“Israel J. Singer “Perle” ovvero sui necrologi”, riflessioni di Carmelo Sciascia
Pubblicato da arzyncampo
14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò. Mostra altri articoli
Caro Carmelo il tuo interessante articolo mi rimanda al caro ricordo della rivista “Diario” ed in particolare al ricordo di una sua rubrica, “Se ne sono andati”, che nel primo numero del 23 ottobre del 1996 si aprì con il profilo di Rose Ouelette Cantante-attrice canadese di lingua francese, morta, il 6 ottobre, a 95 anni, a Montréal.. conosciuta con lo pseudonimo di «La Poune» …popolarissima in tutto il Canada francofono.”
Senza retorica, e depurando la pratica dalla melassa che si usa far colare sui trapassati, capita di poter imparare a volte di più da chi se ne è andato, piuttosto che da chi resta.
In morte di Danielle Gouze, vedova di François Mitterrand, mi è capitato di leggere anche questo :
« .. sulla bara di François a Jarnac, una gelida mattina del gennaio ’96, abbracciò Mazarine e accolse l’altra, Anne Pingeot, che di Mazarine era la madre, e François il padre. Sapeva tutto di loro, ma non le aveva mai incontrate prima. Lo fece davanti a tutti i francesi».
In tempi di gossip becero che più becero non si può, dove i maschi contano per quanto ce l’hanno lungo e le femmine per quanto ce l’hanno aperta, leggere che la complessità dei rapporti umani può anche essere interpretata in modo rispettoso della propria e della altrui dignità mi commuove sempre, sia quando rimanda a persone semplici per condizione sociale, sia quando rimanda ad una “grande dame”.
Certo è vero che una rivista come Diario non ha avuto vita facile né lunga, e la sua rubrica “se ne sono andati” alla fine se ne è andata pure lei, mentre le pagine dei necrologi su Libertà rimangono e non di rado, quando si dilatano, sono i morti a togliere spazio ai vivi.
Per fortuna una letteratura che richiama quella da te descritta sopravvive al trapasso, e basta ricordare l’immortale “Antologia di Spoon River” e pure il recente e bellissimo testo di Giacomo Di Girolamo “Dormono sulla collina”.
Purtroppo invece la rivista Diario fondata da Enrico Deaglio e Luca Formenton nel 1996 non ha raggiunto la maggior età, e nella originale versione settimanale, che inizialmente era distribuita insieme a l’Unità, ha cessato di raggiungere noi affezionati lettori, con il numero 33 dell’anno XII, in data venerdì 7 settembre 2007. Trasformatasi prima in quindicinale e poi in mensile, da ultimo sotto la direzione di Massimo Rebotti che aveva sostituito Enrico Deaglio, è “trapassata” definitivamente con il numero 14 dell’anno XIV, in data 4 dicembre 2009.
L’ho seguita per tutta la sua vita, e ne sento ancora la mancanza.
Fra i tanti, mi è caro come detto il ricordo della sua rubrica, “Se ne sono andati”, che mi ha fatto conoscere tante persone, solo al momento della loro morte.
Ho già detto come nel primo numero del 23 ottobre del 1996 si aprì con il profilo di Rose Ouelette; il “nostro” Franco Carlini, giornalista, ricercatore, esperto di tecnologia, intellettuale, è stato invece l’ultimo.
Chiudo raccontando di un’ultima pagina de “il manifesto”, in cui si raccontava della morte a 95 anni di Luciana Viviani.
Maria Rosa Cutrufelli nel raccontare in particolare di un libro firmato dalla scrittrice napoletana nel 1994, dal titolo “Rosso antico”, sottotitolo “Come lottare per il comunismo senza perdere il senso dell’umorismo”, ne sottolinea “…intelligenza, libertà e ironia. Tantissima ironia. Perché come diceva lei, «si deve amare tutto, ma niente ci deve incatenare».
Ai tanti compagni “incatenati” oggi alla fallimentare idea del PD, che non hanno nemmeno l’ironia necessaria per rendersi conto che Renzi dice semplicemente quello che pensa, intanto che loro quello che pensano se lo ingoiano giorno dopo giorno, per rimanere appunto incatenati ad una idea sbagliata, rivolgo il mio pensiero dolente, per quel che vale ovviamente, cioè molto poco, ma con tanta mesta autoironia.