Considerazioni su tre ritratti coevi del giovane Alessandro Farnese, di Carmelo Sciascia

Ritratto di Alessandro Farnese, di Anthonis Mor

Alla Galleria Nazionale di Parma ci sono tante opere d’arte, alcune di queste come piacentini ci interessano da vicino, vuoi per la presenza di autori e scuole che hanno operato anche a Piacenza, vuoi per la raffigurazione dei soggetti: paesaggi e personaggi storici comuni. Tra queste raffigurazioni, troviamo un ritratto di Alessandro Farnese, condottiero a noi caro non fosse altro perché uno dei personaggi del monumento equestre del Mochi che caratterizza Piazza Cavalli, la nostra Piazza, la Piazza Grande. Nel sito ufficiale della Galleria del Palazzo della Pilotta, che ognuno può consultare online, è riportato un ritratto di Alessandro Farnese con i seguenti dati: un olio su tela della misura di cm 153×95 di Anthonis Mor, provenienza collezione Farnese.

La didascalia sottostante specifica le caratteristiche della rappresentazione pittorica: “Il giovane principe Alessandro è effigiato come un perfetto gentiluomo di corte, in un elegantissimo costume giallo senape: le gambe coperte da calze, i corti pantaloni a sbuffo, la camicia di pizzo che si intravede al di sotto del farsetto imbottito, il corto mantello nero foderato di pelliccia, il cappello piumato, l’elegante spada al fianco.” Nota critica inoppugnabile!
Sull’attribuzione così specifica: – “Sappiamo per certo che questo ritratto venne eseguito a Bruxelles nel 1557, dove il dodicenne Alessandro si trovava con la madre Margherita, che era stata nominata dal fratellastro Filippo II governatrice della turbolenta provincia delle Fiandre. Il giovane principe era presto destinato a raggiungere Madrid, come sorta di pegno della fedeltà di Ottavio Farnese alla causa della monarchia asburgica, e dove sarebbe stato educato secondo i rigidi canoni dell’etichetta spagnola, distinguendosi ben presto per la notevole attitudine all’arte militare. La duchessa si rivolse per il dipinto al più quotato ritrattista della corte di Bruxelles, Anthonis Mor (conosciuto nella forma italianizzata di Antonio Moro), protetto dal potente e raffinato cardinal Antoine Perrenot de Granvelle.” –
Quindi riepilogando dovremmo dire che il quadro è opera del pittore Anthonis Mor conosciuto anche come Antoon, Antonis o Mor van Dashorst, italianizzato in Antonio Moro; nato ad Utrech nel 1520 e morto ad Anversa tra il 1576 ed il 1578 ( secondo la nota della Galleria di Parma tra il 1576/77), problema secondario, quello della data della scomparsa del pittore, che tralasciamo volentieri agli studiosi, perché crediamo non interessi il comune visitatore.
Si trova nella stessa Galleria, un altro quadro che rappresenta lo stesso soggetto, anziché in abito da gentiluomo di corte, con una splendida e lucente corazza.
Ritratto di Alessandro Farnese in armatura attribuito aAlonso Sanchez Coello
Questo quadro è quello che maggiormente ha attirato la mia attenzione. Lo rivedo sfogliando il volume su Il Cinquecento del Catalogo delle opere della Galleria Nazionale di Parma, edito dalla Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza del 1998.
Quest’opera è attribuita ad Alonso Sanchez Coello , pittore della corte di Spagna, succeduto al Mor, di cui era allievo, quando questi lasciò la Spagna nel 1561. Indubbiamente Coello è stato un buon ritrattista e notevole è l’influsso del suo maestro, quel Mor, pittore di corte, che ha influenzato anche un altro artista allora presente in corte, la pittrice Sofonisba dama di compagnia della regina.
