“I Farnese. Architettura, Arte, Potere” in mostra a Parma fino al 31 luglio 2022 e, a margine, una scoperta culinaria: il panuozzo di Gragnano! Delizia incommensurabile

I Farnesi furono una famiglia di antichissime origini probabilmente longobarde. Li troviamo feudatari nella Diocesi della Tuscania e consoli ad Orvieto in particolare. Guerrieri nel corso di tutto il 1300 al servizio dello Stato Pontificio questo gli consentì di consolidare e rafforzare il dominio nei territori dell’Alto Lazio. Nel 1417 un Farnese fu nominato Senatore di Roma. Nel 1489 Giulia Farnese sposa Orsino Orsini, figlio della cugina del Papa Alessandro VI del quale diventa amante e questi nomina cardinale il fratello (di lei) Alessandro che verrà eletto Papa nel 1534 con il nome di Paolo III. Il famoso Pasquino tuonò “Alessandro, tu devi a tua sorella / Giulia il cardinalato, ché la gonna / alzò” e il popolo fu ancora più pungente definendo il “Cardinal Farnese” “Cardinal Fregnese”, sottolineando con estrema malizia il modo ignobile con cui era giunto alla porpora. Ma il dileggio popolare non interrompe la sua carriera.

Alessandro Farnese, dipinto da Raffaello

Nel 1509 diventa Vescovo a Parma e nel 1534 diventa Papa col nome di Paolo III. Sostiene lo sviluppo di nuove congregazioni religiose come le Orsoline, la Compagnia di Gesù e l’Inquisizione romana riconoscendo pieni poteri censori ed esecutivi. Nello stesso tempo, tenendo conto che ai tempi del cardinalato Alessandro aveva avuto una relazione con Silvia Ruffini dalla quale aveva avuto quattro figli, Pier Luigi, Paolo, Ranuccio e Costanza, in base al più spregiudicato nepotismo nomina cardinali i nipoti Alessandro (figlio di Pier Luigi) e Guidascanio Sforza (figlio di Costanza). Il suo preferito resta però il figlio Pier Luigi che nomina prima duca di Castro poi duca di Parma e Piacenza. Una scelta in contrasto con Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero, con le aspirazioni di Milano e soprattutto invisa ai nobili degli ex-ducati e al Conte di Guastalla Ferrante I Gonzaga. Del resto Pier Luigi, di suo, è un pessimo soggetto. Già in giovane età, intrapresa la carriera militare, si rende protagonista di furti, profanazioni e omicidi e viene bollato con l’anatema. Si segnala inoltre per la sfrenata sessualità omosessuale (senza disdegnare rapporti con le donne) che lo porta a stuprare giovanetti ed ecclesiasti, compreso il Vescovo di Fano.

Pier Luigi Farnese, particolare

Insomma, un pessimo soggetto che non poteva sperare di essere gradito innanzitutto proprio ai nobili del Ducato Così nasce la congiura che nel 1547 vede assassinato Pier Luigi con il suo corpo gettato nel fossato sotto il palazzo. Il Papa nomina Ottavio, figlio di Pier Luigi, ma le truppe di Carlo V occupano il Ducato e, dopo una breve guerra, i Farnese capiscono che l’unica via d’uscita è quella dell’alleanza con la Spagna. Da segnalare ancora, arrivando al 1586, il periodo di dominio da parte di Ranuccio I che governa con pugno di ferro per circa un trentennio. Nel 1606 Ranuccio riserva solo a sé il diritto di caccia in alcune zone dove prima potevano cacciare tutti i nobili determinandone il malumore che, per il Duca, diventano segni di sotterranea ribellione. Nella primavera del 1611 viene arrestato Alfonso II Sanvitale, conte di Fontanellato, con un’accusa di uxoricidio. Cita un bandito di strada, Onofrio Martani, il quale, sottoposto a tortura, rivela dei particolari che fanno venire alla luce una presunta congiura ai danni del duca. Così vengono arrestati vari nobili tra i quali Barbara Sanseverino, marchesa di Colorno già amante del nonno di Ranuccio. Tutti gli arrestati (tranne Barbara) vengono sottoposti a tortura e ammettono la congiura. Naturalmente la confessione resa in quelle condizioni non dovrebbe aver valore ma il giudice prima e Ranuccio poi sentenziano la condanna alla decapitazione sulla pubblica piazza e un lungo elenco di poderi e case viene aggiunto ai registri ducali. Arriviamo infine al 1731, quando muore il Duca Antonio Farnese, ultimo rappresentante della famiglia che si estingue. Così nel dicembre del 1731 Carlo di Borbone, viene insignito del titolo di Duca di Parma e di Piacenza.

