“Cure personalizzate e medicina di genere, la rivoluzione della sanità”, intervento di Bencivelli e Masselli al Festival del pensare contemporaneo commentato da Antonella Lenti in ‘Corriere Padano’

Il Festival del pensare contemporaneo ci ha dato la possibilità di “Sapere e immaginare”. Ed eccoci qui a immaginare. Quante delle finestre aperte durante i quattro giorni di confronto serrato permetteranno di far entrare (anche dopo) aria fresca e frizzante su questa città, sulle persone che hanno seguito gli eventi (20mila, si dice)?

Quante di quelle finestre aiuteranno a smuovere temi cruciali di cui in città si discute di questi tempi? Città che resta stretta tra un ambiente pessimo, un sistema urbano da rivedere “umanizzare” ripulire e rigenerare, una sanità che attende rinforzi sul fronte pubblico e che deve ridisegnarsi su un modello flessibile perché la società invecchia, le malattie si cronicizzano e si pone la sfida di una cura sempre più puntuale per tante persone.

Ogni argomento che riecheggia nella memoria a pochi giorni di distanza da quell’evento rimanda a punti fermi fissati durante i tantissimi incontri andati in scena la scorsa settimana. Temi che cercheremo di ripercorrere in questa “rubrica” del dopo Festival per rimettere al centro le questioni più rilevanti che la politica locale, la società piacentina nel suo insieme ha sul tavolo. L’auspicio è che il Festival (poiché ha suscitato una grande manifestazione d’interesse da parte di tante persone) possa aver contribuito a far crescere attenzione, coscienza e conoscenza.

L’auspicio è che possa continuare a diffondere nettare perché quel pensiero contemporaneo a cui tutti noi abbiamo attinto trovi anche uno spazio reale per incanalarsi. Finalmente.

Si sono sentite elaborazioni, pensieri provocazioni su temi nuovi ma sono riecheggiati anche argomenti che stanno impegnando da vicino la politica e l’amministrazione locale. Tra questi la medicina, la sanità gli strumenti necessari per attuarla e i problemi aperti tra cui anche il nuovo ospedale.

Dalle considerazioni raccolte nei panel del Festival dedicati ai temi salute si aprono alcuni interrogativi che riguardano i risvolti concreti. Riguardano soprattutto quale spazio avranno i mutamenti, le novità, le prospettiva in campo sanitario nella declinazione delle scelte che Piacenza si appresta a fare. Quale sarà il tipo di medicina che troverà spazio nel nuovo ospedale considerato che i tempi di costruzione saranno lunghi e che nel frattempo si accentuerà l’invecchiamento della società e la conseguente estensione delle malattie croniche? E viene anche da chiedersi quali saranno gli spazi all’interno del nuovo ospedale di Piacenza dedicati alla ricerca, alla  medicina personalizzata che comporta un rapporto sempre più stretto tra medico e paziente con un protagonismo attivo anche da parte dei medici di base la cui carenza è una della criticità che pesa nel sistema sanitario pubblico di oggi? Quali saranno i perimetri entro cui si organizzerà la sanità pubblica? Saranno perimetri larghi, più larghi di oggi o più stretti, più stretti di quelli di oggi? Domande. Dubbi. Incertezze. È da qui, dal grosso fardello del progetto sanitario di domani, che iniziamo il percorso con alcune riflessioni a bocce ferme.

L’approccio “sartoriale” alla cura

La risposta sanitaria necessaria ai bisogni di salute dovrà essere flessibile come ha mostrato il racconto sulla medicina personalizzata: “A ciascuno la sua cura – Da dove viene e dove va la medicina personalizzata” di cui hanno parlato Silvia Bencivelli, medico, scrittrice, giornalista e divulgatrice scientifica ed Elena Masselli onco-ematologa docente all’Università di Parma che per per spiegare il significato della medicina personalizzata ha utilizzato il termine di “medicina sartoriale” molto suggestivo, attinto dall’espressione inglese (tailoring treatment). Una conquista degli ultimi vent’anni resa possibile – hanno entrambe le relatrici – dai progressi tecnologici che sono stati compiuti in ambito sanitario. “Non avremo mai parlato di medicina personalizzata – ha richiamato la dottoressa Elena Masselli – senza la ricerca scientifica e la tecnologia”.

Passi da gigante rispetto a quando la scoperta era basata sull’auto-sperimentazione, metodo che si è protratto fino agli anni ‘70/‘80 – ha richiamato Silvia Bencivelli – una pratica decaduta con l’affermazione di un’alleanza terapeutica – tra medico e paziente – nella costruzione della cura, ma anche perché inizia a cambiare la metodologia scientifica e si afferma il rispetto e l’ascolto del malato: è considerato come persona e non come la sua malattia. Oggi la medicina personalizzata si applica soprattutto in alcuni dipartimenti medici e, in prima fila, c’è l’onco-ematologia. Di fronte a questa nuova frontiera della medicina si apre anche un tema che riguarda la privacy. Infatti dall’analisi del genoma di un paziente si svelano dati che riguardano anche aspetti non inerenti alla malattia. Dal genoma – ha spiegato la prof. Masselli – derivano tante informazioni che devono essere condivise con il paziente e sta a lui, a lei decidere quello che desidera sapere e quello che non vuole sapere.