Sofonisba mi ha sempre interessato per diversi motivi, come piacentino perché discendente della nobile famiglia piacentina degli Anguissola, come siciliano perché sposò nel 1523 il nobile Fabrizio Moncada e si trasferì per un certo periodo a Paternò in Sicilia, come piacentino di Sicilia, perché nei miei viaggi dal continente all’Isola spesso la vado a trovare nella chiesa San Giorgio dei Genovesi in Palermo dove è stata seppellita. Tornando a noi, si ribadisce la presenza di tre ritratti dello stesso personaggio, il giovane Alessandro Farnese. Ritratti eseguiti in anni prossimi: il primo dovrebbe essere stato eseguito a Bruxelles nel 1557 dal Mor, il secondo in Spagna alla corte di Filippo II dal Coello nel 1559, il terzo anch’esso a Madrid, probabilmente nel 1560, dall’Anguissola.
L’attribuzione del primo quadro a Mor sembra certa, documentata da un pagamento del tesoriere di Alessandro nel 19 novembre1557. L’attribuzione del secondo desta dei dubbi, prima attribuito al Mor, poi al Coello.
Un terzo ritratto ad Alessandro Farnese sicuramente della Sofonisba Anguissola si trova adesso a Dublino, nella National Gallery of Ireland.
Alessandro Farnese, Duca di Parma, di Sofonisba Anguissola
Sta di fatto che nella corte di Filippo II negli stessi anno si trovarono tre pittori ed un giovane principe, Alessandro Farnese, nipote dell’imperatore, futuro Duca di Parma e Piacenza. Alessandro era nato nel 1545, quindi nel 1557 avrebbe avuto solo 12 anni, nel ’59 appena 14 e nel ’60 15 anni.
I tre pittori Mor, Coello e Sofonisba, si sono trovati insieme a corte i tre anni che vanno dal 1559 al 1561. L’età di Alessandro in quegli anni è compresa dai 14 ai 16 anni.
Se si guardano attentamente i volti dei tre ritratti credo sia difficile potere con certezza stabilirne l’età, il volto è lo stesso, quello di un adolescente: lo sguardo fiero, i lineamenti gentili, elegante e sicuro il portamento, sia quando pone la mano sull’elsa di una spada come nei primi due quadri sia quando infila semplicemente un guanto come nel terzo.
Questo terzo ritratto, quello dove Alessandro s’infila il guanto, della Sofonisba senza dubbio alcuno, è stato uno dei più ammirati e sarà spesso copiato, ce lo ritroviamo finanche nel Palazzo Farnese di Caprarola, in un affresco di Taddeo Zuccari. Di Coello non esiste una biografia e tanti quadri gli sono stati ora attribuiti, ora negati, perché quindi uno dei due che sono nella Galleria a Parma, tra l’altro acquistato a Piacenza nel 1898, non attribuirlo anch’esso alla Sofonisba?
Non c’è solo il fattore cronologico e storico a supporto di tale tesi, ma anche una valutazione estetica e coloristica. Tutti e tre i pittori dimostrano tra l’altro di avere assimilato la lezione della pittura fiamminga (presente in maniera preponderante nella corte madrilena) e della ritrattistica del Tiziano. A proposito del Vecellio si ricordano i ritratti di Carlo V e Filippo II. Come il ritratto di un altro Farnese, Ranuccio il cardinale, in costume di Cavaliere di Malta, che era stato eseguito nel 1542.
Del Ritratto della regina di Sofonisba, andato perduto, ce ne rimane una copia del Rubens.
La pittrice viene citata dal Vasari per l’ammirazione che ne aveva Michelangelo.
Il suo disegno “Fanciullo morso da un granchio” ha ispirato Caravaggio nell’opera “Ragazzo morso da un ramarro”. Fu ammirata da Van Dyck che la ritrasse, in età avanzata, a Palermo.
Possiamo dire che Sofonisba è stata “…per bellezza e per le straordinarie doti di natura posta fra le donne illustri del mondo, e così insigne nel ritrarre le umane immagini, che nessuno della sua età poté esserle pari…” (dalla lapide posta nella chiesa di San Giorgio dei Genovesi in Palermo). Credo di avere reso comprensibile la difficoltà di classificare le opere pittoriche, e dimostrato quanti interrogativi gli storici dell’arte debbano porsi. Problemi di carattere estetico, storico, letterario in senso filologico e talvolta filosofico.
INVITO
Un’occasione, martedi, per ascoltare Carmelo, artista, pittore, filosofo

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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