La sala della musica lungo il percorso della mostra di Parma

Una Dinastia che non ho mai amato e tanto meno rispettato anche se simbolo della mia Piacenza: troppe contraddizioni, simbolo della gestione di un potere basato sulla forza, sull’intrigo, sull’omicidio, sulla mancanza di etica, sulla depravazione e sulla violenza. Aspetti che non ho trovato evidenziati nella mostra visitata a Parma, puramente elegiaca delle positività dei secoli di dominio e dell’innegabile attenzione all’arte, alla musica, alle opere architettoniche pure realizzate. Ritengo infatti che il visitatore abbia il diritto di un’informativa completa, di poter valutare lo splendente e il fosco in modo da trarre le proprie personali convinzioni nel giudizio sulla dinastia e sul modus operandi dei suoi rappresentanti.

Palazzo Farnese a Caprarola

Ad esempio la mostra da grande spazio alla realizzazione di imponenti opere voluta dai Farnese: il Palazzo della Pilotta a Parma, Palazzo Farnese a Roma, Palazzo Farnese a Piacenza, a Ortona, a Gradoli, a Caprarola, Villa Farnesina a Roma, per citarne alcuni. Il tutto con interessanti filmati e gran esposizione di bozze dei progetti di costruzione che però, a ben vedere, altro non erano se non ricerca di consenso da parte di chi arrivava al potere attraverso diciamo vie ‘secondarie’ se non attraverso imposizioni e occupazioni vere e proprie di terreni altrui. Dunque, pur di fronte alla bellezza artistica, alla grande raccolta d’arte che si ammira lungo il percorso (che, successivamente alla zona della mostra vera e propria, porta alla raccolta d’arte della Galleria parmense), non cambia il personale giudizio nei confronti di una famiglia che, innanzitutto, badò al potere. Resta dunque, al termine delle due ore circa necessarie per la visita, innanzitutto l’estasi di fronte all’opera più suggestiva esposta. Risale al 1508 ed è un dipinto a terra ombra, ambra inverdita e biacca su tavola, opera di Leonardo da Vinci giunta ad arricchire il patrimonio della Galleria nel 1839 e che dunque poco dovrebbe avere a che fare con i Farnese (ne troviamo infatti traccia per la prima volta in un inventario di casa Gonzaga del 1627).

La scapigliata, opera di Leonardo da Vinci

Concludendo, in definitiva la mostra di Parma non mi ha entusiasmato salvo un pregio indiscutibile: l’avermi riportato dopo anni nella città dei miei anni degli studi universitari, quando la Pilotta era un passaggio fisso per tornare in stazione o per passare ore all’aria aperta a studiare. Così con Dalila ci siamo fermati nei giardini in via Garibaldi dove abbiamo pranzato, come si faceva in quei tempi lontani quando i soldi per il ristorante e pure per la trattoria ce li si sognava: abbiamo individuato un locale da panini e piadina, un poco strano ma molto inclusivo che ci ha riservato una graditissima sorpresa, per noi davvero una novità gustosa e piacevole.

Il suggestivo locale in via Garibaldi a Parma

Abbiamo visto sulla lavagnetta la proposta con un nome strano: mangiare un panuozzo. Ma che razza di roba sarebbe? Cibo africano come il cameriere che ci serviva? L’abbiamo chiesto, ci è stata data una descrizione più che appetibile e abbiamo così scoperto il panuozzo, cibo di strada tipico di Gragnano, un paese della provincia di Napoli nella zona dei monti Lattari. È una sorta di grande panino, la cui pasta è costituita dallo stesso impasto della pizza: farina di grano tenero, acqua, lievito di birra fresco, sale marino, lievitata due volte e cotta forno a legna (ma nel nostro caso credo sia stato usato il forno elettrico). Il panuozzo è poi farcito a seconda del gusto personale. Nel nostro caso prosciutto crudo e fontina (mozzarella per Dalila), rucola e pomodorini. La preparazione, si conclude con una ripassata in forno, che permette al ripieno di riscaldarsi e fondersi con il pane. E con un gustoso slurp finale, la giornata a Parma si è conclusa con massima soddisfazione: potere della cucina italiana.

Il delizioso panuozzo di Gragnano

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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