“Il pane”, lirica di Vladislav Chodasevic ( 1886 – 1939 )

In cucina, olio su tela, di Alessandro Sani

Oggi in cucina c’è una luce che abbaglia.
Col grembiule, cosparsa di farina,
Di tutte le Mignon tu sei la più bella
Con la tua bellezza genuina.
Ti svolazzano intorno coi cestini,
Con il bricco del latte e le fascine,
Spiumandosi le ali, i cherubini…
Tra le nubi, dalle colline

Prorompe la luce, e sulle pentole oziose
Come fasci di strali batte il giorno.
Sfacendosi somiglia a pallide rose
La legna che arde nel forno.
E i densi getti del futuro filone
Nel vaso d’argilla un angelo versa,
Giurandoci che son veri, come il sole,
L’amore, il lavoro e la terra.

E’ sepolto nel cimitero di Billancourt, presso Parigi, il poeta che Maksim Gorkij considerava “il migliore che vanti la Russia moderna”. Vladislav Felicianovič Chodasevič, di origine polacca, era nato a Mosca il 29 maggio 1886. Nel 1922 lasciò la Russia per sempre, e dal 1925 fino al giorno della sua morte, avvenuta il 14 giugno 1939, visse costantemente a Parigi.

I suoi primi quattro volumetti di poesie furono pubblicati in Russia: Giovinezza nel 1908, La casetta felice nel 1914, Per la via del grano nel 1920 e La pesante lira nel 1922. I versi da lui scritti all’estero, e riassunti col titolo La notte europea, entrarono a far parte della sua raccolta del 1927. L’ultimo decennio di vita di Chodasevič fu più dedicato alla critica e alle rievocazioni letterarie, che alla poesia.

Non ebbe mai altri guadagni che quelli derivatigli dalla sua attività letteraria, visse sempre negli stenti, cadde spesso gravemente ammalato, ma ebbe amici cari e fedeli tra letterati e poeti, lettori e ammiratori, che non cessarono mai di amarlo.

Scriveva Gumilёv nel 1914, commentando la seconda raccolta di versi La casetta felice: “Non è possibile abituarsi né alla sua fantasia, né alle sue intonazioni – egli ci si presenta inaspettato, con nuove avvincenti parole, e non si trattiene a lungo, lasciando dietro di sé un piacevole inappagamento e il desiderio di un nuovo incontro”.

Per i loro tratti chiari e precisi e per l’immediata efficacia, i versi di Chodasevič incantano anche il lettore più “impoetico”. La loro forma classica è impeccabile, semplice, elegante. La sua concezione della vita è ironica e tragica al tempo stesso. Dalla sua poesia emerge con insistenza l’eterno tema dell’anima immortale e degli ostacoli che le frappongono la materia e la squallida banalità della vita. E’ un continuo alternarsi di estasi metafisiche e di minute inquadrature prosaiche, d’immersioni ed emersioni, di cadute negli abissi dell’esistenza e di slanci mistici.

Chodasevič è un poeta spaesato in tanto squallore che lo circonda, ma mi sembra che il suo pessimismo, la sua tragedia trovino una via d’uscita, e la sua salvezza sia nel tono serio e pacato della sua poesia, nella sua attitudine a contemplare con un certo distacco i misteri dell’anima e dell’esistenza; la sua è un’ironia assai spesso feroce e maligna, ma sovente è anche serena, ricca di un humor leggero e immediato. La sua rabbia non lo fa tonare, ma lo spinge a riflettere, a partecipare delle altrui miserie, a sorridere lievemente subito dopo aver pianto.

In una lettera del 1 ottobre 1923 Gorkij scriveva al poeta: “I vostri versi An Mariechen sono belli e penetranti. Non so dire di più, ma aggiungerò soltanto che essi suscitano nell’anima il “freddo sibilo della bufera di neve” e nello stesso tempo sono irresistibilmente umani”.

Mi sembra che questo suggestivo giudizio di Gorkij possa essere la giusta insegna sull’incantato “bazar” del poeta Chodasevič.

Paolo Statuti

 

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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