Io spero leggerà egregio Presidente la lettera presente se tempo mai ne avrà. La posta mi darà prima di domattina la vostra cartolina che in guerra m’invierà. Ma io non sarò mai Egregio Presidente il boia o l’assassino di gente come me. Mi creda ma non è per darle del fastidio in cuore ho già deciso che io diserterò. Mio padre non c’è più i miei fratelli andati e i figli disperati a piangere con me. Mia madre come lui è dentro la sua tomba e i vermi od una bomba che cosa cambierà. Quand’ero in prigionia qui tutto mi han rubato la moglie, il mio passato la mia migliore età. Domani mi alzerò e sbatterò la porta in faccia alla memoria e in strada me ne andrò. Di carità vivrò sulle strade del mondo e a tutti fino in fondo io questo griderò “Non obbedite più gettate le armi in terra e basta con la guerra restatevene qui!” Se sangue servirà Egregio Presidente c’è il suo, se mi consente lo dia a chi ne vorrà. La legge violerò lo dica ai suoi gendarmi io armi non ne ho…
“La mia canzone non è per nulla antimilitarista ma, lo riconosco, violentemente filo-civile”. Se c’è una canzone che più di tutte è stata uno dei simboli del pacifismo e della disobbedienza civile, questa è senza dubbio Le Déserteur, scritta nel 1954 dal francese Boris Vian. Eravamo all’inizio del 1954. La guerra in Indocina stava volgendo al termine, mentre un’altra – sempre con protagonista la Francia – stava per cominciare: la guerra d’Algeria. Il 15 febbraio di quell’anno, Boris Vian e Harold Berg mettono la firma in calce al manoscritto di una canzone dal titolo Le Déserteur. Il testo è la lettera di un obiettore di coscienza indirizzata direttamente al Presidente francese, che dichiara la propria volontà di disertare. Il testo non lascia spazio a mezze misure, né a fraintendimenti.