarebbe pronto a sottoscrivere per il defunto di turno, è sicuramente un altro motivo di conseguente discussione tra i lettori di necrologi.
Abbiamo parlato di un racconto, parlando della quotidianità, abbiamo parlato del motivo della lettura di un giornale, parlando di necrologi. Abbiamo accennato alla morte ed alle discussioni intorno alla morte attraverso un racconto che termina con l’ affermazione sulla casualità della morte stessa. Ci si aspetta che muoia il vecchio e malato Moritz ed invece muore un giovane, un giovane che contribuisce al sostentamento della famiglia: come, al di là di ogni finzione, accade nella realtà quotidiana!

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

Una risposta a ““Israel J. Singer “Perle” ovvero sui necrologi”, riflessioni di Carmelo Sciascia”

  1. Caro Carmelo il tuo interessante articolo mi rimanda al caro ricordo della rivista “Diario” ed in particolare al ricordo di una sua rubrica, “Se ne sono andati”, che nel primo numero del 23 ottobre del 1996 si aprì con il profilo di Rose Ouelette Cantante-attrice canadese di lingua francese, morta, il 6 ottobre, a 95 anni, a Montréal.. conosciuta con lo pseudonimo di «La Poune» …popolarissima in tutto il Canada francofono.”

    Senza retorica, e depurando la pratica dalla melassa che si usa far colare sui trapassati, capita di poter imparare a volte di più da chi se ne è andato, piuttosto che da chi resta.

    In morte di Danielle Gouze, vedova di François Mitterrand, mi è capitato di leggere anche questo :

    « .. sulla bara di François a Jarnac, una gelida mattina del gennaio ’96, abbracciò Mazarine e accolse l’altra, Anne Pingeot, che di Mazarine era la madre, e François il padre. Sapeva tutto di loro, ma non le aveva mai incontrate prima. Lo fece davanti a tutti i francesi».

    In tempi di gossip becero che più becero non si può, dove i maschi contano per quanto ce l’hanno lungo e le femmine per quanto ce l’hanno aperta, leggere che la complessità dei rapporti umani può anche essere interpretata in modo rispettoso della propria e della altrui dignità mi commuove sempre, sia quando rimanda a persone semplici per condizione sociale, sia quando rimanda ad una “grande dame”.

    Certo è vero che una rivista come Diario non ha avuto vita facile né lunga, e la sua rubrica “se ne sono andati” alla fine se ne è andata pure lei, mentre le pagine dei necrologi su Libertà rimangono e non di rado, quando si dilatano, sono i morti a togliere spazio ai vivi.

    Per fortuna una letteratura che richiama quella da te descritta sopravvive al trapasso, e basta ricordare l’immortale “Antologia di Spoon River” e pure il recente e bellissimo testo di Giacomo Di Girolamo “Dormono sulla collina”.

    Purtroppo invece la rivista Diario fondata da Enrico Deaglio e Luca Formenton nel 1996 non ha raggiunto la maggior età, e nella originale versione settimanale, che inizialmente era distribuita insieme a l’Unità, ha cessato di raggiungere noi affezionati lettori, con il numero 33 dell’anno XII, in data venerdì 7 settembre 2007. Trasformatasi prima in quindicinale e poi in mensile, da ultimo sotto la direzione di Massimo Rebotti che aveva sostituito Enrico Deaglio, è “trapassata” definitivamente con il numero 14 dell’anno XIV, in data 4 dicembre 2009.

    L’ho seguita per tutta la sua vita, e ne sento ancora la mancanza.

    Fra i tanti, mi è caro come detto il ricordo della sua rubrica, “Se ne sono andati”, che mi ha fatto conoscere tante persone, solo al momento della loro morte.

    Ho già detto come nel primo numero del 23 ottobre del 1996 si aprì con il profilo di Rose Ouelette; il “nostro” Franco Carlini, giornalista, ricercatore, esperto di tecnologia, intellettuale, è stato invece l’ultimo.

    Chiudo raccontando di un’ultima pagina de “il manifesto”, in cui si raccontava della morte a 95 anni di Luciana Viviani.

    Maria Rosa Cutrufelli nel raccontare in particolare di un libro firmato dalla scrittrice napoletana nel 1994, dal titolo “Rosso antico”, sottotitolo “Come lottare per il comunismo senza perdere il senso dell’umorismo”, ne sottolinea “…intelligenza, libertà e ironia. Tantissima ironia. Perché come diceva lei, «si deve amare tutto, ma niente ci deve incatenare».

    Ai tanti compagni “incatenati” oggi alla fallimentare idea del PD, che non hanno nemmeno l’ironia necessaria per rendersi conto che Renzi dice semplicemente quello che pensa, intanto che loro quello che pensano se lo ingoiano giorno dopo giorno, per rimanere appunto incatenati ad una idea sbagliata, rivolgo il mio pensiero dolente, per quel che vale ovviamente, cioè molto poco, ma con tanta mesta autoironia.

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