C’è anche un tema che riguarda i costi di questo percorso di conoscenza puntuale del proprio genoma. Quanto può essere sostenibile per un sistema sanitario pubblico? Una domanda che porta a una risposta dal duplice significato: se è vero che l’esame equivale ormai al costo di una Tac – ha rilevato la prof. Masselli – va detto però che se questi esami fossero compiuti su larga scala rappresenterebbero costi impegnativi. E la domanda a questo punto diventa anche un’altra: quale impegno può mettere a disposizione il sistema pubblico per allargare le possibilità dettate da questo tipo tecnologia che incanala sempre di più verso una cura sempre più puntuale e personalizzata? La risposta resta un’incognita.

Una cosa è certa – ha sottolineato la dottoressa Bencivelli – c’è chi ha fatto critiche alla medicina personalizzata poiché frammenta la diagnosi e quindi si può pensare che si moltiplichino le malattie, ma non è così. “Se la malattia è meglio definita il paziente è certamente meglio curato”.

Nuova via: medicina di genere più giusta

Ascoltando punti di vista sulla medicina è emersa anche un’altra valutazione non scontata ed è la voce di chi ha invocato una medicina “più giusta”. Giusta sotto vari aspetti. È su questo che si è soffermata la professoressa Antonella Viola docente all’Università di Padova che si è concentrata sulla  “Medicina di genere – un cambiamento di paradigma”. 

Viene da chiedersi perché il tema della giustizia s’inserisca nella sfera della salute. Non c’è democrazia – ha ricordato la prof. Viola – se tutti non possono avere la cura di cui hanno bisogno. Bisogno di giustizia che va estesa anche al riconoscimento delle differenze del corpo delle donne mai considerato fino al 1993.  Fino a 30 anni fa quindi le sperimentazioni dei farmaci avvenivano solo sugli uomini e i farmaci – somministrati poi anche alle donne – erano il frutto di sperimentazioni compiute “da maschi bianchi per maschi bianchi”.

Anche il riconoscimento della medicina di genere è una tappa fondamentale sul percorso dei diritti a una cura giusta e adeguata.

Un esempio? Ne ha portati due la prof. Viola.

Il primo pone al centro il tema del tumore al colon retto. Per prevenirlo si promuove lo screening per la ricerca del sangue occulto nelle feci. È bene aderire – ha detto – ma si deve sapere che la manifestazione del tumore avviene in modo diverso nelle donne e negli uomini. Per le donne quando si scopre il sangue è già tardi perché il percorso del tumore non si compie nello stesso modo. Ma gli screening continuano ad essere uguali per tutti.

E poi c’è l’infarto. Anche in questo caso si manifesta in modo diverso per uomini e donne. Si annuncia con un segnale doloroso per gli uomini, ma allo stesso modo non succede per le donne che, quando è in corso un infarto possono manifestare forti stati di ansia e grande stanchezza. Sintomi che spesso si sottovalutano e sono ricondotti ad altre cause. Ha riferito di casi in cui una donna fu ricoverata in psichiatria per un attacco di ansia che era invece la spia di un infarto. Tutto questo è spesso sottovalutato – ha sottolineato – nonostante che oggi muoiano più donne per patologie cardiovascolari.

Insomma – è il messaggio – si rischia di perdere tempo prezioso se non si affronta per tempo il problema declinandolo dal punto di vista del genere. Ma come si fa se l’approccio continua ad essere unico per corpi che sono diversi e che reagiscono in modo diverso a patologie importanti? E che dire del fatto che sono soprattutto le donne a portarsi sulle spalle un tempo più lungo di vita con una qualità di salute scarsa?

Non è argomento da poco che investe certamente anche le scelte che si dovranno compiere sulle politiche sanitarie anche per il nostro territorio dove forse salute-cura dovranno interagire sempre di più con il tema della prevenzione e dello stile di vita di ciascuno.

Da entrambi gli appuntamenti del Festival del pensare contemporaneo è arrivato anche un forte appello per la “la difesa della sanità pubblica che seppure un po’ ammaccato resta un gioiello – è la considerazione della dottoressa Viola.

È come un passaggio di testimone che per Piacenza ha un valore in più visto che, come si è detto, in materia di sanità la discussione è profonda e impegnativa. Una scommessa sul futuro che dovrà tenere conto però di un elemento importante come la sostenibilità che deve fare i conti con una società spinta all’invecchiamento.

Una sfida che inizia già dai medici di famiglia.

Se un medico ha 300 pazienti di età attorno ai 50 anni e in salute riesce a svolgere bene il suo lavoro. Se lo stesso medico ha 300 pazienti in età tra gli 80 e i 90 anni non ce la fa a seguirli. Una situazione che intercetta anche le strutture di assistenza: “dai pronto soccorso alla medicina domiciliare”. Sono questi i contorni che già oggi si manifestano e che si intensificheranno nel domani quasi immediato.

Sono argomenti – ha suggerito ancora la prof. Viola – su cui si deve assolutamente discutere e che pone la necessità di rivedere a fondo il Sistema sanitario di oggi concepito ad immagine e somiglianza di pazienti di mezza età e in salute. Ma non è questa la condizione reale. L’obiettivo? “Si deve puntare – ha concluso la prof. Viola – ad aggiunge vita agli anni che verranno. Possibile? Sì, e un grosso ruolo spetta allo stile di vita”.

Impegno in carico a ciascuno di noi non per vivere più a lungo, ma per riuscire a vivere da anziani in salute ma che investe anche una nuova filosofia sanitaria e chi, dal punto di vista delle politiche, la programma. Un punto di svolta necessario anche per pensare ai servizi, agli investimenti necessari per adeguare le strutture alle nuove esigenze.

Un tragitto lungo, complesso e tutt’altro che lineare.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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