“Gotico rurale”, racconti noir di Eraldo Baldini, Frassinelli editore, edizione 2004

Mia mamma, classe 1927, mi raccontava della vita in campagna, nella Val Chero, in quelle case della minuscola comunità contadina che si chiamava ‘località Bora’. La Bora, per inciso, come attesta la Treccani è un vento ma, lì nella valle, era il termine per indicare la botte di vino e in effetti i vigneti in zona la facevano da padroni, insieme ai campi di grano, ai pascoli verdi, ai boschi che fornivano legna per le serate d’inverno. Alla sera, consumata la cena, si usava ritirarsi soprattutto nella stalla e ogni sera c’era chi raccontava storie. Favole ma soprattutto leggende che diventavano un modo per tener lontani i ragazzi e le ragazze dai potenziali pericoli della campagna: cosa nascondeva quel bosco di sera? La paura dunque come strumento di prevenzione, un avvertimento ad essere guardinghi, a diffidare dei possibili incontri con mostri – reali, presunti, potenziali – malintenzionati. Quali veleni stavano nelle caramelle che offriva il Mario, quel ragazzo dissociato che tutti raccontavano matto per quei modi diversi di avvicinarsi ai compagni maschi? Mamma Maria sapeva ricostruire quei momenti vissuti: il buio solo parzialmente spezzato da una lampada o una candela che creavano una luce ballerina, con le ombre a fluttuare sulle pareti e nell’ombra, si sa, brillano i denti aguzzi del ghigno del lupo famelico in agguato. Immancabile un filo di vento che infilandosi tra qualche crepa del muro oppure tra le fessure della finestra, sibilava talvolta presentandosi come un lontano ululato d’accompagno all’abbaiare dei cani, al canto dei gufi, agli altri chiacchiericci della natura. Erano piccole comunità sparse nella valle, ognuna chiusa nella propria dimensione, escludenti lo straniero, le porte aperte, il bicchiere di vino sempre pronto ma con prudenza, ospitalità a tempo, limitatamente alle ore del giorno, quasi una forma di razzismo latente. Così nascevano le storie, le leggende, le paure, le diffidenze. Tutto questo possiamo definirlo ‘gotico rutale’ e i racconti di Baldini ne sembrano proporre un dipinto perfetto tantoché ognuna delle storie mi ha riportato seduto in quella stalla nella sera in Val Chero dove mio nonno raccontava di un diavolo nascosto in un canale e mamma Maria ascoltava pensando che, al torrente dove stava il sacco con il burro a tenere il fresco, non sarebbe più andata dopo il calar del sole. Anche se qualche sera prima s’era avventurata scendendo dalla collina fino alla riva del torrente e il buio l’aveva sorpresa. Non era successo nulla ma, nel buio, a poca distanza, sulla riva opposta, aveva sentito una specie di urlo ed era rapidamente tornata sui suoi passi. Certo, lo stile dello scrittore, il noir, il giocar sul terrore e sulla paura può non sempre piacere, non sempre raggiungere un buon livello di efficacia ma questo in fondo è quanto talvolta succedeva anche nelle serate in quella stalla di prima collina e, a quel punto, de gustibus non est disputandum. I dubbi sul genere letterario per essere credibili vanno espressi in fase iniziale, al momento dell’acquisto o meno del libro. Dopo può essere troppo tardi e un urlo, lungo e disperato, può attraversare il buio della notte. Anche stando nella stanza del proprio condominio in città.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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